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Squilibri nutrizionali come causa di DOD

Il cavallo possiede caratteristiche anatomiche e fisiologiche diverse da tutti gli altri animali di interesse zootecnico; inoltre nel cavallo sportivo, a differenza delle altre specie, non si hanno riscontri immediati nei risultati, come può essere la produzione di latte o gli incrementi in carne. Ciò ha portato a valutazioni soggettive del benessere e della forma fisica.

L'alimentazione essendo la variabile più importante fra i fattori ambientali è quella sulla quale si può lavorare per migliorare il rendimento ( Magni e Gatta, 2011).

Occorre però tener conto che l'alimentazione del puledro è una strategia a medio-lungo termine, poichè manifesterà i propri risultati solo in un periodo successivo della vita del cavallo.

Nei giovani puledri è pericoloso considerare che la crescita ottimale e la massima velocità di crescita siano la stessa cosa. Numerose ricerche hanno indicato che l'accrescimento troppo rapido dei giovani cavalli predispone a malattie ortopediche dello sviluppo (DOD: Developmental Orthopedic Disease), e che ciò è particolarmente

75 grave nel primo anno di vita sia durante l'allattamento (foals), che dopo lo svezzamento (weanlings) con grande incremento ponderale e rapida crescita.

Quest'ultima, se eccessiva, può contribuire alla DOD con due vie; la prima, con alti livelli energetici, specialmente carboidrati, può essere causa di cambiamenti ormonali (iperinsulinemia e ipercalcitonismo) i quali causano uno sviluppo anomalo delle cartilagini; la seconda, con un eccessivo incremento ponderale che porta ad un peso elevato su un apparato scheletrico immaturo.

Qual’è quindi l'intensità di crescita ottimale che permette al cavallo di esprimere il suo potenziale genetico minimizzando i rischi di "malattie scheletriche"? La risposta a questo interrogativo è influenzata non solo dall'alimentazione, ma anche dalla genetica, dalla predisposizione ai problemi di accrescimento nonché da diversi fattori manageriali: condizione fisica desiderata, eventuali incidenti, età del cavallo, periodo dell'anno ed anche dal prezzo di mercato dei soggetti ( Magni e Gatta, 2011).

Alimentazione del puledro in allattamento

Un accurato programma di crescita trae notevole beneficio dalla costante pesatura dei soggetti. Bilance fisse o portatili permettono di pesare i cavalli con ridotta perdita di tempo e senza inconvenienti. Contemporaneamente alla pesatura dei puledri, la valutazione della condizione corporea (body condition score) ed i principali rilevamenti zoometrici (altezza al garrese, circonferenza stinco e toracica) possono essere usati per determinare se la crescita o i cambiamenti di peso sono dovuti a incrementi di tessuto osseo e muscolare oppure ad un accumulo di grasso.

Il monitoraggio continuo della crescita evita inoltre alterazioni come "blocchi della crescita" e "crescite compensatorie" che possono facilitare l'insorgenza di lesioni

76 causate dalla DOD, che si formano sia nei primi mesi di vita, ma anche più tardi, per esempio all'inizio dell'allenamento ( Magni e Gatta, 2011).

Per illustrare come nel cavallo sportivo (galoppatore, trottatore, da concorso ippico), si valuti una corretta crescita, occorre riassumere le modalità dell'accrescimento. La tabella 1 sintetizza i dati raccolti in numerose indagini, tese a valutare l'accrescimento nei cavalli dolicomorfi. In questi soggetti l'incremento ponderale giornaliero è molto veloce nel primo periodo di vita per decrescere esponenzialmente con il progredire dell'età. Incrementi di peso superiori a 1,8 kg/giorno in foal molto giovani ed accrescimenti di 0,8 kg/giorno in puledri dopo lo svezzamento (weanlings), sono purtroppo comuni con i tradizionali programmi alimentari. Tendenzialmente si assiste ad un eccesso alimentare che porta agli squilibri sopra descritti; nella mentalità allevatoriale il puledro è bello se "bello tondo" con accumuli di adipe che portano a valutazioni elevate di body score. Non è raro anche il contrario; puledri troppo magri, rachitici, spesso al pascolo in paddock con cotiche in pessimo stato, vengono trascurati fino a poco tempo prima della vendita o dell'inizio della doma. Un incremento giornaliero superiore o inferiore, deve essere interpretato come segnale di allarme. Obbiettivamente, nei puledri con apparato scheletrico più sviluppato, si possono tollerare accrescimenti maggiori rispetto a puledri di ossatura più piccola e corta. Numerosi studi hanno mostrato che i puledri possono raggiungere il 46, 67, e 80 % del peso da adulti rispettivamente a 6, 12, e 18 mesi di età, ed inoltre come alla nascita il puledro presenti la forma di un rettangolo posto in piedi, dovuto all'accrescimento delle ossa lunghe; successivamente, fra i 12 e i 18 mesi, si sviluppa in lunghezza, per essere poi inserito in un ipotetico quadrato all'età di 2 anni.

77 I cavalli delle razze sportive, più precoci, a tre anni possono essere inscritti in un rettangolo allungato ed i parametri morfologici hanno così raggiunto il 92-98% dei valori definitivi.

Il peso vivo alla nascita può essere calcolato a partire dal peso metabolico della madre secondo la relazione y = 0,45 P 0,75. Esso corrisponde al 9-12% del peso vivo materno ed è tanto più elevato quanto più le razze sono di formato piccolo, mediamente 15-20 kg per i poneys, 45-55 per i cavalli da sella, 65-80 kg per le razze pesanti ( Magni e Gatta, 2011).

Ma il peso vivo alla nascita dipende da numerosi altri fattori: la taglia della madre (effetto materno) che, secondo Langlois, giustifica il 12% della variazione totale del peso del puledro alla nascita; un lieve dimorfismo sessuale, giustificato d’altronde dalla maggiore durata della gravidanza per i maschi; l’ordine del parto, secondo cui i puledri più pesanti sarebbero concepiti verso il 6° - 7° anno di età. Anche l’epoca del parto influenza il peso alla nascita, nonostante risulti difficile separarla dall’influenza della durata della gravidanza.

Nel primo mese di vita generalmente lo raddoppiano, grazie anche al fatto che il puledro non perde peso nei primi giorni dopo la nascita ; lo sviluppo è molto spinto fino al 4° mese circa e da questo si deduce quale importanza abbia il latte materno e lo stato nutrizionale della fattrice ( Magni e Gatta, 2011).

L’eccessiva ed inadeguata ingestione di nutrienti può, quindi, predisporre alla DOD. Nel cavallo, i nutrienti coinvolti possono essere, l’energia, le proteine, il calcio, il fosforo, lo zinco. Uno studio ha dimostrato che una carenza di manganese causa una malattia ortopedica simile, nei vitelli, nel suino, nel pollo, ed è implicata nei puledri come causa di calcificazione della suola del piede (Lewis, 1995).

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Alterazione della cartilagine articolare e OCD

Questo tipo d’alterazione accade più frequentemente a livello delle articolazioni del garretto, del ginocchio, del nodello e del carpo; meno frequentemente si può presentare anche nell’articolazione scapolo-omerale come cisti ossea .

L’ispessimento della zona ipertrofica della cartilagine articolare, in seguito ad alterazione della differenziazione e maturazione dei condrociti, porta ad una inadeguata diffusione dei nutrienti attraverso la cartilagine determinando una degenerazione degli strati basali.

In seguito a stress fisici, tale cartilagine si frattura o si fessura causando un effusione articolare, dolore e, in alcuni casi, avulsione del frammento cartilagineo con conseguente formazione di un “chip” articolare (Lewis, 1996).

Il puledro può presentare lieve zoppia che però aumenta sotto esercizio fisico e in seguito a test di flessione. Il frammento articolare può erodere la cartilagine articolare opposta provocando osteoartrosi oppure, più difficilmente, incistarsi nella capsula articolare senza provocare altri danni (Filippini et al., 2004).

L’alterazione della cartilagine articolare del ginocchio e del garretto si presenta in puledri di età compresa tra i sei mesi e i due anni d’età mentre, per quanto riguarda l’articolazione scapolo-omerale le lesioni si manifestano tra i dodici e i diciotto mesi di età (Lewis, 1996).

79 Le contratture dei tendini possono essere d’origine congenita o acquisita (Adams, 1990). Non necessariamente i tendini sono contratti, quello che si nota invece è una riduzione della lunghezza effettiva dell’unità muscolo-tendinea che porta appunto ad una deformità flessoria (Lewis, 1996). In concomitanza a malformazioni ossee, le deformità saranno permanenti e non trattabili (Adams, 1990).

Deformità flessorie congenite dell’arto

Le deformità flessorie congenite solitamente non sono permanenti e si risolvono più tanto più facilmente quanto prima si interviene. Le cause di tale deformazione sono state attribuite ad un’anomala posizione del puledro in utero, a mutazione di un gene

dominante nello stallone, a cause infettive quali influenza equina ed ingestione di

Astragalo (Astragalus spp.) in cavalle gravide. Tali deformità si presentano già alla nascita o dopo pochi giorni dal parto (Filippini et al, 2004).

Deformità flessorie acquisite dell’arto

Le deformità flessorie acquisite si presentano entro pochi mesi di vita del puledro e possono interessare entrambi gli arti. Esistono due tipi principali: quelle di primo tipo che interessano il tendine flessore profondo del dito con contrazione dell’articolazione interfalangea distale; quelle di secondo tipo interessano il tendine flessore superficiale, con conseguente contrazione dell’articolazione del nodello anteriore (Lewis, 1996).

Nel primo tipo il puledro presenta i talloni rialzati e nei casi gravi la parete dello zoccolo è oltre la verticale con conseguente arrembatura dei nodelli. I soggetti colpiti da questo tipo di deformità hanno meno di sei mesi di età (Adams, 1990).

Nel secondo tipo invece l’arrembatura interessa l’intero arto poiché si ha flessione del nodello, deviazione craniale della pastoia e dell’articolazione metacarpo-falangea.

80 In casi estremi il puledro in stazione può appoggiare con la con la faccia dorsale del nodello. L’età in cui avviene questo tipo di deformazione è tra i quattro e i dieci mesi di età (Adams, 1990).

Squilibri minerali

Gli squilibri minerali maggiormente influenzanti le anomalie di sviluppo scheletrico sono quelli tra calcio e fosforo e tra zinco e rame. Il calcio e il fosforo sono molto importanti per il normale processo d’ossificazione; una carenza comporta uno ispessimento delle cartilagini, una diminuzione della densità e dell’accrescimento osseo. La carenza di tali elementi non sempre è dovuta a diete povere di tali minerali, ma anche ad un anomalo assorbimento degli stessi a livello intestinale.

Questo si presenta in particolar modo quando uno di questi minerali è in eccesso rispetto all’altro nella dieta. Per esempio, un eccesso di calcio nella razione può portare ad un assorbimento intestinale di fosforo, la cui digeribilità è già diminuita dalla sua prevalente forma fitica dei cereali. Un eccessivo apporto continuato di calcio con la dieta è responsabile dell’ipercalcemia, la quale induce maggiore ritenzione ossea del calcio (Jeffcott e Savage, 1996). Questo porta ad un minor turnover fisiologico del calcio dalla struttura ossea. La conseguenza di tutto ciò è un maggiore ispessimento dell’osso il quale è più soggetto a fenomeni di osteoporosi, osteosclerosi e osteopatia ipertrofica (Miraglia et al, 1988). L’eccesso di calcio inoltre blocca l’assorbimento di altri oligoelementi come Zinco, Rame, e Iodio.

A questo punto si può capire come il rischio di ipotiroidismo dovuto ad una dieta troppo energetica e a uno scorretto rapporto tra minerali, può influire in modo marcato sullo sviluppo di determinate anomalie di accrescimento.

81 Il rame e lo zinco sono elementi indispensabili per la formazione del collagene poiché intervengono nel processo di formazione dell’idrossilina e dell’idrossiprolina.

Attraverso alcuni studi, si è visto che la carenza di rame, dovuto per esempio ad eccessi di zinco, porta a lesioni osteocondrali. Questo perché il rame interviene anche nei processi di neo-vascolarizzazione della cartilagine che portano poi alla normale ossificazione endocondrale.

La situazione opposta, ossia un eccesso di rame, riduce la disponibilità di selenio, agendo negativamente sulla funzionalità tiroidea e quindi sull’osteogenesi. Di fronte a ciò, ci si rende conto come errori alimentari e di esercizio siano o principali fattori predisponenti le anomalie di sviluppo scheletrico dei puledri (Filippini et al, 2004).

Conformazione del piede

Forse in nessuna altra parte del corpo la conformazione è legata tanto strettamente alla sanità del cavallo che per quanto riguarda i piedi. Senofonte sottolineò, molti secoli fa, l’importanza del piede del cavallo e insistette che quando si esaminava le gambe di un cavallo, anzitutto venissero guardati tutti i piedi. Un cavallo dotato di piedi difettosi ha una utilità ridotta, e qualunque sia il suo compito, la sua vita lavorativa è limitata e prima o poi, insorgeranno malattia o inabilità.

I piedi devono essere di dimensioni simili; i piedi di dimensioni diverse devono immediatamente suscitare sospetto. Si ammette che un cavallo, a volte, possa possedere piedi di dimensioni diverse fin dalla nascita, ma a tutti gli effetti pratici un cavallo con tali piedi non è un cavallo sano. Un buon piede, deve essere forte, profondo, ampio e possedere una forchetta ben sviluppata.

82 Visto dal davanti, un piede ben sviluppato dovrebbe presentare una superficie piana, priva di cerchiature o solchi e non mostrare alcuna tendenza alla contrazione dei quarti.

Qualsiasi forma di contrazione costituisce una imperfezione (Hayes, 1976).

Qualsiasi differenza nell’angolo di inclinazione della parete di ciascun piede rispetto agli altri, dovrebbe venire considerata con sospetto.

Di tutti i difetti di conformazione del piede, quello di un tallone debole è il peggiore, poiché, senza una sufficiente profondità e larghezza del tallone, nessun cavallo rimarrà sano a lungo. Una tale conformazione espone l’area navicolare a lesioni ed in particolare favorisce lesioni delle parti sporgenti dell’osso del piede, provocando una osteite.

Anche i piedi piatti sono piedi deboli e cavalli conformati in tal modo raramente rimangono sani per molto tempo. Si dovrebbe sempre tenere presente che sulla base dei piedi del cavallo poggia tutta la sua struttura superiore.

Se costituito adeguatamente, il cavallo non sarà mai inabilitato, dal momento che è nelle regioni inferiori che le estremità cominciano a rovinarsi, e ciò avviene tanto più lentamente, quanto meglio esse sono conformate (Hayes, 1976).

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CONFORMAZIONE DEL PIEDE E FORZE CHE AGISCONO