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Effetto dei fattori genetici ed ambientali sulla insorgenza delle tare nel cavallo

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Dipartimento Scienze Veterinarie

Corso di Laurea in Scienze della Produzione Animale

Tesi di Laurea

Effetto dei fattori genetici ed ambientali sulla

insorgenza delle tare nel cavallo

Candidato Relatore

Ginanni Elena Dott.ssa Cecchi Francesca

Correlatore

Dott. Magni Livio

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2

INDICE

RIASSUNTO ... 4

ABSTRACT ... 5

SCOPO DELLO STUDIO ... 6

ORIGINE ED EVOLUZIONE DEL CAVALLO ... 7

EREDITARIETA’ GENETICA ... 11

GENETICA DEI CARATTERI QUANTITATIVI ... 13

Caratteri quantitativi importanti... 13

La teoria della selezione ... 35

L’ereditabilità ... 39

Eredità legata al sesso ... 40

Modi di stimare l’Ereditabilità ... 41

Genetica e decisioni di allevamento ... 42

Lista carriers ... 44

Geni correlati alla morfologia e alle performance fisiche nel cavallo ... 44

LE TARE ... 47

Tare dure ... 47

I RAPPORTI TRA CONFORMAZIONE E ZOPPICATURA ... 48

Conformazione del tronco ... 49

Conformazione degli arti ... 50

Valutazione degli appiombi al fine di esprimere un giudizio ... 51

Gli arti anteriori ... 54

Difetti di appiombo nell’arto anteriore ... 56

Difetti degli arti posteriori ... 62

Anomalie di sviluppo dell’apparato locomotore nei puledri ... 66

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3

Squilibri nutrizionali come causa di DOD ... 74

CONFORMAZIONE DEL PIEDE E FORZE CHE AGISCONO SULL’OSSO NAVICOLARE ... 83

ORTODONZIA E GENETICA ... 91

Il Brachignatismo mandibolare ... 95

Prognatismo mandibolare ... 98

Deviazione “Wry nose” ... 99

Denti soprannumerari e genetica ... 101

Canini soprannumerari e primo dente premolare “Wolf teeth” ... 102

CONCLUSIONI ... 103

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RIASSUNTO

La maggior parte dei cavalli vengono allevati e utilizzati come cavalli a fine sportivo dove eccellono in discipline come corse al galoppo e al trotto, il salto a ostacoli, il barrel, il cutting a livelli nazionali e internazionali, oppure allevati e utilizzati come cavalli al solo fine di un proprio piacere personale

.

Molti di questi cavalli presentano una conformazione non consona alle attività per le quali sono destinati, oppure sono affetti da patologie genetiche conosciute, ma non vengono comunque esclusi dai programmi di allevamento. In Europa, così come in altri Continenti, solo alcune delle organizzazioni degli Allevatori segue un programma di allevamento e una selezione rigida nei confronti dei cavalli utilizzati a fini sportivi.

La maggior parte della selezione, inoltre, viene applicata esclusivamente agli stalloni mentre per quanto riguarda l’utilizzo delle fattrici destinate all’allevamento, ancora vi è un controllo non rigoroso.

Lo scopo di questa ricerca è basato su una revisione delle malattie scheletriche ereditarie e le più comuni deviazioni della conformazione degli arti includendo inoltre le malattie congenite, la Sindrome Navicolare tramite gli ultimi studi a riguardo e le più comuni patologie ereditarie legate alla conformazione della testa. Il secondo scopo della ricerca è stato quello di approfondire i legami genetici, nutrizionali e ambientali e il loro effetto sul cavallo sportivo.

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ABSTRACT

Horses are mainly bred as sport or pleasure horses, excelling in disciplines such as races, show jumping, barrel, cutting at national and international levels. Within Europe, only few of breeding organizations of horses have strong selection and breeding programs for sport horses, and sport horses with unfavorable conformation or known genetic disorders are not all excluded from breeding. This selection mostly only applies to stallions while the use of mares in breeding is less rigorously controlled.

The aim of this study was to review inherited skeletal disorders and common conformational deviations including congenital disorders, the Navicular disease and what is new about, and the main inherited Malocclusions disorders of the head. The second aim of the study was to review the combination of genetic, nutrition and environmental effects observed in performance horses.

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6

SCOPO DELLO STUDIO

La sindrome navicolare e le patologie dentarie nel cavallo, legate alla loro ereditabilità, sono argomento poco trattato in letteratura, nonostante la loro incidenza sulle performance e nell’allevamento.

Queste patologie risultano tutt’altro che trascurabili; gli scarsi documenti riguardanti la loro trasmissione genetica, riportano spiegazioni che spesso vanno in contrasto e sono opinabili e parziali.

Lo studio è stato affrontato a largo spettro in modo da poter analizzare il problema da vari punti di vista, quali quello genetico, anatomico, alimentare e ambientale e una base riguardante la condizione attuale dei suddetti argomenti.

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7

ORIGINE ED EVOLUZIONE DEL CAVALLO

Il cavallo dal punto di vista zoologico è un erbivoro appartenente alla classe dei Mammiferi, all’ordine degli Ungulati, al sottordine dei Perissodattili, alla famiglia degli Equidi, al genere Equus e alla specie caballus. (De Maria, 1986).

A questa specie appartengono l’Equus Przelawskii, l'ormai l'estinto cavallo delle steppe dell'Europa orientale, l’Equus Przewalskii Poliakov della Mongolia, anch’esso in via d’estinzione e l'Equus Robustus dell’Europa centrale, scomparso prima degli altri.

Dai primi due discenderebbero le razze di tipo dolicomorfo e mesomorfo mentre dal terzo quelle di tipo brachimorfo dell’Europa centrale e settentrionale (Rignanese).

E’ utile ricordare che, dal punto di vista zootecnico, i cavalli vengono classificati in tre grandi gruppi seguendo il criterio tipologico costituzionale e morfologico, considerando costituzione e funzionalità attitudinale. In base a questo criterio le razze sono così distinte:

 Tipo dinamico veloce, morfologicamente dolicomorfo o dolico-mesomorfo, caratterizzato da andature rapide o rapidissime, utilizzato per trotto e galoppo. Presentano alto grado di nevrilità e temperamento vivace;

 Tipo dinamico resistente, morfologicamente meso-dolicomorfo, mesomorfo o meso-brachimorfo, caratterizzato da andature più o meno veloci ma con maggior potenza rispetto al tipo precedentemente descritto;

 Tipo dinamico potente, morfologicamente brachi-mesomorfo o brachimorfo, caratterizzato da andatura non elevata e capace di notevole potenza.

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8 A questa distinzione funzionale corrisponde, come visto, una evidente differenziazione morfologica. Le razze dolicomorfe comprendono infatti cavalli atti ad andature veloci o molto veloci, di forme eleganti e slanciate, con altezza al garrese di circa 165 cm, testa piccola, tronco lungo, ventre retratto, groppa pressoché orizzontale, torace ampio e profondo, arti lunghi e asciutti, temperamento molto vivace. Le razze brachimorfe, invece, comprendono i cavalli da tiro pesante (lento o rapido), capaci di sviluppare una grande forza ma con movimenti piuttosto lenti, con statura compresa fra 160 e 190 cm. e peso che spesso supera i 10 q; hanno testa grossa, collo corto, groppa lunga e inclinata, petto ampio e muscoloso, tronco cilindrico, arti brevi, forme arrotondate per il grande sviluppo delle masse muscolari, temperamento calmo. Le razze mesomorfe, infine, comprendono cavalli con caratteri intermedi fra quelli dei due gruppi precedenti, di forme armoniche ed equilibrate, di temperamento energico, capaci di compiere sforzi notevoli anche a buone andature. Al tipo mesomorfo appartengono le varie razze da sella. Il brachimorfo o meso-brachimorfo, è oggi in declino per la progressiva meccanizzazione dell’agricoltura (Balasini, 2000).

Il reperimento di numerosi fossili ha consentito alla scienza di ripercorrere agevolmente il lungo cammino dell’evoluzione del cavallo. Il più antico antenato del cavallo viene denominato Hyracotherium, ed è più noto come Eohippus. Si tratta di un piccolo mammifero dell’altezza di circa 38 cm; era in grado di spostarsi con facilità su terreni umidi grazie ai suoi arti che terminavano con quattro dita, gli anteriori, e con tre, i posteriori. Il dito centrale, più lungo, presentava un’ultima falange munita di unghia a zoccolo. Da quest’antenato ebbero origine numerose specie, suddivise in vari rami filogenetici. L’evoluzione degli equini si svolge lungo l’arco di un periodo che abbraccia diverse epoche geologiche: dall’Eocene (da 60 a 40 milioni di anni fa), fino al Pleistocene (da circa 1 milione di anni fa fino a 8150 anni prima della nostra era).

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9 I progressi evolutivi più rilevanti riguardano l’aumento della statura, l’allungamento del muso, la modificazione dei denti e di alcune ossa della scatola cranica per favorire la masticazione (De Maria, 1986). Nel corso dei secoli la specie ha subito anche un importante processo evolutivo delle estremità degli arti per la riduzione del numero delle dita, con atrofia di tutti i raggi metatarsali e metacarpali e delle falangi, ad eccezione del 3° raggio e del 3° dito. Il 2° e 4° raggio metacarpale/metatarsiale sono ridotte a due strutture appena abbozzate, così come il 2° e 4° dito, dei quali rimangono solo i sesamoidi. La terza falange dell’unico dito rimasto, ha assunto una forma semilunare, incavata verso il basso, e dalla trasformazione dei tessuti molli e dall’unghia di quest’unico dito siamo arrivati all’attuale zoccolo: quest’evoluzione ha permesso al cavallo di diffondersi su qualsiasi tipo di terreno, anche il più duro o sconnesso. L'evoluzione ha interessato anche l'irrobustimento, l’allungamento degli arti, l'aumento della cavità encefalica e della lunghezza del muso, l'aumento delle dimensioni e allungamento dei denti (Lepri, 2007).

L’evoluzione equina è stata studiata tramite i resti fossili e le pitture ritrovate soprattutto nell’attuale Asia meridionale. Da questi quattro generi di cavalli selvatici, sono originate le moderne specie equine:

Ι. il primo gruppo é quello dei pony che raggruppa tutti i cavalli di taglia ridotta, dal Falabella al Fjord della Norvegia;

ΙΙ. il secondo gruppo é quello dei cavalli da lavoro che, con la loro potenza, in passato, hanno contribuito enormemente al lavoro dell'uomo,

ΙΙΙ. il terzo é quello più numeroso, comprendente le razze da sport, da svago e da passeggio.

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10 Nell'ambito di una specie animale si assiste alla formazione spontanea o artificiale di razze, cioè di raggruppamenti di individui che presentano caratteri distintivi ben definiti (standard della razza), trasmissibili ereditariamente. Le razze spontanee si formano attraverso la selezione naturale, mediante la quale solo i soggetti che meglio si adattano a un determinato ambiente riescono a sopravvivere, trasmettendo alla discendenza i caratteri che li contraddistinguono. La maggior parte delle razze sono artificiali, cioè create dall’uomo che ne ha operato la selezione (selezione artificiale) cercando di fissare i caratteri maggiormente desiderati. La selezione artificiale si basa dunque sull’incrocio (accoppiamento di individui appartenenti a razze diverse) e il meticciamento, cioè unione fra meticci, ossia soggetti ottenuti attraverso l’incrocio. Nella selezione artificiale la scelta dei riproduttori è basata sulle caratteristiche morfologiche (selezione morfologica) o su quelle funzionali (selezione funzionale). In alcuni casi prevale la selezione funzionale e di conseguenza i caratteri morfologici appaiono meno definiti e maggiormente variabili, in altri casi invece è la selezione morfologica a prendere il sopravvento, con conseguente esaltazione delle caratteristiche somatiche (Lepri, 2007).

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EREDITARIETA’ GENETICA

La genetica, dal greco “gennao”, “yevvàw”= dare vita, generare; è la scienza che studia i geni, l’ereditarietà e la variabilità genetica degli organismi. Sotto il profilo dell’ereditarietà di un carattere fenotipico è possibile distinguere tra caratteri monofattoriali, di tipo Mendeliano, la cui espressione è determinata esclusivamente da uno o pochi geni e caratteri polifattoriali, il cui determinismo genetico è complesso, poiché è determinato da molti geni con effetto additivo ed è influenzato dall’ambiente attraverso fenomeni di tipo epigenetico.

Gli organismi diploidi a riproduzione sessuata con cromosomi riconoscibili possiedono due copie di ciascun cromosoma (cromosomi omologhi) ad eccezione dei due cromosomi sessuali. L’eterozigosi sessuale può essere presente nel maschi o nella femmina. Nel cavallo è il maschio a essere portatore dei cromosomi XY, mentre la femmina ha cromosomi XX.

In un organismo diploide, i cromosomi non sessuali, noti come autosomi, sono organizzati in coppie omologhe. Due cromosomi omologhi contengono gli stessi geni in forma identica o no. Le forme alternative di un gene prendono il nome di alleli o varianti alleliche. Un organismo che possiede due alleli identici di un gene omozigote per quel gene, se le forme alleliche sono diverse, l’organismo è eterozigote per quel gene. La variante allelica che porta all’espressione di una funzione o di una struttura è detta dominante. Alleli diversi allo stesso gene possono essere dominanti, per cui si esprimono entrambi nel fenotipo (codominanza), entrambi recessivi (scomparsa del carattere fenotipico come in soggetti di sangue di gruppo O), oppure creare un fenotipo intermedio (dominanza incompleta);

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12 I caratteri codificati dai cromosomi non autosomici mostrano una ereditarietà legata al sesso finendo per manifestarsi o no, indipendentemente dalla loro dominanza, ma in ragione solo della loro esistenza nel solo cromosoma X o Y nel soggetto eterogamico (Hartl e Jones, 2005). Spesso un gene non funziona da solo, ma il suo effetto dipende dall’azione concomitante di altri geni, oltre che dall’ambiente. In campo zootecnico è frequente il caso in cui più geni agiscono su un solo carattere e in questo caso il loro effetto può semplicemente sommarsi e produrre un fenotipo che presenta diverse “intensità” (Pagnacco, 2004).

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GENETICA DEI CARATTERI QUANTITATIVI

I fenotipi che rileviamo sugli animali domestici devono essere interpretati da un punto di vista genetico e possono essere per così dire dissezionati in modo da coglierne la

componente ereditaria come separata da quella non trasmissibile. I fenotipi o caratteri

quantitativi sono fondamentali per l’importanza economica che questi rivestono da un

punto di vista zootecnico e veterinario, ricordando che per i caratteri quantitativi qualsiasi variabile produttiva venga misurata su un animale può essere definita come

fenotipo (P). Il fenotipo è quindi, anche in questo caso, il risultato della somma di due

componenti: il genotipo (G) e l’ambiente (E) secondo l’equazione generale: P = G + E

(Pagnacco, 2004).

Caratteri quantitativi importanti

Se la selezione deve avere successo, il carattere o i caratteri sotto selezione devono essere chiaramente definiti. Ci sono quattro gruppi generali di caratteri:

• Caratteri riproduttivi, come il numero di servizi per il concepimento, l’intervallo interparto e la numerosità della nidiata.

• Caratteri di produzione come l’età al peso di mercato, la produzione di latte e il peso allo svezzamento.

• Caratteri di qualità come il punteggio della carcassa per gli animali da carne, la frazione solida del latte per gli animali da produzione lattea e lo spessore del lardo dorsale nei suini.

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14 • Caratteri estetici o a personale preferenza, come la tonalità dei colori del mantello, alcuni punti di bellezza di conformazione e la forma della testa per la maggior parte delle specie (Van Vleck et al., 1999).

I caratteri produttivi e riproduttivi usualmente possono essere misurati obiettivamente. Sebbene alcuni caratteri di qualità possano essere misurati obiettivamente, a molti vengono assegnati giudizi soggettivi.

La maggior parte dei caratteri riproduttivi ha ereditabilità bassa dallo 0 al 15%

Molti caratteri di produzione hanno ereditabilità moderata dal 20 al 40%

Molti caratteri di qualità hanno ereditabilità elevata dal 50 al 70% (Van Vleck et al., 1999).

I valori economici relativi a tali caratteri, dipendono dalla situazione.

Situazioni inconsuete possono risultare in valori economici inconsueti dipendendo da una combinazione di alta produzione ed elevato punteggi dei caratteri estetici. Il valore economico relativo dei caratteri estetici è spesso funzionale “dell’ occhio o della mente, di colui che alleva gli animali”.

Le correlazioni, in particolare quelle genetiche negative, sono importanti nel disegno di un programma di selezione. Una correlazione genetica negativa tende a causare un decremento del valore medio di un carattere, se l’altro carattere viene migliorato (Van Vleck et al., 1999).

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15 I cromosomi

Soprattutto per scopi riproduttivi sono utili alcune conoscenze della struttura dei

cromosomi e del loro comportamento. La conoscenza della complessa struttura dei

cromosomi può risultare importante, anche se la riproduzione fra gli animali domestici non opera a tali livelli.

La ricerca dell’identità chimica dei cromosomi è culminata nel 1953, quando James

Watson e Francis Crick determinarono che i cromosomi erano in realtà una struttura a

doppia elica di acido desossiribonucleico (DNA). Le basi di DNA , quando lette tre alla

volta, formano un codice nel quale ciascuna unità identifica un aminoacido o un qualche tipo di punteggiatura, come punti di inizio e di fine. Il DNA perciò agisce come una sagoma dalla quale vengono sintetizzati molti tipi di acido ribonucleico (RNA).

L’RNA messaggero (mRNA) lascia il nucleo e a sua volta serve come stampo per mettere insieme unitamente all’RNA ribosomiale (rRNA) e all’RNA transfer (tRNA) delle cellule, gli aminoacidi nella sequenza codificata. Una serie di basi, quindi, equivale ad un gene, e il sui prodotto è una catena di aminoacidi, cioè, una catena

polipeptidica. Una volta rilasciata dall’RNA e dai ribosomi, la molecola assume una

struttura tridimensionale, dipendendo la sua configurazione dall’attrazione fra i suoi costituenti aminoacidi e può aggregarsi con altre catene polipeptidiche (Van Vleck et al., 1999).

Questa forma tridimensionale deciderà l’attività della proteina risultante nel metabolismo della cellula. La struttura del DNA è atta ad una replicazione precisa, essenziale per l’eredità del materiale genetico, ma permette anche che gli errori

occasionali che si verificano nella duplicazione vengano replicati. La replicazione di

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16 Senza tali variazioni non ci sarebbe materiale naturale (grezzo) sul quale far agire la selezione .I cambiamenti nell’informazione genetica portati da una cellula, sono detti

mutazioni. Le mutazioni avvengono costantemente in tutte le cellule del corpo e non

sono, contrariamente alla credenza popolare, eventi rari, sebbene il tasso di mutazione per un singolo locus sia molto basso. La mutazione è un punto di cambiamento del materiale genetico che viene poi replicato durante la divisione della cellula e trasmesso a tutta la progenie che riceve quel particolare cromosoma. Una mutazione può dare origine a cambiamenti nel fenotipo ed è così che la mutazione stessa può essere individuata. I test biochimici possono rivelare anche mutazioni i cui effetti non sono apparenti nel fenotipo dell’individuo ma agiscono a livello metabolico.

Poiché il corpo è costantemente esposto a fattori ambientali che causano mutazioni, come la luce ultravioletta, agenti chimici, radiazioni, l’evoluzione ha fornito un meccanismo protettivo che ripara la maggior parte delle mutazioni prima che queste si replichino e vengano trasmesse alle cellule figlie. Un sistema di enzimi forma il meccanismo riparatore, prevenendo anche le mutazioni in quelle cellule che, eventualmente si rivelerebbero letali (Van Vleck et al., 1999).

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La teoria della selezione

Lo studio della espressione quantitativa dei geni si impernia sopra quello della variazione del carattere nella popolazione. La variazione viene espressa come varianza (il quadrato medio delle deviazioni del carattere dalla media) ed è suddivisa in componenti. Le caratteristiche genetiche della popolazione come sono espresse nel

fenotipo dipendono fondamentalmente dalla grandezza di tali componenti.

La varianza fenotipica totale (σ2P) misura le differenze nella espressione metrica di un carattere dovuta a tutte le cause capaci di influenzarla, note e ignote.

Una componente è una parte della varianza, ed è quella parte che spetta ad una determinata fonte di variazione. La suddivisione fondamentale riguarda la varianza

ereditaria (σ2G) e quella ambientale (σ2E): la prima comprende quella parte delle

differenze fra gli individui che sono dovute a differenze individuali nella eredità, la seconda quella parte delle differenze fra gli individui che sono dovute a differenze nell’ambiente individuale di ciascuno di essi. Di norma, la varianza genetica e quella ambientale non possono essere misurate direttamente, e vengono espresse come frazioni della varianza fenotipica totale (Bettini, 1987).

La varianza ambientale è stata ammessa indipendente da quella ereditaria, ossia si è ammesso che l’eredità e l’ambiente non siano correlati, ma ciò di norma non è vero.

Se sono operanti correlazioni genetico-ambientali, la varianza fenotipica totale non è più la semplice somma della varianza ereditaria e di quella ambientale, ma è qualcosa di più se eredità e ambiente lavorano nello stesso senso, di meno se lavorano in senso contrario. La correlazione si misura come covarianza. Se una certa condizione ambientale ha uguale effetto sopra tutti i genotipi, ad essa è associata una stessa e

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36 sempre uguale deviazione fenotipica indipendentemente dal genotipo dell’individuo che la manifesta. Ma in realtà non è sempre così, perché anzi una certa differenza ambientale può agire su sopra alcuni genotipi più che su altri, come un certo genotipo A può essere superiore ad un altro B in un determinato ambiente, viceversa B potrebbe essere superiore ad A in un altro. Si tratta di interazioni genetico-ambientali.

Ancora vi sono interazioni ambiente-ambientali, che possono influenzare variamente l’espressione fenotipica di uno stesso genotipo nel corso della vita. Si ammette che il genotipo individuale sia invariante nel tempo ma non è affatto detto che sia così: singoli geni ed al limite interi cromosomi possono essere attivati od inibiti nel corso della vita, i primi anche indifferentemente nelle diverse strutture.

In simboli, espresso in termini di varianza il teorema dell’additività (degli effetti sul fenotipo della eredità e dell’ambiente) può essere scritto:

σ

2P

= σ

2G

+ σ

2E

+ ƒ

(GE)

Il quale dice che il valore fenotipico medio atteso è uguale alla somma del valore genetico medio σ2 G più l’effetto di un particolare ambiente sopra tutti i genotipi σ2E più l’effetto dell’interazione G x E. Introducendo anche le correlazioni genetiche ambientali la si può scrivere :

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37 Ed aggiungendo ad essa le interazioni ambiente-ambientali: f (E1

E

2

)

dove E1 ed E2 sono ambienti diversi, spaziali o temporali. Ovviamente, si devono

ammettere anche interazioni di secondo o di ordine superiore.

Di norma le possibili correlazioni ed interazioni fra genotipo e ambiente ( e ambiente-ambientali) vengono ignorate con una certa superficialità perchè di fatto esistono e possono essere importanti. Quindi la si semplifica nella :

σ2P = σ2G + σ2E

e siccome l’ereditabilità additiva viene ricavata dal semplice rapporto h2 = σ2A / σ2P è

anche uguale a :

h

2

+ e

2

= 1

Si tratta di una approssimazione più o meno grossolana in relazione anche al criterio di stima della ereditabilità.

La varianza ambientale comprende tutta quella parte delle differenze fra gli individui che non è dovuta all’eredità: quindi, quella parte delle differenze che è dovuta a differenze nell’ambiente individuale, nonché alle interazioni fra l’eredità e l’ambiente e ambiente-ambientale. La grandezza della varianza ambientale molto dipende dalla natura del carattere nonché dalle condizioni ambientali.

I fattori ambientali che maggiormente influenzano la varianza sono quelli fisici e

nutrizionali. Essi sono anche sono anche i più facili da controllare. Nei Mammiferi gli

effetti materni, prenatali e postnatali, sono pure una fonte importante di variazione ambientale. Dopo di ciò rimane ancora una frazione notevole della varianza ambientale che è dovuta a cause non identificabili, in parte esterne, ed in parte legate ad “errori” morfogenici. Questi ultimi interessano specialmente la forma, la pigmentazione, e in

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38 generale i caratteri morfologici e strutturali mentre le prime interessano specialmente i processi metabolici come l’accrescimento, la fertilità, la produzione lattea (Bettini, 1987).

Ripetendo la stessa osservazione sugli stessi individui, si può conoscere quanta parte della varianza è dovuta a differenze nello stesso individuo nel tempo e nello spazio.

Sono esempio di ripetizione temporale la produzione lattea, di lana, il numero delle successive gestazioni, mentre sono esempi di ripetizione spaziale le differenze anatomiche o strutturali fra le due metà degli animali a simmetria bilaterale. Sia le differenze temporali che le differenze spaziali sono dovute a cause puramente

ambientali , ma mentre le prime sono da attribuire a cause generali o localizzate (cause

che interessano sia l’animale nel suo complesso che singole parti od organi), le seconde sono dovute a cause ad effetto localizzato.

Il rapporto tra al varianza entro gli individui e la varianza fenotipica totale prende il nome di ripetibilità. La prima si può dividere in due parti : l’una permanente o generale, l’altra accidentale o localizzata. La ripetibilità può essere più o meno grande in relazione alla natura del carattere e alle condizioni ambientali. La frazione ripetibile della varianza fenotipica comprende quella ereditaria (additiva e non additiva) e quella ambientale permanente. Di norma, della varianza entro l’individuo quella generale è piccola rispetto a quella localizzata. Ciò potrebbe essere dovuta al fatto che lo sviluppo di organo o parte, ha un certo margine di indeterminatezza.

La conoscenza del grado di ripetibilità di un carattere è assai utile. Anzitutto, stabilisce il valore limite superiore dell’ereditabilità in senso stretto e in senso lato: la prima misura l’ereditabilità vera e propria, la seconda il grado di determinazione genetica del

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39 ripetizione di una osservazione : se un carattere è misurato in n volte, e la media delle n osservazioni viene assunta come misura del valore fenotipico individuale, tale media comprende la varianza genetica, la varianza ambientale permanente ed un n-esimo della varianza accidentale. La riduzione di quest’ultima dà una misura dell’aumento nell’accuratezza della stima: se il grado di ripetibilità è elevato, la ripetizione dell’osservazione è poco utile, e viceversa.

Nell’interpretare il significato della ripetibilità si ammette che il carattere misurato rimanga geneticamente identico nel tempo, ossia che esso sia l’espressione degli stessi processi fisiologici di sviluppo. Ma non è detto che sia così, anzi, è possibile che molti geni agiscano in intervalli particolari dello sviluppo e non altri. Si ammette ancora che l’espressione di un carattere ad una certa età sia indipendente da quella ad una età precedente, e ciò per alcuni caratteri è ancora meno vero (Bettini, 1997).

L’ereditabilità

Come è stato detto, l’ereditabilità misura la frazione della varianza fenotipica totale che è attribuita all’azione additiva dei geni,

E la si può scrivere anche:

h

2

= b

AP

dove bAP è il coefficiente della regressione del valore riproduttivo sul valore fenotipico.

Dalle relazioni che legano il coefficiente di regressione a quello di correlazione e si ricava che la radice quadrata dell’ereditabilità è la correlazione fra il valore riproduttivo e quello fenotipico:

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40

r

AP

= b

GA.

σ

/

σ

A

Siccome l’ereditabilità è la regressione del valore riproduttivo su quello fenotipico, una stima del primo si può avere come : A = h2P

Dove A e P sono misurati come deviazioni dalla media.

L’ereditabilità condiziona la somiglianza fra i parenti nei loro caratteri metrici, consente un giudizio sul valore riproduttivo dei riproduttori in base al loro valore fenotipico, fornisce un elemento di previsione sulle possibilità di miglioramento di una popolazione per selezione individuale, ed orienta l’allevatore sui criteri di miglioramento da usare. Teoricamente essa può variare da zero a uno. Non è una costante ne’ invariante nel tempo, e di fatto ha valore nelle condizioni in cui è stata stimata, ma può variare ossia può aumentare o diminuire in relazione ai criteri riproduttivi adottati e ai cambiamenti nell’ambiente. Le condizioni ambientali molto variabili ingrandiscono la varianza ambientale e quindi abbassano il valore dell’ereditabilità. I genetisti ammettono una relazione fra il grado di ereditabilità e la natura del carattere: i caratteri a più bassa ereditabilità sarebbero quelli più strettamente connessi all’adattamento biologico, come ad esempio la fertilità, e viceversa quelli molto ereditabili sarebbero i meno importanti da tale punto di vista (Bettini, 1997).

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Eredità legata al sesso

Si parla di eredità legata al sesso per una serie di caratteri che possono non aver nulla a che vedere con la determinazione sesso, ma che sono controllati da geni posti su

cromosomi sessuali (sex-linked), in particolare sul cromosoma X e non sugli autosomi

(tutti gli altri cromosomi). Per questi geni i rapporti di segregazione mendeliani sono modificati in quanto cambiano a seconda del sesso degli individui (Pagnacco, 2004).

Sebbene il sesso sia determinato, negli animali domestici, dall’ereditare un intero cromosoma piuttosto che un singolo gene, le tecniche già discusse per lo studio delle relazioni fra singoli caratteri possono essere usate per studiare l’eredità del sesso.

Ogni carattere controllato da un locus che si trova sul cromosoma X, mostrerà una relazione con l’eredità del sesso. Il cromosoma Y contiene pochissimi loci che sono stati identificati come geni che controllano caratteri che non sono in relazione col sesso dell’individuo, mentre il cromosoma X porta geni per molti caratteri. L’eredità legata al sesso, quindi, riguarda esclusivamente l’eredità di caratteri controllati da alleli che si trovano sul cromosoma X.

I caratteri recessivi legati al sesso sono identificati da un particolare tipo di eredità. Solitamente, nei mammiferi, genitori normali produrranno figlie tutte normali, ma il 50% dei figli maschi di madri eterozigoti mostrerà il fenotipo recessivo.

Le femmine possono ereditare il carattere recessivo legato al sesso ma, per mostrare il carattere, devono essere omozigoti e ciò significa che anche il padre deve avere l’allele da trasmettere alla figlia. Egli deve quindi, mostrare il fenotipo appropriato per ogni allele recessivo che porta, in quanto non ha un corrispondente allele dominante nel caso di loci legati al cromosoma X (Van Vleck et al., 1999).

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Modi di stimare l’Ereditabilità

Tutte le stime dell'ereditabilità si basano su quanto i parenti si assomigliano fra loro di più degli individui presi a caso nella popolazione.

La somiglianza fra i parenti si può esprimere come frazione della varianza fenotipica

totale, come rapporto tra la componente fra i gruppi dei parenti e la varianza totale,

ossia come correlazione intraclasse.

La varianza fra i gruppi, o covarianza fra i membri del gruppo, esprime appunto la quantità della variazione che è comune ai membri dello stesso gruppo (Bettini, 1997).

Le parentele che maggiormente intessano ai fini applicativi sono le seguenti:

a) figlio - semigenitore, b) figlio - genitore, c) fratellastri, d) fratelli germani (stima

meno degna di fiducia poiché in essa è compresa la varianza di dominanza e quella ambientale).

Sulla base dei coefficienti di regressione e di correlazione è possibile stimare sia la

varianza genica sia l’ereditabilità. Ad esempio, nei cavalli, la stima dell’ereditabilità sui

fratellastri si impernia sul seguente schema. Un certo numero di riproduttori maschi, stalloni (s), viene accoppiato con femmine fattrici (m), ed ha un certo numero di figli, sui quali è misurato il carattere di cui si vuole stimare l’ereditabilità. Gli individui misurati sono perciò una popolazione di fratellastri, e di fratelli. La varianza fra di essi viene analizzata per le differenze tra i figli dei diversi stalloni, tra i figli delle fattrici accoppiate allo stesso maschio (tra le fattrici entro lo stallone), e tra i figli della stessa fattrice (entro la fattrice) (Bettini, 1997).

(43)

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Genetica e decisioni di allevamento

Al fine di evitare progenie affette da malattie ereditarie risultanti dall’azione di un singolo gene o da geni dominanti, è sufficiente non utilizzare in allevamento genitori portatori. Per evitare di produrre puledri malati, a causa di un singolo gene recessivo, la combinazione tra due carriers (eterozigoti) deve essere assolutamente evitata, ma la combinazione che coinvolge un singolo carrier (portatore) di sicuro non produrrà un puledro malato. A livello pratico, però, l’identificazione dei carriers è un problema estremamente difficile. Senza l’aiuto biochimico specifico, o del test del DNA per il gene difettoso, i carriers possono essere riconosciuti solamente tramite lo stallone o la progenie con malattia manifesta. Molti carriers non verranno mai scoperti con nessuno dei metodi di screening basati su allevamenti random (Bowling, 1996).

Un metodo di screening strutturato, tramite l’utilizzo di piani di riproduzione scelti, ci fornisce una statistica sicura sulla situazione dei carriers.

Per esempio, per determinare se un giovane stallone è portatore di uno specifico gene recessivo letale è necessario accoppiarlo con fattrici che conosciamo essere portatrici di tale malattia. Se non viene prodotto un puledro malato nei successivi 12 accoppiamenti, allora il cavallo non viene considerato portatore per quel determinato gene con il 97% di certezza.

Il Progeny test è più appropriato per le malattie recessive, che sono deleterie in allevamento ma non letali. Puledri non affetti per cinque generazioni nati da madre malata ci suggerisce in maniera evidente, con il 97% di certezza, che lo stallone non è portatore. Se vogliamo avere una certezza maggiore, sono necessari più accoppiamenti.

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44 Sicuramente, ogni puledro che manifesta nell’immediatezza la malattia, è la prova che il cavallo che abbiamo testato è portatore della malattia presa in esame (Bowling, 1996).

Istituire, a livello genetico, un programma di allevamento appropriato per fattrici e stalloni come possibili carrier è una proposta complicata.

Inoltre, questi programmi presentano il problema che nel tempo in cui proviamo a ridurre la frequenza dei geni indesiderati, verranno prodotti perlomeno alcuni puledri portatori di geni difettosi che potenzialmente diventano trasmissibili a meno che non si eliminino dall’allevamento.

Lista carriers

Alcuni proprietari e Allevatori propongono di istituire un registro di allevamento e una lista che fornisca informazioni su tutti gli animali carriers (portatori) , in particolare sugli stalloni. In questo modo, gli allevatori verrebbero a conoscenza prima, tramite i

pedigrees, di eventuali problemi in maniera anticipata. Tuttavia, le progenie di cavalli in

lista, potrebbero non ereditare il gene indesiderato, ed essere così inutilmente inseriti

dall’associazione come cavalli da inserire nella lista.

Gli allevatori e i proprietari, che con sacrificio hanno affrontato problematiche relative alle malattie genetiche, sanno che il 50% delle progenie di genitori carriers, non ereditano quel gene difettoso, ma probabilmente altri geni in altri loci (Bowling, 1996).

A nostro giudizio, anche alcuni proprietari e allevatori non sarebbero interessati a capire la genetica delle diverse malattie e sarebbero riluttanti a prendere in considerazione qualsiasi cavallo che nel proprio pedigree presenti un antenato, anche distante per generazione, inserito in una lista come possibile carrier.

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Geni correlati alla morfologia e alle performance fisiche nel cavallo

L’ intensa selezione, nel cavallo, per la velocità, la resistenza e la forza, è il risultato di un numero elevato di cambiamenti richiesti a livello fenotipico per raggiungere le

performance atletiche. Gli studi riguardo i geni imputati, sono ancora molto rari nel

cavallo. Un gruppo significativo di geni canditati è stato trovato nei cromosomi 4 e 12.

Questi geni sono coinvolti nella regolazione cito-scheletrica, nell’interazione

neuro-attiva e nella segnalazione di eccessi di calcio.

I geni riguardanti le performance fisiche nei cavalli coinvolgono in maniera complicata un largo numero di organi e vie metaboliche, sono probabilmente poligeni, con l’ effetto combinato di centinaia di varianti genetiche (Schroder et al., 2011).

In uno studio condotto da Meira et al. (2013) per investigare le differenze geniche e morfologiche in cavalli Quarter Horses da “ cutting “ e “racing”, sono stati utilizzati animali di entrambi i sessi , registrati all’ Associazione Brasiliana Allevatori Quarter Horses. Durante lo studio, sono stati utilizzati parametri fisici quali il peso, l’altezza, la circonferenza al torace, la circonferenza allo stinco; la lunghezza del pastorale, della groppa, della testa, del collo; e la circonferenza al garretto, al petto e dello zoccolo. Oltre a questo, sono stati effettuati esami del sangue. Per le analisi delle differenze genomiche sono stati presi in considerazione gli “SNPs” (Single-Nucletide Polimorphisms) e codificati usando il test “Equine SNP50 BeadChip” ed è stata valutata la qualità dell’individuo e i genotipi “SNP”, tramite la banca dati.

L’indice di fissazione, “FsT”, è stato utilizzato per determinare le regioni genomiche alterate nel pedigree dalla selezione. Il risultato di questo studio ha dimostrato differenze molto significative tra le due linee e per tutte le conformazioni fisiche.

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46 Il numero di informazioni polimorfiche ricercate in ogni linea e in tutta la popolazione presa in esame, ha indicato che il test “SNP50BeadChip” può essere utilizzato nello studio genetico dei Quarter Horses.

L’ indice di fissazione, “FsT”, ha identificato 2.500 regioni genomiche che potrebbero essere state modificate dalle diverse selezioni. Questo sistema può quindi, essere utilizzato per differenti scopi nell’allevamento, come ad esempio, l’analisi della struttura genetica, la stima della divergenza tra popolazioni, l’identificazione del “QTL” (Quantitative Trait Loci) e delle regioni genomiche soggette alla selezione (Meira et al., 2013).

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LE TARE

Sono denominate “tare” le alterazioni indelebili della pelle e delle parti sottostanti che portano ad una svalutazione dell’animale. Sulla pelle ad esempio, sono costituite da cicatrici, da depilazioni succedute a traumatismi, ad applicazioni di medicamenti, a certe operazioni chirurgiche, ecc. Non sono gravi, direttamente, ma per le malattie e le imperfezioni che stanno a rappresentare. Così, una cicatrice anche molto grande sulla groppa di un cavallo lo tara molto meno di una cicatrice molto più piccola sulla faccia anteriore del ginocchio. Ciò perché quest’ultima è in generalmente in rapporto con una caduta e autorizza quindi a sospettare della solidità degli arti anteriori.

Sotto la pelle e nei tessuti connettivo, muscolare ed osseo, le “tare” si osservano più frequentemente agli arti e comunemente si dicono “dure” o “molli”.

Tare dure

Le “tare dure” (o soprossi), sono di natura ossea e si producono di preferenza ai margini delle articolazioni e all’attacco dei legamenti. Esse sono in correlazione a processi infiammatori: esostosi del garretto (spavenio, giarda, corba), degli stinchi (schinelle), delle articolazioni falangee (formelle).

Tare molli

Le “tare molli” sono per lo più di natura sinoviale e si presentano sotto forma di tumefazioni fluttuanti per presenza di liquido. Sono idropisie delle guaine di scorrimento di tendini, quali le “mollette”, o idrofisi di sinoviali articolari, quali i “vesciconi” (Balasini, 1998).

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I RAPPORTI TRA CONFORMAZIONE E ZOPPICATURA

La conformazione può essere definita come la forma o il profilo di un animale, questo concetto può essere ampliato per includere il rapporto tra forma e funzione

La conformazione di un cavallo dei giorni nostri è il risultato sia della selezione naturale sia di ciò che l’uomo ha richiesto al cavallo. Il processo di selezione naturale porta a scegliere all’interno di una razza il soggetto che meglio sopporta le variazioni geografiche e di clima quali è sottoposto. Per prima cosa l’uomo selezionò il cavallo per il lavoro a mano. In breve furono fissate delle caratteristiche che consentivano a certi cavalli di eccellere e questa tipologia veniva a rappresentare il livello di eccellenza.

La costituzione è stata definita come l’insieme delle caratteristiche ereditarie di un animale o di una razza, che meglio si presta ad una data funzione.

La conformazione di un cavallo condiziona tutto il suo modo di muoversi. Dato che il cavallo è un animale che sviluppa una certa attività lavorativa, il suo valore è determinato dallo stato in cui si trovano gli arti ed i piedi. Infatti, una viziata conformazione degli arti può contribuire non solo allo sviluppo di certe zoppie, ma addirittura può essere la causa diretta di una zoppia. La proporzione tra la conformazione del tronco e quella degli arti può essere la causa determinante o meno di un certo tipo di ostacolo al movimento degli arti durante la locomozione.

La conformazione è uno dei fattori più importanti per il buono stato degli arti e spesso è un elemento determinante per conservare un periodo più o meno lungo di attività ad un cavallo. In considerazione di ciò, anche se sono pochissimi i cavalli che presentano una conformazione perfetta, nella selezione di un ceppo di allevamento, la conformazione dovrebbe sempre essere attentamente considerata e gli animali con serie alterazioni si

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49 dovrebbero eliminare. E’ importante comprendere che la dinamica della locomozione equina è influenzata da una miriade di fattori, come la salute dell’animale, la sua

alimentazione, l’allenamento, il suo benessere, e la conformazione. La conformazione è

l’unico aspetto che non può essere significativamente modificato, visto che è ereditario.

Una cattiva conformazione ereditaria predispone, generalmente, a malattie come la navicolite, lo spavenio, la corba, a fratture delle ossa e alla fissazione superiore della rotula. Anche una conformazione dell’arto che porti ad una deviazione del piede durante la sospensione in fase locomotoria è altamente ereditabile ed andrebbe considerata come un fattore non desiderabile, sia quando si tratti di acquistare un cavallo o di prendere in considerazione uno stallone od una fattrice per l’allevamento.

Sotto quest’ultimo aspetto, quando è possibile, si dovrebbe sempre tentare, attraverso i prodotti dell’allevamento, di correggere i difetti incontrati nei genitori e migliorare la prole nella sua conformazione. (Adams, 1990)

I difetti congeniti nel cavallo, quali ad esempio, il garrese basso, la groppa obliqua, il piede piccolo, i garretti vaccini, si presumono ereditari e si definiscono perciò difetti

congeniti ed hanno un carattere di maggiore gravità rispetto ai difetti acquisiti (D.

Balasini, 1998)

Conformazione del tronco

La conformazione del tronco è variabile nelle differenti razze e questa variabilità deve essere attentamente considerata al momento di valutare un cavallo.

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50 Per esempio, un cavallo Arabo ha il dorso corto se noi lo confrontiamo a quello del Purosangue, mentre un Quarter Horses di certe linee di sangue può presentarsi con tronco più corto, più pesante ed arti più corti di quelli del Purosangue.

Per questi motivi la valutazione della conformazione del tronco deve essere fondata sulle particolarità individuali della razza; però in questa valutazione si tenga presente, tanto per fare un esempio, che cavalli a dorso lungo possono presentare durante l’andatura un dondolio che può alterare il movimento degli arti, fino alla determinazione del difetto dell’arrivarsi.

Nello stesso modo cavalli a dorso corto e con gli arti troppo lunghi rispetto al corpo sono propensi a raggiungersi e a forgiare.

Il tronco deve essere non solo di ottima proporzione, ma in gradevole equilibrio con gli arti. La conformazione del tronco non è comunemente causa di una claudicazione ed a questo riguardo la discussione verterà soprattutto sulla conformazione degli arti (Adams, 1975).

Conformazione degli arti

Per ben valutare la conformazione di un arto, il cavallo dovrebbe sempre essere osservato da vicino, fermo ed in movimento. Gli arti debbono essere ben proporzionati all’altezza, profondità e lunghezza del tronco. Dato che la spinta degli arti posteriori ha una grande importanza sul movimento degli arti anteriori, una conformazione particolarmente equilibrata è essenziale. La conformazione degli arti determina pure la forma dei piedi, il loro consumo, la distribuzione del peso e l’oscillazione dei piedi durante il movimento.

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51 Una conformazione difettosa dell’arto non è una alterazione per se stessa; tuttavia può essere considerata un segno di debolezza strutturale, predisponente l’animale a parecchie forme di zoppia che non si manifesterebbero se fosse nato con una buona conformazione. Spesso è possibile rilevare eventuali attinture degli arti, osservando le andature al passo e al trotto.

Nelle rapide andature, invece, una interferenza è difficile da percepire perché l’occhio non può seguire i piedi ad alta velocità. I cavalli da corsa, con una conformazione complessivamente buona, hanno raramente problemi di contatto degli arti; tuttavia se sono presenti anche lievi anomalie conformative, l'attintura degli arti può manifestarsi, ma solo quando l’andatura è velocissima (Adams, 1975).

Valutazione degli appiombi al fine di esprimere un giudizio

Nel giudicare i cavalli si deve decidere quando le buone qualità eccedono sulle cattive o viceversa. Soltanto conoscendo i fondamenti di una buona conformazione si può ricavare un giudizio utile attraverso un rapido esame.I seguenti fattori debbono essere tenuti presenti, quando si vuole valutare una conformazione difettosa:

Conformazione base stretta – mancinismo

Sarà la causa di problemi locomotori più di altri tipi di conformazioni abnormi. La tendenza alla “attintura” da trauma della parete dello zoccolo rende questo tipo di conformazione molto indesiderabile (Adams, 1990).

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Conformazione base larga – mancinismo

Pure questo tipo di conformazione porta alla “attintura”, però la base larga tiene a distanza i piedi e crea una separazione meccanica durante l’oscillazione degli arti. Tuttavia il piede si sposta ancora in dentro ed il contatto spesso può verificarsi con gli stessi risultati che si osservano nella conformazione a base stretta-mancinismo. Entrambi questi due tipi di difetti dovrebbero essere considerati più indesiderabili della conformazione base stretta-cagnolismo (Adams, 1990).

Conformazione base stretta–cagnolismo

Anche se questo tipo di conformazione non risulta essere buona, non è così pericolosa come i due tipi sopra ricordati. Il piede in genere si sposta con un arco esterno (falciatura) e non è fonte di alcun problema di contatto. E’ però presente una maggiore sollecitazione sui legamenti esterni delle articolazioni e sulla cartilagine laterale del piede (Adams, 1990).

Deviazione anteriore dell’articolazione del carpo (ginocchio arcato)

Quando si manifesta una leggera deviazione anteriore bilaterale dei carpi essa rappresenta, generalmente, il risultato di una contrattura dei flessori del carpo, come nel

puledro. Se questa condizione è lieve, non è causa di gravi sollecitazioni sugli arti. Se la deviazione è piuttosto marcata, diviene del tutto indesiderabile a causa di inevitabili forti oscillazioni.

La deviazione anteriore unilaterale è altrettanto indesiderabile a causa di probabili alterazioni patologiche nell’arto. Una leggera deviazione anteriore bilaterale del carpo non è così grave come la deviazione posteriore (ginocchia da vitello) (Adams, 1990).

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53

Deviazione posteriore delle articolazioni del carpo (ginocchia da vitello o da montone)

E’ un tipo di cattiva conformazione a causa della tendenza a prodursi di fratture carpali quando l’arto è sottoposto a sforzi. Questo difetto conformativo è più deplorevole di una leggera deviazione anteriore dei carpi (ginocchia arcate) (Adams, 1990).

Deviazione laterale delle ossa del metacarpo (ginocchia a sedile)

Questo tipo di difetto non è desiderabile in un cavallo in quanto la sua presenza tende ad aumentare la possibilità di formazione di schinelle mediali. Si sviluppano inoltre delle pressioni irregolari sulle ossa carpali (D.R.Adams, 1975).

Difetti di appiombo (www.rivistadiagraria.org)

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54 Proiezioni appiombi corretti

(www.rivistadiagraria.org)

Gli arti anteriori

Gli arti anteriori sopportano circa il 60-65% del peso del cavallo.

Questa misura può variare a seconda della conformazione del cavallo: testa, collo, addome e groppa possono presentare proporzioni molto diverse.

Ciò significa che gli arti anteriori sono assoggettati a maggiori alterazioni per concussione e traumi più degli arti posteriori, perché gli anteriori non solo sopportano il peso del tronco in movimento, ma pure aiutano gli arti posteriori alla spinta del tronco. Una conformazione ideale o perfetta significa non solo una appropriata lunghezza di un osso, quanto una appropriata angolazione tra le ossa dello scheletro degli arti.

Il cavallo può avere una buona conformazione secondo un punto di vista ed una cattiva conformazione secondo un altro punto di vista o la conformazione può essere buona in un arto anteriore e non buona nell’altro. L’esame per studiare la conformazione degli arti anteriori deve essere fatto mentre il cavallo è in stazione, con il peso ben distribuito tra piedi anteriori e posteriori. Quando il cavallo è in stazione, calmo, lo si osserva ad una certa distanza e quindi si esaminano gli arti più da vicino.

La conformazione dell’arto anteriore si considera ideale quando non impone eccessivo sforzo su alcuna parte dell’arto (Adams 1990).

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55

Aspetto frontale

Il peso deve essere distribuito su entrambi gli arti in misura eguale.

Gli arti debbono essere ben dritti: una linea tesa dalla punta della spalla (a metà della giuntura scapolo-omerale) deve separare in due parti eguali l’arto.

Il petto deve presentarsi ben sviluppato e muscoloso. La punta degli zoccoli deve essere orientata in avanti e la distanza intercorrente tra i piedi sul terreno deve essere uguale allo spazio tra gli arti alla loro origine sul petto. Ogni deviazione dalla linea di appiombo provocherà inevitabili sollecitazioni ai legamenti collaterali delle più importanti articolazioni dell’arto. Le articolazioni carpiche debbono essere ben equilibrate e non deviate l’una verso l’altra o distanziate. Lo stinco deve essere situato al centro e al di sotto del carpo e non spostato lateralmente, ovvero con “ginocchia a sedile”.

Aspetto laterale

La spalla deve essere obliqua. Una linea tesa dalla tuberosità della spina della scapola, dovrebbe separare in due parti eguali l’arto fino all’articolazione del nodello e quindi portarsi proprio dietro al tallone. Il carpo non deve essere deviato né anteriormente né all’indietro. La muscolatura dell’avambraccio deve essere ben sviluppata ed equilibrata a quella dell’arto. L’area posta subito sotto al carpo non deve essere rientrante anteriormente o posteriormente. La parete dello zoccolo deve presentarsi con la stessa obliquità del pastorale. L’angolo della scapola con il tronco può variare tra 50 e 75 gradi, mentre è di 85-100 gradi l’angolo tra la scapola e l’omero alla punta della spalla.

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56 Un angolo di circa 128-132 gradi si ritrova tra l’omero ed il radio a livello del gomito, mentre l’angolo tra il metacarpo principale e la prima falange è di circa 130-135 gradi. L’angolazione tra la superficie plantare del piede e la linea anteriore della parete dello zoccolo ed il pastorale (asse del piede) dovrebbe essere approssimativamente di 40-50 gradi. Questi angoli variano nelle differenti razze, per esempio gli Arabi hanno, in genere, spalle e pastorali maggiormente obliqui che i Quarter Horses (Adams, 1990).

Difetti di appiombo nell’arto anteriore

Base stretta o chiuso al davanti

Nella conformazione a base stretta, la distanza tra le linee centrali dei piedi piazzati sul terreno è minore di quella degli arti alla loro origine nel petto, quando esaminati frontalmente. Ciò si rinviene più spesso nei cavalli a petto largo e con muscoli pettorali ben sviluppati, così come nei Quarter

Horses. Tale conformazione può essere accompagnata da cagnolismo

o mancinismo. L’esterno dell’arto sopporta lo sforzo maggiore, poiché la parte laterale è sottoposta ad una costante tensione. In quasi tutti i casi , la conformazione a base stretta

Difetti di appiombo arti anteriori e posteriori (www.rivistadiagraria.org)

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57 forza il cavallo a caricare più peso sulla parete esterna dello zoccolo, sia che il piede si presenti cagnolo o mancino (Adams, 1990).

Base larga o aperta sul davanti

In questo difetto la distanza tra le linee centrali dei piedi sul terreno è maggiore di quelle tra le linee centrali degli arti alla loro origine sul petto, quando l’esame è fatto frontalmente. Questa condizione è più facile a riscontrarsi in cavalli a petto stretto, come il cavallo americano da sella e il cavallo “Tennessee Walking”.

Nella conformazione a base larga spesso si trova associata una deviazione dei piedi verso il mancinismo. La conformazione a base larga ed il mancinismo in genere sono causa di attinture. La parte interna dell’arto, nella conformazione a base larga, risente dello sforzo maggiore ed il settore mediale delle articolazioni del nodello e della pastoro-coronale sono assoggettate ad una costante tensione. In quasi tutti i casi la conformazione a base larga forza il cavallo a caricare sulla parete interna dello zoccolo, sia con i piedi cagnoli che mancini. Ciò richiede che lo zoccolo, esternamente, sia pareggiato a livello del piede (Adams, 1990).

Cagnolismo

Ad una osservazione frontale si nota che le punte degli zoccoli sono rivolte una verso l’altra. E’ difetto congenito e l’arto può essere ruotato tanto in alto alla sua origine al petto, quanto in basso sotto al nodello. In genere il cagnolismo si accompagna ad una conformazione “a base stretta” , tuttavia, se pure più raramente, può osservarsi anche in cavalli “a base larga”. Quando il cavallo affetto da cagnolismo si muove, i piedi manifestano una tendenza a “falciare”. Ciò è provocato dalla deviazione all’esterno del

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58 piede durante la fase di sospensione. In genere il piede si stacca dal terreno facendo perno esternamente alla punta ed atterra sempre sul lato esterno del piede.

Un cavallo cagnolo generalmente tende “a falciare” sia nella conformazione a base stretta che a base larga (Adams, 1990).

Mancinismo

Ad un esame frontale le punte dei piedi tendono ad allontanarsi l’una dall’altra.

Questo stato è in genere congenito e più spesso è determinato da arti ruotati all’esterno dalla loro origine in basso; in certi casi tuttavia, questa condizione viene aggravata dalla torsione del nodello. Può essere associato sia ad una conformazione “a base larga” che a “base stretta”. Parimenti alla conformazione di “cagnolo”, il mancinismo può essere controllato o parzialmente corretto mediante un pareggio appropriato od una ferratura correttiva. Durante la fase di sospensione il piede compie un arco verso l’interno durante il movimento in avanti e può essere causa di attintura a livello dell’arto opposto. Un cavallo mancino in genere ruota il piede verso l’interno, sia nella conformazione a base stretta che quanto in quella a base larga. Quando il mancinismo è associato alla conformazione a base stretta, vi è una maggiore probabilità di attintura e di incrociamento degli arti stessi (Adams, 1990).

Deviazione posteriore del carpo (ginocchio da vitello o da montone)

La deviazione posteriore dell’articolazione carpica è una conformazione debole e gli arti ben raramente possono rimanere sani quando sono sottoposti ad un lavoro faticoso. Questa conformazione impone uno sforzo eccessivo alla parte anteriore delle ossa carpiche, alla capsula articolare, alla briglia carpica (Adams, 1990).

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Deviazione anteriore del carpo (ginocchio arcato o molleggiato)

Si tratta di una deviazione anteriore del carpo che però è causa di minori disturbi di quanto descritto prima per il ginocchio da montone. La deviazione anteriore del carpo è provocata da contrattura dei flessori del carpo. Questo stato è spesso presente fin dalla nascita, però non è grave ed in genere scompare a sei mesi di età.

Le forme congenite sono quasi sempre bilaterali e possono essere accompagnate da “arrembatura” dei nodelli conseguente ad una contrattura del tendine del flessore superficiale delle falangi (Adams, 1990).

Deviazione mediale delle articolazioni del carpo (ginocchio valgo o da bue)

E’ rappresentato dalla deviazione in senso mediale delle articolazioni carpali. Sono sottoposte ad un lavoro eccessivo alcune formazioni anatomiche quali la briglia carpica e l’apparato di sospensione, la capsula articolare e i legamenti mediali del carpo (Adams, 1990).

Deviazione laterale delle articolazioni del carpo (ginocchio varo o arcato all’infuori)

Il varismo è la causa di una deviazione delle articolazioni carpiche verso l’esterno e questo stato è ben identificabile quando l’esame del cavallo è frontale.

Questa alterazione può essere accompagnata da una conformazione a base stretta-cagnolismo (Adams, 1990).

Ginocchia aperte

Il termine “ginocchia aperte” va riferito ad un profilo irregolare dell’articolazione del carpo quando le cartilagini non sono completamente chiuse.

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60 Questa conformazione difettosa in genere si ritrova in cavalli giovani (da 1 a 3 anni di età) prima di una completa maturità e spesso si accompagna ad una epifisite da squilibrio minerale. Come il cavallo ha raggiunto il suo definitivo sviluppo, le articolazioni assumono un aspetto migliore.

In genere si giudica questo stato come una conformazione poco resistente, esposta a facili lesioni del carpo (Adams, 1990).

Deviazione laterale delle ossa del metacarpo (ginocchia a sperone o ginocchia a sedile)

Il ginocchio a sperone è una conformazione difettosa nella quale l’osso dello stinco è spostato lateralmente e non segue una linea diritta dal radio. E’ particolarmente evidente quando gli arti sono esaminati di fronte. La sua origine è congenita e deve considerarsi come una conformazione poco robusta. Il metacarpeo accessorio mediale è sottoposto ad un carico molto superiore alla norma e quindi la formazione di una schinella sul lato mediale dello stinco è una conseguenza comune. Nelle ginocchia a sperone il carico diretto sul 2° metacarpeo è molto superiore alla norma, quindi il legamento interosseo è più sollecitato, aumentando la possibilità di una formazione schinelle (Adams, 1990).

Sotto di sé anteriormente

E’ una deviazione nella quale l’intero arto anteriore, dal gomito in basso, appare disposto dietro alla sua linea d’appiombo e troppo sotto il tronco, quando l’animale viene esaminato lateralmente. Questa condizione può essere provocata da qualche malattia e non da una particolare conformazione. Con questo difetto di appiombo la base di appoggio è raccorciata, con un sovraccarico per gli arti anteriori ed una limitazione della fase anteriore del passo, con aumento del carico sull’anteriore opposto rimasto sul terreno. L’arto in movimento deve discendere prima e quindi ha un arco

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61 basso di sospensione del piede. I passi sono più rapidi ed essendo associati ad un arco basso di oscillazione del piede, quest’ultimo è portato troppo radente al terreno, con predisposizione all’incespicamento. Complessivamente tutto ciò è causa di un eccessivo logorio e fatica per ossa, legamenti e tendini. Vi è una diminuzione di velocità ed il cavallo è predisposto a cadere (Adams, 1990).

Disteso anteriormente

E’ la condizione opposta a quella descritta prima. Tutto l’arco anteriore, dal tronco al terreno, appare portato in avanti quando è esaminato lateralmente. Questo atteggiamento dell’arto è comune in alcune lesioni, come la malattia navicolare

bilaterale.

Pastorale corto e diritto

Il pastorale corto e diritto aumenta l’effetto della concussione sull’articolazione metacarpo-falangea (nodello), l’articolazione interfalangea e sull’osso navicolare.

Un cavallo affetto da questa conformazione dimostra un aumento nella predisposizione alla artrite traumatica dell’articolazione metacarpo-falangea, alle formelle della prima giuntura interfalangea ed alla malattia navicolare.

Questo tipo di conformazione spesso si trova associato al difetto “base stretta-cagnolismo” ed è per lo più presente nel cavallo ad arti corti, con una potente muscolatura del tronco e degli arti. Una spalla verticale generalmente accompagna questo tipo di conformazione (Adams, 1990).

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Pastorale lungo ed obliquo

Un pastorale lungo ed obliquo è caratterizzato da una angolazione normale o subnormale del piede anteriore (45 gradi o meno) con un pastorale che è troppo lungo rispetto alla lunghezza dell’arto. Questo tipo di conformazione predispone a lesioni dei tendini flessori, delle ossa sesamoidee e del legamento sospensore (Adams, 1990).

Pastorale lungo e diritto

Un pastorale lungo e diritto predispone a lesioni l’articolazione metacarpo-falangea (nodello) e la sinoviale navicolare. Il carico su questi settori viene ad essere aumentato in quanto il normale meccanismo anti-concussione di una pastoia ad obliquità normale non è sufficiente. L’artrite traumatica del nodello e la malattia navicolare sono dei reperti comuni in questo tipo di conformazione ed entrambe le affezioni possono colpire l’arto nello stesso tempo. Questa conformazione è comunemente osservabile nei Purosangue e nei Quarter Horses da corsa (Adams, 1990).

Difetti degli arti posteriori

E’ importante conoscere la normale conformazione dell’arto posteriore, anche se le zoppie sono meno frequenti che nell’arto anteriore.

Aspetto della parte posteriore

Visto posteriormente l’arto dovrebbe avere un aspetto armonico nelle sue varie parti.

I garretti dovrebbero essere larghi abbastanza per sostenere il peso dell’animale, però a superficie liscia. La muscolatura all’interno della coscia deve portarsi in basso verso il lato mediale della gamba in modo che il settore tibiale non sembri troppo assottigliato.

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