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Definire la coscienza è un compito più che arduo, non solo perché si tratta di un concetto sfuggevole, ma anche a causa della sua elevata variabilità. In ogni momento la coscienza è diversa dal precedente, essa è altamente dinamica e l‟aspetto con cui si presenta può variare radicalmente nello stesso individuo. Secondo Laureys, per spiegare la coscienza occorre parlare sì dei suoi contenuti, ma anche dello stato in cui essa è presente (Faw, 2005). Definire uno stato di coscienza è quindi altrettanto complesso che definire la coscienza stessa.

Per dare una definizione generale, con Stato di Coscienza si intende il modo in cui funzionano le “componenti” della coscienza in un particolare momento, modo che si mostra relativamente stabile nonostante i cambiamenti nell‟ambiente e che di solito è riconoscibile soggettivamente da chi lo prova.

Per spiegare cosa siano queste “componenti” sono state proposte numerose e complesse definizioni. Natsoulas definisce lo stato di coscienza come “il particolare set di episodi mentali di cui uno può divenire cosciente” (Natsoulas, 1978). Le componenti vengono quindi concettualizzate come dei contenuti (pensieri, emozioni, percezioni ecc) e, più precisamente, come il particolare pattern che illustra la relazione tra questi contenuti dell‟esperienza soggettiva.

Si considera lo Stato di Coscienza Ordinario (OSC) il particolare set di contenuti mentali e le relazioni che intercorrono tra loro che sono normalmente presenti durante la veglia attiva e che vengono sperimentati durante la maggior parte del giorno.

Quando si parla invece di Stati Alterati di Coscienza (ASC), chiamati anche Stati

Modificati di Coscienza, Stati Alternativi di Coscienza oppure Stati Non Ordinari di Coscienza per evitare l‟impressione di stare parlando esclusivamente di stati patologici,

si intendono tutte quelle modificazioni, patologiche e non, croniche e non, del funzionamento della coscienza.

Gli ASC sono stati definiti in molti modi: “una qualitativa alterazione nel pattern

generale di funzionamento mentale tanto da essere definito da chi lo prova come sostanzialmente differente dal funzionamento quotidiano” (Tart, 1975); un

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(Shapiro, 1977); “ogni stato mentale indotto da vari agenti psicologici, fisiologici o

farmacologici che può essere riconosciuto soggettivamente dall’individuo stesso (o da altri) che rappresenta una sufficiente deviazione dall’esperienza soggettiva o dal funzionamento psicologico normale per quell’individuo durante la veglia” (Ludwig,

1969); uno “stato mentale che può essere riconosciuto da un individuo o da altri come

rappresentate una differenza nel funzionamento psicologico dallo stato normale di allerta del soggetto” (Krippner, 1972).

In generale alcuni stati di coscienza, chiamati “fisiologici”, occorrono spontaneamente, altri invece, indotti volontariamente da particolari tecniche, da sostanze o da eventi esterni, sono chiamati “provocati” (Tassi and Muzet, 2001).

Una prima classificazione degli stati di coscienza li vede distinti in: sogno, sonno profondo, stato ipnagogico ed ipnopompico, sogno a occhi aperti, trance, meditazione, scanning interiore, stati regressivi, frammentazione, stupor, coma, stato letargico, stato di iperallerta, stati di rapimento, stati di coscienza espansa, stato normale di veglia (Bell, 1980).

Sebbene questi stati differiscano notevolmente tra loro, è stato tentato un raccoglimento dei fattori comuni ad ognuno, che sono:

- alterazioni del pensiero, della concentrazione, della memoria, dell‟attenzione ecc;

- disturbi del senso del tempo, che può apparire accelerato, rallentato, assente; - perdita di controllo sull‟esperienza;

- cambiamenti nell‟esperienza emotiva, che può essere più o meno intensa; - cambiamenti dell‟immagine del corpo;

- distorsioni percettive;

- cambiamenti nel significato delle cose;

- senso di ineffabilità, cioè incapacità di concettualizzare e riportare l‟esperienza; - senso di ringiovanimento;

- ipersuggestionabilità. (Ludwig, 1969).

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Anche secondo Silverman (1968) le caratteristiche degli ASC sarebbero, in maniera molto simile, disturbi dell‟attenzione, della memoria e del giudizio, del senso del tempo, difficoltà nel controllo, cambiamenti emotivi, cambiamenti dell‟immagine del corpo, distorsioni percettive e cambiamenti del significato attribuito alle cose.

Il tentativo di raggiungere stati alterati di coscienza è vecchio quanto l‟uomo (Butts, 1978). I metodi che vengono più utilizzati sono:

- la riduzione della stimolazione esterocettiva o motoria;

- l‟aumento della stimolazione esterocettiva, motoria o emotiva;

- l‟aumento dell‟allerta e dell‟impegno mentale, ad esempio l‟assorbimento in un compito;

- la diminuzione dell‟allerta ed il rilassamento; - l‟alterazione di alcuni fattori psicofisici.

C‟è ancora poca ricerca sistematica sugli ASC e sulle relazioni con lo stato ordinario, ma essi sono un metodo privilegiato per studiare le relazioni tra l‟attività cerebrale ed il comportamento (Pekala, 1991) e per identificare i meccanismi mentali di base che sono nascosti nella coscienza ordinaria (Revonsuo, 2003)

Durante la seconda metà del ventesimo secolo c‟è stata una crescita di interesse verso il mondo interiore soggettivo e verso tutte quelle esperienze non ordinarie raggruppate sotto il nome di ASC. Ciò ha portato alla nascita del cosiddetto “nuovo introspezionismo”, interessato all‟esperienza così come appare, senza le strette regole dei primi introspezionisti, e filosoficamente basato sulla fenomenologia. Vi sono state però anche numerose critiche al concetto stesso di stato di coscienza.

Come già accennato in precedenza si tratta di un campo molto ostico, dove sono presente pericoli da ogni parte, sia teorici che metodologici.

Il pericolo principale riguarda il fatto che venga dato per scontato che stati di coscienza con nomi differenti indichino necessariamente degli stati differenti oppure, all‟opposto, si rischia di unire sotto un unico fattore fenomeni che sono fortemente differenti solo perché hanno alcune caratteristiche comuni (Connolly, 2000).

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La definizione stessa di ASC non delinea precisamente il confine tra uno stato alterato e lo stato ordinario a causa della difficoltà nel descrivere il graduale passaggio da uno stato all‟altro.

Non c‟è pericolo nel definire stati completamente diversi come la veglia ed il sonno, ma l‟errore rischia di avvenire nell‟attribuire qualsiasi cosa avvenga in una determinata condizione come causa di quella stessa condizione. La coscienza è inoltre così largamente simbolica che è difficile capire quanto le nostre interpretazioni dell‟esperienza siano determinate culturalmente (Hilgard, 1980).

Inoltre fattori come l‟ambiente sociale, le caratteristiche del compito, i fattori comunicativi, la motivazione, le aspettative, l‟esperienza passata e la procedura specifica di induzione possono modificare profondamente un ASC, aumentando la variabilità e la complessità dell‟argomento (Ludwig, 1969).

Una delle critiche più severe riguarda un errore concettuale. I termini “stato di coscienza” e “stato alterato di coscienza” comportano una confusione teorica per cui i contenuti della coscienza sono spesso confusi con i processi che li rendono percepibili (cioè la coscienza stessa). Questo errore è stato nominato “Errore

Coscienza/Contenuto” (Consciousness/content fallacy) (Rock and Krippner, 2007; Rock

and Krippner, 2011).

Esso deriva dal fatto che la coscienza è definita come il processo che permette la consapevolezza di eventi interni e esterni o di qualcosa in generale. Occorre quindi distinguere bene tra il processo (l‟essere coscienti) e l‟oggetto (di cui siamo coscienti). L‟errore sta nel fatto che spesso lo stato di coscienza viene esso stesso considerato come un contenuto di cui si può diventare consapevoli. In questo modo la coscienza-processo è definita erroneamente come un contenuto che può diventare percepibile da essa stessa. Tart (1975), affermando che lo stato di coscienza non è un processo, ma un insieme di strutture psicologiche che diventano percepibili, ha confuso la coscienza con i suoi contenuti. Anche Pekala (1991) ha commesso lo stesso errore: per coscienza egli intende sia la consapevolezza della propria esperienza come processo (“sono cosciente”) sia la consapevolezza degli oggetti. Per lui la coscienza è sia “la consapevolezza dell‟esperienza soggettiva” sia “i contenuti di quella consapevolezza”. In particolare, in riferimento alla scala “Altered State of Awareness” del PCI di Pekala, quando i soggetti

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rispondono alla domanda è probabile che essi si riferiscano alla non usualità dei contenuti e non allo stato in sé.

La coscienza non può osservare le sue stesse proprietà, non può cioè auto-percepirsi come un oggetto, altrimenti perderebbe la sua caratteristica di processo. Durante un ASC sono le proprietà fenomenologiche, cioè tutto ciò che è nell‟esperienza momentanea della persona, che lo determinano come tale, non lo stato di coscienza stesso. Perciò gli Autori raccomandano di utilizzare al posto di Stato Alterato di Coscienza il nome Pattern Alterato di Proprietà Fenomenologiche (Altered Pattern of Phenomenal Properties) (Rock and Krippner, 2007; Rock and Krippner, 2011).