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Relazioni tra attività respiratoria e stati di coscienza: studio psicofisiologico integrato mediante EEG ad alta densità e stimolazione non olfattiva della volta nasale

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Academic year: 2021

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(1)

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Direttore Prof. Mario Petrini

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica Direttore Prof. Paolo Miccoli

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia Direttore Prof. Giulio Guido

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN

PSICOLOGIA CLINICA E DELLA SALUTE

“Relazioni tra attività respiratoria e stati di coscienza:

studio psicofisiologico integrato mediante EEG ad alta

densità e stimolazione non olfattiva della volta nasale”

RELATORE

Dott. Angelo Gemignani

CANDIDATO

Dott. Andrea Zaccaro

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1

INDICE

RIASSUNTO ... 2

ABSTRACT ... 4

INTRODUZIONE ... 6

Respiro e attività cerebrale ... 6

La respirazione: una premessa ... 6

Effetti della respirazione sul Sistema Nervoso Autonomo ... 7

Il Pranayama ... 8

Apnea ed alterazioni del respiro negli stati alterati di coscienza ... 14

Sistema olfattivo e attività cerebrale ... 17

Meccanocettori sull‟epitelio nasale ... 17

Onde lente e attività nasale ... 19

Connettività bulbo-corticale ... 23

Connettività e stato di coscienza ... 24

Attività bulbare ed attività corticale ... 26

Il bulbo olfattivo ed il sonno ... 28

Stimolazione del sistema olfattivo con il Pranayama ... 29

SCOPI DELLA TESI ... 31

MATERIALI E METODI ... 32

Campione ... 32

Protocollo sperimentale ... 32

Strumenti di valutazione fisiologica ... 33

Valutazione degli aspetti cognitivi ... 34

Valutazione dell‟esperienza soggettiva ... 35

Analisi dei tracciati EEG ... 39

Metodi statistici di analisi dei dati cognitivi e fenomenologici ... 41

RISULTATI ... 42 DISCUSSIONE ... 52 APPENDICE A ... 57 APPENDICE B ... 72 APPENDICE C ... 86 BIBLIOGRAFIA ... 91

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RIASSUNTO

Questo lavoro ha come obiettivo l‟analisi della relazione tra attività respiratoria e stati di coscienza nell‟uomo. L‟ipotesi che sta alla base di questa tesi è che, oltre al ruolo del ritmo respiratorio nel modificare lo stato psicofisiologico del soggetto, intervenga la selettiva stimolazione dell‟aria sull‟epitelio olfattivo e non-olfattivo della volta nasale che, modulando l‟attività del bulbo olfattivo, è in grado di sincronizzare globalmente la frequenza di scarica dei neuroni della corteccia, conducendo ad uno stato simil-meditativo con prevalenza di onde lente all‟EEG.

La prima parte di questo lavoro consiste nella revisione della letteratura sulle relazioni esistenti tra respirazione e stato di coscienza, sulle evidenze che esplicitamente collegano il passaggio dell‟aria nelle narici alla modificazione degli stati cerebrali e sulle tecniche utilizzate per controllare volontariamente respirazione nasale e stato di coscienza, come la meditazione ed il Pranayama.

La seconda parte di questa tesi descrive la fase sperimentale, nella quale sono state indagate, per la prima volta nell‟uomo, le risposte psicofisiologiche in soggetti svegli e senza alcuna esperienza di tecniche meditative. I 12 volontari sani (6 maschi) sottoposti all‟esperimento sono stati stimolati per circa venti minuti mediante una cannula nasale che insufflava aria compressa selettivamente sull‟epitelio olfattivo e non-olfattivo della volta nasale, ad una frequenza di circa 0.05 Hz, che richiama quella utilizzata nelle tecniche Pranayama. I soggetti sono stati sottoposti anche ad una condizione di controllo con naso tappato. Tutti i segnali EEG sono stati acquisiti mediante EEG ad alta densità. Lo stato di coscienza ed alcune funzioni cognitive sono state testate dopo ogni sessione sperimentale mediante un approccio psicometrico. I risultati EEG confermano che, indipendentemente dalla frequenza del respiro, la stimolazione lenta dell‟epitelio della volta nasale induce un rallentamento globale delle frequenze EEG corticali, con prevalenza delle bande di frequenza delta e teta. L‟applicazione dell‟analisi di sorgente ai segnali EEG (LORETA) ha messo in evidenza che il rallentamento EEG delta e teta coinvolge principalmente le cortecce olfattive, la corteccia entorinale, l‟uncus, il giro paraippocampale anteriore, la corteccia orbito-frontale, il cingolo anteriore e posteriore, il precuneo ed il cuneo. I test psicometrici

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evidenziano cambiamenti statisticamente significativi nella percezione soggettiva del corpo, nella direzionalità dell‟attenzione (più diretta verso se stessi), nella percezione del tempo, nella sensazione di trovarsi in uno stato alterato di coscienza e nella riduzione della razionalità e del controllo del pensiero.

In conclusione i risultati di questo lavoro di tesi mettono in luce due aspetti:

1) Sul piano teorico viene posto l‟accento sul ruolo, finora poco considerato, del passaggio dell'aria nelle narici e dell‟attività del bulbo olfattivo nella genesi di onde lente durante tecniche specifiche di controllo del respiro.

2) Sul piano sperimentale, questo lavoro di tesi indica come una stimolazione controllata dell‟epitelio nasale sia in grado di generare una modificazione dell‟attività elettrica cerebrale, sovrapponibile a quella di tipico riscontro negli studi sul Pranayama. Sul piano più squisitamente psicofisiologico, questa tesi mette in luce come una stimolazione dei circuiti bulbo-corticali sia in grado di modulare l‟attività di aree implicate nel Default Mode Network (DMN), in linea con quanto presente in letteratura sulle relazioni tra DMN e meditazione. I risultati elettrofisiologici sono supportati anche da quelli ottenuti mediante l‟approccio psicometrico che mettono in evidenza l‟induzione di uno stato alterato di coscienza.

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ABSTRACT

The aim of this work is the analysis of the correlation between respiratory activity and states of consciousness in humans. The hypothesis is that, beside the rhythm of the respiration, the psychophysiologic state of the subject depends on the selective stimulation of the olfactory and non-olfactory epithelium of the nasal meatus which, modulating the electrical activity of the olfactory bulb, can globally synchronize the firing rate of cortical neurons, leading to a pseudo-meditative state with the prevalence of slow waves in the EEG.

The first part of this work is the review of the literature on correlations between respiration and states of consciousness, on the evidences that link the passage of air into the nostrils to the modification of brain states, and on the techniques that are used to voluntarily control nasal respiration and states of consciousness, like meditation and Pranayama.

The second part of this work describes the experimental phase where, for the first time in humans, the psychophysiological responses in awake subjects without any past practice of meditation are investigated. Twelve healthy volunteers (6 males) have been stimulated for twenty minutes with a nasal cannula, that selectively pulsed air-puffs on the olfactory and non-olfactory epithelium with a frequency of 0.05 Hz, similar to that used in Pranayama. Subjects also underwent a control condition with closed nostrils. All EEG signals were acquired with high-density EEG. The state of consciousness and other cognitive functions have been tested after both conditions with a psychometric approach. EEG results confirmed that, independently from the breath frequency, slow stimulation of nasal epithelium leads to a global slowing down of cortical EEG frequencies, with increase of theta and delta frequencies. The application of source analysis to EEG signals (LORETA) showed that EEG delta and theta mainly appear in the olfactory cortex, enthorinal cortex, uncus, anterior parahippocampal gyrus, orbitofrontal cortex, anterior cingulated cortex, posterior cingulate cortex, precuneus and cuneus. Psychometric tests show statistically significant changes in perception of the body, in directionality of attention (more directed on the inside), in perception of time, in subjective sensation of being in an altered state of consciousness and in reduction of rationality and control of thoughts.

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In conclusion these results highlight two aspects:

1) From a theoretical perspective, this work focuses on the thus far neglected role of the passage of air into the nostrils and of the olfactory bulb activity in the genesis of slow waves during breath-control techniques.

2) From an experimental perspective, this work shows how a controlled stimulation of the nasal epithelium can lead to a modification of the electrical brain activity similar to those found in literature on Pranayama. From a more strictly psychophysiologic point of view, this work shows that a stimulation of the bulbo-cortical circuit can modulate the activity of areas involved in the Default Mode Network (DMN), in line with literature about relationships between the DMN and meditation. The electrophysiological results are also supported by the psychometric approach, that shows the induction of an altered state of consciousness.

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INTRODUZIONE

Respiro e attività cerebrale

La respirazione: una premessa

La funzione respiratoria è di primaria importanza per la sopravvivenza dell‟organismo, è uno dei bisogni fisiologici primari ed avviene costantemente per tutta la durata della vita. Per mezzo della respirazione immettiamo ossigeno nell‟organismo, fondamentale per ogni processo metabolico delle cellule, ed espelliamo anidride carbonica.

Le vie attraverso le quali avviene la respirazione sono due: le vie aeree superiori, che comprendono naso, bocca e rinofaringe e le vie aeree inferiori, che comprendono laringe, trachea e bronchi. Lo scambio gassoso avviene all‟interno dei polmoni, negli alveoli polmonari.

Il processo del respiro è spesso al di sotto della soglia della coscienza ed è guidato automaticamente dal Sistema Nervoso Autonomo (SNA) i cui nuclei si trovano principalmente nel tronco dell‟encefalo. Sono coinvolti i neuroni del gruppo respiratorio dorsale e ventrale del bulbo e della parte caudale e dorsale del ponte. Tali neuroni, a seconda del tasso di ossigenazione del sangue (PaO2 e PaCO2), aumentano o diminuiscono la frequenza e la profondità della respirazione, guidando la contrazione e la distensione del diaframma, il principale muscolo della respirazione, al fine di mantenere l‟omeostasi. La loro azione è condizionata anche da altri fattori, tra cui la pressione arteriosa, la temperatura, gli ormoni e la postura. Anche la formazione reticolare, il subtalamo ed il talamo sono stati individuati come unità modulatorie del centro respiratorio (Vibert et al., 1979).

Il respiro involontario è inoltre guidato dai cambiamenti emotivi, come la gioia, la paura e l‟ansia. Ad esempio, durante uno stato di arousal emotivo, la frequenza respiratoria aumenta e la profondità del respiro si riduce. Nella regolazione emotiva della respirazione gioca un ruolo fondamentale l‟amigdala (Nyklicek et al., 1997; Boiten, 1998; Homma and Masaoka, 2008).

Il respiro può anche essere controllato volontariamente, in questo caso sono i centri motori corticali che guidano il movimento del diaframma.

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Nella respirazione a riposo, ad una frequenza di circa quindici respiri al minuti, il diaframma e gli altri muscoli intercostali sono utilizzati solo nell‟inspirazione, mentre l‟espirazione è di tipo passivo. Nell‟espirazione forzata, invece, sono utilizzati i muscoli addominali.

Vi sono fondamentalmente due tipi di respirazione: quella diaframmatica, utilizzata durante la veglia ed il sonno, e quella di tipo addominale, volontaria e profonda.

Effetti della respirazione sul Sistema Nervoso Autonomo

Le relazioni tra respiro e SNA sono molto complesse. Il SNA, tra le altre cose, gestisce la contrazione di bronchi: il sistema parasimpatico induce broncocostrizione mentre il sistema simpatico induce broncodilatazione e, quindi, maggiore afflusso d‟aria ai polmoni. Il respiro agisce poi direttamente sul battito cardiaco, modulandone l‟attività. Un parametro associato alla respirazione è la Heart Rate Variability (HRV) ovvero la variabilità del battito cardiaco, visualizzato all‟elettrocardiogramma come la differenza di tempo tra picchi contigui (differenza R-R). Un‟elevata HRV, oltre ad essere indice di salute ed avere valore diagnostico per alcune patologie cardiovascolari, fornisce informazioni sul funzionamento del SNA.

Le principali componenti spettrali dell‟HRV sono chiamate bande ad alta frequenza (High Frequencies, HF, 0.15-0.4 Hz), bande a bassa frequenza (Low Frequencies, LF, 0.04-0.15 Hz) e bande a frequenza molto bassa (Very Low Frequencies, VLF, 0.005-0.05 Hz) e dipendono dall‟attività del SNA (Davidson et al., 1997; Berntson et al., 1997).

L‟attività simpatica e la frequenza del battito cardiaco aumentano durante l‟inspirazione e diminuiscono durante l‟espirazione (Hamann et al., 2009). Questo fenomeno è noto come Respiratory Synus Arrythmia (RSA). La RSA è generata da un‟interazione tra cambiamenti biochimici, pressione intratoracica e stimolazione vagale centrale ed è spesso utilizzata come indice del funzionamento del sistema parasimpatico (Porges, 1992; Song and Lehrer, 2003; Zhang et al., 1997).

In seguito al rallentamento volontario del respiro si osservano cambiamenti del SNA, con una maggiore attivazione di quello parasimpatico, insieme ad una riduzione della frequenza cardiaca e ad un aumento dell‟HRV (Peng et al., 1999).

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In condizione di riposo, è stata osservata una sincronizzazione tra ritmo respiratorio e ritmo cardiaco (Schafer et al., 1998). Questa interazione, chiamata Sincronizzazione di

Fase Cardiorespiratoria (CRPS), è osservata anche nello stato di anestesia, di sonno

profondo e di meditazione ed è implicata nella conservazione dell‟energia (Wu and Lo, 2010). Ad esempio, durante una respirazione lenta (di circa sei respiri al minuto) i ritmi del cuore si sincronizzano al respiro nell‟intervallo delle frequenze lente (0.04-0.15 Hz) ed aumenta la RSA (Vaschillo et al., 1983).

Un soggetto con una respirazione molto lenta, ad una frequenza di un ciclo respiratorio al minuto, ha mostrato un‟ampia fluttuazione nella frequenza cardiaca e nella pressione arteriosa, dipendente dalla fase respiratoria (Kikuchi, 1995).

Frequenze inferiori di un respiro al minuto aumentano l‟HRV nella banda VLF (0.005-0.05 Hz). I soggetti spesso riportano uno stato di coscienza caratterizzato da calma e da chiarezza mentale (Jovanov, 2005; Lehrer et al., 1999).

Il Pranayama

Il controllo della respirazione ha un ruolo fondamentale nelle tecniche di rilassamento più comunemente utilizzate in clinica. Dal training autogeno al rilassamento muscolare progressivo, il respiro lento e profondo funge da punto di partenza per il raggiungimento dello stato di ipoattivazione psicofisica e per la riduzione dello stress. Esiste uno stretto rapporto tra la respirazione ed il raggiungimento di stati non ordinari di coscienza. Ad esempio, il semplice cambiamento da respirazione toracica ad addominale, o viceversa, può determinare un cambiamento nel livello di coscienza (Goldie and Green, 1961).

Le tecniche di controllo del respiro sono state importate dall‟oriente, dove da secoli sono considerate di primaria importanza e vengono comunemente utilizzate nella meditazione ed in altre discipline. Il “tenere in mente il respiro”, cioè ricordarlo e riportarlo alla coscienza ogni volta che si inspira ed ogni volta che si espira, può essere considerato alla base delle tecniche meditative (Bhikkhu, 2008).

Le culture orientali hanno sviluppato una serie di metodologie legate al controllo respiratorio, che può essere associato o meno alla meditazione o a tecniche di yoga, per provocare lo stato di coscienza meditativo ed aumentare la salute ed il benessere.

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Queste tecniche vengono raggruppate sotto il nome di Pranayama (tradotto in “controllo del prana”, l‟energia vitale/il respiro) e definito come la manipolazione volontaria del respiro.

In generale gli esercizi di Pranayama si suddividono in tre fasi: il Puraka (l‟inspirazione), il Kumbhaka (la ritenzione del respiro) ed il Rechaka (l‟espirazione). Queste fasi possono essere eseguite lentamente oppure velocemente. Differenti forme di Pranayama conducono a diverse ed anche opposte risposte psicofisiologiche a seconda, ad esempio, della velocità. Questi esercizi respiratori richiedono non solo di rallentare o velocizzare il respiro, ma anche di concentrarvi tutta l‟attenzione e di eseguire contemporaneamente determinate azioni, come recitare mantra oppure emettere suoni. Di seguito sono riportate le tecniche più note ed utilizzate (Patil and Bormane, 2009; Sengupta, 2012):

- Ujjavy Pranayama: il cosiddetto Ujjavy, o “Respiro Vittorioso”, è tra i più conosciuti e viene spesso praticato senza l‟aggiunta di altre tecniche. Consiste nel far passare il respiro nella cavità toracica attraverso la contrazione ed il rilascio del diaframma e del perineo. È conosciuto anche come “Respiro Oceanico” per il suono che provoca il passaggio dell‟aria attraverso la gola. Il respiro deve essere lungo, lento e regolare, alla frequenza di circa 3-4 respiri al minuto;

- Bhastrika Pranayama: significa “Respirazione a Mantice” e consiste in una serie di respiri rapidi (di solito venti) eseguiti attraverso una sola narice che sono poi seguiti da un respiro profondo e completo mantenuto da entrambe le narici; - Sudarshan Kriya Pranayama: consiste in una serie di respiri che seguono tre

differenti ritmi che si alternano ciclicamente, con frequenza lenta, media e poi veloce;

- Bhramari Pranayama: consiste principalmente in inspirazioni brevi ed espirazioni molto lunghe, mentre contemporaneamente si preme con le dita la cartilagine nelle orecchie e si produce un suono con la bocca simile a quello di un‟ape;

- Dirgha Pranayama: detto anche “Respiro dello Yogi”, consiste in un respiro pieno raggiunto suddividendo in tre parti la fase di inalazione con brevi pause tra

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di loro. La prima parte riempie in profondità l‟addome, la seconda la gabbia toracica, che si espande il più possibile, e la terza la parte alta del petto, riempiendo così i polmoni. L‟espirazione è anch‟essa effettuata in tre fasi nel senso opposto, dall‟alto dei polmoni fino all‟addome;

- Viloma Pranayama: significa “Respiro contro il naturale ordine delle cose”. L‟inspirazione e l‟espirazione sono effettuate con varie pause. Lo scopo è quello di direzionare l‟aria volontariamente in specifiche zone dei polmoni per utilizzarne e riempirne ogni parte. Può essere praticato alternando le narici e, in questo caso, prende il nome di Anuloma Viloma Pranayama;

- Sitali Pranayama: viene anche chiamato “Lingua Sibilante” a causa del suono che si produce. In questa tecnica la lingua è arrotolata e l‟aria vi passa attraverso durante l‟inspirazione. Alla fine dell‟inspirazione la lingua è rilasciata nella bocca, che viene chiusa. L‟espirazione ha poi luogo attraverso la gola oppure le narici;

- Kapalabhati Pranayama: significa “Respiro del Teschio Luminoso”, è una tecnica di pulizia delle vie respiratorie. Quando è presente del muco o dei blocchi nel petto è necessaria una respirazione veloce. Si utilizza quindi il diaframma per spingere l‟aria velocemente e forzatamente dentro e fuori i polmoni. Questa tecnica può anche essere pericolosa se male effettuata e spesso si conclude con alcuni respiri lenti.

Gli studi sugli effetti psicofisiologici delle varie tecniche di Pranayana hanno dato risultati che sembrano confermare quanto sostenuto dalle tradizioni antiche e confermano gli stretti rapporti tra respirazione, SNA ed attività cerebrale.

I principali effetti fisiologici sono infatti associati al sistema parasimpatico, come la diminuzione della pressione arteriosa, del cortisolo salivare, della glicemia, dell‟adrenalina e della noradrenalina nelle urine (Sengupta, 2012).

La pratica continua del Pranayama provoca anche cambiamenti nella funzione metabolica. In particolare, il Pranayama diminuisce l‟attività metabolica, come dimostrato dal consumo di ossigeno e dalla produzione di anidride carbonica (Danucalov et al., 2008).

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Un obiettivo è stato quello di comparare gli effetti del Pranayama lento con quelli del Pranayama veloce. Dopo tre mesi di pratica si sono messi a confronto i valori cardiovascolari del Pranayama lento e di quello veloce, osservando significative diminuzioni della frequenza cardiaca, della frequenza respiratoria, della pressione sistolica e diastolica e di altri valori cardiovascolari solo nel gruppo che aveva praticato il Pranayama lento (Sharma et al., 2013).

Invece, se fatto in maniera sbagliata, il Pranayama veloce può portare ad iperventilazione ed ipetopivazione del sistema simpatico (Telles et al., 1996).

Per quanto riguarda gli effetti sulle funzioni cognitive e sullo stress percepito, entrambe le variabili risultano migliorate notevolmente dopo tre mesi, sia nel Pranayama veloce che in quello lento. In quello veloce però, oltre alle funzioni esecutive, migliorano anche i punteggi del reverse digit span, dei tempi di reazione, della working memory uditiva e delle performance senso-motorie (Sharma et al., 2014).

Un altro studio ha provato che il respiro lento conduce alla diminuzione del consumo dell‟ossigeno, alla diminuzione del battito cardiaco, della pressione arteriosa ed all‟aumento dell‟attività del sistema parasimpatico (Jerath et al., 2006).

In altri studi si è visto che la respirazione profonda e lenta ha portato miglioramenti immediati nel sistema cardiorespiratorio con riduzione della pressione arteriosa, riduzione della frequenza cardiaca ed aumento dell‟attività vagale (Bhavanani et al., 2012a).

Sono stati osservati anche miglioramenti delle funzioni polmonari in seguito alla pratica del respiro lento e profondo, soprattutto nei valori di capacità vitale polmonare (volume massimo di aria inspirabile), volume corrente (volume di aria mobilizzata in ogni respiro non forzato) e volume di aria respirato al minuto (Sivakumar et al., 2011). È stato dimostrato che la respirazione lenta e profonda ha effetti benefici sul sistema cardiovascolare e su quello respiratorio già nella prima settimana di pratica (Turankar et al., 2013).

La respirazione lenta ha un‟azione positiva anche sul sistema immunitario grazie all‟inibizione del sistema simpatico (Collins and Dunn, 2005). Inoltre è stato provato che il respiro lento e profondo può agire positivamente sulla longevità (Brown and Gerbarg, 2009).

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Anche il Bhastrika Pranayama porta all‟aumento dell‟attività parasimpatica ed a miglioramenti dell‟attività cardiovascolare (Veerabhadrappa et al., 2011)

Sul versante cognitivo, a seguito di un training di Bhastrika Pranayama è stata misurata una diminuzione dei tempi di reazione in test attentivi, un miglioramento dell‟abilità di processamento dell‟informazione, un aumento della concentrazione ed una maggiore capacità di inibizione della risposta (Bhavanani et al., 2012b).

Dopo una pratica di Bhastrika Pranayama della durata di sei mesi, nei soggetti partecipanti, i tempi di reazione e la capacità di inibizione di risposte non adeguate sono significativamente migliorate (Telles et al., 2013a).

Per quanto riguarda le applicazioni cliniche, già dopo quindici giorni di Pranayama si è misurata una riduzione della pressione arteriosa in soggetti ipertesi (Ankad et al., 2011). Il Pranayama riduce inoltre significativamente l‟incidenza di aritmia cardiaca in soggetti cardiopatici (Dabhade et al., 2012).

Il Pranayama ha anche mostrato di poter ridurre i sintomi del colon irritabile grazie all‟attivazione del sistema parasimpatico ed alla riduzione dello stress (Taneja et al 2004).

Infine, sono stati evidenziati dei miglioramenti clinici nell‟utilizzo delle tecniche di Pranayama nel trattamento della depressione, dell‟ansia e del disturbo post-traumatico da stress (Brown and Gerbarg, 2009; Nemati, 2013).

Non sono molti gli studi che hanno utilizzato l‟EEG durante la pratica del Pranayama, i risultati variano molto a seconda della tecnica utilizzata, ma tutti riportano una stretta relazione tra tipo di respiro e conseguenze elettriche cerebrali.

Il Pranayama con ritmo lento di respirazione aumenta la sincronizzazione delle onde cerebrali ed incrementa la presenza di onde teta e delta (Busek and Kemlink, 2005). Dopo un training combinato di Asana (posture) e Pranayama della durata di sei mesi, la percentuale media all‟EEG delle onde delta, teta ed alfa è aumentata. Questo aumento di onde lente era presente sia con occhi aperti che con occhi chiusi, ma con occhi chiusi era significativamente maggiore. Il Pranayama da solo induceva un incremento percentuale di queste frequenze, ma la combinazione con le Asana le aumentava significativamente (Trakroo et al., 2013).

È stato analizzato l‟EEG di praticanti durante il Kapalabhati Pranayama. Nei primi cinque minuti l‟attività alfa aumentava. Durante i successivi quindici minuti si

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osservava un aumento dell‟attività teta, soprattutto nelle regioni occipitali. Nel periodo successivo l‟alfa e beta diminuivano mentre il ritmo teta rimaneva costante (Stancak et al., 1991).

Per concludere, non esiste ancora un modello dettagliato per spiegare i meccanismi implicati nel Pranayama. Non è chiaro il meccanismo fisiologico che integra la respirazione con il sistema parasimpatico. Un‟ipotesi è che il respiro lento e volontario resetti il SNA attraverso segnali inibitori propagati da tessuti sia neurali che non neurali che sincronizzano cuore, polmoni, sistema limbico e corteccia. Il Pranayama aumenta la frequenza e la durata di impulsi neurali inibitori e promuove inoltre correnti iperpolarizzanti con lo stiramento del tessuto connettivo dei polmoni. Ciò porerebbea a sincronizzare l‟attività tra i centri cardiorespiratori e cerebrali, aumentando la sincronizzazione neurale, indicativa del rilassamento (Fig. 1) (Jerath et al., 2006).

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Apnea ed alterazioni del respiro negli stati alterati di coscienza

Il respiro è considerato l‟anello di congiunzione tra mente e corpo. Esiste infatti uno stretto rapporto fra tipo di respiro, stato di attivazione cerebrale e stato di coscienza, soprattutto attraverso il SNA. La respirazione controlla il SNA e, di conseguenza, gli stati mentali. All‟opposto, ogni cambiamento dello stato mentale si riflette nel respiro e nel corpo.

Uno studio che ha esplicitamente legato l‟alterazione respiratoria allo stato di coscienza è quello di Liberson (1951), che ha analizzato nell‟uomo i cambiamenti nella respirazione e nello stato di coscienza (misurato con la responsività al test associativo di Jung) in seguito alla stimolazione dell‟uncus (Fig. 2), del giro cingolato, della regione orbitale posteriore e della convessità superiore del lobo prefrontale.

Figura 2: localizzazione dell’uncus

Liberson ha osservato forti effetti sulla respirazione a seguito della stimolazione dell‟uncus, caratterizzati da una completa e prolungata apnea che persisteva anche dopo la cessazione dello stimolo, ripresentandosi spontaneamente come se il soggetto avesse “dimenticato di respirare”. Oltre a questo la stimolazione dell‟uncus ha prodotto profondi cambiamenti nello stato di coscienza. I soggetti infatti non erano responsivi agli stimoli nei minuti successivi alla stimolazione e mostravano segni di amnesia per il

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periodo di stimolazione (Liberson et al., 1951). Tipici sintomi dell‟ernia uncale sono, infatti, le alterazioni del respiro.

In molti altri casi di alterazione patologica della coscienza, come il coma, vi è un‟alterazione della respirazione (Loeb, 2000). Tra i più comuni pattern respiratori alterati troviamo:

- il respiro di Cheyne-Stokes, che alterna apnea ad iperpnea ed è associato a lesioni diencefaliche;

- l‟iperventilazione centrale neurogena, caratterizzata da una frequenza molto rapida (40-60 respiri al minuto), associata a lesioni del ponte e del mesencefalo; - il respiro apneustico, in cui si osserva una lunga pausa del respiro in fase

inspiratoria, associato a lesioni del ponte;

- il respiro a grappolo, caratterizzato da respiri irregolari in ampiezza e da pause altrettanto irregolari, presente a seguito di lesioni del bulbo e del ponte;

- il respiro atassico, irregolare ed imprevedibile, associato a lesioni dei centri respiratori dorso-mediali del bulbo.

Tra i casi non patologici, invece, un altro studio sul Pranayama (Ujjavy) ha trovato che spesso si presentavano periodi di sospensione della respirazione associati ad un tracciato EEG caratterizzato da una coerenza maggiore estesa su tutta la corteccia e periodi di pura consapevolezza soggettivamente riportati (Patil and Bormane, 2009).

Il rapporto tra sospensione del respiro e stati di coscienza è complesso. Durante la meditazione spesso si verificano episodi spontanei di soppressione respiratoria più o meno lunghi. In alcuni studi questi episodi di apnea correlano con l‟esperienza soggettiva di assenza di pensieri, mentre l‟EEG mostra un aumento significativo della coerenza del tracciato, al contrario della sospensione volontaria del respiro, dove non si registra alcun cambiamento significativo dell‟EEG (Farrow and Hebert, 1982; Badawi et al., 1984).

Un altro esempio è il Nidra Yoga, lo “yoga del sonno”, una tecnica di rilassamento progressivo associata a visualizzazioni guidate in cui chi lo pratica raggiunge uno stato di coscienza in cui diventa spettatore passivo degli eventi mentali, con perdita di controllo sui pensieri ed astensione dal giudizio dell‟esperienza, mantenendo però

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un‟attenzione diffusa e sostenuta. In questo stato il respiro spesso può anche cessare per lunghi periodi. Nello stato di Nidra più profondo sono prominenti all‟EEG le onde teta e le onde delta. La capacità di produrre onde delta rimanendo consapevoli di sé può essere considerato lo scopo del Nidra Yoga (Parker et al., 2013).

Per quanto riguarda lo stato ipnagogico, durante l‟addormentamento la respirazione si fa irregolare ed il ritmo cardiaco diminuisce. Spesso si osservano apnee di tipo centrale e non ostruttive. L‟addormentamento procede poi con una progressiva riduzione del respiro e, se avviene un‟apnea, successivamente si osserva un arousal all‟EEG. La fase in cui il soggetto oscilla tra veglia, stadio 1 e stadio 2, dura circa venti minuti. Un respiro lento e regolare si osserva poi nel sonno profondo, negli stadi 3 e 4 (Cvetkovic and Cosic, 2011, Jovanov, 2011).

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Sistema olfattivo e attività cerebrale

Meccanocettori sull’epitelio nasale

Vi sono numerosi lavori che dagli anni ‟40 hanno mostrato la possibilità dei recettori del meato nasale di rispondere a stimoli meccanici. I primi studi condotti da Adrian riportarono che il semplice passaggio di aria nelle narici provocava una risposta neurale del bulbo olfattivo e della corteccia piriforme, nel caso che la pressione e la velocità dell‟aria fossero più elevate rispetto a quelle del respiro naturale (Adrian, 1942, 1950, 1951).

Hobson osservò poi che anche il passaggio di aria nelle narici dovuto alla normale respirazione aveva un effetto sincronizzatorio sul tracciato EEG della rana. La possibilità avanzata fu che questa sincronizzazione dipendesse dall‟attività elettrica del bulbo olfattivo e dalle sue connessioni corticali (Hobson, 1967).

Nei topi la funzione olfattiva è strettamente collegata allo sniff, definito come un‟inalazione veloce (5-10 Hz) dalle narici che serve a portare l‟aria a contatto con i recettori olfattivi senza farla arrivare nei polmoni (Comroe, 1974). Lo sniff non è però soltanto il trasportatore dello stimolo chimico odorifero, ma è parte dello stimolo stesso, in quanto stimola in maniera specifica i meccanocettori della volta nasale. Esso influisce infatti sulla percezione dell‟intensità e della qualità dell‟odore ed è persino sufficiente ad evocare uno stimolo olfattivo attivando la corteccia piriforme anche in assenza di odore (Mainland and Sobel, 2006).

Nelle rane e nelle tartarughe il passaggio forzato di aria nelle cavità nasali e, quindi, la loro stimolazione, causa attività sincronizzata che può provocare un tracciato EEG simil-epilettico. Le onde parossistiche osservate nella tartaruga sono onde regolari ad alto voltaggio nella banda di frequenza teta. Il respiro profondo, ma anche il soffio passivo di aria attraverso il naso, attiva fenomeni simil-epilettici di origine temporale, più pronunciati nella regione ipsilaterale del meato nasale ventilato (Servit et al., 1981). Questo fenomeno è stato chiamato Risposta Respiratoria Elettroencefalografica (ERR), il tracciato presenta la forma di un fuso di alto voltaggio e si propaga dal bulbo olfattivo principalmente attraverso l‟ippocampo ipsilaterale nelle rane e nella corteccia piriforme nelle tartarughe. In entrambi i casi è stata trovata anche una via che passa attraverso il talamo (Servit and Strejckovà, 1976).

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Nella tartaruga è stata dimostrata la presenza di un sistema di sincronizzazione che porta alla generazione di onde teta (ad una frequenza media di 4 Hz). Le strutture implicate potrebbero essere l‟ippocampo, l‟amigdala ed il setto. Questo sistema è funzionalmente correlato alla ERR e dipende dall‟intensità del soffio di aria nel naso (Servit and Strejckovà, 1979).

Anche nell‟uomo sono stati individuati notevoli effetti dell‟iperventilazione attraverso il naso. L‟iperventilazione nasale provoca infatti anomalie parossistiche simil-epilettiche all‟EEG. L‟ipotesi avanzata è che l‟attività dell‟EEG sia modulata da un meccanismo neurale presente nel meato nasale superiore che viene attivato dal passaggio forzato d‟aria nelle narici anche senza attività respiratoria polmonare ed in assenza di molecole odorifere. L‟anestesia locale della mucosa nasale elimina infatti questo effetto sulla corteccia (Kristof et al., 1981).

Un fenomeno anch‟esso dipendente dalla stimolazione dell‟epitelio olfattivo è il ciclo

nasale. È noto che esiste un ritmo ultradiano di dominanza cerebrale nell‟uomo durante

il quale alternativamente si attiva maggiormente un emisfero rispetto all‟altro. Ciò è stato correlato al ciclo nasale, cioè alla lieve alternanza periodica di congestione e decongestione delle narici, per cui quando l‟aria circola maggiormente in una narice, stimolando un epitelio olfattivo, si ha un‟attivazione maggiore dell‟emisfero controlaterale. Il ciclo nasale è un importante ritmo ultradiano endogeno. In ogni momento il respiro è predominante attraverso una narice e questo cambia dopo un certo tempo, seguendo un ritmo di circa dieci volte ogni giorno. Il ciclo nasale è correlato all‟attivazione periodica del sistema simpatico e di quello parasimpatico, la mucosa nasale è infatti tra i tessuti più abbondanti di recettori che vengono innervati sia dal sistema simpatico che da quello parasimpatico (Keuning, 1968; Werntz et al., 1987): la dominanza della narice sinistra è associata all‟attivazione del sistema parasimpatico, mentre la dominanza destra a quello simpatico. Per i soggetti sani, c‟è uno scambio della narice dominante ogni due o tre ore e ciò è stato dimostrato essere implicato nel mantenimento di un corretto equilibrio tra sistema simpatico e parasimpatico (Srinivasan, 1991).

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Onde lente e attività nasale

La respirazione nasale è strettamente connessa al funzionamento del bulbo olfattivo e questo aspetto è stato soprattutto collegato al riconoscimento degli odori. Tuttavia, i recettori dell‟epitelio fungono sia da chemocettori che da meccanocettori, traducendo la pressione dell‟aria in segnali elettrici interpretabili dal bulbo olfattivo e trasferibili ad altre aree.

Vi sono altri autori che recentemente hanno investigato questo particolare aspetto del sistema olfattivo. Durante lo stato di anestesia simile al sonno ad onde lente (SWS), la respirazione produce attività oscillatoria nel bulbo e nella corteccia piriforme dei topi, indipendentemente dalle stimolazioni olfattive, mostrando un‟interazione unidirezionale tra le oscillazioni respiratorie e le onde delta (Musizza et al., 2007).

Fontanini e Bower hanno analizzato la correlazione tra la frequenza di stimolazione meccanica dell‟epitelio nasale e le onde lente del sonno in topi anestetizzati. Analizzando le conseguenze di input esterni sulle oscillazioni del sistema olfattivo, è stata dimostrata la presenza di “slow waves” correlate alla respirazione nel sistema olfattivo, influenzate direttamente dal periodico ingresso di aria nelle narici a circa 0.5-1.5 Hz (Fontanini et al., 2003; Fontanini and Bower, 2006).

In questi studi sono state utilizzate tecniche in vivo di registrazione intracellulare ed extracellulare per analizzare le risposte ad input a frequenze inferiori a 1.5 Hz in topi anestetizzati con ketamina e xilazina. Con ketamina sono state osservate “slow waves” nel bulbo olfattivo e nella corteccia piriforme, fortemente correlate con il ritmo della respirazione. Più precisamente sono stati misurati i potenziali di membrana intracellulare delle cellule piramidali della corteccia piriforme, i local field potential extracellulari della corteccia piriforme, i local field potential extracellulari del bulbo olfattivo ed il ritmo della respirazione. Sono state osservate forti correlazioni tra potenziale di membrana, local field potential e fase di respirazione, sia nella corteccia piriforme che nel bulbo olfattivo, con picchi nella banda di frequenza delle onde lente (circa 1 Hz), presenti contemporaneamente sia nelle misure intracellulari delle cellule piramidali che nelle misure extracellulari della corteccia piriforme e del bulbo olfattivo (Fig. 3).

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Figura 3: comparazione tra le oscillazioni della corteccia piriforme, del bulbo olfattivo e della respirazione. A: tracciati non filtrati del potenziale di membrana cellulare della corteccia piriforme (Vm), local field potential della corteccia piriforme (PC) e del bulbo olfattivo (OB) e ritmo del respiro (Resp). La scala verticale per le misure intracellulari è di 10 mV, per quelle extracellulari è di 1 mV. B-E: densità spettrale di potenza (PSD) dei potenziali di membrana cellulare della corteccia piriforme (B), del local field potential della corteccia piriforme (C), del local field potential del bulbo olfattivo (D) e del ritmo della respirazione (E) (da Fontanini et al., 2003).

Sia l‟ampiezza che la regolarità delle “slow waves” si riduce in topi tracheotomizzati, ovvero quando l‟aria non attraversa le narici, distruggendo il pattern precedentemente osservato. Nei topi tracheotomizzati, nonostante il ritmo respiratorio sia il medesimo, aumenta la variabilità delle fluttuazioni lente del potenziale di membrana, annullando le relazioni precedenti. Anche se la fluttuazione del potenziale di membrana intracellulare rimane periodica, vi sono delle differenze tra topi tracheotomizzati e non: infatti queste oscillazioni periodiche non dipendono più dalla respirazione. Questo significa sì che il bulbo e la corteccia sono capaci di produrre oscillazioni lente anche nei topi tracheotomizzati, ma che le relazioni tra le due sono meno regolari e non più associate al respiro (Fig. 4).

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Figura 4: comparazione tra le oscillazioni della corteccia piriforme, del bulbo olfattivo e della respirazione in topi tracheotomizzati. A: tracciati non filtrati del potenziale di membrana cellulare della corteccia piriforme (Vm), local field potential della corteccia piriforme (PC) e del bulbo olfattivo (OB) e ritmo del respiro (Resp). La scala verticale per le misure intracellulari è di 10 mV, per quelle extracellulari è di 1,25 mV. B-E: densità spettrale di potenza (PSD) dei potenziali di membrana cellulare della corteccia piriforme (B), del local field potential della corteccia piriforme (C), del local field potential del bulbo olfattivo (D) e del ritmo della respirazione (E) (da Fontanini et al., 2003)

Negli stessi topi tracheotomizzati, reinserendo l‟aria attraverso una cannula nasale, si sono ripristinate le “slow waves” e le relazioni temporali osservate precedentemente sono state riprodotte, dimostrando quindi che non è il ritmo respiratorio a provocare la sincronizzazione osservata durante l‟anestesia, ma il ritmico passaggio di aria nelle narici (Fig. 5) (Fontanini et al., 2003).

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Figura 5: l’aria insufflata nelle narici produce fluttuazioni lente del potenziale di membrana in topi anestetizzati. I soffi d’aria (la linea nera sotto i tracciati), della durata di 100 ms e di 45 psi di intensità avevano una frequenza di 0,5 Hz (A), 1 Hz (B) e 2 Hz (C). La scala verticale per le misure è di 5 mV. Le piccole depolarizzazioni sono artefatti elettrici sincronizzati con l’inizio del puff d’aria. D, E e F mostrano i picchi nello spettro di potenza, che corrispondono alla frequenza dei soffi d’aria (da Fontanini et al., 2003).

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Connettività bulbo-corticale

Il meccanismo di sincronizzazione avviene nel seguente modo: la pressione di aria nelle narici provoca una periodica attivazione dell‟epitelio olfattivo, dovuta alla stimolazione dei meccanocettori intranasali, che si propaga al bulbo olfattivo e, successivamente, alla corteccia piriforme ed alle altre aree associate con quelle olfattive e non, tra cui la corteccia entorinale (Biella et al., 2001), l‟amigdala (Cinelli et al., 1987; Price et al., 1991; Homma and Masaoka, 2008) e, infine, la corteccia orbitofrontale, da cui poi si propaga al resto della corteccia (Massimini et al., 2004) (Fig. 6).

Figura 6: sistema olfattivo nei vertebrati (da Wilson and Mainen, 2006)

In letteratura sono numerosi gli studi che hanno approfondito le connessioni anatomiche tra il sistema olfattivo ed altre aree non olfattive. Il bulbo olfattivo è connesso alla corteccia olfattiva, allo striato, all‟amigdala, alla corteccia entorinale ed a quella orbitofrontale. Alla corteccia orbitofrontale arrivano proiezioni che passano sia dalla corteccia piriforme che dal nucleo medio-dorsale. Si possono distinguere così una via diretta, che dalla corteccia piriforme conduce a quella orbitofrontale, ed una via indiretta, con meno fibre, che dalla corteccia piriforme conduce prima al nucleo medio-dorsale del talamo e successivamente alla corteccia orbitofrontale (Shepherd, 2007). La corteccia orbitofrontale, soprattutto quella destra, è un‟area importante per l‟esperienza cosciente dell‟odore ed ha un ruolo privilegiato nel processamento degli odori per via delle numerose connessioni al talamo. È una struttura necessaria non per la semplice percezione dell‟odore, ma è implicata nell‟integrazione di alto ordine delle

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informazioni olfattive, nella modulazione e nella formazione della qualità dell‟odore, associando questa a fattori soggettivi fisiologici (fame), emotivi (paura) ed ambientali (Gottfried, 2007).

Tutte le aree connesse al bulbo proiettano feedback importanti a questa struttura. Il bulbo olfattivo riceve proiezioni centrifuge anche dalla corteccia olfattiva secondaria, dall‟ippocampo, dal locus caeruleus, dalla banda diagonale di Broca e dal nucleo del raphe da cui riceve input noradrenergici, colinergici e serotoninergici (Macrides et al., 1981; Cleland and Linster, 2003; Gelperin and Ghatpande, 2009).

Il sistema olfattivo è quindi altamente modulato da aree non olfattive e questo loop

bulbo-corticale è considerato indispensabile per il mantenimento dei ritmi oscillatori del

bulbo olfattivo (Kiselycznyk et al., 2006).

Connettività e stato di coscienza

In un ulteriore studio Fontanini e Bower si sono posti l‟obbiettivo di misurare nel topo il coupling tra i ritmi di respirazione, bulbo e corteccia già analizzati nello studio precedente in due condizioni, una di anestesia leggera, associata ad onde veloci (Fast Waves, FW) ed una di anestesia profonda, associata ad onde lente (Slow Waves, SW), per vedere se la correlazione tra le onde veloci e la respirazione fosse stata minore rispetto a quella delle onde lente.

È stato provato che lo stato di SW dell‟anestesia profonda è associato ad una maggiore correlazione tra la corteccia piriforme e il bulbo con la respirazione, a differenza dello stato di FW dell‟anestesia leggera, dove c‟è una riduzione del coupling tra corteccia piriforme e respiro. Solo il bulbo e la respirazione rimangono correlate (Fig. 7).

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Figura 7: attività del sistema olfattivo durante anestesia leggera (A) e anestesia profonda (B). Tracciati grezzi del potenziale di membrana della corteccia piriforme (Vm), local field potential della corteccia piriforme (PC) e del bulbo olfattivo (OB) e ritmo della respirazione (Resp) (da Fontanini and Bower, 2005).

Questo lascia dedurre che la risposta dei neuroni cambi a seconda dello stato globale del network neurale di cui fanno parte, potremmo dire, lo stato di coscienza o lo stato comportamentale (Fontanini and Bower, 2005).

Le oscillazioni della corteccia olfattiva, come quelle della neocorteccia, variano a seconda dello stato comportamentale nell‟animale e nell‟uomo (Kay and Freeman, 1998). Tutte le bande di frequenza descritte nel sistema olfattivo (delta 0,5-4 Hz, teta 4-8 Hz, beta 12-30 Hz e gamma >30 Hz) dipendono dal livello di coscienza dell‟animale e variano a seconda del variare della profondità dell‟anestesia (Fontanini and Katz, 2008). La connettività di queste aree è dimostrata dal fatto che durante il sonno profondo le “slow waves” nella neocorteccia sono correlate a quelle nella corteccia olfattiva (Murakami et al., 2005). È stato anche dimostrato che durante lo SWS la corteccia piriforme genera ed invia onde lente in maniera top-down verso il bulbo olfattivo, un processo implicato nel consolidamento della memoria olfattiva (Manabe et al., 2011). Il funzionamento del bulbo olfattivo cambia drasticamente in base allo stato dell‟animale. La risposta neurale a stimoli odoriferi durante l‟anestesia profonda dipende strettamente dalle caratteristiche degli odori e sembra che in questo caso il processamento sia lineare. A livello della singola cellula nel bulbo l‟attività è

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strettamente legata alla sola respirazione, senza essere correlato alla qualità o al tipo di odore.

Durante il sonno profondo la corteccia piriforme diventa meno responsiva per garantire il consolidamento delle memorie olfattive, riducendo l‟interferenza esterna dal bulbo olfattivo ed aumentando la coerenza oscillatoria con le altre strutture cerebrali (Barnes et al., 2011). Vi è anche un passaggio dell‟informazione dall‟ippocampo alla corteccia piriforme, che può essere implicato nel consolidamento della memoria olfattiva. In questo studio, durante lo stato di anestesia profonda, l‟attività nella corteccia piriforme non è sincronizzata con il respiro, mentre lo è l‟attività del bulbo olfattivo (Wilson and Yan, 2010).

Invece in animali liberi il processamento dello stimolo odorifero sembra dipendere dal cambiamento della frequenza respiratoria (sniff), dall‟attenzione, dalla motivazione e dall‟esperienza dell‟animale. Ad esempio, la risposta neurale cambia a seconda delle influenze attenzionali top-down corticali, che sono strettamente legate allo stato del network neurale. Inoltre è stato osservato che quando il soggetto attende lo stimolo si rafforza la connessione tra la corteccia piriforme posteriore e il nucleo medio-dorsale del talamo e quella tra nucleo medio-dorsale e corteccia orbitofrontale (Plailly et al., 2008).

In caso di cavie sveglie lo stesso odore può indurre pattern di attivazioni diversi in diverse cellule mitrali e molecole odorifere molto simili possono indurre pattern estremamente differenti. Ad esempio lo sniffing rapido diminuisce l‟organizzazione spaziale e aumenta la variabilità nelle risposte neurali (Bhalla and Bower, 1997). In questi casi la risposta del bulbo non è più descrivibile come una relazione lineare, ma è più complessa e presenta caratteristiche di integrazione simili a quelle delle aree associative superiori (Gervais et al., 2007).

Attività bulbare ed attività corticale

Tutti questi studi mostrano che il sistema olfattivo e le sue connessioni con strutture non olfattive hanno un alto grado di complessità. Il processamento degli stimoli dipende fortemente dallo stato globale del cervello e dalle sue dinamiche neurali. L‟anestesia cambia drasticamente sia l‟attività tonica che quella di risposta nel bulbo olfattivo.

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L‟attività bulbare è strettamente correlata all‟attività della corteccia olfattiva, ma, mentre i local field potential nei topi anestetizzati mostrano elevata coerenza con la frequenza di stimolazione, in soggetti svegli è improbabile osservare questa correlazione perfetta e ciò è dovuto al fatto che l‟attività registrata all‟EEG è il risultato di un‟integrazione neuronale non lineare su larga scala (Fontanini and Bower, 2005). Anche all‟interno dello stesso bulbo olfattivo vi sono numerose interazioni sinaptiche che contribuiscono alla modificazione della frequenza di output (Onoda and Mori 1980). Ad esempio, l‟inibizione dendro-dendritica interna al bulbo olfattivo è massima durante lo SWS, dove le cellule mitrali e quelle a pennacchio sono selettivamente attivate dagli odori, e decresce mano a mano che il sonno diventa più leggero, mascherando le risposte con l‟attività spontanea del bulbo (Moulton, 1963; Tsuno et al., 2008).

La complessità dell‟attività nel bulbo olfattivo è tale da essere considerato una sorta di talamo olfattivo, o un “cervello dentro al cervello” poiché ne possiede tutte le caratteristiche (efferenze, afferenze, lamine, neurogenesi ecc) (Diaz et al., 2013), infatti entrambe le strutture controllano il flusso di informazioni in arrivo dall‟esterno, fungendo da “ultima stazione” prima che esse raggiungano la corteccia. Inoltre sono entrambi strettamente connessi, modulano e sono modulati nella loro attività da numerose altre strutture (Kay and Sherman, 2007). La relazione che intercorre tra “slow waves” nel bulbo olfattivo e nella corteccia olfattiva è simile a quella che c‟è tra talamo e neocorteccia dove, in entrambi i casi, le oscillazioni osservate sono altamente correlate tra loro (Contreras and Steriade, 1995).

Partendo dal fatto che la corteccia olfattiva presenta le stesse oscillazioni della neocorteccia, nel bulbo olfattivo le onde più frequentemente studiate sono state le onde delta, teta e gamma (Lledo et al., 2005; Buonviso et al., 2006; Kepecs et al., 2006). Il sistema olfattivo genera spontaneamente “slow waves” durante il sonno profondo e durante l‟anestesia (Freeman, 1959). Nel bulbo olfattivo le onde lente sono correlate alla respirazione di riposo (Buonviso et al., 2006), mentre il ritmo teta è prevalentemente associato allo sniff nell‟esplorazione olfattiva, anche se il sistema olfattivo è in grado di produrre spontaneamente onde teta anche senza sniff (Bhalla and Bower, 1997).

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I ritmi gamma invece si presentano durante il riconoscimento di un odore e sono correlate a dinamiche intracorticali e cortico-bulbari di processamento dello stimolo e di appredimento (Buonviso et al., 2006; Neville and Haberly, 2003; Wilson and Bower, 1992; Ravel et al., 2003). Queste onde inoltre sono elevate durante l‟attesa dello stimolo e sono associate all‟aspettativa ed all‟attenzione all‟odore. Vi è alta coerenza tra bulbo olfattivo e corteccia piriforme nella frequenza gamma che si interrompe durante la presentazione dello stimolo ed è seguita da un aumento di coerenza gamma tra bulbo olfattivo, corteccia entorinale e giro dentato (Kay and Freeman, 1998).

Il bulbo olfattivo ed il sonno

Va infine considerato che la corteccia olfattiva non è separata dall‟esterno durante il sonno, ma la sua attività è attivamente coordinata dall‟entrata dell‟aria durante il respiro a riposo.

Gli studi che descrivono la neocorteccia come isolata dall‟ambiente per spiegare i ritmi oscillatori enfatizzano le proprietà intrinseche della corteccia di generare onde lente. Si ipotizza quindi che durante il sonno a onde lente il cervello sia in relativo isolamento. A differenza della corteccia olfattiva infatti, non ci sono stimoli sensoriali in arrivo alla neocorteccia durante il sonno.

Nel caso delle strutture olfattive, invece, poiché durante il sonno non si smette di respirare, l‟attività del bulbo olfattivo e, di conseguenza, della corteccia olfattiva dipendono strettamente dall‟ingresso periodico di aria nel naso. Ciò si allontana dall‟idea di “slow waves” provocate dall‟isolamento corticale dall‟esterno e dal talamo (Steriade, 2000) e considera queste onde non indice di un isolamento della corteccia dall‟ambiente, ma come correlate all‟ingresso di aria priva di odore durante la respirazione lenta nasale tipica del sonno profondo (Fontanini et al., 2003; Fontanini and Bower, 2005, 2006) e la loro oscillazione è dipendente dall‟interazione complessa tra ritmi intrinseci corticali e ritmo basale del respiro (Wilson and Bower, 1992; Bower, 1995).

Come abbiamo visto, la corteccia olfattiva è legata all‟intera neocorteccia, quindi la sua oscillazione può modificare il funzionamento globale del cervello. La comparsa di onde

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lente durante il sonno profondo quindi, potrebbero non dipende solamente da uno stato di deafferentazione dall‟ambiente, ma anche dal flusso d‟aria nel naso.

Stimolazione del sistema olfattivo con il Pranayama

Molte pratiche di rilassamento e meditative sono basate sul rallentamento volontario del respiro e sono caratterizzate da una riduzione delle frequenze EEG.

La maggior parte delle tecniche Pranayama comportano una respirazione profonda che avviene principalmente per via nasale.

Esistono inoltre delle tecniche particolari di Pranayama che esplicitamente sfruttano il rapporto esistente tra l‟aria che attraversa le narici e l‟attivazione degli emisferi cerebrali. Esse sono raggruppate sotto il nome di Nadishudi Pranayama, il respiro alternato delle narici. Nel Nadishudi Pranayama, il pollice della mano destra è utilizzato per chiudere la narice destra e l‟indice destro per chiudere la narice sinistra. Ad ogni respiro si inala inizialmente da una sola narice e si esala dalla stessa narice per lo stesso tempo. Successivamente si ripete lo stesso procedimento con la narice opposta. Questo tipo di Pranayama è chiamato anche Alternate Nostril Breathing (ANB).

Ad una tecnica di Pranayama ANB, dopo poche settimane di pratica è stata associata una riduzione della pressione sistolica e diastolica, della frequenza cardiaca e respiratoria, un aumento dell‟attività parasimpatica ed una riduzione dell‟ansia e dello stress (Dhungel et al., 2008; Sinha et al., 2013; Telles et al., 2013b).

L‟Unilateral Nostril Breathing (UNB), che invece consiste in sessioni in cui si respira solamente attraverso una narice bloccando l‟altra, correla con l‟aumento della frequenza cardiaca e quindi un‟attivazione del sistema simpatico solo nel caso di respirazione attraverso la narice destra (Shannahoff-Khalsa and Kennedy, 1993). Il respiro forzato attraverso la sola narice destra ha un effetto attivante sul sistema simpatico, con aumento del consumo di ossigeno e della pressione sistolica (Telles et al., 1996). In un altro studio è stato provato che la UNB destra aumenta significativamente la pressione arteriosasistolica e la frequenza cardiaca mentre quella sinistra le diminuisce entrambe, ma solo nelle donne (Dane et al., 2002).

Il Chandra Nadi Pranayama, che consiste nella respirazione forzata attraverso la sola narice sinistra, al contrario sembra avere degli effetti immediati di riduzione

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dell‟ipertensione attraverso l‟attivazione del sistema parasimpatico (Bhavanani et al., 2012c) e questo è in accordo con il ciclo nasale naturale (Srinivasan, 1991).

Durante la UNB è stato osservato che l‟ampiezza delle onde EEG è maggiore nell‟emisfero controlaterale rispetto alla narice aperta. Se si respira attraverso la narice sinistra, l‟emisfero destro è più attivato rispetto al sinistro (Werntz et al., 1987).

È quindi possibile che il rallentamento del passaggio dell‟aria nelle narici, anche in condizioni di veglia, generi un cambiamento delle frequenze di scarica neurali e giochi un ruolo importante nel raggiungimento dello stato meditativo. L‟attivo controllo della respirazione utilizzato durante quasi tutte le tecniche di meditazione potrebbe provocare la sincronizzazione neurale a partire dal particolare ritmo di diffusione dell‟aria nelle narici.

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SCOPI DELLA TESI

Viste le premesse teoriche ed i lavori presenti in letteratura, lo scopo della parte sperimentale di questa tesi è l‟analisi delle relazioni psicofisiologiche tra il passaggio di aria insufflata nel naso, che stimola l‟epitelio olfattivo e non-olfattivo della volta nasale ad una frequenza che riproduce quella del Pranayama, e la risposta elettrica cerebrale, soprattutto nelle bande di frequenza più lente (teta e delta), in soggetti svegli a riposo, indipendentemente dal ritmo della respirazione orale.

Oltre alla misurazione dell‟attività EEG dello scalpo, lo scopo di questa tesi prevede anche lo studio di quali aree siano maggiormente implicate nella risposta alla stimolazione e la loro eventuale relazione con particolari stati di coscienza. Infine, ultimo scopo della tesi è quello di osservare se, in seguito a tale stimolazione, in soggetti senza nessuna esperienza passata di meditazione, vi sia un‟alterazione di alcuni parametri cognitivi e dello stato di coscienza riportato soggettivamente, in linea con la letteratura riguardante la meditazione ed il Pranayama.

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MATERIALI E METODI

Campione

Il campione sperimentale è costituito da dodici soggetti che si sono offerti volontari per partecipare allo studio. Il gruppo, formato da sei maschi e sei femmine, è di età compresa tra i 20 ed i 26 anni (M=23; DS=1,5). Nessuno dei soggetti ha una storia di disturbi neurologici o psichiatrici ed esperienza in pratiche meditative. Ogni soggetto ha firmato il consenso informato scritto in accordo al Comitato Etico Locale.

Protocollo sperimentale

Lo studio comprendeva due sessioni sperimentali: durante una sessione ai soggetti è stata insufflata aria nelle narici ad una data pressione mentre nella sessione di controllo agli stessi soggetti non è stata somministrata alcuna aria compressa. I soggetti erano assegnati ad ogni sessione in ordine casuale ed erano tenuti allo scuro degli scopi dello studio.

Durante la sessione di stimolazione veniva inserita nel naso dei soggetti una cannula nasale che soffiava aria compressa con pressione, frequenza e durata controllate, allo scopo di stimolare meccanicamente l‟epitelio olfattivo. La frequenza di somministrazione dello stimolo era costituita da cicli di venti secondi, di cui otto con somministrazione continua di aria compressa e dodici senza alcuna stimolazione. La pressione dell‟aria, misurata attraverso un manometro, era pari a 0.1 bar, scelta in modo da fornire una stimolazione che non fosse né troppo lieve da non essere percepita né troppo forte da infastidire i soggetti e da produrre potenziali evocati sensoriali (quest‟ultimo è stato controllato nella fase pilota dello studio).

La frequenza e la durata degli stimoli sono state scelte sulla base delle frequenze respiratorie utilizzate nelle pratiche meditative tipo Pranayama.

Le cannule sono state posizionate sulla volta nasale da un otorinolaringoiatra (dott. Luca Bruschini U.O. Otorinolaringoiatria 2° - Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana) in modo da essere il più vicine possibili all‟epitelio olfattivo e non-olfattivo per poterlo stimolare correttamente e selettivamente. Le cannule erano avvolte da un tampone di cotone sia per non danneggiare le narici dei soggetti che per impedire all‟aria di passare, costringendo così i soggetti a respirare con la bocca ed eliminando l‟influenza della

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respirazione nasale sulla volta nasale. Allo stesso modo, le narici dei soggetti venivano tappate durante la sessione di controllo per riprodurre l‟assenza del passaggio di aria nelle narici.

Le sessioni sperimentali si sono tenute all‟ospedale di Cisanello, presso la U.O. Otorinolaringoiatria 2° dell‟Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana intorno alle ore 16 per un periodo compreso tra Marzo 2013 e Marzo 2014. Ai soggetti sono stati forniti dei tappi per le orecchie per non essere disturbati da possibili rumori esterni. Successivamente veniva posizionata la cuffia EEG ed inserite le cannule nasali, dopodiché veniva dato loro un tempo di circa tre minuti per prendere confidenza con la somministrazione dell‟aria e per controllare fattori di disturbo come ansia o eccessivo fastidio.

Successivamente, ai soggetti veniva descritta la procedura e la durata della stimolazione e chiesto loro di rimanere sdraiati su un lettino in una stanza buia, chiudendo gli occhi e rilassandosi, cercando però di non addormentarsi (ogni qualvolta il tracciato EEG mostrava grafoelementi tipici del sonno, come fusi del sonno o complessi K, la registrazione veniva interrotta).

La sessione di stimolazione aveva durata di venticinque minuti totali ed era suddivisa in tre fasi: cinque minuti di condizione basale senza stimolazione (periodo pre-stimolo), quindici minuti di stimolazione con aria compressa e cinque minuti di riposo successivi alla stimolazione (periodo post-stimolo). Nella condizione di controllo, la sessione era della stessa durata, ovviamente senza stimolazione.

In entrambe le condizioni, successivamente alla registrazione, veniva somministrata ai soggetti una batteria di test psicometrici ed una breve intervista.

Strumenti di valutazione fisiologica

Le registrazioni EEG ad alta densità sono state eseguite usando un amplificatore Net Amps 300 (GSN300; Electrical Geodesic Inc., Eugene, OR, USA) e cuffie HydroCel Geodesic. Il sistema comprende 128 elettrodi uniformemente distribuiti sullo scalpo. I segnali EEG sono stati registrati con un campionamento a 500 Hz, una risoluzione di 24 bit, una precisione di 70 nV/bit. I segnali sono stati successivamente ricampionati a 250 Hz e filtrati con una banda passante tra 0.01-500 Hz.

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I segnali EEG sono stati analizzati visivamente per rimuovere i canali rumorosi e gli artefatti (il numero di canali rimossi varia da tre a dodici, a seconda della registrazione). I segnali rumorosi sono stati sostituiti da segnali ottenuti via interpolazione tipo “spline”.

I periodi pre e post-stimolo e pre e post-controllo di ogni soggetto sono stati sottoposti all‟Analisi delle Componenti Indipendenti (ICA) per rimuovere artefatti oculari e muscolari residui.

La durata dei periodi considerati varia dai tre ai cinque minuti sia per i periodi pre e post-stimolazione che per quelli pre e post-controllo. I segnali sono stati riferiti alla media del segnale dei mastoidi (Menicucci et al., 2009; Piarulli et al., 2010; Martini et al., 2012; Menicucci et al., 2013).

Valutazione degli aspetti cognitivi

È stata somministrata a tutti i soggetti una batteria di test cognitivi precedentemente adattata al computer chiamata Psychological Meditation Test. Essa comprendeva:

- Test di Corsi:

il test, nato negli anni ‟70, misura la quantità di informazioni visuo-spaziali che un soggetto riesce a trattenere nella memoria di lavoro. Il test originale é composto da una tavoletta di legno 32 x 25 cm sulla quale sono disposti in modo casuale nove cubetti di legno numerati dalla parte dell‟esaminatore, che li tocca in sequenze di lunghezza crescente. Appena terminata la dimostrazione, l'esaminatore chiede al soggetto di riprodurre la sequenza toccando i cubetti nello stesso ordine. Il punteggio grezzo, cioè lo span di memoria spaziale del soggetto, è costituito dalla sequenza più lunga per la quale sono state riprodotte correttamente almeno due sequenze su tre (Spinnler e Tognoni, 1987).

Nella versione al computer sul monitor appaiono dei quadrati bianchi, disposti asimmetricamente. Al “via”, dato dal soggetto premendo un tasto, i quadrati si colorano uno alla volta seguendo una sequenza che il egli dovrà poi riprodurre, come nel test originale, soltanto cliccando con il mouse nello stesso ordine di accensione dei quadrati. Questo test così riprodotto valuta esclusivamente la memoria a breve termine visiva ed

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il punteggio grezzo è costituito dalla sequenza più lunga per la quale sono state riprodotte correttamente due sequenze su tre.

- Digit Span.:

il test è utilizzato per valutare la memoria a breve termine uditivo-verbale tramite il calcolo della quantità massima di informazioni in grado di essere mantenute (span). Nel test l'esaminatore legge una sequenza di cifre, una cifra alla volta al ritmo di una al secondo, dopodiché il paziente è invitato a ripetere la sequenza. La ripetizione è considerata corretta se tutti gli elementi della sequenza sono stati ripetuti nell‟ordine di presentazione. Nel caso in cui la ripetizione risulti errata, viene somministrata una seconda sequenza con lo stesso numero di cifre. Se il soggetto fallisce ancora, si interrompe la prova e lo span è equivalente al numero di cifre ripetute correttamente al livello precedente (Spinnler e Tognoni, 1987).

Nell‟adattamento per computer al soggetto è mostrata una sequenza di numeri, una cifra alla volta al ritmo di una al secondo, che egli dovrà poi riscrivere nello stesso ordine utilizzando il tastierino numerico. Il punteggio grezzo è calcolato nello stesso modo del test originale.

- Reverse Digit Span:

il test è identico al Digit Span soltanto che, in questo caso, il soggetto deve riscrivere la sequenza di numeri seguendo l‟ordine opposto. Poiché il compito è più difficile, la sequenza base è di due numeri invece che tre. Il punteggio grezzo viene calcolato allo stesso modo del Digit Span.

Valutazione dell’esperienza soggettiva

Per valutare l‟esperienza soggettiva e le differenze nello stato di coscienza è stato somministrato il Phenomenology of Consciousness Inventory (PCI, Pekala, 1982, 1986, 1991).

Il PCI è un questionario retrospettivo autosomministrato completato in riferimento a particolari condizioni. Il compito è quello di compilare il questionario in riferimento ad uno stimolo precedentemente somministrato, meglio se entro venti minuti. I soggetti devono semplicemente leggere le istruzioni, non ci sono differenze significative se i

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