Inv. 276 B, 2: si conserva la parte superiore della palmetta, con la foglia mediana, quattro foglie sul lato dx. e due sul lato sx.
Inv. 276 Γ: fr. della base spezzata superiormente e sul lato dx. Si conservano il cuore della palmetta con l’attaccatura di cinque foglie, la S sx. con lo stelo secondario e la mezza palmetta, buona parte del fiore di loto rovescio e la voluta superiore della S dx.
DESCRIZIONE188. Palmetta aperta a undici foglie e cuore profilato a scaglia
appuntita, non bordato, prolungato inferiormente da un peduncolo a goccia. La foglia mediana, a ferro di lancia, si eleva al di sopra delle altre, molto distanziate tra loro e in rapporto al cuore. Provviste di steli sottilissimi e rettilinei per gran parte del loro tracciato, le foglie laterali si incurvano verso il basso nell’ultimo tratto, terminando in estremità moderatamente larghe e arrotondate. L’aggetto del rilievo è molto ridotto, il profilo delle foglie netto e “metallico”. Il registro inferiore è inquadrato da due steli a S affrontati e leggermente obliqui, desinenti in volute alle estremità. Da ciascuna delle
183 E
VANGELIDIS, DAKARIS 1959, p. 168, cat. nr. 15. L’indicazione, recepita da VLACHOPOULOU- OIKONOMOU 1986, p. 235, cat. nr. 3, riguarda sia il fr. in questione sia il successivo nr. 16 del cat. di EVANGELIDIS,DAKARIS 1959 (D01.T8). L’anno di rinvenimento non è noto. In DAKARIS 1967, p. 35, nota 1, per un fr. di antefissa rinvenuto a ovest del “Naiskos Λ”, si rimanda a EVANGELIDIS,DAKARIS 1959, tav. 11ε, vale a dire all’immagine in cui sono riprodotti i frr. cat. nrr. 15-16, che nella stessa pubblicazione sono attribuiti all’area tra “E1” e il “Naiskos Θ”. Sul problema v. Scheda inv. 3554, nota 8.
184 Il fr. compare nella fotografia di E
VANGELIDIS 1935, tav. 25α (nr. 6) insieme ad altri frr. di antefisse e palmette di colmo rinvenuti, come si specifica a p. 218, “intorno all’edificio (E1) e presso i suoi lati nord e nordest”.
185 Il fr. non è compreso nel catalogo di E
MMERLING 2012, che si limita a menzionarlo a p. 151, nota 876. 186 Le misure riportate, tratte da E
VANGELIDIS,DAKARIS 1959, p. 168, sono leggermente superiori a quelle di VLACHOPOULOU-OIKONOMOU 1986, p. 235 (cm 10 x 11). Spess. n.r.
187 V
LACHOPOULOU-OIKONOMOU 1986, p. 236, cat. nr. 10. Spess. n.r. 188 Per la descrizione delle antefisse della serie denominata Δ6η da V
LACHOPOULOU-OIKONOMOU 1986 (pp. 235-240), alla quale entrambi i frr., pur non appartenendo allo stesso esemplare, possono essere ascritti, si fa riferimento a un’antefissa quasi integra rinvenuta nel 1965 nei pressi del Bouleuterion “E2”: VLACHOPOULOU-OIKONOMOU 1986, p. 235, cat. nr. 1, con tav. 24α e dis. 26. Alt. max. cons.: cm 16 (manca l’estremità della foglia mediana); largh. max. (alla base): cm 17. La serie Δ6η, oltre al cat. nr. 1 e ai due frr. qui considerati (nrr. 3, 10), comprende altri undici frr. (cat. nrr. 2, 4-9, 11-14). In base ai criteri di redazione del presente Catalogo, soltanto i due frr. provenienti con certezza dall’area di “E1” e dei
naiskoi sono stati considerati in dettaglio. Di un terzo fr. rinvenuto nel 1954 in “E1” (M.I. inv. 3500) non
si possiede un’immagine fotografica, ma solo la sintetica descrizione di VLACHOPOULOU-OIKONOMOU
1986, p. 237, cat. nr. 11: fr. della base di un’antefissa (alt. max. cons. cm 9, largh. max. cons. cm 10) recante il cuore della palmetta con l’attaccatura di tre foglie, le volute superiori delle S con le semipalmette e il fiore di loto rovescio. Alla stessa serie sono probabilmente riconducibili anche i frr. di palmetta D01.T5 e D01.T6, pubblicati da A. Vlachopoulou tra i rinvenimenti sparsi (VLACHOPOULOU- OIKONOMOU 1986, p. 226, cat. nrr. 10-11). Dei restanti frr. della serie, due (ibid., p. 236 s., cat. nrr. 9, 12) provengono dall’area di “E2” al pari del nr. 1, mentre per gli altri non si possiedono indicazioni.
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volute inferiori sorge uno stelo secondario che risale parallelamente al bordo dell’antefissa, inclinato verso l’interno, arricciandosi in una voluta rivolta esternamente. Quest’ultima, dopo un solo avvolgimento, termina in due fusticini divergenti, mentre altri due fusticini si innestano sull’arco superiore della voluta, incurvandosi in direzioni opposte. Il centro della composizione è occupato da un fiore di loto rovescio consistente in due petali, provvisti alla base di una coppia di sepali ciascuno, e un lungo pistillo a ferro di lancia collocato sull’asse del peduncolo della palmetta. Una semipalmetta a cinque foglie con un mezzo cuore a goccia sorge dall’angolo di ciascuna delle volute superiori delle S, estendendo la sua foglia principale parallelamente a essa; le altre quattro foglie, schematiche ma non prive di una certa reminescenza organica nelle estremità arrotondate e leggermente ingrossate, si dispongono obliquamente incurvandosi verso il fiore di loto. Al di là di quest’unica concessione naturalistica, gli elementi decorativi della base hanno un aspetto filiforme e “raggelato”, del tutto privo di consistenza plastica. Lateralmente l’elemento presenta un profilo a lobi.
TIPOLOGIA E DATAZIONE. La serie di antefisse cui appartengono i due frr. qui
considerati e D01.T5-T6, denominata Δ6η da A. Vlachopoulou-Oikonomou, è attribuita da S. Dakaris alla IV fase edilizia di “E1”, posteriore alla distruzione del santuario da parte degli Etoli (219 a.C.) e compresa tra gli ultimi due decenni del III e la prima metà del II sec. a.C.189 A differenza dell’assegnazione a “E1”, che il contesto di rinvenimento dei frr. non è in grado di confermare190, la cronologia proposta dall’archeologo greco è accolta da T. E. Emmerling, che la ritiene più prudente di quella – sostanzialmente concorde ma leggermente più ristretta (prima metà del II sec. a.C.) – di A. Vlachopoulou191. Dal punto di vista formale, queste antefisse rientrano nel tipo di origine corinzia definito convenzionalmente “Stoà Sud” – dal nome dell’edificio della città istmica da cui proviene una delle serie più antiche (ultimo quarto del IV sec. a.C.)192 – che a Dodona si trova rappresentato in una forma molto vicina al prototipo (e presumibilmente quasi coeva) dall’antefissa D01.T1 e dai frr. a essa apparentabili (D01.T2). Nella serie che qui si considera compaiono tutti gli elementi decorativi caratteristici dello schema originario, ma declinati in una forma che ne denuncia chiaramente l’appartenenza all’età ellenistica193. Gli steli a volute, le mezze palmette e il fiore di loto, che negli esemplari di fine IV e inizi III secolo apparivano larghi e carnosi, sono come disseccati e svuotati di organicità, ridotti a motivi filiformi che riproducono
189 E
VANGELIDIS, DAKARIS 1959, p. 86 (fine III-inizi II sec. a.C.). Un po’ più ampio è l’orizzonte cronologico prospettato a p. 108, compreso tra la fondazione del koinòn degli Epiroti e la conquista romana della regione all’indomani della terza macedonica (234/3-168/7 a.C.).
190 E
MMERLING 2012, p. 150 s., 154. In considerazione del rinvenimento della maggior parte di essi nei dintorni di “E1” e del Bouleuterion (“E2”), la pertinenza della serie all’uno o all’altro edificio è ritenuta ugualmente possibile da VLACHOPOULOU-OIKONOMOU 1986, p. 239.
191 E
MMERLING 2012, pp. 152-154, la quale si appella giustamente alla ben nota difficoltà di attribuire alle terrecotte architettoniche ellenistiche, in assenza di dati sul contesto stratigrafico di rinvenimento, una cronologia precisa. V., a questo proposito, le osservazioni di BADIE,BILLOT 2001, p. 61 s. (ma a p. 119 del cat. l’assegnazione alla prima metà del II sec. della serie Δ6η non viene apparentemente contestata). Un po’ troppo pretenzioso appare dunque il tentativo di VLACHOPOULOU-OIKONOMOU 1986, p. 238 s. di ascrivere con sicurezza la serie alla ricostruzione del santuario all’indomani delle ipotetiche distruzioni legate alla conquista romana del 167.
192
BROONER 1954, p. 86 s., con tavv. 20.1, 21.1.a. Per una definizione del tipo v. BILLOT 1976, p. 123 e BADIE,BILLOT 2001, p. 92 s.
193 V
LACHOPOULOU-OIKONOMOU 1986, p. 237. Anche l’«absence de couverte et de couleur», presenti invece sugli esemplari della serie esemplificata da D01.T1, è un tratto caratteristico delle produzioni ellenistiche: LE ROY,DUCAT 1967, p. 183.
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in modo rigido e schematico le forme vegetali di partenza. Queste hanno ormai perso il loro legame organico194: le foglie della palmetta, anziché sorgere dal cuore, si dispongono a raggiera intorno a esso a una distanza di cm 0.7 ca.; la curvatura delle foglie inferiori non intrattiene alcuna relazione con quella delle volute sottostanti; i bordi dell’elemento, pur segmentandosi in una successione di lobi, non restituiscono con esattezza il profilo e l’inclinazione delle estremità delle foglie. Solo la foglia principale delle mezze palmette, assecondando la curvatura dello stelo della S adiacente, rivela la ricerca di un coordinamento tra il movimento delle parti. Il disegno della palmetta, a sua volta, si avvicina a quello delle altre serie ellenistiche da Dodona (D01.T7-T8), con foglie sottili e rade dalla tipica forma “en crosse”195 e dal rilievo bassissimo. Caratteristico appare l’espediente utilizzato per aumentare l’elevazione della foglia mediana su quelle laterali, “ritagliando” il contorno della palmetta in forma di triangolo in corrispondenza del vertice e lungo una linea quasi orizzontale ai lati di esso, al di sopra delle due foglie adiacenti196. Tutti questi elementi, che rientrano nell’evoluzione generale del “tipo Stoà Sud” riconoscibile in diverse serie all’interno e al di fuori dei confini della regione197, suggeriscono una datazione medio-ellenistica analoga a quella concordemente proposta dagli editori, senza che sia possibile stabilire una connessione con gli ipotetici interventi di ricostruzione del santuario seguiti all’incursione degli Etoli o alla campagna epirota di L. Emilio Paolo198.
194
VLACHOPOULOU-OIKONOMOU 1986, p. 238. 195 L
E ROY,DUCAT 1967, p. 178, a proposito delle serie delfiche 85-86 (antefisse A.76, p. 175 e A.86, p. 177, con tavv. 72-73), che come rileva EMMERLING 2012, p. 153 s. (fig. 107) anticipano alcuni caratteri della serie dodonea, nonostante la resa maggiormente naturalistica che sembra rimandare a una cronologia più alta (prima metà del III sec. a.C.).
196 V
LACHOPOULOU-OIKONOMOU 1986, p. 238. Cfr. EMMERLING 2012, p. 153, dove si segnala un espediente simile in un’antefissa dalla “Stoà J” del santuario di Artemide Laphria a Kalydon (DYGGVE
1948, p. 195 s. e fig. 203, E), datata al III-II sec. a.C. da DYGGVE 1948, p. 284, nota 2, alla seconda metà o alla fine del II sec. a.C. da BADIE,BILLOT 2001, p. 114. L’esemplare si confronta con l’inv. 276 B, 2 da Dodona anche per il disegno della palmetta, con foglie sottili e rade le cui estremità, tuttavia, ricordano maggiormente quelle della scheda D01.T8.
197
VLACHOPOULOU-OIKONOMOU 1986, p. 239 richiama il fr. A.101 da Delfi (LE ROY,DUCAT 1967, p. 183 e tav. 77, 4), paragonabile agli esemplari dodonei per la resa filiforme degli elementi decorativi della base. Alcuni tratti del fr. delfico (curvatura delle foglie inferiori della palmetta solidale con le volute, presenza della foglietta nel punto d’innesto dello stelo secondario nella S, foglie più larghe e carnose) rimandano tuttavia a una cronologia leggermente più alta (seconda metà del III sec. secondo Ch. Le Roy). Motivi lineari abbastanza simili caratterizzano la base di alcune antefisse del “tipo Stoà Sud” provenienti dall’”Edificio A” (c.d. Prytaneion-archivio) di Gitana, che differiscono però dalla serie di Dodona per le foglie della palmetta, a falce e maggiormente carnose: KANTA-KITSOU 2008, p. 57.
198
108
D01.T5-T6
OGGETTO: antefissa a palmetta199.
MATERIALE: terracotta. Argilla giallastra (5 YR/6/8)200.
LUOGO DI RINVENIMENTO: Dodona, “Edificio E1”, al di sopra del muro
divisorio tra sekòs e “adyton” del tempio tetrastilo201.
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Museo Archeologico di Ioannina, magazzino. Invv.
3514-3515.