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STATO E TERRITORIO IN ITALIA: I BENI DEMANIAL

COSTITUTIVO DELLO STATO: EVOLUZIONE DEL CONCETTO

2.2 STATO E TERRITORIO IN ITALIA: I BENI DEMANIAL

Nel diritto costituzionale italiano, sotto il profilo dell’esistenza, il territorio è considerato l’ambito all’interno del quale lo Stato , attraverso i soggetti che lo costituiscono e lo rappresentano, svolge le proprie prerogative di coercizione e imperio. Considerando infatti lo Stato un’organizzazione, ne deriva che le norme poste dalla stessa e garantite nella propria attuazione dall’apparato coercitivo statale, non solo regolamentano i rapporti fra i cittadini, ma delimitano anche lo spazio all’interno del quale esplicano la propria autorità. Pertanto si può affermare che la nozione di Stato organizzato inglobi in se stessa anche quella di territorio.

Appare a questo punto evidente come la territorialità non possa essere considerata solamente un elemento costitutivo dello Stato, bensì qualcosa ad esso intimamente connesso. L’ambito spaziale in cui si esercita il potere dello Stato è connotato da una durevolezza che va molto al di là della vita media dei consociati che in esso vivono, i quali non possono non avvertire la superiore dimensione del territorio che, in qualche maniera, li rende partecipi, come nazione, della propria perennità. Non è corretto dunque distinguere fra Stato e territorio, trattandosi in effetti di due elementi integrati così radicalmente da essere coessenziali.

Tale assunto è confermato dall’incipit della Carta Costituzionale “ L’Italia è una repubblica democratica…”, laddove è evidente come il concetto di Stato, considerato sotto il profilo astratto, sia inscindibile da quello del territorio sotto il profilo della concretezza. Sul territorio che morfologicamente costituisce l’Italia, si sono svolti tutti gli avvenimenti storici e politici che hanno portato alla sua

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sottesi alla formulazione della Costituzione che lo regge. Di talché territorio italiano e Stato repubblicano, nella più ampia accezione del termine, si fanno un unicum inscindibile espresso dal nome Italia, nel quale sono ricompresi tanto l’aspetto fenomenologico dei presupposti storici quanto la giuridicità della fattispecie. La dizione costituzionale conferì veste giuridica a elementi preesistenti quali territorio, popolo e potere sovrano che, unificati ,

diedero vita alla Repubblica Italiana.54

Un altro aspetto del rapporto che unisce Stato e territorio, concettualmente separato da quello appena esaminato, sorge nel momento in cui lo Stato si configura come persona giuridica all’interno del proprio ordinamento. Sotto questo nuovo punto di vista, lo Stato non si rapporta più al territorio inteso nella sua interezza, bensì considerato nelle singole parti che lo compongono, in relazione alle quali lo Stato assume poteri e diritti specifici e giuridicamente determinati, che regolamentano le sue relazioni con i consociati e i vari enti giuridici. Questo è un aspetto dell’articolato concetto di sovranità, infatti la potestà esercitata nei confronti dei cittadini e di tutto ciò che si trova sul territorio non può essere costretta in un solo diritto, la sottoposizione del territorio all’ordinamento giuridico è la condizione necessari affinché lo Stato possa esercitare diversi tipi di diritti tanto su parti del territorio quanto sulle persone e cose che su tali parti si trovano.

Da tali presupposti hanno origine dei veri e propri diritti soggettivi dello Stato sulle singole parti del suo territorio, in particolar modo il diritto di proprietà. Si apre

54Perassi T. Paese, territorio e signoria nella dottrina dello Stato, in Riv. dir. pubbl.,

1912,1,p.149; Donati, Stato e territorio, cap.II, Stato e territorio nel diritto interno vol. I p. 27, Padova 1931;C. Cereti, Costituzione e territorio, in Scritti in onore di Orlando, Padova 1955; Sandulli A.M., Beni pubblici, in Enc. Diritto, vol. V, Milano,1959, p.277.

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qui il discorso sui beni demaniali la cui disciplina è stata data dal codice del 1942.

L’art. 42 della Costituzione riconosce il diritto di proprietà pubblica e privata, riconoscimento che riguarda in particolare i beni pubblici

La dottrina tradizionale ritiene che l’estrema sintesi dell’art. 42 Cost. non sia sufficiente per creare uno “statuto

costituzionale” dei beni pubblici55,

(20) sebbene sia comunque riuscito ad imprimere una svolta

nell’approccio scientifico agli stessi. (15)

(15) M.S. Giannini, I beni pubblici, Roma 1963.

Il demanio dello Stato e degli altri enti pubblici territoriali è costituito da beni che, per la loro natura, sono adatti a soddisfare necessità pubbliche.

Il codice civile del 1942 ha esteso la propria normativa anche ad ambiti che, ai nostri giorni, appaiono di esclusiva appartenenza del diritto pubblico. Il codice afferma il principio secondo il quale solo la legge può qualificare come <<demaniale>> un bene, perciò soltanto il codice civile e le leggi speciale possono definire ed elencare tassativamente, i beni demaniali.

La suddivisione codicistica distingue il demanio

pubblico, disciplinato dagli articoli da 822 a 825 c.c., dai beni del patrimonio disponibile, art. 826 c.2-3 c.c., e beni del patrimonio indisponibile, art.828 c.c. Esistono tuttavia altre

norme di natura contabilistica relative a tali beni, quali il R. D.2440/1923 e il R.D. 827/1924 nonché altre leggi speciali. Tale normazione sottolinea in modo particolare il carattere ontologicamente pubblico del soggetto proprietario di tali

55Sabino Cassese, Titolarità e gestione dei beni pubblici: una introduzione , in I beni

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beni i quali pertanto sono pubblici tanto in senso soggettivo – relativamente all’ente proprietario- quanto in senso

oggettivo –relativamente alla loro destinazione pubblica-

come li definisce la dottrina tradizionale.56

Diverse sono le discipline giuridiche che

regolamentano i beni pubblici: l’inalienabilità del demanio pubblico come quella del beni del patrimonio indisponibile, a meno che non sia preservata l’utilizzazione pubblica del bene, e l’applicabilità del diritto civile ai beni del patrimonio disponibile sono sanciti dal codice civile, agli artt., rispettivamente, 823 c1, 828 cc.1, 826 c.1 e 828 c.2.

I beni demaniali elencati tassativamente dal comma 1 dell’art. 822 c.c. costituiscono il demanio necessario, vale a dire che i beni elencati dal codice, per la loro stessa natura, non possono appartenere ad altri se non allo Stato. Si tratta infatti del “lido del mare, le spiagge, le rade, i porti, per i quali si richiamano gli artt. 28 e ss., 692 e ss. del codice della navigazione, i fiumi i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia.” La legge n. 36/1994 (L.Galli) definisce demaniali tutte le acque dolci tanto superficiali quanto sotterranee.

Invece i beni rubricati al secondo comma dello stesso

articolo costituiscono quello che dalla dottrina57 viene

chiamato demanio accidentale/eventuale, in quanto “ fanno parte del demanio pubblico se appartengono allo Stato oppure alle province ed ai comuni” (artt. 822 c.2 e 824 c.1

c.c.). Si tratta delle “strade, autostrade e strade ferrate58; gli

aerodromi, gli acquedotti; gli immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi

56 M. Renna, Beni Pubblici, in Diz. Dir. Pubbl.; S. Cassese I, Milano,2006.

57Giannini, Diritto Pubblico dell’Economia, Urbino, 1997

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in materia”. Dalla dizione codicistica consegue che beni del demanio accidentale possono appartenere a privati qualora non siano già proprietà dello Stato o altri enti pubblici.

Dal combinato disposto degli artt. 826, 828, 839,840, 932, c.c. e 745 c. n., si trae l’enumerazione di beni che formano il patrimonio indisponibile appartenenti allo Stato, alle province e ai comuni.

Caratteristiche dei beni demaniali sono l’inalienabilità –per eventuali atti di trasferimento di tali beni è infatti prevista la nullità di diritto poiché su essi sono gravati da un vincolo che renderebbe impossibile l’oggetto ex art 1418

c.c.59 l’imprescrittibilità e l’impossibilità di essere usucapiti:

da ciò si evince che i soggetti privati sono esclusi dalla titolarità del diritto di proprietà su tali beni, tuttavia ne è loro concesso l’uso a seguito di un atto di concessione da parte

della Pubblica Amministrazione60.

Per quanto concerne la tutela dei beni demaniali, la stessa è devoluta alle norme ordinarie di difesa della proprietà privata (artt. 948 e ss c.c.) e del possesso (artt 1168 e ss c.c.), tuttavia il codice, all’art. 823, c.1-2 prevede che la Pubblica Amministrazione proprietaria possa utilizzare mezzi di tutela amministrativa attraverso l’esercizio dei poteri di polizia demaniale che le competono e vanno dall’accertamento di contravvenzioni con conseguente elevazione di sanzioni, agli ordini di sgombero attuati attraverso l’esecuzione amministrativa, i.e. le rimozioni autoritative.

La dottrina aveva da tempo evidenziato

l’incongruenza della divisione fra beni demaniali e patrimonio indisponibile, dal momento che entrambe le

59Sandulli, 2004

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categorie sono regolamentate da normative di fatto identiche, concetto che era già stato evidenziato dalla prassi e dalla

giurisprudenza.61

La questione ha trovato una soluzione concordata, in forza della quale si è adottata un’ulteriore suddivisione fra demanio naturale – lido del mare, lago etc. – e demanio artificiale – strutture militari, fortificazioni etc. L’utilità di tale distinzione viene particolarmente in evidenza riguardo ai beni naturali rispetto ai quali, per loro stessa costituzione, possono verificarsi delle situazioni che li privano di quelle caratteristiche che avevano determinato la loro inclusione in specifiche fattispecie previste dalla legge. In questi casi l’ente pubblico, per mezzo di atti dichiarativi o provvedimenti costitutivi di accertamento, dai quali è totalmente esclusa qualsiasi forma di discrezionalità, si limiterà a dare atto del cambiamento di fatto avvenuto. Da ciò si evince che tanto i beni demaniali naturali quanto quelli del patrimonio indisponibile naturale possano entrare o uscire per vie di fatto dal regime pubblicistico, ma non nel silenzio della pubblica amministrazione.

Affinché i beni del demanio artificiale possano uscire dalla categoria di appartenenza, è necessario che la pubblica Amministrazione esprime concretamente la propria volontà in quella direzione attraverso atti espliciti, concreti, certi oppure per mezzo di provvedimenti discrezionali che esprimano l’inequivocabile volontà di privare detti beni della

destinazione alla pubblica utilità.62

Nel caso del patrimonio indisponibile artificiale, qualora si tratti di acquisire un bene non compreso fra quelli

61G. Falzone, I beni del patrimonio indisponibile, Milano, 1957; S. Cassarino, La

destinazione dei beni degli enti pubblici, Milano, 1962

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elencati dall’art.826 c.3 c.c. è necessario che detto bene presenti due requisiti: la manifesta volontà dell’ente della Pubblica amministrazione di adibirlo a fini di pubblica utilità, e l’effettuale, corrente destinazione a servizio pubblico del bene stesso. Viceversa, per uscire dal patrimonio indisponibile artificiale, occorre che la Pubblica Amministrazione manifesti la propria volontà in tale direzione, ovvero sottragga palesemente il bene al servizio

pubblico63

Il diritto pubblico pone una serie di limitazioni al diritto di proprietà privata, infatti ai sensi dell’art. 825 C.C., la stessa proprietà eventualmente in capo a soggetti privati, può essere gravata da vincoli o servitù in favore dello Stato o degli altri Enti territoriali, come pure altre facoltà comprese nel diritto di proprietà quali il godimento, la disponibilità o altre possono essere compresse fino alla sottrazione, o comunque limitate. Questi limiti sono sempre posti nell’interesse della collettività, ad esempio la difesa militare, le vie di comunicazione e trasporto tanto stradali quanto ferroviarie, oppure la conservazione dei beni di

interesse culturale, dell’ambiente etc.64

Ai sensi dell’art. 42 Cost., la limitazione del diritto di proprietà privata può arrivare fino all’espropriazione, cioè all’obbligo per il privato di trasferire, a fronte di un equo indennizzo, il suo diritto di proprietà allo Stato o ad altri enti territoriali, sempre naturalmente nel pubblico interesse che, in quanto tale, prevale sul diritto del singolo. Sempre per ragioni di pubblica utilità perseguibili attraverso una maggiore equità nei rapporti sociali e per razionalizzare lo sfruttamento del suolo, l’art. 44 Cost. prevede che, a’ sensi

63 Cass. S.U., ord. 27.5.2009, n. 12251, in Giust. Civ. 2010, I, 2267

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di legge, si possano obbligare i proprietari terrieri privati ad accettare limiti/vincoli alla propria estensione di terreno.

Come appena visto, fra Stato, inteso come soggetto di diritti, e altri soggetti giuridici, in particolare i cittadini, sussiste una grande varietà di rapporti giuridici aventi ad oggetto parti del territorio: tali rapporti non possono essere confusi con quello di coessenzialità che, come si è visto, unisce Stato e territorio.

In conseguenza di tutto ciò viene superata la posizione della dottrina tradizionale che conglobava in un unico contesto l’insieme di tutti i rapporti giuridici che sussistono fra Stato e territorio. Sotto il profilo dei rapporti giuridici, infatti, troviamo una situazione, susseguente e differenziata rispetto a quella originaria di coessenzialità, articolata in diversi diritti e potestà afferenti al potere di

imperium, in virtù del quale lo Stato può limitare i diritti di

quanti sono sottoposti alla sua sovranità.

Non si deve tuttavia pensare che lo Stato sia titolare, nei confronti del territorio, di un diritto assimilabile a quello che il diritto privato riconosce ai si soggetti fisici verso il proprio corpo, come sostenuto da alcune correnti dottrinarie. Occorre infatti ricordare che lo Stato è un’organizzazione, cioè un’entità astratta che si fa realtà nell’ambito del diritto e delle relazioni. Questo fa sì che eventuali scorpori territoriali, ovvero aggiunte, non intacchino minimamente l’entità dello Stato.

La normativa che disciplina il rapporto fra Stato e beni pubblici si riferisce al rapporto di amministrazione, e regolamenta le assegnazioni in uso governativo e le concessioni ( R.D. 2240/1923, art.1; RD. 827/1024 artt.1- 19), l’obbligo del pubblico incanto in caso di alienazione (R.D. 2240/1923, art. 3), la stesura e la tenuta degli inventari (R.D. 2240/1923, art. 2; RD. 827/1024 artt.1-30). Le norme

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relative alla tenuta degli inventari dei beni demaniali non prescrivono di assegnare ad ciascun bene un valore economico, di contro l’assegnazione del valore commerciale è prevista per la tenuta degli inventari dei beni patrimoniali, in quanto trasferibili. Il motivo di tale diversità è da ricercarsi nella disciplina giuridica cui sono sottoposti i beni demaniali e quelli del patrimonio indisponibile: poiché, come si è visto, essi sono sottratti alla vendita e al commercio, sono conseguentemente privi di valore

monetario.65

Il patrimonio disponibile, invece, è da sempre oggetto di leggi che ne prevedono la vendita, soprattutto al fine di incrementare le entrate dell’erario.

Verso la fine del secolo scorso, le sempre maggiori necessità finanziarie dello Stato, dovute anche alle raccomandazioni dell’Unione Europea, ebbero come conseguenza non solo un aumento delle alienazioni di immobili appartenenti al patrimonio disponibile, ma anche l’intuizione della possibilità di ricavare un utile economico da beni sottoposti a disciplina pubblicistica mediante nuovi strumenti legislativi. A cominciare da quegli anni il legislatore ha prodotto una quantità di norme ispirate a modelli nuovi finalizzati al raggiungimento di due scopi: adattare, attraverso un profondo rinnovamento, alle nuove esigenze dei mercati finanziari , le modalità di alienazione dei beni, e, nel contempo, valutare quali siano i beni che devono necessariamente rimanere nella proprietà pubblica,

per distinguerli da quelli da destinare all’alienazione.66

65 G. Colombini, Demanio e patrimonio dello Stato e degli enti pubblici, in Dig.

pubbl., V, Torino, 1990

66E. Castorino – G. Chiara, Beni pubblici, Il Codice civile – Commentario, fondato

da Schlesinger, Milano, 2008, in Studio 17 -2017/C, Alienazione dei beni pubblici dello Stato, in Notariato.org

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Nacquero così la dismissione, valorizzazione,

razionalizzazione, gestione, dei beni pubblici che hanno portato ad un profondo rinnovamento dell’attività amministrativa.

Il primo provvedimento, che ha provocato uno iato fra ente proprietario, Stato, e soggetto gestore in base a norme privatistiche, è stata l’istituzione dell’Agenzia del demanio, “alla quale è attribuita l’amministrazione dei beni immobili (….) utilizzando in ogni caso criteri di mercato”, nonché “la gestione con criteri imprenditoriali, di programmi di vendita, di provvista, anche mediante l’acquisizione sul mercato, di utilizzo, di provvista e di manutenzione ordinaria e straordinaria di tali immobili” (V. art. 65, c.1, D.lgs.

30.7.1999, n. 300;).67

Con l’art 1, lett. f,l, del D.lgs 3.7.2003, n. 173, di modifica del D.lgs n.300 /1999, l’Agenzia è stata trasformata in ente pubblico economico.

67Art. 65, : “1 All’Agenzia del demanio è attribuito il compito dell’amministrazione

dei beni immobili dello Stato, con il compito di razionalizzarne e valorizzarne l’impiego ,di sviluppare il sistema informativo e conoscitivo sui beni del demanio e del patrimonio, utilizzando in ogni caso nella valutazione dei beni a fini conoscitivi e operativi criteri di mercato, di gestire con criteri imprenditoriali i programmi di vendita, di provvista, anche mediante l’acquisizione sul mercato, di utilizzo e di manutenzione ordinaria e straordinaria di tali immobili. All’Agenzia è attribuita altresì la gestione dei beni confiscati.

2: L’Agenzia può stipulare convenzioni per la gestione dei beni immobiliari con le regioni, gli enti locali e altri enti pubblici. Può avvalersi, a supporto delle proprie attività estimative e sulla base di apposite convenzioni, dei dati forniti dall’osservatorio del mercato immobiliare dell’agenzia del territorio.

2 bis: l’Agenzia del demanio è dotata di un proprio patrimonio, costituito da un fondo di dotazione e dai beni mobili e immobili strumentali alla sua attività. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono individuati i beni che costituiscono il patrimonio iniziale.” In Studio 17 -2017/C, Alienazione dei beni pubblici dello Stato, in Notariato.org

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La proprietà di beni appartenenti allo Stato, inclusi beni demaniali, per i quali la legge prevede di mantenere la regolamentazione pubblicistica, è stata trasferita ad una società per azioni istituita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze ex art. 7 D.L. 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con alcune modifiche, nella L.15 giugno 2002 n. 112. Tutte le azioni della predetta società sono state trasferite, gratuitamente, ad un’altra società, la Fintecna S.p.A controllata interamente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, poi chiamata <<Patrimonio dello Stato s.p.a>>.

Con la L.86/1994 erano stati istituiti i fondi immobiliari <<chiusi>>, e il ministro dell’economia e della finanza viene autorizzato, dalla legge stessa, alla sottoscrizione di quote dei detti fondi per mezzo del conferimento di immobili o diritti reali su beni immobili di rientranti nel patrimonio dello Stato. Della citata legge oggi è rimasto in vigore solo l’art.14 bis che regolamenta,

appunto, i fondi ad “apporto pubblico”.

Successivamente, con D.L 25.09.2001, n.351, convertito con modificazioni nella L. 23.11.2001, n.410 “Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e di

valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare”,

sono stati istituiti i fondi immobiliari “ ad apporto pubblico”, nei quali cioè possono essere conferiti immobili e diritti reali su immobili di proprietà del patrimonio dello Stato.

Più tardi, ai sensi della L. 24.12.2007, n. 244, sono stati istituiti i progetti unitari di valorizzazione, quindi con D.L. 25. 06.2008 n.112, convertito con modificazioni nella legge 6.8.2008, n.133, sono stati istituiti i programmi di

alienazione e rivalutazione economico-sociale degli

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Tra la fine del secolo scorso e fino ai giorni nostri la vendita del patrimonio dello Stato è avvenuta in due modi diversi: la vendita diretta, regolamentata da leggi speciali, e la creazione, ai sensi della L. 23 novembre 2011 n.410, di conversione del D.L. 25 settembre 2001 n 351, di società a responsabilità limitata aventi ad oggetto l’amministrazione e la vendita degli immobili delle pubbliche amministrazioni. Detta legge, infatti, autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze a costituire o a favorire anche tramite soggetti terzi, delle società a responsabilità limitata il cui oggetto esclusivo consiste nella cartolarizzazione degli introiti provenienti dall’alienazione di beni appartenenti al patrimonio dello Stato e di altri enti pubblici.

Il susseguirsi di norme volte a disciplinare la dismissione di beni pubblici ha fatto sì che, a poco a poco la differenza fra beni del demanio e beni del patrimonio dello Stato, nonché i diversi casi in cui si può definire “pubblica” la titolarità del diritto di proprietà del bene “possono assumere sfumature diverse sino, in alcuni casi, ad

annullarsi”68

Anche la giurisprudenza ha affermato il concetto che “ la destinazione a fini pubblici costituisce il requisito essenziale che contraddistingue un bene demaniale a

68 AA. VV. Le problematiche giuridiche del demanio, a cura di M. Iaselli,

Santarcangelo di Romagna, 2014; E. Castorino – G. Chiara, Beni pubblici, il Codice Civile – Commentario, fondato da Schlesinger, Milano 2008:” la distinzione dei beni demaniali e patrimoniali indisponibili non risponde a ragioni sostanziali, ma semplicemente di ordine formale, e lo stesso articolo 826 c.c. identifica come indisponibili beni configurati dalla legislazione speciale quali demaniali, si pensi ad esempio al c.d. demanio forestale, o per i quali è prevista la necessaria appartenenza a una determinata amministrazione territoriale”, in Studio 17 -2017/C, Alienazione dei beni pubblici dello Stato, in Notariato.org

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prescindere dal suo inserimento tra le categorie

normativamente previste.69

Altra dottrina pone l’accento sul rapporto fra la destinazione a pubblica utilità del bene e il loro utilizzo

economico, e formula altri paradigmi di riferimento70

L’indagine epistemologica, utilizzando il paradigma delle privatizzazioni degli enti pubblici, si concentra sulla separazione fra “privatizzazioni formali e privatizzazioni sostanziali” dei beni: nel primo caso il bene, pur trasferito alla proprietà privata, conserva intatta la finalità pubblica, di