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STATO DI LEGITTIMA EMERGENZA

Nel documento La reale novità del Nuovo Realismo (pagine 41-47)

“Il problema autentico è risvegliare nell’individuo quel tanto di consapevolezza capace di generare in lui il desiderio di divenire libero, intelligente, autorealizzato e pienamente consapevole”

O. Rajneesh, L’immortalità dell’anima

Emergenza1, l’ultimo libro di Maurizio Ferraris, è il senso di

un percorso. Un racconto, un segnavia, un bilancio. Ho letto il manoscritto, durante le fasi di lavorazione e scrittura, decine di volte: quello che è un modus operandi tipico di Maurizio, il confronto di idee, talvolta addirittura di obiezioni da parte dei suoi allievi, compone un affresco di cui poi il libro riesce a tenere conto. L’emergenza, qualitativa e quantitativa, è quella della realtà che viene a galla attraverso un processo evolutivo, spontaneo, che conduce dal Big Bang all’umano in modo im- prevedibile e inaspettato. Il senso della vita di Maurizio, a mio avviso, è tutto in questo argomento: le cose, semplicemente, accadono. Storcerà il naso, colui che non posso non chiama- re “maestro”, a essere avvicinato da me al pensiero orientale eppure anche lui, come Derrida o Deleuze, – in quella che è la fase più matura del suo pensiero – si avvicina all’unità delle cose. Che la si chiami “animalità”, come in Derrida che non a caso è oggi quasi più studiato in Vietnam2 che in Francia, o

“emergenza”, il senso è analogo: dove sta la vita in quanto vita? Quel fascio di luce, direbbe Heidegger riferendosi all’essere, che attraversa ogni cosa?

1 M. Ferraris, Emergenza, Einaudi, Torino 2016.

2 Cfr. M. McQuillan, Extraordinary Rendition: Derrida and Vietnam, in “Theory and Event” 12 (1) (2009).

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Il percorso di Maurizio, l’ho raccontato molte volte,3 è un

sentiero a ostacoli: dal pensiero della differenza, attraversan- do ermeneutica e ontologia sociale, fi no al realismo, segue un obiettivo per molti oscuro. Questo obiettivo, che in parte esor- cizza la morte e in parte la ricorda, altro non è che la presa di coscienza di essere viventi periferici. Tutte le critiche ricevute durante l’esposizione del realismo, in fondo, si concentravano su questo: perché, Maurizio, ci costringi a osservare la realtà o, addirittura ad accettarla? Come puoi tu, proprio tu che hai studiato con Gadamer, Derrida e Vattimo, obbligarci a un mon- do resistente e spesso ingiusto? L’emergenza come teoria, in parte, spiega anche questo: le cose accadono, ma noi siamo liberi – in quello che è una forma di compatibilismo Ferraris invita ad accertarsi delle cose prima, e solo dopo a cambiarle. Contro Foucault, in fondo, ci dice che il sapere che critica, se prima non conosce, critica a vanvera.

Ho imparato questo da lui, oltre l’ovvia preparazione stori- co fi losofi ca che il contatto con uomo che conosce a memoria ogni riga di Kant possa donare: prima studiare, poi fi losofare. L’ho visto arrabbiarsi infi nite volte, a convegni o anche sem- plicemente durante una lettura nel suo studio che affaccia sulla Mole Antonelliana di Torino, alla scoperta di una sov- versione disonesta intellettualmente delle teorie di un qual- che fi losofo. L’ho visto arrabbiato quando leggeva o ascoltava argomenti su Derrida antirealista o animalista, su Heidegger come uomo di sinistra, sulla fi losofi a analitica come unico pensiero possibile o spesso, più semplicemente, su Palazzo Nuovo (la sede della nostra università) come esempio di ar- chitettura bella, pratica, o utile.4 Questa rabbia, questa pas-

sione, è il senso di una vita spesa a fare della fi losofi a una ragione di sopravvivenza: siamo il frutto dell’evoluzione, del caso, e l’emergenza da cui proveniamo e anche, spesso, un’e-

3 In modo più esplicito e completo nei miei L. Caffo, “La necessità di lasciar tracce”, in M. Ferraris, Filosofi a Globalizzata. A lezione da Maurizio

Ferraris, a cura di L. Caffo Mimesis, Milano – Udine 2013, pp. 93 - 105

e in L. Caffo, Il postumano e la ciabatta: ermeneutica e antropocentrismo, in “Rivista di Estetica”, n.s. 60 (2016), pp. 36-42.

4 Ne argomenta diffusamente in M. Ferraris, “Palazzo nuovo e altre folies”, in Costellazioni estetiche, Guerini, Milano 2013, pp. 157-164.

L. Caffo - Stato di legittima emergenza 43 mergenza spirituale – soli, dinanzi al caos, proviamo paura. Questa paura, che spesso condiziona il pensiero, può essere cattiva consigliera e generare pessima fi losofi a.

Nonostante la sua indubbia caratura accademica, la carriera lampo e costellata di insegnamenti in giro per il mondo, non mi sognerei mai di defi nire Maurizio un “ricercatore”: scriven- do ovunque, rispettando promesse e impegni di partecipazione a iniziative editoriali di qualsiasi genere, parlando nelle scuole e conducendo programmi televisivi, Maurizio è stato, e conti- nuerà a essere, un “cercatore” – senza il “ri” iniziale. Perché non è cercando dove gli altri avevano lasciato, quell’espressio- ne retorica e inutile dell’università che sigliamo con “letteratu- ra di riferimento”, che Maurizio ha operato: ha aperto strade nuove, ha optato per il cambiamento, ha abbandonato strade certe e si è spesso inimicato i compagni di strada precedenti per amore della teoria e delle sue idee. Incompreso, anche se da più parti celebrato, il suo pensiero lo ha già trasceso in vita: architetti, medici, letterati o giuristi, si sono ispirati alla sua “documentalità”, al “suo realismo”, e ne hanno fatto quello che hanno voluto. Mi ha raccontato spesso, Maurizio, di come Jac- ques Derrida gli confi dava con una certa preoccupazione che vedeva il suo pensiero travisato da più parti: in lui, mi perdone- rà, non ho mai visto questa preoccupazione. La libertà che ha lasciato a tutti di interpretare “le sue cose”, la potenza di questa libertà che ha condotto molti a stuzzicarlo fi no al fastidio, è an- cora una volta un’emergenza: le cose accadono, e assecondare il cambiamento e non bloccarlo lo avvicina, ancora una volta, a quel movimento orientale taoista che vede nell’opposizione degli opposti la risorsa.

Ho osservato Maurizio, e ho imparato che la strada e lun- ga. Ho osservato Maurizio e ho visto un uomo appassionato alla vita, agli oggetti, all’amore. Un uomo in continuo viaggio e spostamento, un uomo che è facile tradire perché tanta è la fi ducia che ripone nell’amicizia, un uomo che non vuole invecchiare e che vuole emergere: sempre, comunque, emer- gere. Emergere non per vanità ma per segnare la strada,per condurre una battaglia direbbe lui, con la sua passione per la storia bellica del passato, che è innanzitutto con se stessi. Ogni

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risultato, invece che un crogiolarsi, è un nuovo limite da supe- rare – Wittgenstein, un fi losofo che gli è sempre stato caro, e proprio per questo di cui ha parlato raramente, direbbe così: “riposare sui propri allori è altrettanto pericoloso che riposare su una slavina. Ti appisoli, e muori nel sonno”.5

“Sei bravo, perché non vai all’estero a lavorare?” – mi hanno chiesto in tanti, come una tiritera, questa domanda. A me, che di Maurizio ho preso più il metodo che i contenuti, che dei suoi temi ho stressato fi no all’inverosimile gli argomenti… e nessuno comprende mai la mia risposta: perché andare all’e- stero, se non per brevi periodi, se qui posso lavorare libera- mente con uomo in grado di correggerti con uno sguardo? Gli allievi, per Maurizio, sono un bene prezioso: in questa libertà di cui dicevo ha permesso a decine di fi losofi una formazione invidiabile per molte istituzioni fi losofi che sparse per il mon- do. Ha costituto un laboratorio eccezionale, ha diretto e con- dotto riviste e collane, ha concesso a noi tutti di conoscere e misuraci con alcuni dei più importanti fi losofi viventi. Anche questa è un’emergenza, o meglio uno stato di legittima emer- genza: creare isole di funzionamento del pensiero entro uno stato di caos, ingovernabile, che spesso è stata la gestione della cultura nel nostro paese.

Comincia giovane, Maurizio, a farsi strada nella fi losofi a – e oggi che, in fondo, ha soltanto sessant’anni sembra già di cele- brare qualcuno che consegni un pacchetto completo: invece, e lo sappiamo tutti, siamo solo all’inizio. Lavorare non stanca, non si arrabbi Cesare Pavese, o almeno non stanca Maurizio che, ancora una volta come nella migliore tradizione continen- tale, ha già preso a occuparsi dell’etica e della politica che se- guono al pensiero speculativo. In Emergenza comincia ad aprir- si lo spazio per una fi losofi a delle “azioni esemplari”, verso la capacità di condurre vite che siano esse stesse esemplari, e che rendano la fi losofi a un binomio “azione-pensiero” in grado di vincere il farisaismo contemporaneo.

In questa storia che chiamiamo “fi losofi a occidentale”, che poi altro non è un parricidio, in cui Aristotele sostituisce Pla-

L. Caffo - Stato di legittima emergenza 45 tone, Heidegger getta Husserl, o in cui lo stesso Maurizio sor- passa Vattimo, mi pare di essere quasi fuori-posto: perché se è vero, cosi almeno pensava quel Nietzsche tanto amato e odiato da Ferraris, che i buoni maestri non creano allievi ma altri maestri, a me pare legittimo pensare che se uno a un mae- stro, allora lo debba seguire per tutta la vita. In questo, stavolta, sono orientale io – e così, dunque, saluto Maurizio e gli auguro di fare a me, e a molti, guida per lungo tempo ancora:

Subito prima che Ninakawa morisse, gli fece visita il maestro di Zen Ikkyu. “Devo farti da guida?” domandò Ikkyu. Ninakawa rispose: “Sono venuto qui da solo e da solo me ne vado. Che aiuto potresti darmi?” Ikkyu rispose: “Se credi veramente che vieni e che vai, questo è il tuo errore. Lascia che ti mostri il sen- tiero dove non si viene e non si va”. Con queste parole Ikkyu aveva rivelato il sentiero con tanta chiarezza che Ninakawa sor- rise e spirò.

Felice Cimatti

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ELICE

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IMATTI

UN FILOSOFO NEL TEMPO

Nel documento La reale novità del Nuovo Realismo (pagine 41-47)

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