• Non ci sono risultati.

Stelle del firmamento e altre commedie (1988)

Vittoria Martinetto *

2. Lettura delle rassegne stampa (1972-2019)

2.9 Stelle del firmamento e altre commedie (1988)

L’idea di riservare attenzione alle le opere teatrali di Puig (così come già le sceneggiature), è stata innanzitutto di Angelo Morino e solo in un secondo tempo, Graciela Goldchluk e Julia Romero hanno dato av- vio, con diverso criterio, alla pubblicazione sistematica di questi testi in Argentina45. Inoltre, in un’intervista di quell’anno, in occasione di

una delle rappresentazioni de Il bacio della donna ragno a Roma, Puig riconosceva alla propria scrittura drammatica una genesi tutta italiana: «Se oggi scrivo per il teatro, in qualche modo lo devo anche a Mattolini che per primo, nel 1979, portò in scena Il bacio della donna ragno» e pro- seguiva: «Scrivo commedie perché ho incontrato attori che mi hanno stimolato, che mi hanno chiesto testi: ecco, nel teatro ho trovato parec- chi stimoli nuovi, anche nei rapporti con le persone. Magari qualche volta ho avuto paura di copiare Pirandello: ma scrivendo commedie sull’identità dell’uomo mi sembra inevitabile»46. Così, oltre a quello dei

premi, un altro primato per l’Italia nei riguardi di Puig. Dei tre testi teatrali raccolti in questo volume, Stelle del firmamento, Il bacio della

donna ragno e Triste rondine maschio, quest’ultimo è, fra l’altro, una no-

vità assoluta, mai pubblicata né rappresentata prima in lingua origi- nale. È da notarsi, infine, che la raccolta viene destinata da Einaudi non alla Collezione di Teatro, ma alla prestigiosa collana Supercoralli,

45 Già pionieristicamente, nel 1980, la casa editrice torinese La Rosa, tra i cui fonda-

tori, insieme a Ilide La Rosa, c’era proprio Angelo Morino, aveva pubblicato in un unico volume le sceneggiature de L’Impostore e Ricordo di Tijuana: relativamente a que- sta uscita, trattandosi di una raffinata casa editrice di nicchia, non è noto siano uscite segnalazioni. In seguito, nel 1990, pochi mesi prima dell’improvvisa morte dell’autore, le stesse sceneggiature (il titolo de L’impostore cambiato in La faccia del cattivo, cfr. il nostro Puig, Ripstein e El otro, in Manuel Puig reloaded, pp. 108-149), con l’aggiunta de I

sette peccati tropicali (The Seven Tropical Sins), con mia traduzione dall’inglese, vennero

riunite e pubblicate sotto questo titolo da Mondadori. Come dirò più avanti, tuttavia, l’Arnoldo Mondadori Editore e l’omonima Fondazione non si sono resi disponibili a fornire alcuna rassegna stampa, né altra documentazione relativa a pubblicazioni dell’opera di Puig presso di loro.

inserendo Puig nel gotha dei classici47. Per quanto riguarda l’acco-

glienza, va detto che i testi teatrali non hanno generalmente una grande diffusione nel nostro paese, nondimeno la stampa ha riservato un certo interesse al volume, sebbene con alcune riserve e per contrasto con la produzione narrativa dell’autore.

In linea di massima, escludendo la versione teatrale de Il bacio della

donna ragno, già apprezzata in svariate rappresentazioni, le altre due

pièce vengono accusate di una eccessiva stilizzazione in cui i critici stentano a riconoscere la cifra di Puig. «Il significato è cercato in ma- niera fin troppo artificiosa, attraverso una espressione stilizzata, in senso formale ed esistenziale», annota un non meglio identificato Man C., concludendo: «Comunque soprattutto rispetto a Il bacio della donna

ragno, queste due pièce lasciano il senso di un’astrazione forzata dove

il sentimento della vita non riesce a realizzarsi in compiuta coerenza tra realtà e immaginario». Anche Mario Lunetta, che di Puig narratore aveva già scritto in passato, esprime una certa perplessità nel valutarlo alle prese con un altro genere:

Si potrebbe insomma dire: l’uno e ‘l’altro’ Puig. Il narratore di grande audacia immaginativa e stilistica, lo spregiudicato regista di situazioni insostenibili e al limite, in cui il realismo attinge all’im- maginario alcune delle risorse più profonde e rivelatrici; e lo scrit- tore di teatro che, almeno finora, mi pare, non ha dato opere che sul versante metafisico allegorico possano competere con i romanzi. E conclude: «È che si vorrebbe nel Puig drammaturgo la stessa (appa- rente e intensissima) leggerezza di stile che ci affascina nel Puig

47 La collana Einaudi dei Supercoralli era nata nel 1948 pubblicando come primo

volume il romanzo di Elsa Morante, Menzogna e sortilegio. Figlia dei Coralli, che pub- blicava giovani autori italiani e stranieri, i Supercoralli supplivano alla necessità di una collana che accogliesse, in volumi più grandi, romanzi, racconti e teatro, destinati a divenire classici, con grande lungimiranza se si dà un’occhiata al catalogo. A partire da Il bacio della donna ragno, i romanzi di Puig erano stati pubblicati nei Nuovi Coralli (una variante più attuale dei Coralli) e poi nei Tascabili, mentre da Sangue di amor corri-

narratore, e meno scialo di grandi principi e valori metafisici». In qual- che modo l’opera teatrale di Puig diventa, così, pretesto per ribadire l’eccellenza del corpus narrativo dell’autore. Anche chi, come Corrado Augias, lo consiglia con una segnalazione, finisce per sottolineare, in modo seppur diplomatico, una differenza: «Chi ama Puig troverà qui una dimensione nuova». Anche Gian Luca Favetto, scrittore italiano che apprezza l’opera narrativa di Puig, così come la versione teatrale de Il bacio della donna ragno che reputa «un piccolo gioiello», esprime una riserva: «perplessità, invece, nonostante l’accattivante traduzione di Angelo Morino, destano gli altri due testi incentrati su desideri, an- gosce, ricordi che si fanno spettri, amori inconsumabili o a lungo at- tesi». L’unico pezzo, fra l’altro esteso, che entra positivamente nel me- rito del teatro di Puig, apprezzando «il registro allucinato e visionario delle Stelle» e quello «magico e leggendario» di Rondine (mentre li- quida Il bacio della donna ragno come meno degno d’interesse in quanto nato dal romanzo), è Letizia Bolzani, la quale oltre a trovarvi atmosfere pirandelliane e interessanti parallelismi con D’Annunzio e Bergman, interpreta positivamente proprio l’astrattezza e il simbolismo che altri reputano difettosi: «volutamente i personaggi non hanno grandi psi- cologie; anzi, sono appunto definiti solo in base alla loro funzione: Pa- drone di casa, Visitatore, Domestica, Sorella Maggiore, sorella Minore, Cavaliere ecc. […] ma quest’assenza di nominazione non impedisce ai personaggi di Puig di stagliarsi con notevoli coups de théâtre». Bolzani è anche la sola a rilevare – portando svariati esempi – la presenza del proverbiale umorismo dell’autore «che si raggruma qui frequente- mente a livello di singola battuta, acquistando in tal modo un’eleganza da aforisma».

Va detto, per terminare il discorso sul teatro di Puig – e prendendo licenza per una discontinuità cronologica in questo excursus –, che si completa con la pubblicazione di altri due testi: Mistero del mazzo di

rose, uscito per Mondadori nel 1987, ma passato quasi sotto silenzio e

poi rivisto in una nuova traduzione condotta sempre da Angelo Mo- rino sull’ultima versione in lingua originale fissata da Manuel Puig poco prima della sua scomparsa, pubblicato postumo per Sellerio nel 1996; e Tango delle ore piccole, uscito anch’esso postumo da Einaudi nel

1993 – questa volta nella Collezione di Teatro. Di questa commedia musicale, scritta in portoghese e andata in scena a Rio de Janeiro il 24 agosto 1987, era stata affidata da Puig una copia ad Angelo Morino proprio in quella circostanza, nell’intenzione di proporla, fin da subito, al pubblico italiano, come racconta Morino nella nota che introduce il volumetto48. Il titolo italiano riproduce quello che, originariamente

Manuel Puig aveva pensato per la pièce, ovvero Tango de meia noite, poi cambiato nel definitivo Gardel, uma lembrança. Ma la genesi di que- sta commedia è interessante perché coinvolge direttamente il nostro paese anche in quanto, dopo la scomparsa dell’autore, sempre secondo il racconto di Morino, emerse casualmente che Puig aveva già discusso per lettera con il regista Marco Mattolini la sua messa in scena in Italia e diverse varianti – aggiunte e soppressioni – avevano modificato il testo a cui la traduzione dovette in un secondo tempo adattarsi49. An-

che Tango delle ore piccole, dunque, appare per la prima volta in italiano, e solo in seguito – nel 1998 – in spagnolo50. Lo stesso – ma in questo

caso è più ovvio – accadrà per una raccolta di cronache fittizie scritte da Puig direttamente in italiano e che uscirà postuma con il titolo di

Gli occhi di Greta Garbo (Milano, Leonardo, 1991). Sul Tango delle ore

48 «Si tratta di un dattiloscritto di cinquantuno pagine con molte correzioni a mano

e recante il timbro della Censura Federal di Rio de Janeiro, che l’aveva approvato e registrato nel giugno 1987, con numero 221116. Ed è il testo su cui ho lavorato in un primo tempo, credendo di avere fra le mani quella che Manuel Puig – intanto scom- parso il 22 luglio 1990 in Messico – considerava fosse la stesura definitiva dell’opera», Manuel Puig, Tango delle ore piccole, Torino, Einaudi, 1993, p. III.

49 Scrive Morino: «In una serie di lettere, tutte del 1988 e indirizzate a Marco Mat-

tolini, Manuel Puig forniva indicazioni e materiali che modificavano notevolmente la struttura del lavoro presentato a Rio de Janeiro. Se ne desumeva con chiarezza che

Gardel, uma lembrança in mio possesso era una versione provvisoria di un testo che, in

forma definitiva, avrebbe dovuto debuttare in Italia», ibid.

50 Il fatto che la traduzione in spagnolo sia stata condotta dallo stesso Morino – in

collaborazione con Silvia Gambarotta – è piuttosto curioso, in quanto raramente si tra- duce in una lingua che non è la propria lingua madre. Tuttavia il contatto di prima mano con questo testo, e le modifiche introdotte dalla discussione per corrispondenza fra Mattolini e Puig, in italiano, devono aver legato più che mai il destino del Tango

delle ore piccole a Morino. Nell’edizione a cura di Graciela Goldchluk e Julia Romero si

piccole si sono reperite soltanto due recensioni degne di nota, rispetti-

vamente di Daniele Martino e Alessandra Vindrola. Il primo esordisce mettendo in suggestiva evidenza la sorte che lega Gardel a Puig, ar- gentini amati e al contempo incompresi nel loro paese e segnati da morte prematura, auspicando per la pièce un esito nel frattempo toc- cato a El beso de la mujer araña, che debuttava a Broadway:

Bello questo musical che si desidera vedere trasformato da un Lloyd Webber in una nuova Evita, racconta il meglio di Puig, le ra- dici dei suoi rimpianti di argentino come il suo terminale talento internazionale […] Il pensiero triste che si balla trasfigurato dal tocco hollywoodiano dell’autore de Il bacio della donna ragno, del Tradimento di Rita Hayworth e degli Occhi di Greta Garbo, riprende, immortale, le sue ipnotiche struggenti evoluzioni.

Vindrola racconta l’itinerario tutto italiano della pièce musicale, il suo carattere di inedito, il titolo pensato già in italiano dall’autore come

Tango delle ore piccole, le consistenti variazioni sull’originale decise in-

sieme a Mattolini, e conclude: «Per noi, abituati alle commedie musi- cali tutte giocate tra sfarzo e lieto fine, questa tangheide malinconica e tenera ha il fascino delle cose distanti da assaporare».