5. L’organizzazione di impresa e il fattore età
5.2 Modalità di age management
5.2.2 Strumenti indirizzati ai lavoratori prossimi al pensionamento
Le tendenze a livello mondiale riflettono uno spostamento del focus delle politiche dal pensionamento anticipato all’estensione della vita lavorativa. Difatti i Paesi euro-pei, Italia inclusa, hanno adottato già da oltre un decennio riforme legislative utili a questa finalità. Contemporaneamente sono nati diversi schemi di ritiro dal lavoro – parziali e/o graduali – che permettono al lavoratore di pianificare il proprio periodo di transizione dall’attività all’inattività. In Svezia, per esempio, al fine di incoraggiare la partecipazione delle persone anziane, la tassazione sul lavoro è stata decisamente abbassata rispetto a quella sui redditi da pensione mentre, per incrementare l’assun-zione da parte delle aziende degli over 65, i contributi sono stati portati a un terzo
1,9 3,4 5,9 8,4 16,2 56,0
Promuove iniziative di fidelizzazione (es. creazione di circoli di dipendenti o associazioni
culturali)
Consente di lavorare a distanza (es. telelavoro) Adatta l'ambiente di lavoro alle specifiche
esigenze degli addetti over 50 Sviluppa pratiche di conciliazione tra lavoro e
vita familiare
Incentiva pratiche organizzative come gruppi di lavoro misti (giovani-anziani) e /o la
rotazione delle mansioni
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del valore rispetto a quello dei dipendenti più giovani. Anche in Germania lo Stato concede supporto finanziario sia alle ditte che garantiscono agli impiegati una gra-duale transizione alla pensione, sia a quelle che assumono lavoratori over 50. In Francia è prevista una forma di contratto professionale che consente agli over 55 di fare da tutori ai giovani colleghi e i costi sono parzialmente coperti da fondi pubblici (Cedefop, 2015). In Italia, purtroppo, come in altri Paesi dell’area mediterranea, il te-ma dei lavoratori te-maturi è divenuto di secondaria importanza a causa del forte im-patto della crisi economica sulle coorti più giovani e, nella corrente legislatura, il si-stema pubblico di incentivi è stato focalizzato principalmente sul lavoro giovanile al fine di ridurre gli alti tassi di disoccupazione di questa fascia di popolazione.
Comunque sia, nel nostro Paese il 3,5% degli occupati tra i 55 e i 69 anni ha usufrui-to di forme di transizione graduale verso la pensione, riducendo l’orario di lavoro nella fase che precede la quiescenza. Inoltre, oltre il 6% degli occupati nella fascia tra i 50 e i 69 anni, pur ricevendo una pensione da lavoro, sta prolungando l’attività lavorativa; tra questi oltre il 62% non ha preso ancora una decisione definitiva ri-guardo l’età programmata per il ritiro definitivo (Istat, 2012)64. Le motivazioni addot-te riguardo al prolungamento volontario della carriera, riportano generalmenaddot-te alla necessità di mantenere il proprio reddito ad un determinato livello e dunque a cause di natura prevalentemente economica, non di soddisfazione personale o di autorea-lizzazione (Istat, 2013). Osservando il fenomeno da un diverso punto di vista, quello aziendale, si considera che il fatto di avere dipendenti prossimi alla pensione possa costituire un problema in relazione alla stabilità organizzativa in quanto perdita di competenze e gap di forza lavoro. Sotto questo aspetto gli effetti dell’invec-chiamento potrebbero essere quindi considerati in termini di costi di sostituzione e le azioni utili al prolungamento della vita lavorativa reputate come una probabile solu-zione al problema (Berdicchia e Masino, 2013).
Vediamo come (e se) le PMI italiane utilizzano le diverse tipologie di strumenti consi-derate dall’indagine. Per quanto riguarda i dispositivi indirizzati in modo specifico ai lavoratori prossimi al pensionamento, si rilevano percentuali irrisorie, che vanno da un minimo dello 0,2% totalizzato dalla "promozione della creazione di società di consulenza gestite da lavoratori over 50", allo 0,9% ottenuto dalla "modalità di usci-ta dei lavoratori collegausci-ta all'entrausci-ta di giovani", all'1,5% dell'assistenza pre-pensio-nistica e informazioni sulle opportunità post-lavoro. La quota relativamente più ele-vata, ma pari solamente all’1,9%, è connessa all'adozione di «scivoli» e prepensiona-menti – struprepensiona-menti ovviamente opposti al concetto di estensione della vita lavorativa – che a grandi linee vengono maggiormente utilizzati nel settore industriale (2,4%) e nel settentrione. Da sottolineare inoltre che tutti gli strumenti considerati sono adottati soprattutto dalle aziende numericamente più consistenti (tabella 5.2).
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Tabella 5.2 Strumenti indirizzati a lavoratori prossimi al pensionamento (v. %)
Settore Classe di addetti
Totale Industr ia Costruz ion i Basso v. a Alto v. a 0-19 20-4 9 5 0 -24 9
Assistenza pre-pensionistica e informazioni
sulle opportunità post-lavoro 1,1 0,7 2,2 0,9 0,9 2,2 3,2 1,5
Modalità di uscita dei lavoratori
collegata all'entrata di giovani 1,2 0,9 0,6 0,4 0,7 0,9 1,7 0,9
Promozione della creazione di società di
consulenza gestite da lavoratori over 50 0,1 0,1 0,1 0,8 0,1 0,3 0,8 0,2
Scivoli e prepensionamenti 2,4 1,3 1,8 1,9 1,0 2,1 7,5 1,9
Fonte: Isfol, 2014
In quanto alla quota degli addetti che già percepiscono una pensione di vecchiaia o anzianità, e dunque prolungano volontariamente la permanenza in azienda, nelle PMI considerate è pari al 12,5% ma si riscontrano percentuali superiori alla media nel settore dell’Industria (15%), nelle strutture più numerose e nell’area nord-orientale del Paese, con valori prossimi al 16%.
Per concludere, i risultati dell’indagine dimostrano che l'età viene raramente presa in considerazione nel caso di assunzione di personale: le percentuali più elevate di inte-resse nei confronti di questo fattore sono riscontrabili, in maniera speculare, soprat-tutto nel caso di ricerca di operai generici (età più bassa e qualifica più bassa), e nel caso di figure dirigenziali (età più alta e qualifica più elevata). Ossia quando si neces-sita di personale dotato di resistenza fisica e prontezza di riflessi, indispensabile nel caso di attività manuali, da una parte, o di persone con esperienza, capacità di gesti-re situazioni e problemi, essenziali nel caso di incarichi di gesti-responsabilità, dall’altra. L’elemento che trasversalmente riscuote un discreto interesse nella ricerca di qual-siasi figura professionale è invece rappresentato dalla disponibilità di agevolazioni, tant’è che oltre il 15% delle imprese usufruirebbe volentieri di tali dispositivi anche nel caso di incentivi all’assunzione di lavoratori maturi. In quanto alle caratteristiche principali che accomunano le PMI che applicano le modalità di management descrit-te nei paragrafi precedenti, quesdescrit-te possono ricondursi sindescrit-teticamendescrit-te alla prevalendescrit-te appartenenza al settore industriale, alla alta numerosità degli addetti e alla colloca-zione nell’area settentrionale del Paese.
La propensione ad utilizzare un sistema premiante, a sostegno della produttività dei dipendenti, coinvolge oltre un quarto delle PMI – e l’attribuzione degli incentivi è a discrezione dell’azienda in oltre il 60% dei casi – mentre il sistema formalizzato per lo sviluppo dei percorsi di carriera dei lavoratori è considerato solamente da una pic-cola percentuale delle imprese (8,4%). Tra queste i due terzi circa realizzano il
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biamento di ruolo in connessione con l'aggiornamento professionale”, più o meno la metà “ attua la modifica delle mansioni in base all'anzianità in azienda” mentre me-no di un quarto ha istituito la figura di maestro/tutor al fine di permettere il trasfe-rimento delle competenze tra le diverse generazioni.
Ma in quale misura queste iniziative, già attuate da una quota minima di imprese, sono rivolte in maniera specifica ai lavoratori over 50? Purtroppo in misura decisa-mente trascurabile (>2%), anzi, soprattutto nel caso dello “sviluppo professionale”, oltre la metà delle PMI considerate dichiara di rivolgere ai lavoratori maturi queste azioni di sostegno in misura marginale o nulla, segno che si ritiene inutile investire nell’aggiornamento delle competenze degli over 50 al fine della progressione delle loro carriere o del semplice cambiamento di ruolo. Tra le prassi di age management dirette particolarmente ai lavoratori over 50, troviamo in ordine di preferenza moda-lità flessibili che non richiedono particolari investimenti di tipo economico e/o strut-turale da parte delle imprese: l’elasticità degli orari e dei tempi di lavoro, applicata in oltre la metà dei casi, a seguire l'incentivazione di particolari prassi organizzative (gruppi di lavoro misti giovani-anziani) e la rotazione delle mansioni. Gli strumenti particolarmente dedicati ai dipendenti prossimi al pensionamento sono rappresentati da percentuali irrisorie, come per altro rilevato nel caso dei sistemi premianti e di sviluppo di carriera. Il miglior riscontro viene però ottenuto dall'adozione di «scivoli» e prepensionamenti, strumento questo palesemente opposto al concetto di estensio-ne della vita lavorativa.
In estrema sintesi: seppure il discrimine dell’età non sembra essere particolarmente considerato al momento dell’assunzione, vero è che le prassi che dovrebbero portare al prolungamento della vita lavorativa dei dipendenti più maturi e al loro accompa-gnamento graduale verso la pensione, vengono adottate in modo frammentario e da un numero ristretto di aziende. Ciò suffraga i risultati del già citato report sulle Acti-ve ageing measures in selected European Union countries, che descriActi-ve le aziende italiane, al pari di quelle in altri Paesi mediterranei, come caratterizzate da un utiliz-zo piuttosto limitato degli strumenti di age management, che in ogni caso non co-stituiscono un sistema coerente, probabilmente in virtù del fatto che «…l’interesse nei confronti dei lavoratori maturi è minimo, le autorità centrali creano misure indi-rizzate principalmente agli anziani con problemi di indipendenza, le iniziative per la partecipazione sociale e l’inclusione sono rare e frammentarie, anche la formazione degli adulti è sottosviluppata e priva di chiari e definiti obiettivi strategici…» (Kolod-ziejczyk-Olczak, 2013, par. 5.4, p. 81).