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Capitolo 2. Le categorie spaziali

2.2 Strutture e relazioni spaziali

Lo spazio, come abbiamo visto, rappresenta un dominio centrale nella cognizione umana e questo è molto facile da cogliere se si prendono in considerazione le relazioni spaziali. Il parlante è continuamente costretto a localizzare delle entità in relazione ad altre o a sé stesso oppure a descrivere il percorso di un’entità che si sposta da un luogo ad un altro.

Un oggetto può essere individuato nello spazio mediante alcune espressioni linguistiche spaziali che lo mettono in relazione ad un altro oggetto: in una relazione riconosciamo due elementi fondamentali, chiamati in termini gestaltici “Figure” (figura) e “Ground” (sfondo).

“It will be useful to introduce the terminology, following Talmy, whereby the thing to be located is the “Figure” and the thing with respect to which it is to be located is called the “Ground” (alternative fully equivalent terminologies are, respectively, Theme vs Relatum, Trajectory vs Landmark)” (Levinson 1996: 359).

I due termini sono stati mutuati dalla cosiddetta “psicologia della Gestalt”, una teoria sorta nei primi decenni del Novecento, soprattutto a opera di W. Köhler (1998), la quale si è interessata in maniera particolare ai problemi connessi con la percezione: in particolare tratta l’asimmetria della percezione visiva rispecchiata in quella delle espressioni linguistiche. La coppia Figure- Ground è spesso rappresentata dalla duplice immagine vaso/profili di Rubin (1915) e si fa riferimento alla capacità umana in base alla quale, nel percepire visivamente una scena, assegniamo ad alcuni oggetti un ruolo prominente (li

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vediamo in primo piano), mentre gli altri rimangono sullo sfondo: nell’esempio del vaso di Rubin chi osserva la figura può scorgervi o un vaso o due volti l’uno di fronte all’altro (ma non entrambe le figure contemporaneamente), in base a ciò che egli mette in primo piano (Figura 1).

Figura 1. Il “ Vaso di Rubin”

La relazione tra Figura e Sfondo, quindi, è di tipo asimmetrico: lo Sfondo è caratterizzato anzitutto fisicamente in rapporto alla Figura, ed è solitamente più grande, di forma più complessa e più stabile; la Figura invece è un’entità meglio individuata, più saliente e più mobile dello Sfondo. Alle proprietà che definiscono la relazione Figure-Ground si deve aggiungere quella che Vandeloise (1991) definisce “essenziale” e che, in un certo senso, riassume le altre: la posizione della Figura costituisce informazione nuova, mentre quella dello Sfondo è nota.

Le relazioni che si instaurano tra le due entità possono essere di due tipi:

 topologiche (relazioni individuate in base a prossimità, ordine, chiusura e continuità);

 proiettive (relazioni individuate utilizzando la direzione).

La prima area di interesse è quella della topologia, branca nata dalla matematica che studia le relazioni tra punti nello spazio. Le relazioni topologiche sono state introdotte in ambito pedagogico, da Piaget e Inhelder (1948), come modello nell’acquisizione della conoscenza spaziale da parte del bambino e poi hanno influenzato tutti gli studi sui concetti spaziali. Le infinite relazioni topologiche si realizzano per mezzo di poche preposizioni spaziali che esprimono relazioni su primitive spaziali come contiguità, contatto e inclusione: “Thus semantic notion like NEAR, AT, BETWEEN, IN etc. have been called topological” (Levinson 1996: 363). In particolare, in una relazione

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topologica il locutore situa le entità indipendentemente dalla sua posizione di osservatore.

La struttura degli spazi topologici è indicata nella figura sottostante (Figura 2)

Figura 2. Becker e Carroll (1997:22)

Il sotto-spazio interno (interior subspace) può essere attribuito ad entità con forma diversa; il RELATUM può essere vuoto (es. in un recipiente) o composto da materiale (es. in acqua); può essere chiuso (es. in una scatola) o parzialmente aperto (es. in una gabbia); può essere idealizzato come entità bidimensionale (es. nel deserto) o tridimensionale (es. in casa). “There is no specific feature of shape which as such fullfils the concept of an interior subspace, but a combination of features” (Becker e Carroll 1997: 22); entità tridimensionali, vuote e chiuse hanno un sottospazio interno prototipico e hanno la funzione di contenitori (cfr. Vandeloise 1986). Inoltre, come sottolineano Becker e Carroll, la probabilità che a tali entità sia assegnato un sottospazio interno è alta; viceversa, meno queste caratteristiche sono distintive di un oggetto, maggiore è la probabilità che si abbia variazione interlinguistica. Ciò accade soprattutto con quegli oggetti che si estendono in superficie e che possono essere idealizzate anche come confine. Si noti in particolare la variazione tra le lingue italiano, inglese, francese e tedesco nelle seguenti frasi:

a) la colonna nella piazza (it) b) the column in/on the square (ing) c) la colonne sur la place (fr) d) die Säule auf dem Platz (ted)

Il confine (boundary) racchiude il sotto-spazio interno. A seconda della forma dell’oggetto, il confine può essere rappresentato come superficie

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bidimensionale (es. sulla scrivania) o come margine monodimensionale (es. sullo strapiombo). Nel primo caso il confine costituisce la superficie esterna del RELATUM. La superficie si può estendere orizzontalmente, verticalmente o diagonalmente. A causa della legge di gravità, le superfici che si estendono orizzontalmente servono da supporto ad altre entità. Il concetto di confine è molto importante poiché differisce in modo considerevole da lingua a lingua. Il sotto-spazio dell’intorno (neighbouring space) circonda lo spazio del RELATUM, in cui esercita la propria influenza. L’estensione del dominio spaziale, la dimensione del TEMA e del RELATUM e la salienza delle entità sono fattori che condizionano l’estensione di quest’area. Inoltre, anche se il sotto-spazio si estende in tutte le direzioni, i mezzi linguistici impiegati per indicare tale relazione topologica prediligono il piano orizzontale.

Il sotto-spazio esterno (exterior subspace) è complementare al sotto-spazio interno. A causa della vasta estensione del sotto-spazio esterno, la localizzazione di un TEMA sembra poco vantaggiosa; così la localizzazione dell’entità avviene per contrasto tra il sotto-spazio interno ed il sotto-spazio esterno: la frase “Giovanni è fuori del negozio” sottolinea, per contrasto, che il TEMA non è situato nel sottospazio interno.

Infine, alcune lingue hanno la possibilità di esprimere la relazione tra TEMA e RELATUM senza fare riferimento ad alcun sotto-spazio; si tratta della relazione “at place”, la relazione topologica più neutrale. Nel caso della lingua italiana, la relazione espressa tramite la preposizione a presenta delle restrizioni: i RELATA devono essere collegati ad abitudini quotidiane o esperienze di routine, e di solito le entità che rappresentano il TEMA sono esseri umani.

Lo spazio può essere strutturato non solo in base alle relazioni topologiche ma anche in base alla direzione, concetto fondamentale dell’esperienza umana poiché non è presente soltanto nel movimento fisico, ma anche in quello dello sguardo e “può essere attribuito a ciascuna linea che, dato un punto di partenza, collega due punti nello spazio” (Meini, 2009: 23). Le relazioni di questo tipo vengono chiamate proiettive. Herskovits (1986: 156) giustifica così la scelta del termine proiettivo:

“English includes a set of prepositions which are used to define directions about an object, and then specify the location of another

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object in relation to these directions. I have called these prepositions “projective”, because all fundamentally involve the experience of viewing and the idea of a point of observation.”

La collocazione degli oggetti nello spazio, secondo le relazioni proiettive, può avvenire sia sull’asse verticale su/giù che su quello orizzontale formato da almeno due assi, davanti/dietro (sagittale) e destra/sinistra (laterale).

Il sistema di rappresentazione spaziale usa, inoltre, strutture di riferimento che sono sistemi di coordinate, nei quali le posizioni degli oggetti (ovvero la collocazione nello spazio della Figura e dello Sfondo) possono essere specificate secondo i punti di riferimento. Levinson distingue tre tipi di “frames of reference”, cioè sistemi di coordinate; quello intrinseco, quello relativo e quello assoluto:

Il frame of reference intrinseco fa affidamento a proprietà inerenti dello Sfondo per specificarne l’angolo oppure la direzione rispetto alla Figura, permettendone così il posizionamento; le coordinate sono proiettate dall’oggetto osservato (vedi Figura 3):

Figura 3. “Frame of reference intrinseco” (Levinson, 2003: 40)8

Il frame of reference relativo o deittico “employ coordinates based on the speaker (or some other viewer)” (Levinson 1996: 365): i tre assi del corpo umano (testa/piedi, fronte/dietro, sinistra/destra) vengono sfruttati per localizzare la Figura (vedi Figura 4):

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Figura 4. “Frame of reference relativo” (Levinson, 2003: 40)9

Nel terzo sistema di riferimento, detto “assoluto”, la Figura è localizzata indipendentemente dagli assi del corpo e, soprattutto, dalle proprietà dello Sfondo: si basa su alcuni punti fissi oppure su coordinate assolute, stabilite per convenzione come, ad esempio, i punti cardinali (vedi Figura 5):

Figura 5. “Frame of reference assoluto” (Levinson, 2003: 40)10

La rappresentazione della collocazione di un oggetto in un modello spaziale, si basa sulla selezione di una struttura di riferimento e sulla

9 F: Figura; G: Ground; X: origine del sistema di coordinate; V: punto di vista dell’osservatore. 10 F: Figura; G: Ground; X: origine del sistema di coordinate.

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determinazione della posizione dell'oggetto, lungo ciascuna dimensione, nel sistema coordinato.

Nonostante il valore determinante nella comunicazione e, come abbiamo visto, nei processi cognitivi, lo studio dello spazio nell’apprendimento della seconda lingua ha attirato l’attenzione dei linguisti solo da pochi decenni. Da qui, l’interesse di condurre una ricerca sulle produzioni spaziali - e in particolare sulle preposizioni spaziali - di apprendenti l’italiano come lingua seconda.

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