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Studio di composti contenenti i leganti bpym e pirofosfato.

Uno degli approcci più efficaci per la sintesi di nuovi Metal-Organic Frameworks con particolari strutture e proprietà chimico-fisiche consiste nell’esplorare le proprietà di self-assembling di opportuni ioni metallici con leganti bridging e multifunzionali.

Uno degli ultimi argomenti sviluppati nel corso del triennio di Dottorato ha riguardato lo studio di nuovi composti di coordinazione contenenti un particolare bifosfato, il P2O74- (schema 2.5.1), una

molecola nota nell’ambito biologico con il nome di pirofosfato (pyr).

L’interesse dei ricercatori verso la chimica e la biochimica associata ai polifosfati sta rapidamente aumentando, probabilmente a causa del coinvolgimento di questa classe di molecole in processi di rilevanza biologica1 [produzione di ATP, carbossilazione ossidativa, sintesi dell’acetil-CoA,

sintesi di basi azotate, proteine, DNA, RNA, ecc.], all’interno dei quali il pirofosfato gioca spesso un ruolo cruciale. Anche al di fuori del contesto biologico, i sali inorganici di pirofosfato stanno ultimamente suscitando un certo interesse, ad esempio come materiali per possibili applicazioni elettriche, magnetiche o catalitiche.1b

Schema 2.5.1

Il carattere “multidentato” dello ione rende il pirofosfato un buon candidato per la progettazione di sistemi polimetallici. Nel contempo, il suo impiego come “legante” sembra la via naturale per studiarne le interazioni con quegli ioni metallici spesso implicati nei medesimi processi cellulari in cui lo ione risulta coinvolto. Ciononostante, la chimica di coordinazione dello ione pirofosfato si può considerare ancora quasi del tutto inesplorata, dal momento che l’indagine, iniziata nel 2001 con il lavoro pioneristico di Kruger, Julve et al., procede lentamente a causa delle difficoltà sperimentali legate all’ottenimento di composti con questo legante. L’elevata carica negativa (4-) dello ione e la facilità con cui incorre in processi di idrolisi, specialmente in presenza di ioni metallici bivalenti, sono stati proposti come principali motivi a giustificazione della significativa scarsità di dati strutturali relativi a complessi metallici contenenti pirofosfato.1a,2

Il principale contributo all’esplorazione della chimica di coordinazione dello ione è stato fornito, dal 2001 ad oggi, da Doyle, Julve e co-workers,1 i cui studi sono stati principalmente focalizzati

sull’analisi delle capacità dello ione come mediatore di accoppiamento magnetico. Le strategie di sintesi adottate da questi ricercatori, che hanno previsto l’impiego di leganti ausiliari terminali (essenzialmente bipiridina (bipy) e fenantrolina (phen)), hanno portato all’isolamento ed alla

caratterizzazione di composti a bassa nuclearità (dimeri-tetrameri) di VO(II), Mn(II), Co(II), Cu(II), Cu(II)/Na(I), Ni(II), Zn(II),1 in cui lo ione adotta la coordinazione bis-chelante, e che costituiscono

oggi importanti riferimenti tanto strutturali quanto magnetici. Modi di coordinazione particolari sono stati osservati soltanto nel caso del complesso tetranucleare di zinco, {[(bipy)Zn(H2O)(μ-

P2O7)Zn(bipy)]2·14H2O}, ed in quello eteronucleare di Cu(II)/Na(I), {[(bipy)Cu(H2O)(μ-

P2O7)Na2(H2O)6]·4H2O},1d come mostrato nello schema 2.5.2. Questi due modi di coordinazione

“inusuali” (sebbene sia ancora troppo presto per giudicare correttamente cosa sia “solito” o cosa “insolito”, dati i pochi reports strutturali contenuti nel database CSD) sono particolarmente interessanti, perché più simili a quelli riscontrati verso lo ione Mn(II) nel sito attivo di alcuni enzimi1d,3

(vedi schema). A questo proposito, è utile ricordare che nell’unico complesso di Mn(II) noto in letteratura, il dimero {[(phen)2Mn]2(μ-P2O7)}·13H2O, il legante esibisce invece una coordinazione a

ponte classica.

Schema 2.5.2

Da sinistra a destra: modo di coordinazione usuale adottato dallo ione pirofosfato; modi di coordinazione osservati nei complessi di Cu/Na e Zn; modo di coordinazione osservato nel sito attivo dell’enzima Pirofosfatasi- inorganica fluoruro-inibita, nel lievito di birra (Saccharomyces cerevisiae), dove M=Mn(II).1d,3

Dati magnetici sono disponibili per il complesso di Mn(II) appena citato, per l’analogo di nichel(II), {[(phen)2Ni]2(μ-P2O7)}·27H2O, per un dimero di cobalto(II), {[(phen)2Co]2(μ-P2O7)}·6MeOH e per il

capostipite della famiglia, il dimero di rame(II) con bipy terminale, il composto di formula {[(bipy)Cu(H2O)]2(µ4-P2O7)·7H2O}. In ciascun caso, le misure sono consistenti con la presenza di un

debole accoppiamento antiferromagnetico [con -J nel range 20 (nel complesso di CuII) – 0.88 (nel complesso di MnII)], come atteso. Infatti, sebbene la capacità di coordinare “a ponte” centri metallici adiacenti renda il pirofosfato simile ai leganti della famiglia dell’ossalato ed alla stessa bipirimidina, la geometria che ne deriva risulta profondamente differente, lontana dalla planarità (figura 2.5.1), il che impedisce notevolmente la sovrapposizione degli orbitali magnetici dei metalli.1c Questa caratteristica rende l’analisi delle proprietà magnetiche particolarmente intrigante per questa classe di composti, per i quali non si può a priori escludere l’occorrenza casuale di deboli accoppiamenti ferromagnetici.

Nel corso di questo lavoro di ricerca la volontà di esplorare il sistema bpym-pirofosfato è nata essenzialmente dalla scarsità di caratterizzazioni strutturali a cui si è accennato prima. L’intento primario è stato quello di unire le potenzialità del pirofosfato a quelle ben note della bipirimidina come leganti a ponte per la costruzione di edifici ad alta dimensionalità. Nello stesso tempo, si è voluta investigare la possibilità di ottenere composti dimeri, con bpym terminale, per poter investigare il fenomeno di accoppiamento magnetico attraverso il ponte pirofosfato, alla luce dei risultati preliminari ottenuti con bipy nel caso di Cu(II), e phen nel caso di Mn(II), Co(II) e Ni(II).

La ricerca è stata estesa a pressoché tutti gli ioni bivalenti della prima serie di transizione [Mn(II), Fe(II), Co(II), Ni(II), Cu(II) e Zn(II)].

La strategia adottata è ancora una volta quella del “complesso legante”, che in questo caso, come suggerito da Doyle, Julve et al.,1 permette di ridurre al minimo gli inconvenienti legati all’idrolisi del

pirofosfato in ambienti ricchi di metalli. Tuttavia, l’impiego simultaneo di due leganti polimerizzanti ha complicato la messa a punto di strategie di sintesi e cristallizzazione idonee all’ottenimento dei prodotti desiderati. Cristalli adatti ad essere sottoposti ad analisi diffrattometrica sono stati ottenuti, per il momento, soltanto con lo ione Co(II).

Questi risultati preliminari comprendono una specie monodimensionale eteronucleare di Co(II)/Na(I) (17) ed un polimero tridimensionale di soli ioni Co(II) (18). Come verrà evidenziato nella descrizione strutturale, il composto 17 presenta diverse analogie con il composto di letteratura {[(phen)2Co]2(μ-

P2O7)} (17a), la cui struttura è mostrata in figura 2.5.1. Il composto 18, invece, non ha simili

all’interno di questa classe di composti, né dal punto di vista strutturale né, tantomeno, dal punto di vista delle proprietà magnetiche. L’importanza di questo risultato è chiarita in una comunicazione su Dalton Transaction di recente pubblicazione, consultabile come Allegato 1.1a

Sintesi e dati cristallografici dei complessi

(17) {[Co2(P2O7)(bpm)4][Na(H2O)2](NO3)·6 H2O}n

(18) {[Co2(P2O7)(bpm)2]·12 H2O}n

I composti 17 – 18 sono stati ottenuti secondo le procedure riportate di seguito. I dati cristallografici dei complessi sono riportati in tabella 2.5a.

• Composto 17 (Tecnica di cristallizzazione: evaporazione del solvente):

Reazione: [Co(NO3)2. 6H2O (0.3 mmol) + bpym (0.3 mmol)] + Na2P2O7. 10H2O (0.03 mmol)

Il sodio pirofosfato è stato aggiunto lentamente e sotto continua agitazione ad una soluzione molto diluita (50 ml) contenente il sale di Co(II) e la bpym nelle quantità indicate. La soluzione acquosa risultante, di colore arancione, è stata lasciata evaporare a temperature e pressione ambiente fino alla comparsa dei cristalli (rombi arancioni) del composto 17, dopo 2-3 settimane, a soluzione praticamente a secco. Tentativi di migliorare la resa di reazione partendo dalle quantità stechiometriche dei reagenti si sono rivelati infruttuosi, così come quelli volti alla sintesi di un composto dimero di Co(II)-bpym e pirofosfato senza l’inclusione di ioni sodio nel net. L’osservazione sperimentale indica che il composto 17 può essere ottenuto solo in eccesso di sodio, dunque in eccesso del sale di pirofosfato.

Spettro IR del composto 17.

• Composto 18 (Tecnica di cristallizzazione: diffusione liquido-liquido):

Reazione: [Co(NO3)2. 6H2O (0.3 mmol) + bpym (0.3 mmol)] + Na2P2O7. 10H2O (0.03 mmol)

[Co(NO3)2. 6H2O (0.3 mmol) + bpym (0.6 mmol)] + Na2P2O7. 10H2O (0.03 mmol).

La tecnica di sintesi/cristallizzazione impiegata è quella della diffusione lenta in tubo ad H. Le quantità su riportate si riferiscono ai tentativi effettuati in tubo ad H grande (braccia di 15 cm h x 1,5 cm Ø) [le sintesi in tubo ad H piccolo (braccia di 10 cm h x 0,5 cm Ø) non hanno consentito una cristallizzazione di buona qualità]. Entrambi i rapporti stechiometrici di sintesi indicati (non stechiometrici) hanno portato all’ottenimento di cristalli di 18.

I reagenti sono stati disciolti nella minima quantità di acqua. Le soluzioni contenenti il sale di Co(II) e la bpym sono state mescolate ed il volume della soluzione risultante (arancione) è stato ulteriormente ridotto su piastra fino a raggiungere i 2 ml (al massimo). La soluzione è stata introdotta in un braccio del tubo, inserendo quella del sodio pirofosfato (incolore) nel braccio opposto. Il riempimento del tubo è stato lentamente completato con acqua. Il processo di diffusione lenta si è concluso in ca. 2 mesi ed ha portato all’ottenimento di cristalli romboedrici arancioni di 18 di ottima qualità.

Purtroppo, la repentina perdita di solvente al di fuori della soluzione madre, che caratterizza questi cristalli, ha complicato le operazioni di analisi strutturale. Fortunatamente, dati di diffrazione abbastanza soddisfacenti sono stati raggiunti impostando raccolte brevi, a bassa temperatura (100 K) e montando il cristallo in paratone.

Tabella 2.5a Dati cristallografici dei complessi

{[Co2(P2O7)(bpm)4][Na(H2O)2](NO3)·6 H2O}n (17) e {[Co2(P2O7)(bpm)2]·12 H2O}n (18)

Composto 17 18

Formula C16 H20 Co N8.50 Na0.50 O9 P C8 H18 Co N4 O9.50 P

Mr 576.80 412.16

Nuclearità 2D (CoII/NaI) 3D

Morfologia del crist. rombico rombico

Colore del cristallo arancione arancione

Sistema cristallino monoclino monoclino

Gruppo spaziale C2/c C2/c a/Å 18.0045(4) 11.4271(10) b/Å 16.3463(4) 16.4123(10) c/Å 16.3135(4) 16.3599(10) α/° 90 90 β/° 101.574(1) 99.629(3) γ/° 90 90 U/ Å3 4703.55(19) 3025.0(4) Z 8 8 T/K 295(2) 100(2) Dcalc/gcm-3 1.629 1.810 F(000) 2360 1696 μ(Mo-Kα)mm-1 0.873 1.299 Rifl. raccolti 43434 21657

Rifl. Indip. [Rint] 8221 [0.0218] 4771 [0.0327]

Rifl. osserv. [I>2σ(I)] 6709 3838

Num. parametri 348 207 Num. restraints 18 0 R1a [I>2σ(I)] (all) 0.0442 (0.0556) 0.0557 (0.0709) wR2b [I>2σ(I)] (all) 0.1453 (0.1586) 0.1444 (0.1560) GOOF c 1.093 1.021 Densità residua/eÅ-3 1.442 / -0.421 1.083 / -0.789