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Sulla motivazione dell’affidamento diretto

La procedura negoziata (anche detta trattativa privata o nego- ziata), senza pubblicazione del bando di gara, presenta caratte- ristiche di eccezionalità e limiti ben definiti dall’art. 57 del d.lgs. 163/2006, conseguendone che è richiesta una adeguata motivazione prima di procedere a questo genere di affida- mento, questo per giustificare l’alterazione della concorrenza avvantaggiando un unico operatore economico. Tutto questo porta a ritenere che ciascun affidamento diretto è legittimo sempre che si possano rinvenire, nell’iter motivazionale, circo- stanze particolari delineate chiaramente dalla norma, facendo rientrare la fattispecie nella casistica generale, in quanto la di- sciplina ha carattere eccezionale e non può essere elusa me- diante indizione di gare con condizioni impraticabili o su valu- tazioni ipotetiche, e questo con lo scopo successivamente di procedere alla procedura negoziata.

Si menziona a tal proposito, una pronuncia del giudice ve- neto233, che interviene rimarcando tali principi normativi posti a presidio della concorrenza, della par condicio e della libertà economica indicandone i presupposti. Si comincia con il chia- rire che, con l’art. 57, comma 2, lett. b), del codice dei contrati, le stazioni appaltanti possono aggiudicare contratti pubblici mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di

233 TAR Veneto, Venezia, sez. I, 14 maggio 2014, n. 633, www.diritto-

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un bando di gara qualora «per ragioni di natura tecnica …. Il contratto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato»: ma è anche vero che di ciò esse de- vono dar conto con adeguata motivazione nella determina a contrarre e, altresì, individuano, se possibile, «gli operatori economici da consultare sulla base di informazioni riguar- danti le caratteristiche di qualificazione economico-finanzia- ria e tecnico organizzativa desunte dal mercato, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione, e sele- ziona almeno tre operatori economici, se sussistono in tale nu- mero soggetti idonei. Gli operatori economici selezionati ven- gono contemporaneamente invitati a presentare le offerte og- getto della negoziazione, con lettera contenente gli elementi essenziali della richiesta». Si tratta, infatti, di una procedura che, derogando all’ordinario obbligo dell’amministrazione di individuare il privato contraente attraverso il confronto concor- renziale, riveste carattere di eccezionalità e richiede un parti- colare rigore nell’individuazione ed apprezzamento dei pre- supposti che possono legittimarne il ricorso, di cui, deve essere data adeguata motivazione. Questo – si conclude -, "per scon- giurare ogni possibilità che l’amministrazione utilizzi situa- zioni genericamente affermate, come una facile via per evitare l’obbligo di esperire una pubblica procedura di selezione che è la sola con carattere di oggettività e trasparenza. In questi ambiti, l’obbligo motivazionale non deve atteggiarsi a mera estrinsecazione di un apparato preconfezionato al solo scopo

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di giustificare le scelte discrezionalmente operate dall’ammi- nistrazione, ma deve in modo oggettivo offrire l’indicazione dei pertinenti presupposti legittimanti; e, la presenza di un nesso di necessaria implicazione causale, tale da imporre il ricorso all’affidamento diretto".

Si chiarisce che per la concessione di servizi l’individuazione del concessionario dipende dai comandi del Trattato (Roma, 25 marzo 1957) e dei principi generali relativi ai contratti pubblici (con particolare attenzione ai principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità), dovendo esperire – prima dell’affidamento – una gara informale proprio perché, come nel mercato degli appalti pubblici, il concessionario ricava un’utilità sfruttando economicamente servizi o beni pubblici che non sono disponibili in quantità illimitata; gara informale con la partecipazione necessaria di almeno cinque concorrenti predeterminando criteri selettivi, in una visione di compara- zione tra più offerte prima di procedere all’individuazione del soggetto, evitando, di alterare le dinamiche del mercato degli operatori economici.

Queste considerazioni, portano il giudice alla conclusione di ritenere che la scelta del concessionario deve avvenire solo a seguito di una procedura competitiva e concorrenziale (che non è ispirata ai principi del Trattato ma richiamata dall’art. 2 del codice dei contratti, dove sono enunciati i principi comunitari

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in tema di procedure di aggiudicazione: a) economicità; b) ef- ficacia; c) tempestività e correttezza; d) libera concorrenza; e) parità di trattamento e non discriminazione; f) proporzionalità; g) pubblicità. Completando questo quadro normativo ed in senso generale, applicabile a tutte le procedure di affidamento, si richiamano le disposizioni del codice dei contratti (specifi- catamente, artt. 41: capacità economica e finanziaria dei forni- tori e dei prestatori di servizi; 42: capacità tecnica e professio- nale dei fornitori e dei prestatori di servizi, che vietano alle sta- zioni appaltanti di inserire condizioni limitative della parteci- pazione e non coerenti con l’oggetto del contratto e, in ogni caso senza una motivazione), che non costituendo per la sta- zione appaltante un vincolo diretto, non devono essere però il- logiche, arbitrarie, inutili o superflue e rispettose del principio di proporzionalità, che richiede che ogni requisito individuato sia necessario e adeguato rispetto agli scopi perseguiti. Pre- messo ciò, l’esercizio concreto del potere discrezionale deve essere in funzione con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal pubblico incanto rispettoso dei principi del codice dei contratti, essendo la pubblica amministrazione te- nuta a compiere un attento esame dei presupposti di fatto e di diritto che portino a limitare la platea dei potenziali soggetti offerenti in assenza di compiute motivazioni, comportando in caso di mancanza della stessa, violazione dei principi costitu- zionali e comunitari di ragionevolezza e tutela dell’affida- mento.

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Concludono, i giudici di Venezia, soffermandosi e chiarendo che l’affidamento diretto ad unico operatore economico deve essere circoscritto da un quadro motivazionale che dia con- tezza in modo puntuale su tutti gli elementi richiesti dalla norma, non limitandosi ad un richiamo esemplificativo.

Questo riferimento è in linea con l’abrogazione referendaria dell’art. 23-bis del d.l. 112/2008, in seguito al quale è venuto meno il principio di eccezionalità del modello in house per la gestione dei servizi pubblici locali, e la scelta dell’ente locale sulle modalità di organizzazione dei servizi pubblici locali, con particolare attenzione alla scelta tra modello in house e ricorso al mercato, si deve basare sui già conosciuti parametri di eser- cizio delle scelte discrezionali, ovverosia valutazione degli in- teressi pubblici e privati coinvolti, individuazione del modello più efficiente ed economico, adeguata istruttoria e motiva- zione. Risulta così ineccepibile la scelta dell’ente locale che rispetta i suddetti parametri e quelli dell’affidamento in house234.

234 M. LUCCA, Motivazione e affidamento diretto, 6 giugno 2014,

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CAPITOLO IV

LA COOPERAZIONE ORIZZONTALE

(ACCORDI TRA PUBBLICHE

AMMINISTRAZIONI)

CENNI

4.1 Cenni introduttivi

Dall’inizio degli anni ʼ90 del secolo scorso, il legislatore ha incoraggiato forme di collaborazione tra pubbliche ammini- strazioni per lo svolgimento di attività di interesse comune, at- traverso il ricorso a strumenti giuridici di carattere consensuale (accordi interamministrativi ex art. 15, legge 7 agosto 1990, n. 241; convenzioni tra enti locali ex art. 30, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267; accordi di programma e intese istituzionali di programma). Nel modello sopra descritto, ciascuna pubblica amministrazione è titolare di interessi pubblici ad essa esclusi- vamente riferibili, per la cura dei quali le leggi statali e regio- nali attribuiscono competenze amministrative. Gli strumenti di coordinamento delle pubbliche amministrazioni possono assu- mere varie forme, con o senza l’assunzione di impegni reci- proci da parte delle stesse. Possono ricondursi a meccanismi che operano per favorire la convergenza delle diverse posizioni

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amministrative, allineandosi al contenuto di un determinato provvedimento amministrativo; o possono consistere in un vero e proprio accordo tra la pubblica amministrazione proce- dente e le altre amministrazioni, preparatorio rispetto all’ado- zione del provvedimento finale o in accordi sostitutivi del me- desimo provvedimento. Si è pure evidenziato che accordi tra pubbliche amministrazioni sono conclusi non solo per svolgere in collaborazione attività aventi rilevanza pubblicistica, ma an- che per l’approvvigionamento di beni o servizi prodotti da altre pubbliche amministrazioni, con logiche di scambio analoghe a quelle che caratterizzano i contratti di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture. In questo caso, si sottolinea il rischio che le pubbliche amministrazioni, utilizzino gli accordi interammini- strativi per sottrarsi agli obblighi imposti dall’ordinamento co- munitario e nazionale nella scelta del contraente, favorendo forme di affidamento diretto di commesse pubbliche, al di fuori dei casi in cui è consentito. E’ noto, infatti, che in questo tipo di accordi le pubbliche amministrazioni individuano libera- mente i soggetti con cui collaborare, non essendo tenute a se- guire procedure di evidenza pubblica, considerandolo non elu- dibile nel caso dei contratti di appalti pubblici, prescindendo dal fatto che l’aspirante contraente sia un soggetto pubblico o privato235.

235 A.M. DE MICHELE, Modelli di collaborazione pubblico-pubblico, in

F. MASTRAGOSTINO (a cura di), La collaborazione pubblico-privato

e l’ordinamento amministrativo Dinamiche e modelli di paternariato in base alle recenti riforme, 2011, p. 699 ss.

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Gli accordi tra pubbliche amministrazioni, pur differenzian- dosi fortemente dagli accordi tra amministrazioni e privati, consistono in ogni caso applicazione della generale tendenza del legislatore a favorire l’esercizio consensuale della potestà amministrativa, di cui è espressione l’art. 11 della l. 241/90. Facendo un raffronto, nelle ipotesi di accordi tra privati ed am- ministrazione è evidente che l’accordo con i soggetti interessati garantisce l’esigenza del contemperamento tra interesse gene- rale ed interessi particolari dei privati e del rispetto del princi- pio di proporzionalità che impone di perseguire l’interesse ge- nerale con il minor sacrificio possibile per i privati; mentre ne- gli accordi tra diverse amministrazioni pubbliche vi è una ra- gione aggiuntiva, il pubblico interesse si presenta, sotto il pro- filo delle amministrazioni che devono provvedere alla loro tu- tela, non un’entità unitaria, ma bensì come una realtà frazionata (ciascuna amministrazione s ne occupa sotto uno specifico pro- filo). Possiamo notare, che, in molti casi solo il positivo eser- cizio di più poteri amministrativi autonomi consente di rag- giungere i risultati prefissati e l’accordo tra pubbliche ammini- strazioni interessate costituisce il migliore strumento per ga- rantire una forma di coordinamento idonea al soddisfacimento del pubblico interesse (detto diversamente dei diversi interessi pubblici, di cui sono portatrici le differenti amministrazioni in- teressate)236.

236 R. CHIEPPA – R. GIOVAGNOLI, op. cit.; p. 538-539; per un riferi-

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Nell’organizzazione ed esecuzione dei compiti di interesse pubblico, la legislazione comunitaria non impone alle ammini- strazioni aggiudicatrici l’esternalizzazione mediante procedure ad evidenza pubblica, ma assicura che se le amministrazioni decidono di coinvolgere un’entità separata – pubblica e privata – su base commerciale, l’individuazione del partner deve av- venire in maniera trasparente e non discriminatoria. Come già visto, le norme comunitarie in materia di appalti, consentono alle amministrazioni di: a) esternalizzare, mediante appalto, o alternativamente, b) svolgere compiti di interesse pubblico av- valendosi delle proprie risorse senza ricorrere a entità esterne. In questo quadro si inserisce il Documento di lavoro della Commissione Europea "concernente l’applicazione del diritto UE in materia di appalti pubblici ai rapporti tra amministra- zioni aggiudicatrici (cooperazione pubblico-pubblico)"237. Se- condo il Documento in questione, l’esclusione dall’ambito di applicazione delle norme comunitarie in materia di appalti è possibile nei seguenti casi: 1) nella cooperazione istituziona- lizzata/verticale (in house) ossia la cooperazione tramite per-

lità del contraente che viene meno agli impegni, v. P. FORTE, Aggrega-

zioni pubbliche locali – Forme associative nel governo e nell’ammini- strazione tra autonomia politica, territorialità e governance, 2011, p. 138

ss.

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sone giuridiche distinte; 2) nella cooperazione non istituziona- lizzata/orizzontale volta a garantire congiuntamente l’esecu- zione di compiti di interesse pubblico238.

Alla luce di quanto detto, possiamo affermare che i normali appalti pubblici tra amministrazioni continuano ad essere sog- getti all’obbligo di indire gare di appalto e che le stesse ammi- nistrazioni, comunque, possono prevedere forme di coopera- zione, che non rientrano nell’ambito di applicazione della legi- slazione comunitaria in materia di appalti pubblici, a prescin- dere dal fatto che siano o meno istituzionalizzate.