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MICRO MESO

1.4 Lo sviluppo dei processi di pianificazione e programmazione nelle aziende pubbliche

Il processo di “aziendalizzazione” delle PA ha enfatizzato nel settore pubblico l’importanza dei sistemi di pianificazione, programmazione e controllo che consentono al management di accertarsi che la gestione pubblica si stia svolgendo in condizioni di efficienza ed efficacia, necessarie per il raggiungimento delle finalità istituzionali ed il soddisfacimento dei bisogni della collettività.

La maggiore enfasi posta sulla natura aziendale delle PA ha determinato l’attribuzione agli organi di governance delle funzioni, del potere e della responsabilità di programmare il sistema gestionale interno; da questo punto di vista, la programmazione può essere definita come il complesso di regole tramite cui le singole decisioni e azioni vengono coordinate per governare e indirizzare l’azienda pubblica verso gli obiettivi istituzionali193.

La programmazione ricomprende gli strumenti logici e tecnici tramite cui si cerca di porre rimedio all’eccessiva e crescente frammentazione della gestione realizzando un più elevato grado di coordinamento nell’uso delle risorse; in altre

192 SANCINO A., Coinvolgimento degli stakeholder e generazione di valore condiviso nelle

amministrazioni pubbliche, in FIORANI G., JANNELLI R., MENEGUZZO M., CSR 2.0

Proattiva e sostenibile. Tra mercati globali e gestione della crisi, Egea, Milano, 2012, pp. 127 –

141.

193 Si veda: BORGONOVI E., Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, cit.,

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parole, grazie alla programmazione vengono ricondotte ad unitarietà nel tempo e nello spazio le decisioni e le azioni che hanno rilevanti effetti su più settori di attività (interdipendenza orizzontale) e su più orizzonti temporali (interdipendenza temporale).

Inoltre, la programmazione si propone di realizzare la coerenza tra i bisogni dei cittadini e le risorse messe a disposizione dalla collettività per il loro soddisfacimento; in quest’ambito si inserisce un processo decisionale complesso, spesso non privo di conflittualità (tra gli organi di governance interni ed esterni) tramite il quale si definiscono, seguendo un approccio razionale194, gli obiettivi dell’azienda pubblica all’interno di piani e programmi che definiscono il livello di risposta quali–quantitativo che si intende garantire per soddisfare la domanda di intervento pubblico195.

Nelle trattazioni di carattere aziendale i sinonimi “piano” e “programma” sono di norma utilizzati con riferimento, rispettivamente, al medio/lungo termine e al breve periodo; sulla base di tale distinguo terminologico si differenzia il processo di pianificazione che riguarda un orizzonte temporale di lungo periodo (almeno tre anni) e il processo di programmazione riferito ad un orizzonte temporale di breve periodo196.

La distinzione tra pianificazione e programmazione è oggetto di dibattito nella letteratura economico–aziendale; infatti, secondo alcuni autori “l’uso delle

espressioni programmazione e pianificazione è giudicato alternativo197”; secondo

altri, invece “le pianificazioni sono sempre generiche e soggette a profonde

194 Il processo decisionale di tipo razionale, a differenza di quello intuitivo è alimentato da una

consapevole raccolta e selezione di informazioni rilevanti, cioè pertinenti al tipo di azione da intraprendere. Il contributo dell’attività di programmazione, pianificazione e controllo è principalmente rivolto all’aspetto razionale del processo decisionale, fornendo ad esso informazioni rilevanti secondo metodi non casuali e spontanei, ma filtrati dalla ricerca scientifica e dalla migliore prassi professionale. Si veda: BASTIA P., Sistemi di pianificazione e controllo, Il Mulino, Bologna, 2001, p. 26.

195 Si veda: BORGONOVI E., Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, cit.,

pp. 311-321.

196 Si veda: PAVAN A., REGINATO E., Programmazione e controllo nelle amministrazioni pubbliche, cit., p. 197.

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rettificazioni nel corso del tempo. Le programmazioni sono meno incerte […], ma anch’esse nell’aspetto economico sono malsicure198”.

Altri autori evidenziano la differenza anche di contenuto della pianificazione e della programmazione sostenendo che “programmazione vuole significare

predisposizione di un sistema operativo atto a raggiungere, nelle tonalità dell’equilibrio economico, gli obiettivi produttivi prefissati; pianificazione invece significa accertamento del sistema dei valori collegati al sistema precedente”199.

In base a tale ultima definizione è possibile identificare il programma come “lo strumento atto alla rappresentazione delle operazioni necessarie per il raggiungimento dell’obiettivo di produzione” e il piano come “lo strumento atto alla rappresentazione dei valori relativi alle operazioni contenute nel programma”200.

In sostanza, al processo di pianificazione che identifica gli obiettivi dell’azienda è affiancato quello di programmazione che, assumendo tali fini come dati, individua i programmi (le attività) che ne permettono la realizzazione. Il processo di pianificazione che si basa su indagini fondate su analisi degli scenari interni ed esterni, punti di forza e debolezza, minacce ed opportunità, conduce alla definizione delle “ipotesi di futuro” ovvero le combinazioni probabili tra bisogni pubblici da soddisfare e capacità prospettiche di produzione di valore pubblico201.

Nella prospettiva di lungo periodo emerge in modo evidente la priorità della dimensione politica e la considerazione dell’impatto desiderato sul benessere dei cittadini; gli obiettivi di outcome che discendono dall’attività di pianificazione possono essere perseguiti grazie alla definizione di coerenti e strumentali obiettivi di produzione (output) che derivano dalla programmazione di breve periodo (o operativa); quest’ultima consente una previsione più dettagliata e attendibile degli

198 ZAPPA G., Le produzioni nelle economie delle imprese, cit., p. 171.

199 Si veda: CARAMIELLO C., Programmi e piani aziendali, Milano, Isedi, 1971, p. 22. 200 Si veda: MUSSARI R., Economia delle amministrazioni pubbliche, cit., p. 218. 201 Idem, p. 218.

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Il NPM aveva già evidenziato l’importanza dell’analisi degli stakeholder in quanto funzionale all’identificazione delle minacce ed opportunità derivanti dall’ambiente esterno e utile soprattutto nei processi di programmazione operativa; tuttavia, con la PG si sviluppano forme di stakeholder management atte a consultare o, nelle forme più innovative, coinvolgere i vari portatori di interesse nello svolgimento dei processi di pianificazione e programmazione strategica al fine di migliorare e influenzare le politiche pubbliche192.

1.4 Lo sviluppo dei processi di pianificazione e programmazione nelle aziende pubbliche

Il processo di “aziendalizzazione” delle PA ha enfatizzato nel settore pubblico l’importanza dei sistemi di pianificazione, programmazione e controllo che consentono al management di accertarsi che la gestione pubblica si stia svolgendo in condizioni di efficienza ed efficacia, necessarie per il raggiungimento delle finalità istituzionali ed il soddisfacimento dei bisogni della collettività.

La maggiore enfasi posta sulla natura aziendale delle PA ha determinato l’attribuzione agli organi di governance delle funzioni, del potere e della responsabilità di programmare il sistema gestionale interno; da questo punto di vista, la programmazione può essere definita come il complesso di regole tramite cui le singole decisioni e azioni vengono coordinate per governare e indirizzare l’azienda pubblica verso gli obiettivi istituzionali193.

La programmazione ricomprende gli strumenti logici e tecnici tramite cui si cerca di porre rimedio all’eccessiva e crescente frammentazione della gestione realizzando un più elevato grado di coordinamento nell’uso delle risorse; in altre

192 SANCINO A., Coinvolgimento degli stakeholder e generazione di valore condiviso nelle

amministrazioni pubbliche, in FIORANI G., JANNELLI R., MENEGUZZO M., CSR 2.0

Proattiva e sostenibile. Tra mercati globali e gestione della crisi, Egea, Milano, 2012, pp. 127 –

141.

193 Si veda: BORGONOVI E., Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, cit.,

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parole, grazie alla programmazione vengono ricondotte ad unitarietà nel tempo e nello spazio le decisioni e le azioni che hanno rilevanti effetti su più settori di attività (interdipendenza orizzontale) e su più orizzonti temporali (interdipendenza temporale).

Inoltre, la programmazione si propone di realizzare la coerenza tra i bisogni dei cittadini e le risorse messe a disposizione dalla collettività per il loro soddisfacimento; in quest’ambito si inserisce un processo decisionale complesso, spesso non privo di conflittualità (tra gli organi di governance interni ed esterni) tramite il quale si definiscono, seguendo un approccio razionale194, gli obiettivi dell’azienda pubblica all’interno di piani e programmi che definiscono il livello di risposta quali–quantitativo che si intende garantire per soddisfare la domanda di intervento pubblico195.

Nelle trattazioni di carattere aziendale i sinonimi “piano” e “programma” sono di norma utilizzati con riferimento, rispettivamente, al medio/lungo termine e al breve periodo; sulla base di tale distinguo terminologico si differenzia il processo di pianificazione che riguarda un orizzonte temporale di lungo periodo (almeno tre anni) e il processo di programmazione riferito ad un orizzonte temporale di breve periodo196.

La distinzione tra pianificazione e programmazione è oggetto di dibattito nella letteratura economico–aziendale; infatti, secondo alcuni autori “l’uso delle

espressioni programmazione e pianificazione è giudicato alternativo197”; secondo

altri, invece “le pianificazioni sono sempre generiche e soggette a profonde

194 Il processo decisionale di tipo razionale, a differenza di quello intuitivo è alimentato da una

consapevole raccolta e selezione di informazioni rilevanti, cioè pertinenti al tipo di azione da intraprendere. Il contributo dell’attività di programmazione, pianificazione e controllo è principalmente rivolto all’aspetto razionale del processo decisionale, fornendo ad esso informazioni rilevanti secondo metodi non casuali e spontanei, ma filtrati dalla ricerca scientifica e dalla migliore prassi professionale. Si veda: BASTIA P., Sistemi di pianificazione e controllo, Il Mulino, Bologna, 2001, p. 26.

195 Si veda: BORGONOVI E., Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, cit.,

pp. 311-321.

196 Si veda: PAVAN A., REGINATO E., Programmazione e controllo nelle amministrazioni pubbliche, cit., p. 197.

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rettificazioni nel corso del tempo. Le programmazioni sono meno incerte […], ma anch’esse nell’aspetto economico sono malsicure198”.

Altri autori evidenziano la differenza anche di contenuto della pianificazione e della programmazione sostenendo che “programmazione vuole significare

predisposizione di un sistema operativo atto a raggiungere, nelle tonalità dell’equilibrio economico, gli obiettivi produttivi prefissati; pianificazione invece significa accertamento del sistema dei valori collegati al sistema precedente”199.

In base a tale ultima definizione è possibile identificare il programma come “lo strumento atto alla rappresentazione delle operazioni necessarie per il raggiungimento dell’obiettivo di produzione” e il piano come “lo strumento atto alla rappresentazione dei valori relativi alle operazioni contenute nel programma”200.

In sostanza, al processo di pianificazione che identifica gli obiettivi dell’azienda è affiancato quello di programmazione che, assumendo tali fini come dati, individua i programmi (le attività) che ne permettono la realizzazione. Il processo di pianificazione che si basa su indagini fondate su analisi degli scenari interni ed esterni, punti di forza e debolezza, minacce ed opportunità, conduce alla definizione delle “ipotesi di futuro” ovvero le combinazioni probabili tra bisogni pubblici da soddisfare e capacità prospettiche di produzione di valore pubblico201.

Nella prospettiva di lungo periodo emerge in modo evidente la priorità della dimensione politica e la considerazione dell’impatto desiderato sul benessere dei cittadini; gli obiettivi di outcome che discendono dall’attività di pianificazione possono essere perseguiti grazie alla definizione di coerenti e strumentali obiettivi di produzione (output) che derivano dalla programmazione di breve periodo (o operativa); quest’ultima consente una previsione più dettagliata e attendibile degli

198 ZAPPA G., Le produzioni nelle economie delle imprese, cit., p. 171.

199 Si veda: CARAMIELLO C., Programmi e piani aziendali, Milano, Isedi, 1971, p. 22. 200 Si veda: MUSSARI R., Economia delle amministrazioni pubbliche, cit., p. 218. 201 Idem, p. 218.

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obiettivi, delle risorse disponibili, dei tempi, delle priorità e delle azioni che, nella pianificazione di lungo periodo sono tratteggiate per grandi linee202.

Nel modello di pianificazione di lungo periodo (o Long Range Planning) si ipotizza che sia possibile eliminare le divaricazioni tra i risultati desiderati e i risultati effettivi impostando la programmazione secondo un ciclo “razionale” che segue diverse fasi logiche identificate nella figura che segue; il processo inizia con l’analisi delle caratteristiche del sistema economico necessaria per individuare le problematiche di interesse pubblico e si concretizza con la previsione dell’evoluzione naturale del sistema socioeconomico in assenza di interventi pubblici poiché la programmazione è un sistema di decisioni finalizzato ad anticipare le esigenze future valutando le azioni da intraprendere203.

In tale modello, si pone enfasi sul momento previsionale del processo identificato come tentativo di anticipare i futuri andamenti di alcune variabili (economiche, sociali, ecc.) mediante il quale si ottengono le informazioni essenziali per orientare i comportamenti e le scelte aziendali; nella previsione, ( a differenza della pianificazione strategica), non vi è la predeterminazione di decisioni o di azioni future, ma solo la valutazione anticipata dei fenomeni204.

La previsione delle dinamiche è molto difficile negli attuali tempi di turbolenza ambientale (globalizzazione dell’economia, interconnessione attori pubblici e privati) ed individuare gli ingranaggi che regolano le relazioni causali tra domanda ed offerta di un intervento pubblico è sempre più complesso; pertanto, si assume la necessità di evitare il rischio di procedere in maniera improvvisata ponendo in essere azioni scoordinate 205.

Fig. 1.11 – Il ciclo di programmazione di lungo periodo “razionale”

202 Si veda: PAVAN A., REGINATO E., Programmazione e controllo nelle amministrazioni pubbliche, cit., 2012, p. 197.

203 Si veda: BORGONOVI E., Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, cit.,

pp. 311-321.

204 Si veda: SCIARELLI S., La gestione dell’impresa. Tra teoria e pratica aziendale, cit. 205 Si veda: MUSSARI R., Economia delle amministrazioni pubbliche, cit., p. 220.

73 Fonte: adattato da BORGONOVI E., 2002, p. 322

Sulla base del livello atteso di domanda dell’intervento pubblico che esprime i bisogni della collettività, sono individuati gli obiettivi definiti come risultati attesi specificati in termini quantitativi e/o qualitativi (ciò che l’amministrazione vuole o deve fare) riferiti a determinati tempi; contestualmente alla definizione degli obiettivi sono attivate le analisi e le valutazioni interne di carattere tecnico, organizzativo e di convenienza economica che consentono di definire i piani e i programmi.

L’approvazione di quest’ultimi costituisce ormai un atto fondamentale entrato nella prassi degli enti pubblici (e demandato dalle leggi alla specifica competenza degli organi direttamente eletti; es. parlamento, consiglio ecc.) rappresenta la saldatura tra la dimensione istituzionale e la dimensione aziendale delle PA206.

La fase successiva consiste nella definizione delle risorse necessarie per realizzare i piani e i programmi; l’approvazione degli obiettivi dovrebbe essere effettuata considerando la disponibilità delle risorse economico–finanziarie necessarie per realizzare i programmi e i livelli quali–quantitativi effettivi di servizi e, in relazioni ad essi, l’impatto finale sui bisogni a cui si intende dare risposta207.

206 Si veda: BORGONOVI E., Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, cit. 207 L’analisi di questi effetti finali fornisce informazioni utili per modificare i programmi

approvati e per renderli sempre più aderenti alla realtà o per avviare il ciclo di programmazione successivo. Si veda: BORGONOVI E., Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni

pubbliche, cit., p. 324. Analisi delle caratteristiche del sistema

economico e sociale

Livello atteso di domanda dell'intervento pubblico (di servizi dell'amministrazione pubblica) Obiettivi: livelli di risposta desiderati Piani e programmi di attività Attribuzione delle risorse

(bilanci annuali e pluriennali) Effetto sul grado di

soddisfacimento dei bisogni Livello di prestazioni e

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sopravvivenza di attività, processi e risorse obsolete218; infine, è di fondamentale

rilievo capire la rotta da seguire (c) come dobbiamo muoverci per passare dalla situazione attuale a quella prospettata attraverso l’adozione di un percorso che si manifesta mediante la redazione di piani strategici.

Il passaggio dalla fase (a) dove siamo alla fase (c) come dobbiamo muoverci implica la formulazione della strategia e vede i ruoli politici e manageriali impegnati a redigere il piano strategico per individuare le possibili alternative necessarie per intervenire sulla situazione attuale nella prospettiva del cambiamento strategico. A tale fase, segue quella di implementazione della

strategia (passaggio dalla fase (c) come dobbiamo muoverci alla fase (b) cosa vogliamo diventare) che presuppone interventi sul personale, sulla dotazione

tecnologica e su tutto ciò che è necessario modificare o innovare per diventare quanto stabilito in fase di formulazione della strategia. Periodicamente deve essere ripetuto il controllo strategico che scaturisce dal confronto tra la fase (a)

dove siamo alla fase (b) cosa vogliamo diventare per verificare l’impatto prodotto

dalla formulazione e dalla attuazione del piano strategico ed identificare i cambiamenti che intervengono all’interno e all’esterno della PA219.

Il processo di pianificazione diventa un processo di management strategico (gestione strategica) quando, adottato sistematicamente, è in grado di collegare la pianificazione (formulazione della strategia) con l’implementazione220; sul piano

logico-teorico appare più evidente la differenza di contenuto della pianificazione, che ha per oggetto le scelte di lungo periodo inerenti la dimensione strategica dell’azienda e la programmazione che attiene invece alle scelte operative attinenti il breve periodo.

La pianificazione strategica è costituita da tutte quelle attività aziendali svolte dall’alta direzione per determinare gli obiettivi di lungo periodo ovvero le linee strategiche fondamentali da perseguire; ne consegue che, il processo di

218 Si veda: DONNA G., “La pianificazione strategica nell’ambito pubblico”, Impresa Progetto – Electronic Journal of Management, n. 2, 2010.

219 Si veda: MENEGUZZO M., “La strategia e la governance delle amministrazioni pubbliche”,

cit., pp. 5–6.

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programmazione assumendo come date le strategie individua i programmi che ne permettono la realizzazione221.

Da questo punto di vista è possibile distinguere anche le decisioni strategiche – che riguardano i valori, gli orientamenti di fondo, gli indirizzi, la missione, la visione – dalle decisioni operative che traducono gli orientamenti strategici in concreti atti di gestione; pertanto, le prime fanno riferimento al lungo periodo, mentre le seconde al breve periodo222.

Nella pianificazione strategica assume rilevanza il modo in cui avviene il processo decisionale; tale aspetto ha alimentato un fruttuoso dibattito scientifico (oggetto di attenzione sono state le imprese oltre che la PA) portando alla elaborazione di alcuni modelli decisionali, tra cui i principali sono: il modello razionale, il modello di razionalità limitata e il modello incrementale223.

Il modello di pianificazione razionale ipotizza che sia possibile decidere definendo ex-ante tutte le alternative possibili mediante un processo di pianificazione articolato in fasi distinte e separate supportato da tecniche metodologiche tra cui analisi dell’ambiente interno ed esterno, costruzione di matrici ad hoc per individuare l’alternativa strategica migliore, budget, piani e programmi; una variante del modello razionale è quello della “razionalità limitata224” che evidenzia come non tutte le decisioni possano essere prese in

maniera razionale cioè analizzando tutti i possibili fattori potenzialmente rilevanti ai fini della decisione, poiché non si hanno a disposizione tutte le informazioni per decidere e l’analisi costi–benefici per ciascuna alternativa è molto costosa oltre che di difficile realizzazione pratica; pertanto, la scelta degli obiettivi da conseguire nella realtà è sempre quella potenzialmente più soddisfacente rispetto alle altre, ma non è detto che sia quella migliore in assoluto (scelta soddisfacente, ma non ottimizzante)225.

221 Si veda: ANTHONY D.W., YOUNG D.W, Controllo di gestione per il settore non profit,

Milano, McGraw-Hill, 1992.

222 Si veda: MUSSARI R., Economia delle amministrazioni pubbliche, cit., p. 221. 223 Idem, p. 226.

224 I principali esponenti del modello della razionalità limitata sono March e Simon. Si veda:

MARCH J., SIMON H., Organizations, John Wiley & Son, 1958.

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Nei sistemi di programmazione razionale può sussistere una prevalenza della forma sulla sostanza che si verifica quando l’attenzione agli aspetti formali (rispetto dei tempi, procedure, reports, indicatori) determina uno scarso orientamento ai contenuti e ai risultati, disattendendo di fatto le finalità dell’utilizzo del sistema di programmazione e anzi producendo ulteriori elementi di rigidità; per superare questo limite è importante che la pianificazione non si limiti alla previsione dei possibili scenari futuri, ma piuttosto scaturisca da un orientamento strategico chiaro e condiviso a tutti i livelli della struttura organizzativa dell’azienda pubblica. Sottolineando la complessità dei sistemi aziendali, si evidenzia come sia impossibile pianificare e programmare tutte le attività che vengono svolte, e pertanto sia necessario concentrare l’attenzione sugli aspetti gestionali che risultano strategicamente rilevanti per il raggiungimento dei risultati226.

Il modello dell’incrementalismo (o approccio per successivi confronti limitati), opposto a quello razionale pone l’accento sul breve periodo e ai fini decisionali sono analizzate solo le conseguenze più rilevanti che potrebbero scaturire dalle diverse scelte (non su tutte quelle possibili, ma solo su alcune); da questo punto di vista è desiderabile che le decisioni strategiche siano assunte nell’ambito di un insieme molto contenuto di alternative poiché le decisioni scaturiscono a seguito di accordi tra i vari attori del processo decisionale227. Tale

modello, risulta poco coerente e in alcuni casi addirittura antagonista, con un processo di pianificazione strategica228; infatti, l’incrementalismo si basa su un

processo conservatore (blocca l’innovazione) che rinforza l’inerzia promuovendo solo mutamenti di breve periodo; inoltre, si prevede che l’assunzione di decisioni sia effettuata solo quando il conflitto è minimo, tralasciando questioni strategiche che potrebbero essere più importanti e che però sono assunte come secondarie

226 Si veda: BORGONOVI E., Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, cit.,

p. 328.

227 Si veda: MUSSARI R., Economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche, cit., p.

229.

228 Si veda: MENEGUZZO M., “La strategia e la governance delle amministrazioni pubbliche”,

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sopravvivenza di attività, processi e risorse obsolete218; infine, è di fondamentale

rilievo capire la rotta da seguire (c) come dobbiamo muoverci per passare dalla situazione attuale a quella prospettata attraverso l’adozione di un percorso che si manifesta mediante la redazione di piani strategici.

Il passaggio dalla fase (a) dove siamo alla fase (c) come dobbiamo muoverci implica la formulazione della strategia e vede i ruoli politici e manageriali impegnati a redigere il piano strategico per individuare le possibili alternative necessarie per intervenire sulla situazione attuale nella prospettiva del