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Il tema dell’atelier di questo importante e interessantissimo convegno è

Sala Pietà, Palazzo Incontr

SICUREZZA ALIMENTARE E TUTELA DELLA SALUTE ILLUSTRAZIONE DEI CONTENUTI DELLA SESSIONE

1. Il tema dell’atelier di questo importante e interessantissimo convegno è

rilevante per diversi motivi, prima di affrontare i quali, come si evince anche da alcune relazioni in esso presentate, occorre soffermarsi sulla definizione di “sicurezza alimentare”. Martines nella sua relazione (ma si vedano anche Saija e Rufo) osserva che con questo termine è possibile indicare diverse questioni, tra le quali, in particolare: a) il superamento del problema della fame del mondo attraverso la garanzia dell’approvvigionamento del cibo da parte di tutti (food

security); b) la tutela preventiva del diritto alla salute degli individui attraverso

la fissazione dei requisiti minimi di sicurezza per garantire un cibo sano (food

safety); c) l’intervento pubblico di gestione dei rischi connessi alla produzione

e commercializzazione degli alimenti (food safety); d) la disciplina del rapporto produttore-consumatore informato a criteri di trasparenza e pubblicità1.

Sul punto la relazione di Rufo insiste sul fatto che la sicurezza alimentare va intesa non soltanto come idoneità a superare i controlli di polizia sanitaria (il cui scopo è la verifica dell’igiene e della corretta conservazione dei prodotti alimentari) ma anche come sicurezza del ciclo di vita del prodotto, comprendendo quindi il controllo sulle tecniche di coltivazione, sui metodi di produzione degli alimenti, sulla composizione dei cibi (anche allo scopo di impedire la trasmissione di malattie dagli animali all’uomo), sul rispetto di obblighi di etichettatura.

Ciò detto, il tema “sicurezza alimentare e tutela della salute” appare di primaria importanza per un settore economico, quello dell’industria agroalimentare, che è il secondo dell’Unione europea, con più di 48 milioni di addetti e un fatturato annuo di circa 750 mld di euro. Inoltre, l’Europa è leader mondiale della produzione di sementi (il 60% delle esportazioni mondiali di sementi e di materiale riproduttivo vegetale proviene dall’UE)2.

In secondo luogo, tale tema è marcatamente interdisciplinare e, per così

1 Cfr. anche L. COSTATO-S. RIZZIOLI, Sicurezza alimentare, in Dig. disc. priv., Aggiornamento, Torino, 2010, 918 ss.

2 Commissione europea, Sicurezza dei prodotti alimentari. Proteggere la salute umana e gli interessi dei consumatori, in www.europa.eu; in questo senso, si è parlato del diritto

agrario e alimentare come di un “laboratorio del diritto dell’economia”: P. BORGHI, Il

diritto agrario e alimentare come laboratorio del diritto dell’economia: il ruolo del giurista,

in Sicurezza energetica e sicurezza alimentare nel sistema UE. Profili giuridici e profili

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dire, “di frontiera”, perché la sicurezza alimentare incrocia, forse più di altri, le problematiche ardue dei rapporti tra scienza e tecnologia, da un lato, e diritto dall’altro. Come è stato giustamente affermato, il rapporto tra scienza e tecnologia, da un lato, e sicurezza alimentare, dall’altro, è peculiare, se è vero che, da un lato, le prime “hanno reso possibile una riduzione significativa dei rischi alimentari” ma, dall’altro, “hanno introdotto nuovi rischi che minacciano la salubrità degli alimenti che consumiamo”. È in questa continua tensione tra tecnologia e sicurezza alimentare che il diritto è chiamato a fungere da elemento di raccordo tra due visioni della tecnologia: una che la vede come fonte di rischi, almeno potenziali, e un’altra che la inquadra come fonte di possibili soluzioni e come (M. Ferrari-U. Izzo, Diritto alimentare comparato, Bologna, 2012, 49-50).

Anche in questo convegno è stata richiamata la giurisprudenza costituzionale che prima nella sentenza 185/1998 a proposito della c.d. terapia Di Bella ha escluso di poter sostituire il proprio giudizio “alle valutazioni che, secondo legge, devono essere assunte nelle competenti sedi, consapevole com’è dell’essenziale rilievo che, in questa materia, hanno gli organi tecnico-scientifici” e soprattutto nella sentenza 282/2002, a proposito delle terapie elettroconvulsivanti, ha affermato che “un intervento sul merito delle scelte terapeutiche in relazione alla loro appropriatezza non potrebbe nascere da valutazioni di pura discrezionalità politica dello stesso legislatore, bensì dovrebbe prevedere l’elaborazione di indirizzi fondati sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite, tramite istituzioni e organismi - di norma nazionali o sovranazionali”.

Questi spunti giurisprudenziali, che certamente dovrebbero richiedere al legislatore di orientare le proprie scelte a evidenze scientifiche, pur senza imporre un vincolo stretto, sembrano, soprattutto in alcuni ambiti, soppiantati, come si legge nella relazione di Milazzo, poiché le società contemporanee sembrano richiedere, in nome della paura o di un approccio emotivo non facilmente arginabile nelle sedi istituzionali, sfere di protezione o di tutela mediante lo strumento del diritto.

Tale paura è tanto più difficile da governare nei casi di incertezza scientifica (sulla problematica definizione di questo concetto, rinvio, in particolare, alla relazione di Oddi).

Peraltro, l’incertezza può essere reale o, per così dire, percepita come tale, come nel caso degli OGM dove è diffusa a livello politico e sociale, come ricorda Milazzo, la tesi per cui la scienza non sarebbe in grado di esprimere una parola definitiva e generale in ordine ai loro effetti sulla salute e sull’ambiente soprattutto nel medio-lungo periodo. Ma a tale proposito si è parlato di una sorta di “prova negativa” o di “probatio diabolica”, perché avente ad oggetto la completa esclusione di ogni possibile conseguenza negativa nell’introduzione in agricoltura degli OGM: si tratterebbe cioè di una prova che sembra per certi aspetti addirittura contraria alla logica di fallibilità e “falsificabilità” che

Giovanni Tarli Barbieri 195

caratterizza la scienza contemporanea.

Un importante terreno di contatto tra scienza e diritto è dato dal fenomeno, assai rilevante nel settore della sicurezza alimentare, delle norme tecniche3.

I problemi suscitati dalle norme tecniche sono di diverso genere, e ormai ampiamente indagati dalla dottrina4.

Dal punto di vista della produzione normativa, un primo punto da sottolineare è dato dal fatto che, ove riconducibili ad atti infralegislativi, le norme tecniche costituiscono una delle più rilevanti manifestazioni della c.d. “fuga dal regolamento”, essendo adottate in elusione delle prescrizioni procedimentali contenute nell’art. 17 della legge n. 400/1988.

Sul piano dei contenuti, la dottrina ha messo in evidenza le variegate manifestazioni della normativa tecnica5: si pensi, oltre che alle regole tecniche,

alle c.d. “norme ad adesione volontaria o alle certificazioni volontarie” (sul punto si veda la relazione di Iurato) che esaltano il ruolo degli organismi privati di certificazione, in alcuni casi addirittura sostituendosi alla pubblica amministrazione, ovvero, nei casi di ritardi della regolazione pubblica, ponendosi quali “avanguardie regolative”.

Un fenomeno particolare è quello della co-regulation pubblico-privata nella tutela della sicurezza alimentare e della salute dei consumatori, oggetto dell’interessante e ricca relazione di Lorenzo Bairati e Barbara Pasa. Il fenomeno indagato è quello degli standard, intesi come quelle regole tecniche alle quali gli operatori alimentari devono conformarsi o in quanto imposte dalle istituzioni o in quanto oggetto di un contratto fra le parti interessate. Tra queste vi sono anche standard privati che finiscono, in alcuni ambiti per imporsi quasi come fonti del diritto extra ordinem e dare vita ad una normazione di origine privata che, oltre a costituire un fenomeno peculiare (ma non ignoto o senza precedenti) nella produzione normativa (tanto, affermano gli autori, “da far vacillare l’idea che l’attività di normazione sia appannaggio dello Stato o comunque di enti pubblici dotati di legittimazione democratica”), possono dare luogo a conseguenze sistemiche di non poco momento (quali tensioni per i traffici commerciali; riflessi sulla competitività del settore agroalimentare; minore competitività per gli operatori meno strutturati o per quelli dei Paesi 3 Sulla cui nozione, cfr., in particolare, la sentenza 61/1997 della Corte costituzionale la

quale ha precisato che “vanno intese per norme tecniche quelle prescrizioni che ne sono applicazione (come, ad esempio, le prescrizioni che individuano standards qualitativi o metodologie di rilevazione dati e/o di trattamento materiali”)”.

4 Per tutti, F. SALMONI, Le norme tecniche, Milano, 2001; A. ZEI, Tecnica e diritto tra pubblico e privato, Milano, 2008.

5 Così, in particolare, M. CECCHETTI, Note introduttive allo studio delle normative tecniche nel sistema delle fonti a tutela dell’ambiente, in U. DE SIERVO (a cura di), Osservatorio sulle fonti 1996, Torino, 1996, 145 ss.

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emergenti o in via di sviluppo).

Da parte sua la relazione di Saija evidenzia la necessità che, rispetto alla normativa tecnica, sia fondamentale l’esigenza di fornire al consumatore tutte le informazioni necessarie ad effettuare una scelta quanto più possibile libera e consapevole. Non solo, ma tale autore esprime l’auspicio che nella formazione della normativa tecnica sia necessario il coinvolgimento dei c.d. “soggetti deboli” cioè i consumatori e gli imprenditori agricoli.

In definitiva, l’espansione della normativa tecnica conferma quanto sostenuto nella sua relazione da Mazzanti ovvero che, nel contesto della globalizzazione, la produzione normativa si fa flessibile e dinamica, per cui la definizione ed il raggiungimento degli obiettivi di conformità agli standard di salute, salubrità e igiene vengono sempre più a dipendere dal confronto scientificamente fondato tra privato e Autorità.

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