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La tutela del diritto al cibo adeguato nel contesto nazionale: l’importante e innovativo ruolo degli enti local

Sala Dante, Palazzo incontr

IL RUOLO DEGLI ENTI LOCALI NELL’IMPLEMENTAZIONE DEL “DIRITTO AL CIBO ADEGUATO”

3. La tutela del diritto al cibo adeguato nel contesto nazionale: l’importante e innovativo ruolo degli enti local

3.1. In Italia, come è noto la Costituzione non prevede alcuna disposizione

che tuteli espressamente il diritto al cibo. Tuttavia questo non significa che siano assenti profili di tutela, ponendosi, piuttosto, un problema di concreta giustiziabilità degli stessi.

Molte sono le disposizioni costituzionali che consentono di ritenere riconosciuto il diritto al cibo nel nostro ordinamento: oltre al 1° comma dell’art. 117 Cost. si ricorda che il primo passaggio affinché possa essere garantita l’“esistenza libera e dignitosa”19 è quello della pienezza dell’accesso al diritto

al cibo.

Inoltre, i forti collegamenti fra diritto al cibo e principi di eguaglianza e di solidarietà, portano a collocarlo tra i diritti fondamentali della persona e a considerarlo nel suo legame inscindibile con la dignità umana e con il diritto all’esistenza20. A ciò si aggiunga che la connessione fra diritto al cibo e sviluppo

della personalità di ciascuno palesa l’inclusione nella tutela di cui agli articoli 2 e 32 della Costituzione.

Infine, anche le disposizioni relative alla regolazione dei rapporti economici (spec. artt. 41-46 Cost.) possono essere lette in un’ottica di garanzia del diritto al cibo; così come i principi in materia di lavoro (spec. artt. 1 e 4), condizione spesso essenziale affinché, grazie alla retribuzione (art. 36 Cost.) o alle forme

17 Cfr. Resolution 1957(2013), spec. pt. 8.4.4. Oggi, in tutte le Regioni, tranne che in

Campania, sono state approvate leggi sulla cooperazione decentrata.

18 Così come previsto dalla risoluzione del Parlamento europeo n. 2015/2547(RSP), spec. pt.

38.

19 Cfr. gli artt. 36 e 38 Cost.

20 L. FERRAJOLI, Principia juris. Teoria del diritto e della democrazia. Vol. 2: Teoria della democrazia, Roma-Bari, 2007: spec. 392 ss. sul diritto alla sopravvivenza e 404 ss. sul diritto

alla sussistenza. Sul punto anche S. RODOTÀ, Il diritto al cibo, Milano, 2014; ID., Il diritto

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di assistenza e previdenza (art. 38), si possa sopperire alle esigenze alimentari proprie e della propria famiglia.

Alla luce di quanto sopra, quindi, pare potersi sostenere che il diritto al cibo adeguato trova una sicura dimensione costituzionale, ancorché, al momento, ancora implicita, e si pone quale dovere per i pubblici poteri di garantire, ad ogni livello di governo, tutti i profili di un’esistenza dignitosa.

Molte sono le normative statali volte a tutelare indirettamente il diritto al cibo, sia sul versante relativo alla tutela della salute e alla produzione e distribuzione di cibi sani (o adatti a soggetti con esigenze alimentari particolari); sia sul versante inerente la diversità culturale, intervenendo, ad esempio, in materia di alimenti distribuiti nelle mense scolastiche, negli ospedali o nelle carceri. Non mancano, inoltre, normative destinate alla distribuzione dei prodotti alimentari per fini di solidarietà sociale21.

Talvolta, poi, il legislatore statale è intervenuto anche erodendo competenze formalmente riservate alla potestà legislativa regionale al fine di soddisfare bisogni dei cittadini meno abbienti22.

3.2. Come anticipato, nel nostro ordinamento la sensibilità delle istituzioni

nei confronti delle tematiche che investono il diritto ad un cibo adeguato è sempre più presente anche a livello regionale, traducendosi nell’adozione di misure normative (e amministrative) specifiche. E forse non è un caso, poiché sono gli enti territoriali più vicini ai cittadini che si confrontano quotidianamente con problematiche che variamente coinvolgono il diritto ad un cibo adeguato, perché toccano o la povertà, o la sicurezza alimentare o la disponibilità di cibo che sia conforme alle influenze culturali o ai dettami religiosi in cui ciascuno può riconoscersi, o ancora che siano ricollegabili alla produzione di cibo di qualità, grazie allo sviluppo di filiere produttive sostenibili, sia dal punto di vista economico, sia da quello ambientale.

Dal punto di vista formale, se in pressoché tutte le Regioni sono presenti normative integrative o attuative di quelle europee e nazionali rivolte alla regolamentazione di aspetti specifici inerenti il cibo, è solo in tempi recentissimi che si è fatta strada nelle Regioni l’opportunità di inserire il diritto ad un “cibo adeguato” negli Statuti regionali. La Regione capofila è stata l’Abruzzo, il cui Consiglio, nella seduta del 26 maggio scorso, ha approvato23 una modifica allo

Statuto regionale introducendo, all’art. 7-bis, il “diritto al cibo”, che la Regione promuove, unitamente al diritto “una alimentazione adeguata, intesi come diritto ad avere un regolare, permanente e libero accesso a un cibo di qualità,

21 Come la legge 25 giugno 2003, n. 155.

22 Si v. Corte cost, sentenze nn. 10/2010 e 62/2013. 23 La prima votazione risale al 10 marzo 2015.

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sufficiente, sano e culturalmente appropriato, che garantisca il soddisfacimento mentale e fisico, individuale e collettivo, necessario a condurre una vita degna” (1° comma). Per il conseguimento di tali finalità la Regione dovrà impegnarsi ad adottare misure necessarie “per il contrasto alla malnutrizione, sia nella forma di denutrizione che di sovrappeso e obesità, per la lotta agli sprechi, in particolare alimentari ed ai cambiamenti climatici, quali aspetti fondamentali del diritto alla salute, anche nella sua specificazione di diritto ad un ambiente sano e ne sostiene le attività di informazione e sensibilizzazione” (2° comma).

Solo pochi giorni prima, il 14 maggio, la “Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome”24, consapevole

del fatto che “in termini di un più pieno sviluppo umano, che rifletta equità e sostenibilità, le istituzioni globali possono fare la differenza e – attraverso loro azioni od omissioni – partecipare alla risoluzione o alla degenerazione del problema”, ha approvato un documento che rappresenta un forte impulso verso una più piena ed effettiva tutela del diritto ad un cibo adeguato negli ordinamenti regionali.

La Conferenza, infatti, si è impegnata ad adottare una serie di azioni significative e di forte impatto istituzionale: quali la sottoscrizione della Carta di Milano; la promozione, presso i singoli Consigli regionali e delle Province autonome di proposte di modifica dei relativi Statuti affinché in ciascun territorio sia formalmente riconosciuto il “diritto ad un cibo sano e sostenibile”; l’intrapresa di una serie di misure concertative volte a creare sinergie fra i diversi territori e i diversi livelli di governo per implementare la tutela del diritto ad un cibo adeguato intervenendo sia sul versante delle politiche sociali, sia sul versante della promozione di modalità di sviluppo “a livello diffuso e accessibile a tutti”, sia sul versante della filiera agricola, al fine di “ridurre l’impatto dell’urbanizzazione sulla sicurezza alimentare” e di implementare “pratiche agricole sostenibili” aumentando, al contempo, la “resilienza alle calamità naturali”.

Ad oggi25, se nessuna Regione, eccettuato l’Abruzzo, ha inserito nel proprio

Statuto una disposizione dedicata al diritto ad un cibo adeguato26, in vari

territori è percepibile sempre maggior interesse e sensibilità per tale tematica: alcune Regioni, infatti, hanno già preso posizione in merito alla sottoscrizione

24 Testo in http://www.parlamentiregionali.it. 25 20 ottobre 2015.

26 Il Consiglio della Regione Molise, comunque, con decisione del 14 luglio 2015, ha previsto

che sia presentata una proposta di legge di modifica statuaria per riconoscere il diritto a un cibo sano e sostenibile, al fine di garantire un’alimentazione adeguata per tutti i cittadini del Molise.

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della Carta di Milano (es. Umbria, Emilia-Romagna, Molise e Basilicata)27,

mentre altre, anche in attuazione del regolamento europeo n. 223/201428, hanno

adottato misure − legislative e non − al fine di tutelare il diritto di accesso al cibo, talvolta coinvolgendo la società civile, spesso al fine di ridurre il fenomeno degli sprechi alimentari (come in Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna29).

Fra le varie azioni poste in essere negli ultimi mesi si segnala anche una proposta di legge, all’esame del Consiglio della Regione Lombardia avente ad oggetto il “riconoscimento e tutela del diritto al cibo”30 – che si “prefigge

di garantire il diritto al cibo attraverso un approccio integrato di lotta alla povertà, di riduzione degli sprechi alimentari a tutti i livelli e di ridistribuzione alle persone bisognose delle eccedenze che si generano lungo la filiera agroalimentare, di educazione ad una sana e corretta alimentazione”.

Inoltre, non mancano politiche regionali che cercano di attuare il diritto ad un cibo adeguato non solo tramite l’adozione di misure di carattere assistenziale rivolte ai soggetti più deboli, ma agevolando in concreto l’accesso al cibo da parte dei cittadini. Un esempio di ciò è rappresentato da quelle normative o misure di carattere amministrativo grazie alle quali porzioni di suolo pubblico sono messe a disposizione della cittadinanza per essere destinate alla creazione di orti urbani ove produrre beni destinati all’autoconsumo31.

In molte Regioni, poi, vi sono normative, di carattere prevalentemente regolamentare (ma non solo), che tutelano il diritto al cibo adeguato in via 27 La Regione Umbria ha sottoscritto la Carta di Milano il 6 giugno 2015, mentre la Regione

Emilia-Romagna l’ha fatto il 23 settembre 2015. Il Consiglio della Regione Molise, con decisione del 14 luglio 2015, ha impegnato il Presidente della Giunta a sottoscrivere la Carta di Milano. Analogamente la Regione Basilicata (v. la decisione del Consiglio regionale del 19 maggio 2015)

28 Regolamento UE n. 223/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, 11 marzo 2014,

relativo al Fondo di aiuti europei agli indigenti.

29 In quest’ultima Regione si segnala la legge reg. n. 12/2007; nonché la delibera di Giunta n.

367/2014. Per quanto riguarda il Piemonte, si segnala la legge n. 12/2015 avente l’obiettivo espresso di contrastare efficacemente lo spreco alimentare consentendo l’utilizzo delle eccedenze

30 Atto di iniziativa Consiliare, n. 250, dd. 28 aprile 2015.

31 Si v. ad es., il caso della Campania (legge reg. n. 5/2012) o del Veneto (art. 6, legge reg.

n. 26/2014). In altri contesti territoriali gli orti urbani (o sociali) trovano disciplina in Linee guida (come nel Comune di Udine) o in regolamenti comunali. Si v., a tal proposito, i casi di Bologna (regolamento n. 55096/2009 e Torino (“Regolamento per l’assegnazione e la gestione di orti urbani”). Quest’ultimo si segnala perché evidenzia come l’assegnazione di appezzamenti di terreni destinati all’auto-coltivazione di terreni sia considerata anche come forma di sostegno al reddito poiché fra i criteri previsti per l’assegnazione degli orti sono valutati il possesso di un reddito inferiore ad una certa soglia, la maggiore anzianità degli assegnatari e il criterio di rotazione tra beneficiari.

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indiretta, come le normative relative ai piani alimentari da erogarsi nelle mense scolastiche, negli ospedali o nelle carceri − che pongono in luce la connessione fra diritto ad un cibo adeguato e le esigenze di tutela della salute o le esigenze alimentari specifiche che possono derivare anche dalla matrice culturale o religiosa degli utenti32.

Vi sono, inoltre, normative che, in conformità agli obiettivi di cui alle Risoluzioni richiamate al secondo paragrafo del presente lavoro, sono volte ad implementare l’educazione alimentare ad un consumo sostenibile33 da

realizzarsi sia favorendo il diffondersi delle c.d. fattorie sociali o fattorie educative34, sia incrementando la diffusione degli orti didattici nelle scuole, sia

implementando progetti educativi per favorire il consumo di alimenti biologici nelle mense35.

Infine, il fatto che il diritto al cibo si sia venuto a configurare come elemento che investe nel suo insieme la condizione umana (e ne connota l’esistenza) ha comportato che le strategie del suo riconoscimento si siano estese sino ad includere anche le modalità di produzione degli alimenti, e in questo contesto varie Regioni hanno posto in essere misure volte a tutelare e preservare i territori attraverso l’implementazione di tecniche sostenibili di agricoltura conservativa36 e attraverso la promozione e la valorizzazione dei prodotti tipici

locali i cui processi di produzione garantiscono di uscire da forme economiche esasperate, che declinano tutto ciò che attiene alla produzione alimentare in termini di massima produttività e resa, con conseguente concentrazione del potere in pochi soggetti (multinazionali)37.

32 Come ad es. nelle Linee Guida della Regione Friuli-Venezia Giulia per la ristorazione

scolastica del 2012.

33 Si v. le leggi reg. Emilia-Romagna nn. 27/2009 e 29/2002.

34 Come ad es., in Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige. 35 Si v.: in Friuli-Venezia Giulia, legge reg. n. 15/2000; in Umbria, legge reg. n. 21/2001;

in Emilia-Romagna, legge reg. n. 29/2002, spec. art. 8; in Toscana, legge reg. n. 18/2002; nelle Marche, legge reg. n. 4/2002; in Basilicata, legge reg. n. 18/2002; in Veneto, legge reg. n. 6/2002; in Lazio, legge reg. n. 10/2009; in Liguria, legge reg. n. 66/2009; in Provincia di Trento, legge prov. n. 13/2009; in Alto Adige, legge prov. n. 8/2010; in Puglia legge reg. n. 43/2012. Le previsioni di cui alle normative regionali vigenti trovano una importante fonte di integrazione in atti di natura amministrativa, relativi alla ristorazione collettiva, approvati anche nel rispetto delle “Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica”, definite dalla Conferenza Unificata il 29 aprile 2010, ove si incentiva l’uso di prodotti biologici nelle mense scolastiche. Più in generale, sul “biologico” come valore, si v. P. GIUDICINI-E. SGROI,

Valori, territorio, ambiente, Milano, 1997; A LANZA, Lo sviluppo sostenibile, Bologna, 2002.

36 Si v., ad es., progetto Helpsoil, (2013 – 2017_ http://www.lifehelpsoil.eu/).

37 Sull’impatto delle grandi multinazionali sull’“economia del cibo” cfr. O. DE SHUTTER-

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