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Ultimo requisito essenziale per la delega legislativa esplicitamente previsto dall’art. 76 Cost. è quello temporale, che è denotato come un «tempo limitato», entro il quale il decreto deve essere emanato. Vi è dunque il divieto di deleghe permanenti, ma non vi sono indicazioni all’interno della Costituzione riguardanti termini minimi e massimi; soltanto dalla prassi si può evincere che l’adozione della delega può variare da un minimo di due mesi ad un massimo di due anni, discorso diverso per le deleghe ultrabiennali regolate dall’art. 14 della legge n. 400/198820.

Com’è noto, una parte cospicua dell’attività legislativa si è svolta negli ultimi decenni anche attraverso deleghe integrative e correttive, producendo dunque in pri- ma battuta provvedimenti in un certo senso “precari”, in quanto al Governo è consen- tito poter intervenire più volte sul decreto “principale” attraverso modifiche e integra- zioni entro il termine della delega. Tutto ciò comporta appunto una sorta di “precariz-

19 C. cost. 212/2003.

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zazione” del decreto legislativo, alimentando quello stato di incertezza e cognizione del diritto, conseguenza dell’adozione di deleghe ampie e lunghe, all’interno delle quali manovre correttive sono poi sfociate in strumenti «per incisive e ripetute revisioni della

disciplina di volta in volta introdotta»21.

Si accenna poi a come sovente le leggi di conversione di decreti legge abbiano impropriamente avuto l’obiettivo di prorogare i termini previsti dell’originaria delega, suscitando così serie perplessità sull’utilizzo di tale strumento, come denunciato anche dal Comitato per la legislazione in riferimento all’art. 15, comma, lett. a) della legge 400/1988, che vieta al Governo di «conferire deleghe legislative ai sensi dell'articolo 76

della Costituzione». Si è parlato in proposito del fenomeno delle “catene di proro-

ghe”22.

Le deleghe integrative e correttive, poi, presentano una peculiarità dal punto di vista strutturale, in quanto rispetto alla classica ricostruzione “duale” della quale si è detto, ne presentano una ulteriore, per così dire di “riesercizio” governativo della de- lega. In tali deleghe è dunque presente fin dal principio il “germe” di una terza fase, in quanto una volta fissato il termine per l’esercizio da parte del Governo della c.d. dele- ga principale, la legge delega ne fissa un secondo entro il quale il Governo potrà adot- tare disposizioni integrative o correttive. Attraverso questo strumento, il legislatore delegante permette al Governo un utilizzo rinnovato della delega, in contrasto dunque

21 F.SORRENTINO, La crisi dei diritti e delle legalità costituzionali, in Aa.Vv., Tornare alla Costitu- zione: referendum e legalità, Torino, 2000, p. 33 ss.

22 Vedasi i casi riguardanti disposizioni di delega contenute nella legge n. 131/2003 e nella

legge n. 229/2003.

Anche in occasione del d.l. n. 4 del 25 gennaio 2002 si è avuto un caso di conversione di un decreto-legge, dove il Capo di Stato ha rinviato la legge alle Camere segnalando la «evidente illogicità

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con quello che è ritenuto, almeno da parte della dottrina, un requisito cardine di essa, ossia quello della “istantaneità”23.

Si è affermato in proposito che «l’effettività dei decreti legislativi di prima at-

tuazione è esposta al rischio di venire sacrificata dall’aspettativa di una modifica legi- slativa a breve termine e le norme in essi contenute sarebbero degradate al rango di “leggi in prova”, o di “disposizioni transitorie”. La clausola delle correzioni ed integra- zioni sarebbe fonte sicura di ineffettività delle norme dei decreti principali, se per effet- tività intendiamo, kelsenianamente, l’osservanza media della norma o la conformità del comportamento umano alle norme»24.

Ancora maggiori fattori di peculiarità presentano, sempre da un punto di vista strutturale, le deleghe c.d. “polifasiche”, le quali dovrebbero contenere un atto di rin- vio ad uno o più atti esistenti, in maniera tale da creare un collegamento comprensibi- le, dove l’ultimo atto apporti dei cambiamenti parziali alla disciplina corrente: se ne dirà nel prosieguo del lavoro, dedicato proprio ad una delega che appare dotata delle caratteristiche dell’essere “polifasica”.

Nella prassi i confine delle correzioni o modifiche sono stati assai spesso var- cati, comportando un vero e proprio potere di legislazione reiterata, all’interno del quale molto spesso il Governo si arrogato la facoltà di riscrivere, anche totalmente i decreti principali. In questo modo si vengono a creare leggi delegazione che riaprono i

23 M.PATRONO, Utilizzo «rinnovato» della delega legislativa, in Diritto e società, 1980, p. 661

ss., dove si evidenzia come la dottrina ritiene che la delega legislativa abbia carattere istantaneo in quanto «l’attribuzione che da essa promana opererebbe (almeno di regola) non oltre l’istante, anzi, nel

solo istante in cui il Governo la utilizza; sicché il potere in tal modo conferito, esauritosi in un unico atto di esercizio e non più esperibile nel tempo (eventualmente) residuo, avrebbe anch’esso per simmetria il requisito della istantaneità».

24 M.CARTABIA, I decreti legislativi «integrativi e correttivi»: il paradosso dell’effettività? in Ras- segna parlamentare, 1997, cit., p. 63. Cfr. H.KELSEN, Teoria generale del diritto e dello Stato, trad. it. (a cura di) S.COTTA e G.PECORA, Milano, 1994, p. 39 ss.

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termini della delega già conferita al Governo, attraverso cui il Parlamento gli consente l’adozione di decreti legislativi con principi e criteri direttivi che si collocano a integra- zione, sostituzione o modifica, rispetto a quelli contenuti nella delega principale25. In

tale maniera si dona al Governo la facoltà di poter intervenire, anche dopo un lungo lasso di tempo, su tematiche di interesse già soggette a riforme mediante deleghe legi- slative.

Su questo punto è già possibile anticipare brevemente tematiche oggetto di studio nei capitoli successivi, evidenziando quanto disposto nell’art. 18 della legge n. 246 del 28 novembre 2005, di “Semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005”, che modifica la legge del 29 luglio 2003 n. 229, enunciando che «Entro un anno dalla

data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui agli articoli [..], il Governo può adottare, nel rispetto degli oggetti e dei principi e criteri direttivi fissati dalla presente legge e secondo i principi e i criteri direttivi e la procedura di cui all'articolo 20, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, uno o più decreti legi- slativi recanti disposizioni integrative e correttive»; sostanzialmente si dà facoltà al

Governo di poter adottare decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive che sembrerebbero aprire i termini per l’esercizio di una nuova delega, caratterizzata da nuovi principi e criteri direttivi, che condivide con la prima solo l’identità d’oggetto.

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