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5. STRATEGIE TERAPEUTICHE NELL’EMOFILIA ACQUISITA

5.2 Terapia immunosoppressiva

Presupposto per l’eradicazione dell’inibitore e una corretta diagnosi del paziente è la ricerca di una patologia primitiva sottostante alla sua comparsa, la valutazione dell’assunzione acuta o cronica di farmaci, il riscontro del recente espletamento di un parto (o di un’interruzione di gravidanza) [14,39]. Queste condizioni, se possibile, si dovranno trattare opportunamente perché una loro risoluzione potrebbe tradursi nella scomparsa degli anticorpi inibitori.

Lo scopo della terapia immunosoppressiva è la neutralizzazione degli autoanticorpi e l’inibizione o l’eliminazione del clone cellulare responsabile della loro sintesi [39].

La terapia immunosoppressiva andrebbe iniziata non appena la diagnosi di emofilia acquisita viene confermata e il problema del sanguinamento acuto contenuto. I pazienti sono infatti a rischio di emorragie potenzialmente mortali fino a che gli inibitori non sono soppressi [37].

Nonostante in alcuni casi gli inibitori scompaiano spontaneamente si deve comunque sempre impostare una terapia immunosoppressiva. Le seguenti sono le principali motivazioni di tale scelta:

- non è prevedibile in quale paziente si avrà la scomparsa spontanea degli autoanticorpi;

- come già detto, fino a che sono presenti inibitori, il paziente è a rischio di sanguinamenti talora mortali, che possono insorgere spontaneamente o in seguito a traumi minimi;

- la maggior parte dei pazienti sono anziani e possono avere in comorbidità malattie vascolari per le quali necessitano di agenti antitrombotici o richiedere indagini endoscopiche o altre procedure invasive;

- la necessità di interventi chirurgici d’urgenza o in elezione pone i pazienti con emofilia acquisita ad un rischio perioperatorio maggiore [35].

Le opzioni terapeutiche comprendono il prednisone, che è in grado di eradicare gli autoanticorpi nel 30% dei casi; se a quest’ultimo si associa la ciclofosfamide si può raggiungere una percentuale di successo del 50-70%. In donne in età fertile al posto della ciclofosfamide, che può essere causa di infertilità, si somministra l’azatioprina. Altre possibili associazioni con il prednisone sono la vincristina, la 2-clorodeossiadenosina (2-CDA) e la ciclosporina, quest’ultima in particolare è stata impiegata con successo nei pazienti con sottostante lupus eritematoso sistemico e facendo particolare attenzione ai livelli plasmatici a causa dell’elevata tossicità [14]. La 2-CDA viene solitamente introdotta in terapia dopo fallimento dei regimi standard, sebbene il suo esatto meccanismo d’azione non sia noto, le sue potenti proprietà immunosoppressive sono mediate dalla via Fas/Fas-ligando e dalla conseguente attivazione dell’apoptosi cellulare; i principali effetti collaterali comprendono la febbre, infezioni atipiche e una prolungata ma reversibile immunosoppressione e mielosoppressione [83].

E’ proprio da una recente metanalisi che si evince il maggior successo con l’associazione steroidi-agenti citotossici anche se al momento non ci sono singoli

studi che abbiano dimostrato che tale associazione porti ad una risposta più rapida o migliore e più duratura [33,37,76].

Il dosaggio utilizzato per il prednisone è di 1-2 mg/Kg/die per almeno tre settimane, successivamente si modula il dosaggio in base alla risposta terapeutica; si deve tener presente che sono possibili ricadute dopo sospensione. Per la ciclofosfamide si utilizza la dose di 2 mg/Kg/die per os, per 3-6 settimane o fino a remissione completa, modulando le dosi in base alla risposta ed alla tolleranza ematologica [39]. La maggior parte dei pazienti risponde dopo 3-6 settimane di terapia [14].

In passato sono state impiegare anche Ig ad alte dosi ma questa rappresenta una terapia di seconda scelta, da applicare quando corticosteroidi e/o ciclofosfamide hanno fallito e prima di iniziare una terapia immunosoppressiva più aggressiva. I meccanismi d’azione ipotizzati per le Ig sono: neutralizzazione dell’inibitore da parte di autoanticorpi anti-idiotipo, blocco dei recettori Fc del sistema reticolo- endoteliale, effetto regolatore sulle cellule immunocompetenti. Le dosi sono di 1 g/Kg/die per due giorni o 0.4 g/Kg/die per 5 giorni [39]. Attualmente le Ig non trovano più indicazione nell’emofilia acquisita se non forse in caso di basso titolo autoanticorpale, preferendo nei casi di insuccesso con steroidi e agenti citotossici altri trattamenti [14,37]. La percentuale di successo della terapia con sole Ig è del 12%, motivo per cui, quando usate, solitamente vengono associate ad altri presidi in ogni caso [75].

Un terzo circa dei pazienti con inibitori non risponde a nessuno dei trattamenti di prima o seconda scelta. In questi casi si potrebbero associare alla ciclofosfamide alte dosi di FVIII (5˙000-10˙000 Unità), con o senza preventiva plasmaferesi con immunoadsorbimento alla proteina A stafilococcica, associando Ig ev ad alte dosi. Il modello di trattamento potrebbe essere quello suggerito per gli emofilici con inibitore (protocollo Malmö) [39].

Recenti studi mostrano importanti successi con l’impiego del rituximab, anticorpo monoclonale anti-CD20 dei linfociti B, al dosaggio di 375 mg/m2 a settimana per 4 settimane, con risposte positive osservate, nella maggior parte dei casi, entro le prime 2 settimane di terapia [14,33,54]. E’ un trattamento costoso ma estremamente promettente nei casi di insuccesso con steroidi e agenti citotossici. Il bersaglio del rituximab è il CD20, una fosfoproteina non glicosilata, che è importante per la proliferazione e la differenziazione delle cellule B. Si trova sui linfociti B (dalle cellule pre-B alle cellule B mature/attivate) ma non su altre cellule ematiche differenziate, su altre cellule staminali ematopoietiche e su cellule dei tessuti normali non ematopoietici. Ciò rende l’uso del rituximab selettivo per le cellule B senza quindi tossicità di organi o tessuti. Si ritiene che i meccanismi di azione del rituximab comprendano la citotossicità anticorpo- dipendente, la lisi cellulare complemento-mediata, l’induzione dell’apoptosi e l’inibizione della crescita cellulare [61,84]. La mancanza comunque di dati certi circa un suo vantaggio rispetto alle strategie standard rende estremamente dibattuto il suo impiego quale farmaco di prima linea [37]. Secondo alcuni autori la terapia di prima linea nei pazienti con titolo inferiore a 5 BU è sempre il prednisone, tra 5 e 30 BU dovrebbe essere rappresentata dall’associazione rituximab-prednisone, sopra le 30 BU rituximab, prednisone e ciclofosfamide (Fig.3) [14,84]. Sicuramente il rituximab in monoterapia, nei pazienti con titolo >100 BU, pur potendo essere efficace, non è sufficiente per ottenere una risposta duratura. Per tale motivo andrà associato ai farmaci già nominati [85]. Tra i vantaggi del rituximab vi è comunque la possibilità, se usato in associazione, di ridurre la dose o sospendere prima i farmaci citotossici associati. Questo aspetto riveste particolare importanza nei pazienti anziani, nei quali gli agenti citotossici sono causa di severa morbidità.

Tra le reazioni avverse legate alla somministrazione del rituximab si ritrovano febbre e brividi di freddo, subito dopo l’infusione, facilmente gestibili con coperte e antistaminici o riducendo la dose, infezioni opportunistiche, reazioni tipo malattia da siero legate allo sviluppo di anticorpi anti-rituximab (anticorpi umani contro anticorpi chimerici [HACA]), infiltrati polmonari e ARDS [35].

Fig.3. Algoritmo per il trattamento dell’emofilia acquisita.

Si può concludere che, per quanto riguarda la terapia immunosoppressiva nel paziente con emofilia acquisita, ad oggi la scelta di prima linea è rappresentata dall’associazione steroidi-agente citotossico. E’ un trattamento con un alto tasso di successi senza eccessiva tossicità. L’unico accorgimento necessario è un’adeguata selezione dei pazienti così da escludere coloro che hanno multiple comorbidità e che sarebbero, per tale motivo, esposti ad un rischio maggiore di sviluppare complicanze legate alla terapia [75].

Titolo Inibitori FVIII

5-30 BU o Sanguinamenti severi < 5 BU e Sanguinamenti minimi > 30 BU Prednisone Prednisone Rituximab Prednisone Ciclofosfamide Rituximab Nessuna risposta Ricaduta Nessuna risposta Ricaduta Ripetere o Mantenere Rituximab Nessuna risposta Nessuna risposta Ricaduta ? Ciclosporina ? Alte dosi Ig ? ITI

6. DUE CASI DI EMOFILIA ACQUISITA: SUCCESSO TERAPEUTICO