3. SGUARDI COMPLICI, SGUARDI OSTINATI, SGUARDI URGENTI FORME DOCUMENTARIE IN AMERICA LATINA E A
3.2 Nuevo cine latinoamericano: teoria e pratica di un cinema con il popolo
3.4.2 Tercer mundo, tercer cine
Fernando Solanas e Octavio Getino, esponenti del gruppo argentino Cine Liberación, hanno dedicato costante attenzione alla riflessione teorica, arricchendo la temperie teorica degli anni Settanta con concetti portanti quali quelli di tercer cine, cine-acto o cine-acción.
Il manifesto Hacia un tercer cine. Apuntes y experiencias para el desarrollo
de un cine de liberación en el Tercer Mundo53, scritto nel 1969 per
accompagnare le proiezioni del documentario La hora de los hornos (1968), presenta una valutazione compiuta ed esaustiva delle problematiche e degli obiettivi di un cinema militante in un paese sottosviluppato. I principali temi affrontati dagli autori sono cinque, affini alle preoccupazioni dei colleghi del continente: il ruolo della cultura in un
51 Id.,Tire dié: los (no) límites entre el documental y la ficción, in A. Colombres (a cura di),
La descolonización de la mirada, ICAIC, La Habana 2012, pp. 181-206, p. 186.
52 Ivi, p. 187.
53 O. Getino, F. Solanas, Hacia un tercer cine. Apuntes y experiencias para el desarrollo de un
cine de liberación en el Tercer Mundo, in Hojas de cine..., cit., vol I, Centro y Sudamérica, pp.
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paese neocolonizzato o dipendente; il ruolo del cineasta militante e dell’intellettuale tout court; gli obiettivi specifici del cinema nel progetto politico di liberazione; il concetto di pubblico come attore; e infine il tema di una nuova estetica cinematografica figlia di una nuova etica.
Solanas e Getino, debitori di Fanon e Espinosa, Brecht e Mariátegui, Gramsci e Rocha, propendono per un cinema rivoluzionario dialettico, articolato in un doppio movimento di distruzione e costruzione: «destrucción de la imagen que el neocolonialismo ha hecho de sí mismo y de nosotros. Construcción de una realidad palpitante y viva, rescate de la verdad en cualquiera de sus expresiones»54.
In un mondo dove regna “l’irreale” è favorita un’arte votata alla finzione, alla fantasia, alla dimensione incognita dei segni, avviluppati in un regno di astrazioni. Il documentario, nelle sue poliedriche manifestazioni, è
quizá el principal basamento de una cinematografía revolucionaria. Cada imagen que documenta, testimonia, refuta, profundiza la verdad de una situación es algo más que una imagen fílmica o un hecho puramente artístico, se convierte en algo indigerible para el sistema»55.
Alla depoliticizzazione della vita e dell’arte operata dai mass-media come strategia neocoloniale, si deve opporre una nuova cultura fondata nella politicizzazione dell’arte e della vita, una ricomposizione della scissione estetica/politica.
Un cinema realmente rivoluzionario non si ferma alla denuncia e alla testimonianza: determina l’azione, si presenta come cine-acción, un cinema inconcluso e aperto, cinema della conoscenza e approfondimento, che, attraverso i margini del conosciuto, crea nuove forme e strutture artistiche, capaci di dare una nuova visione della realtà. Il tono da pamphlet e spavaldo è dettato da una spregiudicata volontà di
54 Ivi, p. 36. 55 Ivi, p. 37.
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trasformazione. Il regista ha un ruolo nuovo, completamente diverso da quello del primo o del secondo cinema. Il modello hollywoodiano di un cinema perfetto, curato in ogni dettaglio, alimenta la frustrazione: come pretendere di realizzare un cinema simile in un contesto completamente diverso? La vera scommessa è superare tanto il primo quanto il secondo cinema (quello d’autore), partendo dalle condizioni di svantaggio date dal
subdesarrollo, dalla mancanza di strutture e dalla clandestinità. Il cineasta
deve sfruttare gli elementi di cui dispone, partendo dalla conoscenza tecnica e spingendo verso la ricerca e la sperimentazione; integrando la collettività nella realizzazione del film; rendendosi autonomo, indipendente e multifunzionale. «La cámara es la inagotable expropiadora de imágenes-municiones, el proyector es un arma capaz de disparar 24 fotogramas por segundo»: il linguaggio usato da Solanas e Getino è mutuato dal gergo della guerriglia. Il cinema non è metafora dell’azione rivoluzionaria, il cinema è atto rivoluzionario in sé. È un processo che implica una rivoluzione e una liberazione cinematografica dalla “dipendenza strutturale, stilistica e linguistica dal cinema europeo”. Si afferma così la necessità di un cinema di investigaciones, che fosse l’equivalente del saggio in letteratura politica e capace di battersi contro il pregiudizio che fa del cinema politico una forma non artistica, propagandistica e disprezzata. La hora de los hornos è un esempio di cine
ensayo, cine saggio diviso tra inchiesta sociologica, raccolta di dati statistici
e saggio ideologico. Strutturato in capitoli, ognuno con una sua forma e linguaggio. Il cinema è un ottimo strumento per creare concetti, ed è ora che l’intellettuale latinoamericano crei i propri concetti, cominci a definire i colori, i suoni, i concetti e gli oggetti: a creare le proprie categorie di pensiero, liberandosi dal giogo del pensiero europeo, con un decisivo atto di rottura e ribellione: «El cine ofrece posibilidades infinitas y debemos tener el suficiente coraje y libertad para crear categorías nuevas y rescatar
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al cine para los fines que determina nuestra liberación definitiva»56. Così il
cine ensayo, di cui è esempio La hora de los hornos, nega la categoria di
spettacolo per affermare quella di atto. Nega la categoria di spettatore per affermare quella di partecipante attivo.
L’idea del cine-acción si sviluppa a partire dalle condizioni di proiezione dei film. Spazi messi a diposizione da volontari, semiclandestinità, musica, vino e mate (bevanda tipica, diffusa in molti paesi del Sud America), intervento degli spettatori, che assumono già un nuovo statuto: sono partecipanti, non più assopiti consumatori di immagini. Se «todo espectador es un traidor», allora la scelta di presenziare alla proiezione è un atto di guerriglia, una sfida al sistema che implica un rischio effettivo, e quindi una responsabilità e una presa di posizione. Il film diventa occasione e pretesto per stimolare il dibattito, per scatenare un’azione effettiva ed efficace per la trasformazione della realtà. Lo spazio si libera e politicizza, l’atto di proiezione diventa atto liturgico, atto collettivo di decolonizzazione, atto di guerriglia.
Il terzo cinema auspica la decolonizzazione attraverso un progetto che fonde estetica e politica, vita e arte. Un’estetica che parte dalla vita e torna alla vita, un’arte che si nutre di politica generando un’opera aperta, in movimento, che doppia il movimento della vita:
Nuestra época es época de hipótesis más que de tesis, época de obras en proceso, inconclusas, desordenadas, violentas, hechas con la cámara en una mano y una piedra en la otra, imposibles de ser medidas con los cánones de la teoría y la crítica tradicionales57.
In questo passaggio avvertiamo l’aura di Julio García Espinosa, l’invito a un’imperfezione che è sinonimo di apertura e rifiuto di cristallizzazione e
56 A. González Norris, La hora de los hornos. Entrevista a Fernando Solanas, in Hojas de
cine..., cit., pp. 56-60, p. 59.
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di morte. Solanas e Getino auspicano un’estetica che si dissolva nella vita: per combattere le forze dell’antivita (il colonialismo e l’imperialismo) è necessaria una battaglia integrale su tutti i campi dove operano queste forze. Dissoluzione dell’estetica nella vita che esplicita il fondamento etico di questa idea cinematografica, ma che non equivale a un disinteresse verso la ricerca artistica, anzi: prevede una profonda risemantizzazione delle categorie estetiche, a partire dalla dialettica di forma e contenuto. Le sperimentazioni di montaggio, la composizione delle immagini, le ricerche di effetti sonori non possono darsi come semplice ornamento: devono rispondere a un’idea. Così si delinea una «pedagogía política del audiovisual»58.