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IL TESTO LIBERO

Nel documento I bambini pensano con le storie (pagine 81-86)

È POSSIBILE VALUTARE LA COMPETENZA NARRATIVA?

1. IL TESTO LIBERO

Il testo libero fa le sue prime apparizioni molto precocemente sui fogli di lavoro dei bambini, quando l’avvicinamento alla lingua scritta viene vissuto in classe come conquista di un mezzo in più per esprimere liberamente emozioni ed esperienze.

Il contesto in cui sbocciano i primi testi liberi è improntato all’ascolto da parte dell’insegnante, alla valorizzazione di quello che i bambini sanno, all’attenzione verso quegli aspetti della vita scolastica che, come il raccontarsi e il conoscersi a vicenda, contribuiscono a creare un clima di accoglienza e di benessere reciproci.

Il primo sostenitore riconosciuto della pratica del testo libero è Freinet,1 che fa partire proprio da questa modalità di scrittura e dallo spirito che la sostiene gran parte della sua attività, dalla messa a punto alla pubblicazione dei testi dei bambini nel Libro di Vita e nel Giornale di Classe. Si sa che l’idea pioniera di Freinet ha fatto scuola e che ancora oggi è condivisibile e valida, anche se la mitica tipografi a ha ceduto il passo alle tecnologie del computer e della fotocopiatrice, e la didattica si è via via arricchita di nuovi studi, di nuove ricerche e quindi di nuovi strumenti. Anche oggi la modalità di approccio alla scrittura e l’educazione linguistica che ne consegue hanno senso se si sanno innestare sulla lingua che i bambini usano quotidianamente per esprimere le cose e le sensazioni familiari, vicine.

Il testo libero non è quindi semplicemente una tecnica di scrittura, seppure effi cace. La sua pratica è il segno di un diverso modo di intendere la relazione educativa, è se vogliamo un indicatore pedagogico che marca la scelta della modalità narrativa su quella tassono-mico-analitica. Il testo libero legittima uno scambio che è insieme realistico e simbolico: i bambini esplorano in testi ancora incerti la dimensione della proiezione e sperimentano con i compagni il potere della parola scritta come liberazione, prima tappa di quella lunga rielaborazione metaforica che porta al riconoscimento di sé. Come se, in poche righe, scoprissero il piacere e la soddisfazione di esserci, di contare e di rivelarsi agli altri, nella messa in scena dei loro primi saperi ed esperienze, della loro visione del mondo.

La prima narrazione di sé attraverso la scrittura si accompagna di solito al disegno e la sua forma ancora approssimata ha spesso bisogno di un interprete, il bambino-autore, e di uno scriba, l’insegnante, per conservare nel tempo i signifi cati che vuole esprimere.

1 C. Freinet, La scuola del fare. Principi (vol. I); Metodi e tecniche (vol. II), Emme Edizioni, Milano, 1977-1978.

Matteo, classe prima, gennaio:

Passa qualche mese e la conquista della strumentalità di base è per i più cosa fatta.

I bambini affi dano con orgoglio alla parola scritta esperienze, stati d’animo, immagi-nazione, e spesso una sola frase ha dignità di testo.

Ivano, bambino rom: Ieri sera quando sono tornato al campo ho visto che erano arrivate le rulott erano così tante come i miei capelli in testa.

Alice: Io ci penso sempre alla mia mamma, ci penso sempre anche quando sono in palestra anche quando sono in mensa ci penso e tu ci pensi sempre alla tua mamma?

Nei testi liberi confl uiscono motivazioni e suggestioni particolari, a volte è un’at-tività scolastica vissuta come particolarmente gratifi cante a dare il via alla scrittura.

Chiara nel suo testo fa eco, anzi completa a modo suo una fi lastrocca inventata insie-me in classe pochi giorni prima e trova le riinsie-me giuste per espriinsie-mere la sua insie-meraviglia per i cavalloni, onde grandi fi no al cielo.

La fi lastrocca:

Acqua

L’acqua scende giù dai monti Passa veloce sotto i ponti E poi giù da una cascata E nel fi ume se n’è andata.

Lenta lenta arriva al mare Tutte le spiagge va a bagnare Sulle spiagge si sono i bambini…

Chiara la continua così:

Il punto di forza dei primi testi liberi sta nell’immediatezza, nella freschezza espressiva che suppliscono con l’urgenza narrativa al dominio limitato dei mezzi lin-guistici. Fin dall’inizio lo scopo del testo libero è rispettato nella sostanza, ma sarebbe sbagliato contrabbandare questa ingenuità o genuinità con un’intenzione comunicati-va vera e propria. In realtà i bambini si arrangiano con i pochi strumenti in loro pos-sesso, condensano, ripetono, riducono tempi, spazi e articolazione della loro scrittura perché non sanno fare altrimenti.

Come aiutarli? Le proposte che seguono possono contribuire a rinforzare le abi-lità di scrittura, a tenere progressivamente sotto controllo i diversi piani procedurali.

L’importante è che lo spazio della libera espressione non si senta assediato e il testo libero non diventi pretesto per fare altro. Troppo prezioso infatti è il suo scopo di rendere espliciti ai bambini-autori i propri sogni, desideri, pensieri e di condividerli con i compagni. Il testo libero libera un universo imprevedibile, che, a saperlo inter-pretare, indica altrettante strade per nuove conoscenze, per conoscersi meglio.

Come fa con irruenza Marco, classe prima, maggio:

Io non so come fanno le stelle a stare su nel cielo, io non lo so e non so perché il sole di giorno c’è e di notte no e perché la mamma e il papà devono lavorare anche quando io torno da scuola io non lo so. Io non so perché gli animali non imparano la nostra lingua e io non so perché le nuvole viene la pioggia e non so perché la neve è bianca se è fatta di acqua io non so perché l’acqua del mare è azzurra e se la prendo in mano non è più azzurra.

Sotto la pioggia

La proposta riprende un’attività normalissima nella scuola. Bambini e insegnante vivono insieme un’esperienza coinvolgente e in seguito la rievocano a voce e, indi-vidualmente, con la scrittura. La diff erenza sta nella modalità di realizzazione, che mantiene intenzionalmente la centratura sulla fase ideativa per soccorrere alla diffi -coltà dei più piccoli a sapersi esplicitare le idee in modo da renderle disponibili per l’articolazione di un testo.

A monte della scelta stanno alcune considerazioni su come i bambini si rappor-tano con le esperienze. Nel bambino che agisce nel gioco o in altre situazioni quo-tidiane i piani dell’azione e della percezione coincidono con quello dell’emozione e dell’immaginazione. L’immersione nel vissuto è pressoché totale e l’esperienza viene consumata, meglio metabolizzata in tempo reale, senza concedere spazio suffi ciente a una qualche forma apprezzabile di attività rifl essa. Deriva da qui la diffi coltà a ri-percorrere con le parole e ancor più con la scrittura il groviglio di fatti, emozioni e immagini che riaffi ora intatto nel suo senso ma in forma sincretica, quasi inestrica-bile. Tanto che spesso la densità e l’urgenza di ciò che si vuole comunicare o scrivere vengono tutte espresse in un concentrato onnicomprensivo: “Sono stato al mare, è stato bello”, dove le parole sono caricate di signifi cati impliciti che chi ascolta o legge non può inferire.

Il lavoro qui descritto cerca di attivare nei bambini una forma iniziale di percezio-ne cosciente del proprio vissuto, mentre questo si fa, e di sviluppare poi la capacità di sapersi rappresentare con immagini e con parole la profondità e l’articolazione dei ricordi. Se riferito all’espressione precedente “Sono stato al mare, è stato bello” si tratta di espandere i termini portatori di senso mare e bello in mappe esplicite.

Come inizio, abbiamo programmato assieme ai bambini una passeggiata sotto la pioggia, ed abbiamo atteso insieme che l’occasione si presentasse.

Durante l’esperienza l’insegnante assume più ruoli. Partecipa con complicità ai giochi dei bambini, sottolinea iniziative e osservazioni, le riprende, rilancia parole ed espressioni che scivolano via nei dialoghi. È quindi presente dentro il vissuto e fuori,

perché presta la sua capacità rifl essiva e metacognitiva ai bambini, fa da specchio e amplifi ca gli elementi dell’esperienza stessa, senza pedanterie e costrizioni.

In classe ha inizio la messa in scena della rievocazione. La conversazione è ani-mata, i bambini richiamano parole, fatti, osservazioni, brevi frasi, il criterio seguito naturalmente è quello associativo; c’è chi richiama un fatto, un piccolo evento con-diviso e altri aprono, completano con osservazioni personali, aggiungono pensieri individuali, riprendono altri eventi per assonanza o per contrasto. Fra le notazioni compare non di rado la metafora, come fa Mirko, che ha potuto entrare nella pozzan-ghera con i suoi stivali di gomma nuovi: “Il prato è un lago e io ci navigo con le mie barchette gialle e non mi bagno”.

L’insegnante fa memoria sul foglione, aiuta a trovare parole ed espressioni adatte, a volte richiama alla mente qualche aspetto: “Vi ricordate quando…”. Alla fi ne la classe ha a disposizione la rappresentazione complessa, non ordinata ma ricca e articolata dell’esperienza di tutti e di ciascuno.

Nei giorni successivi i bambini ritornano alla mappa, riconoscono le loro espressio-ni, si soff ermano su altre, si appropriano di uno strumento e si orientano nella sua com-plessità. Ad un certo punto l’insegnante propone un gioco nuovo. Davanti alla mappa e segnando visivamente con il dito, seleziona un percorso di senso, senza spiegare:

Pioggia; fango per terra; cic, ciac; orme delle scarpe, grandi, piccole, grandissime quelle della maestra; pozzanghera; goccioloni che fanno cerchietti nell’acqua; io sono fortunato, ho gli stivali di gomma nuovi; il prato è un lago e io ci navigo con le mie barchette gialle e non mi bagno; cerchi nell’acqua grandissimi; mi ricordo quando al mare andavo sul pattino.

Pioggia; ombrelli aperti tutti colorati; tic, tac, toc fanno le gocce sull’ombrello; i goc-cioloni cadono dall’ombrello e mi bagnano le scarpe; il mio ombrello avrà bevuto troppo; anch’io voglio assaggiare la pioggia; alzo la faccia con la bocca aperta; le gocce mi bagnano il naso e devo chiudere gli occhi…

Ai bambini il gioco piace e vogliono provare. Lo fanno prima a voce, a turno, selezionando a slalom piccole narrazioni fra il ricco materiale a disposizione. Senza esserne ancora consapevoli, stanno traffi cando con aspetti ed elementi testuali fonda-mentali, ideazione, selezione delle idee, organizzazione testuale, coerenza testuale.

A conclusione dell’attività, è prevista la produzione di un breve testo che possia-mo defi nire quasi libero. La scrittura può riprodurre il racconto già individuato sulla mappa, ma è possibile ripescarne uno nuovo, oppure aggiungere altri elementi che si innescano seguendo un’idea iniziale.

Veronica, senza saperlo, diventa una piccola Alice:

Io camminavo sotto il mio ombrello rosso. La pioggia faceva tic toc tac e le mie scarpe nel fango facevano cic ciac. Era una bella musichetta della pioggia. Io ho visto una pozzanghera in mezzo al prato, era un lago. Sono andata vicino e nel lago si specchiavano le case con i tetti in giù, in fondo c’era il cielo e le nuvole. Anche io ero dentro il lago con l’ombrello rovesciato e i piedi per terra. Allora mi sono tuff ata e volavo verso il cielo.

Nel documento I bambini pensano con le storie (pagine 81-86)