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Il timore di una fine prematura »

La fase finale del 1950 fece registrare un improvviso, inatteso, crollo delle attività del Movimento che fece ipotizzare addirittura una prematura fine dell’esperienza politica.

Il 1 ottobre del ’50183 Adriano Olivetti fu colto da un infarto che lo avrebbe

costretto ad un allentamento forzato sia dall’azienda che dalla scena politica, per otto lunghi mesi. La sue condizioni fisiche erano divenute molto critiche al punto tale che la famiglia, come affermato da Franco Ferrarotti nell’intervista pubblicata nelle

182 ASO, Fondo Attività Politica, Movimento Comunità, Comitato Centrale, 1947–1962,

Comunicazioni, verbali, risoluzioni, 1950, scatola 1 fasc. 6.

successive pagine184, stava avviando la futura organizzazione per la successione ai

vertici aziendali. Il contraccolpo fu brutale anche per il MC, che si vedeva inaspettatamente deprivato del suo mentore e principale esponente che solo qualche mese prima aveva, con le sue parole, indicato una speranza concreta ed una nuova strada da seguire. La sera del 27 novembre si riunirono d’urgenza presso l’abitazione di Ignazio Weiss, i principali dirigenti del Movimento insieme a Roberto Olivetti, figlio primogenito di Adriano, individuato quale elemento di collegamento con il mentore del partito nonché suo potenziale successore nella gestione aziendale185. In questa

riunione, considerata la pesante assenza di Adriano Olivetti e il pericolo di una sua prematura morte, i dirigenti, con il beneplacito della famiglia, decisero dopo una lunga discussione di ridimensionare in maniera sostanziale l’impegno ed il raggio di azione di MC riconsiderandone la struttura, i compiti e le responsabilità. Al termine della riunione fu redatto un documento programmatico che la Direzione Politica Esecutiva avrebbe reso noto agli aderenti ed alle sezioni solo il 6 dicembre186.

La linea politica adottata dalla DPE riassumeva una scelta davvero drastica che andava nella direzione da sempre auspicata dalla corrente Localista. Si decise infatti di concentrare tutti i residui sforzi all’interno dell’area geografica del Canavese, svuotando e lasciando al loro destino i centri comunitari sparsi lungo tutto il territorio nazionale. Vennero sospese immediatamente tutte le pubblicazioni più importanti per la propaganda del Movimento e venne disposta la chiusura di alcuni centri culturali di elevato interesse strategico. In quelle settimane del dicembre 1950 appariva, oramai, solo una questione di tempo la cessazione dell’azione politica dei comunitari che, seguendo le dichiarazioni di chi visse quei momenti, si sentivano smarriti e si domandavano quale sarebbe stato il loro futuro. E, in questo, senso il documento redatto e diffuso dalla DPE non dava adito ad auspici positivi:

La Direzione politica Esecutiva del Movimento Comunità, in seguito al prolungarsi della indisposizione dell’Ing. Adriano Olivetti, […] è stata costretta a riesaminare la posizione del Movimento […].

A conclusione di tale riesame, è stato deciso di procedere in modo da ridimensionare l’intero Movimento, sì che, ristretto e radicato nel suo naturale e primo settore d’azione, il Canavese, possa meglio tener fede a quei programmi di azione metapolitica, sociale e culturale che ne sono la testimonianza più viva. In conformità è stato quindi stabilito:

a) il Movimento Comunità non si presenterà con lista e simbolo proprio alle elezioni amministrative (elezioni che un discutibile patto partitico svuota di ogni concreto contenuto democratico), pur lasciando liberi i suoi aderenti di far parte di quelle liste che diano loro garanzie di serio ed onesto lavoro amministrativo;

b) il settimanale «La Serra» sospende le sue pubblicazioni a partire dal 15 dicembre 1950;

c) la rivista del Movimento Comunità sospende le sue pubblicazioni con il n° 10 in corso di stampa;

184 Infra, pp. 368-394.

185 ASO, Fondo Attività Politica, Movimento Comunità, Ivrea, 1948 – 1961, Ivrea - varie, scatola 11,

fasc. 78.

d) nei primi mesi del 1951 uscirà, a cura del Movimento, e in collaborazione con l’Istituto dei Centri Comunitari, un bollettino: «Comunità Canavesana», che manterrà il contatto con gli iscritti e imposterà in modo concreto i problemi dei Centri Comunitari che vivono e operano nel Canavese;

e) la sede del Gruppo Culturale di Comunità a Torino, sita in via Monte di Pietà n° 1, verrà chiusa, mentre il Gruppo Culturale stesso continuerà in altra sede la sua attività di studio e di concentrazione delle libere forze della cultura interessate al progresso sociale;

f) tutti i gruppi culturali comunitari sparsi in Italia, saranno invitati a proseguire, entro i su precisi limiti, in questa comune azione di studio e di approfondimento teorico dei problemi della loro comunità.187

Il fine dei dirigenti del MC appariva chiaro: bloccare tutte le velleità di crescita politica e limitarsi ad una fasi di analisi e progettazione territoriale e sociale, preferibilmente per le comunità ricadenti nell’area canavesana. Anche la scelta di non partecipare direttamente all’esperienza elettorale delle amministrative del 1951 fu dettata principalmente dall’assenza di Adriano che avrebbe dovuto far da tramite con l’azienda per garantire la necessaria copertura finanziaria della campagna elettorale. Ciò non impedì ad alcuni comunitari di partecipare, con candidature autonome in liste dell’area progressista, alla tornata elettorale.

Il Movimento sembrava oramai non doversi più riprendere dal duro contraccolpo ma nei primi mesi del 1951 accadde qualcosa di inatteso. La salute di Adriano migliorò notevolmente così da portarlo di nuovo operativo alla guida dell’azienda e del soggetto politico comunitario. E il suo ritorno fu grande ed intenso, proprio in stile Olivetti. La prima e più importante azione di quell’anno fu la concretizzazione della volontà di una discesa al Sud e di una scoperta piena delle potenzialità disattese del Mezzogiorno. Fu l’anno della idealizzazione, insieme all’architetto Luigi Cosenza, dell’apertura di uno stabilimento Olivetti a Pozzuoli, inaugurato poi nel 1955. La risultante sarebbe stata una perla architettonica, inimmaginabile per gli standard dei “capannoni” aziendali di quegli anni, incastonata in uno dei più suggestivi panorami d’Italia e del mondo. La conferma della volontà dell’azione comunitaria di realizzare le condizioni per lo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia sarà analizzata ulteriormente nel capitolo successivo. Olivetti però voleva rilanciare in maniera decisa anche l’operato del Movimento. Decise così di rilanciare sul piano nazionale la pubblicazione della rivista «Comunità» e inoltre acquistò un periodico bisettimanale che avrebbe caratterizzato, in maniera significante, la propaganda e la percezione di MC in Piemonte: «La Sentinella del Canavese».

Il rilancio, nei mezzi, era avviato ma era ovviamente complesso ridestare gli umori dei dirigenti che avevano vissuto il periodo di corsa verso il baratro, serviva pertanto anche un rilancio degli uomini. Fu così che Olivetti ed i suoi decisero di pubblicare un’inserzione su «La Stampa» nella quale si comunicava «Associazione Culturale cerca giovane laureato lettere o filosofia o economia interessato problemi sociali disposto di riferire organizzazione periferica culturale popolare inviare

187 ASO, Fondo Attività Politica, Movimento Comunità, Ivrea, 1948–1961,"Ivrea. Varie", scat. 11, fasc.

curriculum casella postale»188. Veniva lanciato un nuovo modo per fare avvicinare

nuove persone al Movimento, una modalità di reclutamento basata sulle competenze e sulla propensione all’analisi sociale ed antropologica delle comunità. Interessante è la correlata vicenda di Ludovico Actis Perinetti che, rispondendo all’annuncio fu convocato per il colloquio, il 25 luglio alle ore 11.00. Ad esaminare il laureando in filosofia sarebbe stato Rigo Innocenti che al termine della mattinata annotò a mano su un foglietto il suo parere «Molto giovane, preparato teoricamente e scolasticamente, non ha esperienza. Parlarne all’ing. A.O.»189. Innocenti riportò ad Olivetti le sue

impressioni e, quest’ultimo, decise di riconvocare per un successivo colloquio il giovane Perinetti. Dopo questo incontro Olivetti decise di assumere il filosofo e, successivamente, di affidargli incarichi ai vertici del Movimento Comunità, tra cui il ruolo di componente della Direzione Politica Esecutiva, carica che avrebbe detenuto sino al 23 dicembre del 1958190.

Si stava sviluppando un rinnovato sentimento di appartenenza al Movimento che si apprestava a vivere un nuovo slancio verso una maggiore politicizzazione e verso un ulteriore ampliamento dei confini geografici in cui operare. Nel 1952 infatti oltre ad affidare formalmente, con atto della DPE del 12 gennaio191, la direzione Centro

Comunitario romano ad Umberto Serafini, fu stabilita l’apertura di un centro comunitario a Matera192, una scelta di straordinaria rilevanza in ottica futura, non

foss’altro per il contributo alla crescita umana ed economica dato da MC al territorio della Basilicata. Questa nuova fase però determinava anche l’alimentazione di nuove esigenze relative agli spazi di azione ed alle linee guida di un Movimento che ambiva a divenire, definitivamente, seppure con tutte le numerose differenziazioni, un partito politico. Tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno del ’52 si fece largo la sensazione di una necessaria rivisitazione dei punti fondamentali posti alla base della struttura comunitaria. Venne avviata dapprima una discussione su alcune modifiche da apportare a Linee e mezzi d’azione, soprattutto per la parte concernente i punti programmatici. La DPE prese in esame la possibilità di emendare il punto primo ed il punto dodici della prima e vigente stesura.

Il primo punto, quello relativo ai valori di indirizzo dello Stato, racchiudeva in se la portata cristiana del socialismo professato dai comunitari. Stabilendo che il Vangelo doveva essere la legge superiore della Comunità si decise di caratterizzare in maniera ben definita le categorie di pensiero presenti e prossime ad MC. Con la maturazione del Movimento e l’apertura ad un’audience più ampia, questo principio andava necessariamente chiarito e secondo la governance della DPE, reso meno tendente ad escludere. La proposta di aggiunta al punto 1 andava proprio nella direzione dell’apertura a quelle forze della sinistra democratica progressista, che non facevano, necessariamente, della religione cristiana un loro baluardo.

188 «La Stampa», 28 giugno, 1952.

189 ASO, Fondo Attività Politica, Movimento Comunità DPE, verbali e carteggio, Direzione politica

ricerca di personale 1952, scat. 2, fasc. 5.

190 ASO, Fondo Attività Politica, Movimento Comunità, Direzione Politica Esecutiva, Carteggio di

segreteria agosto/dicembre 1958, scat. 15, fasc. 65C.

191 ASO, Fondo Attività Politica, Movimento Comunità DPE, verbali e carteggio 1952, direzione

politica, scat. 2 fasc. 6.

192 ASO, Fondo Attività Politica, Movimento Comunità DPE, verbali e carteggio 1952, direzione

Aggiunta al punto 1, paragr. 1

Questa dichiarazione non implica per nessuno una sottomissione politica dell’autorità religiosa, ma riafferma il riconoscimento da parte dei laici, credenti e non credenti, cattolici e non cattolici, dei valori spirituali contenuti nel Vangelo.193

Il dodicesimo punto, relativo invece alle proposizioni in campo economico del Movimento, risultava, dopo pochi anni, troppo semplicistico e riduttivo per un paese al cui interno vi era ancora una grande porzione di territorio tenuta lontana dallo sviluppo infrastrutturale ed industriale. Venne quindi proposto direttamente da Olivetti un emendamento che mirava a definire in maniera più dettagliata i potenziali ambiti di intervento.

Emendamento punto 12, paragr. 4

Sul piano economico il Movimento si propone di instaurare una economia sociale non statizzata.

Il modello della nuova impresa è rappresentato da una azienda industriale o agricola autonoma nella quale si stabilisca una compartecipazione pluralista e cioè divisa normalmente tra:

1) Associazioni cooperative di lavoratori denominate Comunità di Fabbrica o Comunità della Terra;

2) Sezioni industriali (in inglese Divisions) delle Comunità o delle Regioni o di entrambe;

3) Fondazioni autonome intese a difendere i diritti della persona;

4) Fondazioni autonome intese a stimolare il progresso tecnico-scientifico fuori o dentro le aziende.194

La discussione fu viva e determinò la creazione di posizioni contrastanti tra loro, d’altronde elementi come il riferimento religioso e la pianificazione economica non potevano essere ritenuti elementi di mero contorno. Uno tra i più critici rispetto, in particolare, alla modifica del punto primo fu Rigo Innocenti che, in risposta alla proposta diramata dalla DPE, comunicò la sua perplessità rispetto alla necessità di insistere nei riferimenti ai valori spirituali del Vangelo anche nel testo dell’aggiunta essendo già presenti, nel paragrafo vigente, sufficienti rimandi alla civiltà cristiana. Innocenti propose che l’aggiunta si limitasse esclusivamente alla dicitura «Questa

dichiarazione non implica per nessuno una sottomissione politica dell’autorità religiosa» per

evitare che l’obiettivo per cui era stata prevista la modifica non venisse vanificato195.

Ben presto gli ambienti comunitari si resero conto però che la discussione sulla modifica dello statuto e dei punti programmatici avrebbe comportato un notevole

193 ASO, Fondo Attività Politica, Movimento Comunità, direzione politica esecutiva, verbali e

carteggio 1952, 17/09/1952, scat. 2, fasc. 7.

194 Ibidem.

195 ASO, Fondo Attività Politica, Movimento Comunità, direzione politica esecutiva, verbali e

impiego di tempo e di impegno in risorse umane, con il rischio di bloccarsi in una diatriba interna e perdere di vista le incombenti richieste provenienti dalla societ. Viste le mutate condizioni del contesto italiano e della rinnovata propensione del Movimento ad agire più direttamente nell’universo politico, locale dapprima e nazionale poi, venne lanciata l’idea di redigere un programma ex-novo. L’idea di una nuova dichiarazione programmatica nacque nella primavera del 1952, quando la Direzione Politica Esecutiva, allargata all’ingresso del meridionalista del Movimento,

Riccardo Musatti196, decise di dare avvio alla discussione su un’eventuale

riproposizione dei fini e degli obiettivi di MC197. La formazione, nel maggio ’52, di un

gruppo di lavoro composto da alcuni tra i più illustri esponenti comunitari era il chiaro segnale che qualcosa stava venendo a modificarsi negli assetti del Movimento. La scelta del nome chiariva ancora di più questo aspetto, Tempi Nuovi Metodi Nuovi, così fu intitolato il documento, che infatti voleva simboleggiare l’ingresso in uno spazio prima non conosciuto e l’applicazione di soluzione non ancora testate. Il Movimento Comunità con la modifica degli assetti interni ed il passaggio alla guida della corrente dei Fabian-Laburisti, coadiuvati dai Tecnicisti, si apprestava a divenire un vero e proprio partito. Ulteriore avvaloramento di tale tesi è racchiuso nella volontà di definire il documento come una “dichiarazione politica” anziché programmatica.

Nonostante la formalizzazione di un nucleo di lavoro composto da 11 persone i contributi più rilevanti alla formulazione dei punti contenuti nel testo furono forniti

da Musatti e, in particolare, da Geno Pampaloni198, segretario del Movimento

Comunità. Il testo definitivo fu sottoposto all’approvazione della Direzione Politica il 21 ottobre del 1952199, così da poterne consentire la pubblicazione e la diffusione a

partire dal gennaio del ’53. La nuova impostazione aveva frenato il processo di emendamento allo statuto Linee e mezzi d’azione che pertanto, eccetto alcune variazioni di carattere tecnico che verranno introdotte in un momento successivo, e per l’aggiunta

al punto 1 citata in precedenza200, non subì sostanziali discostamenti dalla sua forma

originaria. Va da se che con l’avvento della dichiarazione politica i punti programmatici del 1949, pur trovando in molteplici aspetti corrispondenza all’interno di Tempi Nuovi, Metodi Nuovi, subirono un forte appannaggio a discapito di quest’ultimo documento, che dalla sua pubblicazione sarebbe divenuto il principale riferimento per l’analisi dei dettami e dei postulati enunciati dal Movimento Comunità. Ciò lo si può riscontrare anche dalla produzione storiografica e sociologica che ha posto, negli anni, maggiore attenzione nei confronti della dichiarazione del ’53, relegando quasi nel dimenticatoio lo statuto ed i punti programmatici del 1949. Questo

196 Riccardo Musatti, nato a Roma nel 1920, morì a Milano nel 1965. Giornalista e saggista, fu un

convinto antifascista, militante del Partito d’Azione. L’incontro con Olivetti segnò il passo della sua attività politica e lavorativa. Diventato dirigente del Movimento Comunità, si contraddistinse per il suo progetto di rivalutazione del Mezzogiorno d’Italia. Il suo scritto La via del Sud, rappresenta ancora oggi una delle opere più significative sul tema.

197 ASO, Fondo Attività Politica, Movimento Comunità, direzione politica esecutiva, verbali e

carteggio 1952, scat. 2, fasc. 6.

198 Geno Pampaloni è stato un intellettuale romano, saggista, critico letterario e giornalista, tra i

principali collaboratori di Adriano Olivetti durante l’esperienza del Movimento Comunità. All’interno del Movimento rivestì un ruolo determinante, non solo rispetto agli incarichi svolti, fu Segretario Generale di MC, ma soprattutto per il fattivo contributo nello sviluppo dell’azione politica.

199 ASO, Fondo Attività Politica, Movimento Comunità, direzione politica esecutiva, verbali e

carteggio 1952, scat. 2, fasc. 7.

ribadisce l’ulteriore necessità della riproposizione, dapprima nel 2011, ed oggi in queste pagine, dell’opuscolo Linee e mezzi d’azione nella sua forma integrale.

4.3 1953: La dichiarazione politica e la partecipazione alle elezioni

Sin dall’elaborazione del primo documento statutario Linee e mezzi d’azione –

Punti programmatici e statuto, i comunitaristi ebbero la percezione che l’indicazione

delle finalità prettamente politiche del movimento rappresentavano indicazioni di massima. Tra la fine del 1952 e l’inizio del 1953 qualcosa all’interno del Movimento Comunità iniziò a mutare. Per Olivetti e i dirigenti di MC era sorta la necessità di avviare un confronto col sistema persistente nell’Italia di quegli anni. Per consentire che ciò avvenisse su un piano paritario con gli altri soggetti politici, bisognava necessariamente definire, in maniera più composita e dettagliata, le proposte, le metodologie ed i campi di azione politica, nei confronti dei quali i comunitaristi intendevano elaborare soluzioni concrete, utili a risollevare il paese. In prima battuta vi fu un cambio nella visione prospettica dei vertici della DPE e del CCC con l’avvento della corrente Fabian-laburista che prevalse rispetto all’impostazione dei “Localisti” i quali non auspicavano, quantomeno nel breve periodo, un impegno politico su larga scala. Ciò però non poteva bastare e fu solo la necessaria scarica per fornire alla DPE l’impulso per redigere un testo che può essere considerato il vero e proprio manifesto per le sfide politico-elettorali che MC si sarebbe trovato ad affrontare in quegli anni. Il titolo, Tempi nuovi, metodi nuovi, era stato proposto da Riccardo Musatti e racchiudeva in se il significato della svolta della linea politica indicata dalla dirigenza, che intendeva superare la riuscita fase di ramificazione del canavese ed il brusco pericolo di crollo del 1950, per guardare più in alto, al fine di ampliare gli orizzonti del movimento.

Il documento fu dato alle stampe all’inizio del 1953 e portava la firma di Assunto Rosario, Belgioioso Ludovico, Innocenti Rigo, Mortara Alberto, Musatti Riccardo, Olivetti Adriano, Pampaloni Geno, Quaroni Ludovico, Serafini Umberto, Trossarelli Giorgio, Zorzi Renzo. Praticamente risultarono firmatari tutti i componenti l’organismo al di fuori di Franco Ferrarotti. Il testo fu immediatamente divulgato nella medesima forma di pamphlet utilizzata per lo statuto del 1949. La pubblicazione racchiudeva in circa 50 pagine i contenuti dei 16 punti idealizzati per rilancio dell’azione politica del Movimento Comunità. L’apertura del testo con Programma

Aperto, chiariva le caratteristiche del DNA del Movimento Comunità che si

autodefiniva come «antifascista, repubblicano, democratico, federalista, cristiano e laico, socialista e personalista» contribuendo così, già al primo paragrafo, a porre in unione queste due ultime apparenti dicotomie, tratto quest’ultimo, qualificante dell’ideale comunitario. Nei paragrafi successivi si poteva riscontrare un’altra interessante precisazione riguardo al concetto di politica:

Politica è per noi la possibilità dell’uomo di armonizzare e sintetizzare esigenze e vocazioni diverse, e azione politica è lo sforzo di creare istituzioni che rendano operante tale possibilità. Politica è rapporto attivo, consapevole, armonioso tra l’uomo e l’ambiente del suo operare quotidiano, e azione politica è la ricerca delle condizioni in cui questo rapporto possa avere vita.

I comunitari avvisavano sin da subito il potenziale lettore sui possibili spunti che avrebbe potuto riscontrare proseguendo nella lettura, ribadendo però la negazione di ogni tipo di conflitto che causasse stati di frustrazione alla società nel suo complesso. Proseguendo con Lotta per un socialismo istituzionale, MC si dichiarava per la natura cristiana aderente, a livello internazionale in un mondo suddiviso in blocchi contrapposti, al blocco occidentale, ma in aperto contrasto con la linea politica posta in essere da tale coalizione. Ciò non stava a significare un apprezzamento del blocco marxista-leninista, anch’esso condannato in maniera aspra per via dell’illusorio credo della trasformazione dello Stato in un regno delle libertà assimilabile all’anarchismo. Il Movimento voleva invece indicare quale base per l’ordine nuovo, per gli Stati democratici, il socialismo istituzionale, ossia la particolare situazione in cui si sarebbe verificata l’unione di tutte le forze del lavoro unitamente alla cessazione dei privilegi