• Non ci sono risultati.

Tosa Mitsuoki e lo Honchō gahō taiden

Kusama Yayoi e Tosa Mitsuoki: tra arte e realtà

2.2 Tosa Mitsuoki e lo Honchō gahō taiden

Dopo un periodo di crisi e decadenza la scuola Tosa godette di una ritrovata fortuna grazie allo sviluppo di nuove tecniche pittoriche a opera di Mitsuoki e al suo stile innovativo e

20 H. G., “Three Japanese…”, pp. 119-120.

21 LIPPIT, The birth…, p. 358. A tal proposito Lippit propone una teoria secondo la quale nello Honchō

gashi, tramite la testimonianza del matrimonio tra Tosa Chiyo e Kanō Motonobu, i Kanō hanno tentato di

dimostrare di aver ereditato le tecniche pittoriche segrete della scuola Tosa.

22 LIPPIT, The birth…, p. 86. 23 Ibid.

43

moderno. Poche fonti sulla sua persona sono arrivate fino ai giorni nostri, ma il critico e professore emerito di Lingua Giapponese all’Università di Stanford Ueda Makoto è riuscito a tracciare una biografia dell’artista nel libro Literary and Art Theories in Japan:

“Tosa Mitsuoki (1617-91) spent his boyhood in Sakai, but later moved to Kyōto with his father and rose to fame there as a young painter with a fresh, new style. His style, freer and more modern than that of the traditional Tosa school, evidently appealed to the taste of the time. In 1654 he was appointed the head of the Imperial Painting Office and held that post for the next twenty-seven years. In 1681 he retired and spent the rest of his life as a monk.”24

Ulteriori ma scarne informazioni sulla vita di Mitsuoki sono riportate nel Dictionnaire

historique du Japon; figlio di Tosa Mitsunori, riportò la scuola alla fama di un tempo

grazie al suo stile innovativo in cui compaiono anche elementi ispirati alle tecniche della scuola Kanō.25

Figura 16.

24 UEDA Makoto, Literary and Art Theories in Japan, Ann Arbor: The University of Michigan, Center

for Japanese Studies, 1991, p. 245.

25 IWAO Seiichi, IYANAGA Teizō, ISHII Susumu, YOSHIDA Shōichirō, FUJIMURA Jun'ichirō,

FUJIMURA Michio, YOSHIKAWA Itsuji, AKIYAMA Terukazu, IYANAGA Shōkichi, MATSUBARA Hideichi, “358. Tosa Mitsuoki (1617-1691)”, in Dictionnaire historique du Japon, vol. 19, 1993, p. 135.

44

La figura 16 mostra un esempio di opera accreditata a Mitsuoki in cui è raffigurata una scena tratta da 匂宮 Niō no Miya, capitolo 42 del Genji Monogatari; oltre a essere annunciata la morte di Genji vengono introdotte le figure di Niō e Kaoru, protagonisti dell’ultima parte del romanzo26. Nell’illustrazione a opera di Mitsuoki possono essere

rintracciati gli elementi caratteristici della pittura della scuola Tosa precedentemente analizzati, comprese le nuvole dorate tipiche del genere rakuchū rakugai ideato da Mitsunobu.

Conosciuto come uno dei Tre Grandi Maestri della scuola Tosa, oltre a esserne stato innovatore dei canoni pittorici, Mitsuoki fu autore dello 本朝画法大伝 Honchō gahō

taiden (“Compendio completo delle regole di pittura”),27 unico libro di pittura mai scritto

da un membro della famiglia.28 Il manuale fu redatto nel 1690 come metodo per riportare

in auge la scuola Tosa in periodo Edo (1603-1868), e in esso furono riportati non solo i segreti tecnico-artistici dei Tosa, ma anche i precetti di Mitsuoki stesso circa la concezione che l’artista aveva dell’arte in relazione alla realtà e alla sua rappresentazione. Dato il contenuto strettamente confidenziale del manuale, Mitsuoki ne proibì la circolazione al di fuori dei membri della scuola Tosa; tuttavia, le nozioni in esso stilate trapelarono ad altri artisti e in particolare ad alcuni rivali della scuola Kanō, i quali circa ventitré anni dopo pubblicarono a loro volta un volume in cui erano contenuti i precetti di Mitsuoki senza che l’artista venisse mai nominato o citato.29

Lo Honchō gahō taiden fu uno dei primi veri manuali di teoria e critica artistica realizzati in Giappone e basati sull’arte autoctona. Esistono tuttavia alcuni brevi esempi di critica d’arte contenuti in un capitolo del Genji Monogatari legato a una gara di pittura;30 da ciò

si può dedurre che già nell’XI secolo si sentì il bisogno di iniziare a codificare su carta i precetti artistici, ma questi erano ancora relativi agli insegnamenti derivati dai maestri cinesi. Lo Honchō è quindi il primo tentativo da parte di un artista giapponese di redigere un manuale di pittura basato su una propria teoria artistica, ispirata solo in minima parte alla tradizione cinese e con elementi di differenziazione e separazione da essa; in alcune

26 “Niou no Miya”, in JAANUS, http://www.aisf.or.jp/~jaanus/deta/n/niounomiya.htm ultimo accesso

29/12/19.

27 Per mancanza di fonte diretta, i passi dello Honchō riportati successivamente nel paragrafo verranno

ripresi dal libro di Ueda Makoto, il quale li ha tradotti dal giapponese all’inglese; come sottolinea l’autore stesso, ad oggi non esistono traduzioni ufficiali in altre lingue dello Honchō gahō taiden.

28 UEDA, Literary…, p. 246.

29 ibid. Nella stessa pagina Ueda fa notare come il libro pubblicato dai Kanō sia diventato

successivamente più noto del manuale di Mitsuoki, tanto che i precetti di quest’ultimo vennero considerati come originari della scuola Kanō.

45

sezioni del manuale sono infatti presenti termini e concetti legati all’estetica cinese, ma trattati con originalità da parte di Mitsuoki e interpretati secondo canoni tipicamente giapponesi.31

Il manuale è composto da un totale di cinquanta sezioni, le quali possono essere a loro volta racchiuse in tre principali categorie quali teoria, pratica e critica artistica.32 Gli

argomenti principali sono così descritti da Ueda:

“The first part, comprising such sections as “The Six Canons”, “The Three Ranks”, and “The Essentials of the Theory of Painting”, persuasively expound the fundamental ideas on the art of painting. […] The middle part of the Summary touches on some technical details of painting in a practical manner. […] Then the final part of the book criticizes paintings and painters, ancient and modern.”33

Ai fini della ricerca di questo elaborato è di particolare rilevanza sottolineare e analizzare i passaggi contenuti principalmente nella prima macro-sezione del manuale, dedicata alla concezione dell’arte, in quanto necessari per analizzare la relazione tra Kusama Yayoi e Mitsuoki. Il rapporto tra arte e realtà è il punto fondamentale delle teorie di Mitsuoki; si tratta di un rapporto inscindibile secondo il quale l’arte non deve necessariamente imitare la realtà percettibile, ma tramite lo studio delle regole che governano la natura deve riuscire a rappresentare l’essenza intrinseca della realtà stessa. Per meglio comprendere questa correlazione è opportuno riportare un passaggio tratto dal capitolo intitolato The

Essentials of the Theory of Painting:

“Among works of painting that delineate various kinds of objects, some are mediocre because they are exceedingly lifelike, and others are mediocre because they are not lifelike. If there is a painting which is lifelike and which is good for that reason, that work has followed the laws of life. If there is a painting which is not lifelike and which is good for that reason, that work has followed the laws of painting. Herein lies the essence of my precepts.”34

31 “Honchou Gahou Taiden 本朝画法大伝”, in JAANUS,

http://www.aisf.or.jp/~jaanus/deta/h/honchougahoutaiden.htm, ultimo accesso 23/12/19.

32 Ibid.

33 UEDA, Literary…, p. 130.

34 TOSA Mitsuoki, “Honchō gahō taiden” (Compendio completo delle regole di pittura), opera citata in

UEDA Makoto, Literary and Art Theories in Japan, Ann Arbor, The University of Michigan, Center for Japanese Studies, 1991, p. 130.

46

In questo passaggio si evince chiaramente un equilibrio a cui arte e realtà devono sottostare; per creare una buona opera l’artista deve rappresentare la natura attivamente, ovverosia non limitarsi a una copia passiva degli oggetti ma anche distorcere le leggi che governano la natura stessa, in modo da realizzare così un’opera originale che non sia una mera copia dal vero. Analizzando questo passaggio, Ueda scrive:

“All good works of art are lifelike, not so much in the sense that they copy all the outward details of real life, as in the sense that they observe all the inward laws of nature.”35

Secondo le teorie di Mitsuoki una buona opera d’arte deve quindi essere realistica, tuttavia questo realismo non va inteso come riproduzione fedele della realtà visibile, ma piuttosto come un rispetto delle leggi che governano la natura.36 Queste leggi possono, in

un secondo momento, essere alterate dall’artista, ma per fare ciò bisogna prima studiarle e capire i loro meccanismi per poter mantenere una sorta di verosimiglianza;37

l’osservazione delle regole della natura e la fedele attinenza a esse, seppur intendendo la realtà in senso lato, sono considerate da Mitsuoki come le due regole fondamentali dell’arte, tanto che lo studio della natura viene considerato più importante dello studio della tecnica e degli strumenti.38

Per Mitsuoki, tramite lo studio della natura e la pratica, l’artista può giungere al grado massimo in cui le opere realizzate possono non risultare realistiche a una prima analisi, ma trasmettono “solo la forza espressiva e l’energia che contribuiranno all’effetto del realismo complessivo”;39 a tal proposito Mitsuoki stila una classificazione in cui

collocare gli artisti e le loro opere in base al rapporto tra tecnica e realismo.

Il grado più basso è quello dell’Opera Competente, categoria in cui è collocabile l’artista che ha riprodotto fedelmente la figura originale sviluppando anche un’ottima conoscenza delle tecniche di pittura;40 questa categoria può essere considerata come il punto di

35 UEDA, Literary…, p. 131. 36 SMIGIEL, “The Unreal…”, p. 15.

37 Lo stesso meccanismo si può ritrovare nelle arti del fumetto e dell’illustrazione, in particolare quando

l’artista possiede uno stile che altera i canoni e le proporzioni realistiche: per poter attuare in maniera armonica una semplificazione dello stile, l’artista deve prima conoscere le regole anatomiche e le proporzioni dei corpi reali, in modo da poter successivamente attuare una loro semplificazione verosimile e armonica.

38 UEDA, Literary…, p. 131. 39 SMIGIEL, “The Unreal…”, p. 15. 40 UEDA, Literary…, p. 134.

47

partenza per giungere ai gradi più alti. La categoria intermedia è quella dell’Opera Meravigliosa, in cui l’artista giunge a maturazione dipingendo indipendentemente dalle regole ma senza mai infrangerle; secondo Mitsuoki questa maturazione si ottiene quando l’artista inizia a dipingere il significato intrinseco dell’oggetto anziché la sua forma reale.41 Questa categoria viene così descritta da Ueda:

“The student of painting, as he advances in his training, must try to go beyond the rules after completely mastering them. […] his work will show a charm not so much through its outward life-likeness as through its meaning, for the meaning of a painting lies not in the shape or color of the object but in the way in which the painter delineates it.”42

L’ultimo rango è quello dell’Opera Divina. In questa categoria sono presenti quegli artisti che hanno portato a maturazione i concetti cardine della categoria precedente e, dopo aver compreso appieno le leggi della natura, sono perfettamente in grado di catturare lo spirito dei soggetti delle loro opere.43 Quest’ultimo rango tuttavia non è accessibile a tutti gli

artisti, in quanto la comprensione dello spirito innato della natura è considerata una qualità sovrumana e riservata solamente a pochi individui.44

Nel caso dell’Opera Divina il concetto di spirito prende il posto del significato dell’oggetto; questi due termini sono tuttavia strettamente legati tra loro, in quanto per Mitsuoki lo spirito è la fonte primaria del significato.45 Da questa considerazione risulta

quindi evidente come il grado di Opera Divina sia la logica maturazione del grado di Opera Meravigliosa al quale è legato. A tal proposito, data la profonda relazione tra spirito e significato, è necessaria un’ulteriore analisi che metta direttamente a confronto i concetti di Mitsuoki e le opere di Kusama.