ATTUAZIONE COMPLESSIVA
DELLA RIFORMA DEL TERZO
SETTORE
luce di quanto previsto dallo statuto regionale. Nella definizione dei soggetti destinatari della legge si identificano, così, accanto agli enti del Terzo settore (art. 4, cc. 1-3), le altre associazioni, fondazioni ed enti a carattere privato che, senza fine di lucro, svolgono attività di interesse generale e le associazioni e società sportive dilettantistiche, ancorché non iscritti al Registro unico nazio- nale del Terzo settore (art. 4, cc. 4-5). Fra i soggetti che la legge riconosce espressamente vi sono pure il centro servizi per il volontariato accreditato per la Regione Toscana e le reti associative operanti, tramite loro articolazioni territoriali, nella Regione.
Il Capo II istituisce, invece, una Consulta regionale del Terzo settore quale organo di raccordo fra Regione ed enti del Terzo settore al fine di assicu- rare una partecipazione alle scelte politiche regionali incidenti, sia con una funzione consultiva nei confronti di Giunta e Consiglio regionali, sia con una funzione istruttoria e di controllo sull’attuazione della legge. La composizione della Consulta vede la partecipazione di rappresentanti delle diverse catego- rie di enti del Terzo settore, di una rappresentanza delle fondazioni di origina bancaria e dei Comuni.
Il Capo III, invece, completa la disciplina dell’art. 17 del Codice del Terzo settore in tema di attività di volontariato prestato individualmente, al di fuori di enti del Terzo settore, nei confronti della pubblica amministrazione. Tuttavia, la Regione incentiva, in ogni caso, «la collaborazione fra il volontariato indi- viduale ed il volontariato organizzato» e si impegna per favorire il consolida- mento delle attività di volontariato come espressione di un ente (e non solo della volontà dei singoli).
Il Capo IV della legge regionale costituisce il vero e proprio “cuore pulsan- te” della legge. Per uscire dalla situazione di incertezza normativa creatasi nell’interpretazione degli artt. 55 e 56 del Codice, la Toscana ha introdotto una serie di norme a configurare il rapporto fra P.A. e Terzo settore in pecu- liari ambiti di attività di interesse generale ricadenti in ambiti di competenza legislativa regionale. Portando così a compimento il percorso avviato dalla L.R. n. 58 del 2018, la legge n. 65 del 2020 definisce l’aspetto sostanziale dei modelli di “collaborazione” (artt. 9, in tema di co-programmazione e 11, in tema di co-progettazione) e, successivamente, stabilisce i principi in tema di procedimento amministrativo che l’amministrazione regionale e gli enti locali, nelle materie di competenza legislativa regionale, sono chiamati ad applicare. Appare rilevante, pertanto, che la Regione abbia scelto di dettare una discipli- na che, ai sensi dell’art. 118, comma primo, conforma l’esercizio delle funzioni amministrative degli enti locali, mirando così ad assicurare una condizione di uniformità nel rapporto fra Terzo settore e amministrazioni pubbliche su tutto il territorio regionale.
Merita di essere segnalata anche la parziale riproduzione dell’art. 56, c. 4 CTS nell’art. 14, c. 3 della proposta. Essa non è da considerarsi una mera riproduzione di quanto già previsto dalla legge – priva cioè di efficacia inno- vativa – ma è, in realtà, una presa di posizione rispetto all’obbligo di disappli- cazione della disposizione rilevato dal Consiglio di Stato n. 2052 del 2018 per contrasto col diritto dell’Unione europea: in tal modo, la legge intende prevedere, in conformità alle previsioni della giurisprudenza della Corte di Giustizia, che le convenzioni possano prevedere anche forme di rimborso dei costi indiretti, sebbene limitatamente alla quota parte imputabile direttamen- te all’attività oggetto della convenzione.
Fra le ipotesi specifiche di rapporto fra pubbliche amministrazioni e gli enti del Terzo settore, la legge prevede il centro servizio per il volontariato accre- ditato in Toscana «accordi e convenzioni per lo svolgimento di attività di cui all’articolo 61, comma 1, lettera a) del d.lgs. 117/2017» (art. 5, c.2). La formu- lazione assai ampia della disposizione lascia intendere che la Regione possa concludere sia convenzioni di cui all’art. 56 del Codice (qualora il CSV abbia una delle qualifiche previste dalla norma), sia nella forma dell’accordo ai sensi dell’art. 11 della legge n. 241 del 1990.
Sempre con riferimento ai rapporti fra P.A. e Terzo settore, la legge regiona- le contiene misure di attuazione di diverse disposizioni del Codice del Terzo settore.
Il Capo V, infine, contiene le norme finali e transitorie.
L’intervento normativo della Toscana mette in luce la possibile vastità dell’oggetto che le Regioni sono chiamate a disciplinare. Merita rilevare che il legislatore toscano non è intervenuto su due punti qualificanti, stante la fluidi- tà della disciplina nazionale: la disciplina legislativa di competenza regionale del Registro unico nazionale del Terzo settore (in attesa del D.M. istitutivo) e l’adeguamento dell’ordinamento tributario regionale a quanto previsto dal Codice del Terzo settore (in attesa dell’autorizzazione dell’Unione europea).
2.2.5. L’impatto della pandemia
Le norme introdotte per il contrasto alla pandemia hanno previsto deter- minati benefici per gli enti del Terzo settore, attraverso misure non sempre opportunamente calibrate. Il legislatore, infatti, ha utilizzato una pluralità di denominazioni per indicare l’ampio settore del not for profit, cercando di co- gliere sia gli ETS sia tutti gli altri che, non in possesso di una delle qualifiche del Terzo settore, risultassero meritevoli di misure di sostegno. Ciò induce l’interprete a prestare una notevole attenzione nella lettura delle disposizioni.
La modifica più rilevante – a giudizio di chi scrive - è la deroga temporanea dell’art. 17, c.5 CTS. Tale norma del Codice del Terzo settore sancisce l’incom- patibilità assoluta fra la qualità di volontario e «qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria». È una delle pietre angolari della riforma del Ter- zo settore. Nonostante il Ministero del Lavoro e
delle Politiche sociali (nota direttoriale n. 2088
del 27 febbraio 2020), a proposito di questa di-
sposizione, abbia chiarito come l’art. 17, comma 5 «abbia una portata ampia e generalizzata, ri- feribile, da un lato a “qualsiasi rapporto di lavoro” e, dall’altro, facendo riferimento al volontario sic
et simpliciter, non introduce alcuna distinzione
tra volontario stabile e volontario occasionale»,
Per un periodo di tempo determinato (la durata dello stato di emergenza), la deroga consente che soggetti che sono qualificati dalla legge come volon- tari, possano intrattenere anche rapporti di lavoro di qualsiasi tipo con l’ente nel quale svolgono la propria attività; oppure, per altro verso, che un lavoratore possa altresì svolgere attività di volontariato in qualità di volontario nell’ente nel quale lavora. L’emergenza rende possibile una “ibridazione” a tempo, fra le due qualità.
2.2.6. Spunti conclusivi
Molti sono gli itinerari di attuazione della riforma del Terzo settore: c’è la via normativa; ci sono gli orientamenti interpretativi dell’amministrazione centra- le; ci sono le scelte, normative ed amministrative, delle amministrazioni terri- toriali; ci sono i pronunciamenti dei giudici. Concentrarsi su uno solo di questi assi, rischia di restituire una immagine assai parziale. E, soprattutto, occorre non perdere di vista un elemento essenziale: la prassi sociale, intesa come insieme di comportamenti e scelte compiuti dagli attori sociali ed istituzionali. Sono essi la principale “cartina di tornasole” sull’effettività e sull’efficacia della nuova disciplina normativa.