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Trattamento e valutazione postoperatori ed eventuali complicazioni

10. TRATTAMENTO CHIRURGICO: ADRENALECTOMIA O SURRENALECTOMIA

10.5. Trattamento e valutazione postoperatori ed eventuali complicazioni

L’adrenalectomia comporta complessivamente un’alta probabilità che si possano sviluppare delle complicazioni, circa il 51%; dunque, nelle fasi successive alla chirurgia, il grado di idratazione e l’equilibrio elettrolitico devono essere monitorati con attenzione ed eventualmente corretti (Schwartz P. et al., 2008).

10.5.1. Insufficienza surrenalica

L’insufficienza surrenalica permanente è un’inevitabile conseguenza della rimozione di entrambe le surrenali, che impone un trattamento suppletivo con glucocorticoidi (prednisone o prednisolone) e/o mineralcorticoidi (desossicorticosterone o fludrocortisone) per tutta la vita e un attento controllo per evitare il rischio di crisi addisoniane. Un’insufficienza surrenalica temporanea può manifestarsi in seguito alla rimozione di una sola ghiandola per un tumore secernente, in quanto l’attività della ghiandola controlaterale è stata soppressa dalla neoplasia; nel periodo postoperatorio è necessario somministrare glucocorticoidi fino a quando la ghiandola rimanente riprende la sua normale attività, identificabile effettuando un test di stimolazione con ACTH (Fossum T.W. et al., 2013).

Figura 27 - Vista intraoperatoria di un tumore

surrenalico sinistro che presentava rottura della capsula con conseguente emorragia acuta. [DaLang J.M. Schertel E. et al. Elective and emergency surgical management of adrenal gland tumors: 60 cases (1999–2006). Journal of the American Animal

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10.5.2. Tromboembolismo polmonare

Come già accennato sopra, il tromboembolismo polmonare è una complicazione potenzialmente mortale della chirurgia delle ghiandole surrenali (soprattutto in cani affetti da neoplasie), che si manifesta nel periodo postoperatorio, solitamente nelle prime 72 ore dopo la chirurgia, con l’insorgenza di un’improvvisa insufficienza respiratoria. La valutazione del grado di perfusione polmonare può essere di notevole ausilio per identificare le zone dell’organo con ridotto apporto vascolare. Il ricorso al riposo forzato e la somministrazione di ossigeno, anticoagulanti (per esempio acido acetilsalicilico o eparina) e agenti trombolitici (per esempio streptochinasi) possono migliorare il quadro clinico; tuttavia, in questi pazienti è necessario valutare l’ematocrito ogni 2 ore circa e cercare di identificare precocemente i segni di un’eventuale emorragia, nel qual caso è necessario cessare la somministrazione di streptochinasi. Questa complicazione, comunque, si può prevenire iniziando a somministrare eparina già durante l’intervento e continuando nel periodo postoperatorio (Fossum T.W. et al., 2013).

10.5.3. Altre complicazioni

Altre complicazioni che possono verificarsi nel periodo postoperatorio sono emorragie, squilibri idroelettrolitici, pancreatiti, polmoniti, insufficienza renale acuta, sepsi, infezioni della ferita e ritardi della cicatrizzazione. L’emorragia postoperatoria può conseguire ad una chiusura inefficace dei piccoli vasi presenti vicino a un tumore di grandi dimensioni e molto vascolarizzato; il ricorso all’elettrocauterio e alle graffe metalliche può prevenire tale problema (Fossum T.W. et al., 2013). Se si sviluppano iperkaliemia e/o iponatriemia si somministra fludrocortisone per os (0,01-0,02 mg/kg/die) o desossicorticosterone pivalato per via parenterale (DOCP; 2,2 mg/kg ogni 25 giorni). Nella maggior parte dei casi, queste anomalie elettrolitiche, che riflettono una deficienza di mineralcorticoidi, durano solo qualche giorno (De Brito Galvao J.F. & Chew D.J., 2011). Il ritardo della guarigione delle ferite è un’evenienza spesso riscontrabile in animali affetti da iperadrenocorticismo, per l’influenza negativa degli steroidi sulla cicatrizzazione; particolare attenzione deve essere posta al momento della ricostruzione della parete addominale, per la quale, come già specificato sopra, è meglio impiegare suture monofilamento assorbibili e resistenti o non assorbibili (Fossum T.W. et al., 2013).

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La mortalità riportata a seguito di adrenalectomia varia fortemente (27-34%). Non si sa se i cani con un tumore adrenocorticale funzionale, sottoposti ad una terapia medica a lungo termine prima dell’adrenalectomia, abbiano minori complicanze postoperatorie e una più alta percentuale di sopravvivenza. In uno studio condotto da Barrera J.S. et al., sono stati valutati i fattori di rischio associati alla presenza o meno di invasione della vena cava caudale in cani con tumori surrenalici e sottoposti ad adrenalectomia. I cani di questo studio sono stati divisi in due gruppi, in base all’estensione del trombo tumorale nella vena cava caudale: i cani caratterizzati da un’invasione locale presentavano un’estensione del trombo tumorale caudalmente alla porzione epatica della vena cava, mentre quelli con un’invasione estesa presentavano un trombo tumorale che arrivava cranialmente alla porzione epatica della vena cava. E’ stato riportato che la presenza di invasione della vena cava caudale e la sua estensione aumentavano la probabilità di morte dei soggetti nel breve periodo di tempo postoperatorio (entro i 14 giorni dalla chirurgia), probabilmente perché il trattamento chirurgico in caso di trombo tumorale esteso richiede un maggior grado di invasività chirurgica e può compromettere il sistema cardiovascolare (il rischio aumentava, inoltre, se si trattava di un feocromocitoma, a causa del rilascio massivo di catecolamine alla manipolazione della massa). Invece, l’invasione della vena cava caudale non è stata considerata un fattore di rischio per la sopravvivenza dei pazienti a lungo termine (oltre i 14 giorni dalla chirurgia). Inoltre, si è visto che lo sviluppo della coagulazione intravascolare disseminata (CID o DIC, Disseminated Intravascular Coagulation) ha influenzato in negativo il tasso di sopravvivenza nel breve periodo di tempo postoperatorio dei cani sottoposti ad adrenalectomia, soprattutto se presentavano un feocromocitoma o se avevano ricevuto in sede intraoperatoria una trasfusione di sangue o di emoderivati. Il feocromocitoma potrebbe contribuire alla comparsa della CID postoperatoria a causa dell’aumento di secrezione di catecolamine durante la chirurgia. La trasfusione di sangue potrebbe contribuire ad aumentare il rischio di CID da una parte perché il cane ha sviluppato la CID già durante la chirurgia e ha avuto bisogno di una trasfusione, dall’altra perché i fattori della coagulazione somministrati mediante il plasma trasfuso possono contribuire alla formazione di uno stato ipercoagulativo e quindi condurre alla CID (Barrera J.S. et al., 2013). Nei cani con rimozione tumorale incompleta, vi è persistenza dei segni clinici o recidiva dell’iperadrenocorticismo a settimane o mesi dopo l’intervento. Quando, invece, si esegue un’adrenalectomia bilaterale (per la presenza di tumori bilaterali), il cane necessita di supplementazione a vita con mineralcorticoidi e glucocorticoidi. In caso di iperadrenocorticismo

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ipofisario, la rimozione di entrambi i surreni è sconsigliata (anche se porterebbe a completa risoluzione dei segni clinici), poiché la percentuale di successo della terapia medica è relativamente alta e il trattamento abbastanza facile, dunque il rischio chirurgico non sembra giustificato.

Tra le varie complicazioni che possono svilupparsi nel postoperatorio, alcune sono significativamente correlate al tempo di sopravvivenza dell’animale sottoposto ad adrenalectomia: tra queste, bisogna prestare particolare attenzione allo sviluppo di pancreatite e di insufficienza renale acuta. In particolare, è stato riscontrato che l’incidenza di sviluppo di pancreatite nel postoperatorio, in medicina veterinaria, varia tra il 2,5% e l’11,1%. Inoltre, è interessante notare che molti cani che sviluppano la pancreatite nel postoperatorio hanno anche un’alta probabilità di sviluppare un’insufficienza renale acuta (Schwartz P. et al., 2008).

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PARTE SPERIMENTALE