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Partendo dall’ipotesi che i livelli differenziali di espressione delle connessine potevano essere correlati con lo status genotipico della mutazione BRAF abbiamo deciso di trattare le cellule con vemurafenib, un inibitore BRAF utilizzato in clinica per il trattamento di melanomi nei quali tale mutazione è responsabile di una attivazione costitutiva della chinasi e quindi della via di segnalazione MAPK/ERK.

Le celle A-375 e MeWo sono state trattate con vemurafenib 10 μM per 24 ore a seguito di una starvation della stessa durata eseguita al fine di sincronizzare le cellule e portarle al medesimo stato metabolico (fase G0 del ciclo cellulare).

I tempi e le concentrazioni di utilizzo del farmaco sono stati scelti in base a diversi dati riportati in letteratura per le A-375, cellule che presentano la mutazione. In particolare, Long e collaboratori (2014) hanno dimostrato che il farmaco utilizzato nella stessa linea cellulare e alle stesse condizioni del nostro studio (10 μM per 24 ore) inibiva la proliferazione cellulare e la fosforilazione di ERK [54]. Per uniformità abbiamo trattato anche le linea cellulare MeWo con stessi tempi e concentrazioni di vemurafenib, presupponendo che in questo caso il trattamento non avrebbe influito sulla vitalità delle cellule poiché non BRAF mutate ma che avrebbe, invece portato ad una attivazione della via di segnalazione ERK, in linea con i dati riportati da Bonet ed i suoi colleghi[55].

Capitolo IV Risultati e Discussione

4.3.1 Espressione genica di Cx26 e Cx43 dopo il trattamento con vemurafenib

Una volta effettuato il trattamento l’RNA è stato estratto, quantizzato, ne è stata valutata la purezza ed è stato retrotrascritto a cDNA, come precedentemente descritto nel relativo capitolo in “Materiali e Metodi”.

Il trattamento con vemurafenib 10 μM per 24 ore riduceva l’espressione genica di Cx26 nelle linee cellulari MeWo e A-375 (Figura 26A e 26B). Abbiamo assunto come controllo negativo il campione derivante dal trattamento con solo DMSO 0,02% corrispondente alla percentuale di solvente presente nei campioni trattati con il farmaco, necessario appunto per dissolvere il vemurafenib.

Capitolo IV Risultati e Discussione

Il trattamento causava una riduzione dell’espressione di Cx26 pari a l’85 % nelle cellule MeWo, e al 99,9 % nelle A-375.

Abbiamo osservato che anche l’espressione genica di Cx43 era ridotta del 99,5% a seguito del trattamento con vemurafenib in entrambe le linee analizzate (Figura 27A e 27B).

Figura 27. Livelli di espressione dell’mRNA della Cx43 a seguito del trattamento nella linea MeWo (A) (t-test p=0,03) ed A-375 (B) (t-test p=0,0053).

I risultati di questi esperimenti sono concordi, per quanto riguarda Cx43, con quelli ottenuti da Carystinos (2002) e collaboratori che hanno osservato, in cellule di fibroblasti di topo, una diminuzione nell’espressione della connessina a seguito dell’inibizione della via MAPK con trametinib, un MEK inibitore selettivo [49].

Capitolo IV Risultati e Discussione

Tale risultato è interessante soprattutto se si considera che nel nostro modello sperimentale, il solvente DMSO, seppure usato in concentrazioni minime che generalmente non influiscono sull’attività trascrizionale, incrementava i livelli di mRNA dei target studiati che venivano successivamente ridotti da vemurafenib. I livelli trascrizionali per la Cx26 aumentano in presenza del DMSO del 64% nelle A-375 rispetto alle MeWo, mentre la situazione è ribaltata per la Cx43, il cui mRNA aumenta del 65% nelle MeWo rispetto alle A-375. Anche Takashi (1997) aveva evidenziato in cellule epatiche un aumento di Cx32 a seguito del trattamento con DMSO, sebbene a concentrazioni più elevate di tale solvente [56].

4.3.2 Espressione proteica di Cx26 a seguito del trattamento con vemurafenib

Una volta valutati i livelli trascrizionali di Cx26 dopo il trattamento con vemurafenib nelle cellule A-375 e MeWo, abbiamo provveduto a valutarne l’espressione a livello proteico a seguito del medesimo trattamento.

I lisati proteici delle linee in esame sono stati effettuati utilizzando il tampone di lisi con Triton X100 all’1%, TRIS-HCl 20 mM e NaCl 150 µM ed i campioni non sono stati sottoposti a condizioni di denaturazione termiche come suggerito dai risultati ottenuti in precedenza.

Da tale esperimento è stato evidenziato che, a livello proteico, la Cx26 è presente sia nei campioni di controllo trattati con solo DMSO 0,02% che nei campioni trattati con vemurafenib 10 μM per 24 ore (Figura 28A e 28B).

Capitolo IV Risultati e Discussione

Figura 28. Espressione proteica di Cx26 e di actina in seguito al trattamento con vemurafenib nella linea cellulare MeWo (A) e A-375 (B)

Secondo l’analisi densitometrica effettuata normalizzando sulla β-actina, nella linea cellulare MeWo si aveva una riduzione pari al 3,4% dell’espressione proteica della connessina in analisi nel trattato rispetto al controllo.

Per quanto riguarda la linea cellulare A-375, l’analisi mediante Western Blot ha evidenziato un aumento pari al 32% di Cx26 nelle cellule trattate con vemurafenib rispetto al controllo con solo DMSO.

Mentre a livello trascrizionale il DMSO mostra un’induzione nella produzione di mRNA per Cx26 in entrambe le linee cellulari rispetto ai campioni non esposti al solvente, a livello proteico nelle stesse condizioni sperimentali, causa una diminuzione dei livelli di Cx26 nelle MeWo (4,8%), e un aumento nelle A-375 (4,9%).

I risultati ottenuti mediante Western Blot sembrano in disaccordo con quanto riscontrato tramite l’analisi in Real-Time PCR. Infatti, l’analisi dei livelli proteici

Capitolo IV Risultati e Discussione

mostra una diminuzione di tale connessina nella linea MeWo ed un aumento nella linea A-375. L’analisi dell’espressione genica evidenziava, invece, una notevole diminuzione dei livelli trascrizionali di Cx26 a seguito del trattamento con vemurafenib, in entrambe le linee cellulari analizzate.

Nonostante questi dati necessitino di ulteriori conferme in successivi esperimenti, è importante sottolineare che non esiste una correlazione lineare tra espressione genica e proteica [50]. Inoltre, alcune differenze potrebbero essere imputabili alle diverse tecniche di analisi impiegate. È noto infatti che, mentre la Real-Time PCR è una tecnica quantitativa precisa e sensibile, l’analisi tramite Western Blot fornisce informazioni semi-quantitative. Inoltre, in quest’ultima analisi sono presenti ulteriori fattori che potrebbero aver influito sulla sensibilità della tecnica: i tamponi di lisi utilizzati hanno permesso una migliore estrazione delle proteine di membrana, ma dato che, le due linee cellulari hanno mostrato in immunofluorescenza una localizzazione differente della Cx26, non siamo in grado di determinare se la procedura di estrazione abbia influenzato nella stessa misura i livelli proteici in entrambe le linee. Abbiamo notato anche che l’anticorpo primario utilizzato portava a segnali a diverse altezze, forse a causa del riconoscimento di epitopi localizzati su proteine polimerizzate in differenti gradi. È pertanto possibile che, valutando soltanto il segnale localizzato a 26 kDa, non si tengano in considerazione variazioni nell’espressione dei polimeri derivanti dalla Cx26. Non è inoltre da escludersi che l’utilizzo del BRAF inibitore abbia determinato una inibizione della chinasi ed una modulazione trascrizionale della Cx26 insufficiente per ottenere una modulazione a livello proteico.

In futuro si procederà quindi a ripetere l’esperimento utilizzando tempistiche diverse.

Capitolo V Conclusioni

Capitolo V

Conclusioni

Le connessine sono proteine implicate nel mantenimento dell’omeostasi cellulare attraverso meccanismi di comunicazione intercellulare, extracellulare ed intracellulare [5]. Considerati i loro molteplici ed importanti ruoli biologici, il loro coinvolgimento nella carcinogenesi fu inizialmente studiato nel 1966 da Loewenstein e collaboratori [19]. Studi successivi hanno portato a definire le connessine come oncosoppressori condizionali, cioè proteine che svolgono ruoli diversi a seconda dello stadio e della tipologia di tumore [28]. Tuttavia il significato funzionale di queste proteine nel melanoma cutaneo maligno è molto dibattuto.

Questo lavoro di tesi ha permesso di determinare l’espressione genica, i livelli proteici e la localizzazione delle connessine Cx26 e Cx43 in cellule umane di melanoma cutaneo maligno con diverse caratteristiche, in termini di origine (primitivo o metastatico) e di genotipo (BRAF mutato o wild type). Abbiamo, inoltre, dimostrato che vemurafenib, farmaco utilizzato in clinica come BRAF inibitore per il trattamento dei melanomi BRAF positivi, riduceva in vitro i livelli di espressione genica di Cx26 e Cx43 in modo correlato allo status mutazionale di BRAF della linea cellulare analizzata. In attesa di ulteriori conferme al fine di determinare l’influenza della via MAPK/ERK sui livelli di espressione delle connessine nel modello sperimentale analizzato, i risultati di questo studio possono contribuire ad una migliore comprensione del complesso ruolo delle connessine nel melanoma cutaneo maligno. Inoltre, evidenze sperimentali suggeriscono che queste proteine potrebbero avere un ruolo importante nei meccanismi di disseminazione metastatica del melanoma e nella farmaco-resistenza delle lesioni centrali, rappresentando quindi un interessante bersaglio per terapie farmacologiche innovative nelle fasi avanzate di malattia.

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Indice delle Figure

Figura 1.Rappresentazione delle placche giunzionali composte da un insieme di canali formati da gap junction. Ciascun canale, a sua volta, è formato da due connessoni di cellule adiacenti. I connessoni sono strutture esameriche costituiti da connessine, proteine con 4 domini transmembrana. https://en.wikipedia.org/wiki/Connexon#/media/File:Connexon_and_connexin _structure.svg

Figura 2. Gli emicanali possono essere omomerici o eteromerici. I canali che ne derivano possono essere omotipici o eterotipici [3]

Figura 3. Ciclo vitale delle connessine [2]

Figura 4. Meccanismi coinvolti nella comunicazione cellulare correlata alle connessine. Le connessine e i loro canali controllano l’equilibrio omeostatico secondo tre meccanismi: comunicazione intracellulare che interviene sull’espressione genica, comunicazione intercellulare, che permette il passaggio di molecole di segnale tra cellule, e la comunicazione extracellulare attraverso gli emicanali, che permettono comunicazione paracrina [5]

Figura 5. Distribuzione delle connessine nell’epidermide [27]

Figura 6. Struttura della cute ed in particolare lo strato basale in cui hanno sede i melanociti

http://www.cancer.gov/types/skin/hp/skin-genetics-pdq

Figura 7. Cellule delle linee A-375 (A), 501mel (B) e MeWo (C).

Figura 8. Il vemurafenib è una N-(3-{[5-(4-clorofenil)-1H-pirrolo[2,3-b]piridin-3- yl]carbonil}-2,4-difluorofenil)propan-1-solfonammide

http://www.selleckchem.com/products/PLX-4032.html

Figura 10. Schema della retrotrascrizione utilizzando QuantiTect Reverse Transcription Kit.

Figura 11. Rappresentazione schematica delle fasi della reazione a catena della polimerasi

https://www.quora.com/What-are-the-role-of-primers-in-a-Polymerase-Chain- Reaction

Figura 12. Rappresentazione della cinetica della reazione di PCR, del

Threshold e del parametro Ct.

http://www6.appliedbiosystems.com/support/tutorials/pdf/rtpcr_vs_tradpcr.pdf Figura 13. Schema dei meccanismi implicati nella visualizzazione con la tecnica dell’immunoperossidasi

http://www.genecopoeia.com/product/vitroview-lsab-immunohistochemistry- detection-system/

Figura 14. Schema di funzionamento della tecnica dell’immunofluorescenza diretta ed indiretta

https://www.thermofisher.com/it/en/home/life-science/cell-analysis/cell- analysis-learning-center/molecular-probes-school-of-fluorescence/labeling- your-samples/immunolabeling.html

Figura 15. Retta di taratura

Figura 16. Schema riassuntivo della tecnica del Western Blot: le proteine separate con SDS-PAGE sono trasferite su di una membrana di nitrocellulosa che viene trattata con anticorpo primario e secondario. Quest’ultimo permetterà l’emissione di chemiluminescenza

Indice delle Tabelle

Tabella 1. Primers utilizzati e relativa sequenza nucleotidica, temperatura di annealing e lunghezza dell’amplificato

Tabella 2. Anticorpi primari utilizzati in immunocitochimica e relativa diluizione Tabella 3. Anticorpi secondari biotinilati utilizzati in immunoperossidasi e relative diluizioni.

Tabella 4. Anticorpi secondari coniugati con fluorofori e relative diluizioni Tabella 5. Anticorpi primari utilizzati in Western Blot e relative diluizioni Tabella 6. Anticorpi secondari utilizzati in Western Blot e relative diluizioni. Tabella 7. Quantità di standard, acqua e reattivo di Bradford utilizzati per ottenere ciascun punto della retta di taratura

Tabella 8. Sostanze e relative quantità per la preparazione di resolving e stacking gel. Il buffer resolving contiene TRIS base (Sigma-Aldrich, Milano) 1,5M a pH=8,8. Il buffer stacking contiene TRIS base 0,5M con pH=6,8

Ringraziamenti

Un sentito ringraziamento va al Dott. Fogli per la sua pazienza, la sua disponibilità e la fiducia dimostratami durante lo svolgimento e la stesura di questa tesi.

Ringrazio inoltre la Dott.ssa Mattii per l’aiuto ed i consigli che mi ha dato per lo sviluppo di questo lavoro.

Un grazie va anche alla Dott.ssa Polini per i suoi innumerevoli suggerimenti per la stesura dell’elaborato e per le sue infusioni di sicurezza ed anche alla Dott.ssa Carpi per il suo aiuto.

Infine, desidero ringraziare Leandro e Lucia con i quali ho condiviso l’esperienza di laboratorio.

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