Alla luce delle evoluzioni delle nozioni di "rifugiato", di protezione sussidiaria e protezione umanitaria, la tutela legale condotta dagli operatori legali, per lo più nata e strutturatasi avendo come modello principale di riferimento il sistema SPRAR, necessita di un ripensamento che sia trasversale (per es. alle diverse forme di accoglienza che si articolano sugli stessi territori) e che si interroghi sull'idoneità delle attuali categorie giuridiche e dell'accoglienza, alla luce degli attuali flussi migratori, ripensando anche alla vulnerabilità in considerazione dei vissuti nei Paesi di origine, di transito e di accoglienza.
Questo panel invita quindi contributi da parte associazioni, enti di tutela, ricercatori di discipline giuridiche e sociali in senso lato che portino esperienze dirette e riflessioni in merito ad alcune delle questioni sotto riportate, che sono tuttavia da intendersi come elenco esemplificativo e non esaustivo.
a) Quale nozione di rifugiato? Quali forme di protezione?
-Inadeguatezza delle categorie di protezione internazionale tipicizzate dalla direttiva UE
-Evoluzione della nozione di protezione umanitaria (es. pds per chi avvia percorso di integrazione)
-Arrivi consistenti e afflussi massicci: come recuperare e restituire l'individualità della persona e dell'esperienza migratoria nella domanda di protezione?
-Scenari e azioni possibili o già sperimentate. b) Chi è "vulnerabile"?
-Rilevanza dei trattamenti degradanti, inumani e torture subite nei Paesi di transito: quale tutela?
-Vulnerabilità/fragilità nel Paese di arrivo (es. accattonaggio, sfruttamento lavorativo e sessuale): quali azioni per prevenire cadute o ricadute nella marginalità?
-Strumenti per fare rete con i servizi territoriali, in primis sociali e sanitari.
La proposta di riforma del SECA: un’analisi critica
Intervento di: Agostina Latino PH. D. in Diritto internazionale Università di Camerino
La necessità principale nella gestione del fenomeno migratorio è quella del superamento dell’approccio emergenziale, che troppo spesso informa le scelte politiche degli Stati e delle organizzazioni internazionali. Spesso il diritto costituisce, più che uno strumento imprescindibile per
governare le migrazioni, un argomento retorico di scarsa utilità pratica. Per tale motivo si ritiene indefettibile che il diritto si faccia carico della comprensione del fenomeno e della proposta di nuovi modi di leggere, e quindi regolamentare, la realtà. Ciò implica, ad esempio, la necessità di
ripensare la natura, e a valutare la raison d’être, della distinzione che più caratterizza il dibattito pubblico e l’approccio normativo al fenomeno migratorio, ossia quella tra migrante economico e rifugiato.
Il contributo si propone di illustrare le principali soluzioni elaborate recentemente, nella prassi e in dottrina, per affrontare il fenomeno migratorio: in specie le proposte di riforma del Sistema comune europeo di asilo (SECA).
Infatti, a pochi anni dall’entrata in vigore del II Pacchetto SECA (2013-15), la Commissione ne propone una nuova modifica integrale. Alla proposta della Commissione del maggio 2016 di un regolamento Dublino IV seguono, infatti, tre nuove proposte: qualifiche e procedure in sostituzione delle direttive in vigore (con anche una lieve modifica della direttiva lungo-soggiornanti) e la rifusione della direttiva accoglienza. La Commissione propone la trasformazione di due direttive in regolamenti, che contengono però ancora varie norme opzionali (che non godono quindi di efficacia diretta, non essendo self-executing) per gli Stati membri, e la rifusione della direttiva in materia di accoglienza, strumento giuridico preferibile perché più rispettoso della scelta sovrana degli Stati-membri quanto alla scelta degli strumenti più opportuni per il raggiungimento dell’obiettivo prefissato in un settore così sensibile. Le tre proposte unitamente alla proposta di regolamento Dublino IV, non sembrano incidere sulla suddivisione della responsabilità e l’asimmetria degli oneri tra Stati-membri frontalieri e di seconda-linea. Infatti, il criterio di determinazione della competenza resta il Paese di primo approdo, salvo i casi nei quali esistano rapporti familiari in un altro Stato-membro. Tuttavia, nell’ipotesi di un’eccessiva pressione sul sistema nazionale d’asilo si prevede un meccanismo correttivo (“di equità”) in base a una quota- limite calcolata su dimensioni e ricchezza di ciascuno Stato-membro. Nel caso di
superamento di tale quota, i richiedenti dovranno essere ricollocati negli altri Stati- membri ma, poiché si è già osservato nella prassi quanto difficile sia attuare il meccanismo di ricollocazione, gli Stati- membri potrebbero “chiamarsi fuori” in cambio del versamento di un elevato contributo finanziario per ciascun richiedente “rifiutato”.
L’oggetto della proposta di regolamento- qualifiche è duplice: stabilisce, da un lato, le norme per il riconoscimento della qualifica di rifugiato o beneficiario di protezione internazionale; dall’altro, il contenuto dei diritti e obblighi che contraddistinguono gli status. Il regolamento-procedure ha come priorità l’esame delle domande nel più breve iter complessivo e (prova a) rafforza(re) le garanzie per l’asilante. La proposta sulle procedure disciplina in modo sistematico le procedure speciali, in particolare con un esame accelerato, di frontiera e per domanda reiterata. Il trattamento della domanda con procedura accelerata diventa obbligatorio, mentre è oggi facoltativo al verificarsi delle medesime circostanze già previste per l’inammissibilità prima facie.
Nella proposta di rifusione di direttiva- accoglienza, che introduce restrizioni alla libertà di movimento dei richiedenti, un certo numero di disposizioni è stato modificato: la definizione di familiari, le esigenze particolari di accoglienza, l’accesso al mercato del lavoro, il diritto di informazione, di accoglienza e di garanzie in caso di detenzione.
Il contributo si propone di spiegare e analizzare le nuove proposte volte ad aumentare l’efficienza dell’intero SECA in un contesto migratorio più ampio da una duplice prospettiva sulla base degli scopi che le rifusioni del 2013 si erano poste: ovvero capire se la nuova proposta porterà ad una maggiore l’efficienza, e se, in secondo luogo, questa garantirà il rispetto dei diritti umani.
In effetti lo scopo ultimo della proposta di riforma del SECA sembra essere quello di costruire una base solida per una politica di asilo europea equa e sostenibile. Ma di primo acchito la riforma sembra non riuscire a compensare il “peccato originale” del SECA: ossia essere un meccanismo formulato prima che venissero definiti standard comuni, a tutt’oggi privo di un’autorità centrale tesa a unificare le procedure (ossia una sorta di “autorità di
prima istanza” o “di appello” a livello europeo). Detto in altri termini, le evidenti divergenze nei sistemi di asilo nazionali hanno contribuito alle difficoltà nella gestione del SECA, rendendolo non un vero e proprio sistema integrato ma, come sembra essere allo stato dell’arte, un sistema di sistemi di asilo nazionali.