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L'ultramontanismo della giovinezza e degli anni della prima maturità. Vissuta come studente l'esperienza napoleonica, il Petitti si presentò

Profilo intellettuale e politico di Carlo Ilarione Petitti di Roreto

2. L'ultramontanismo della giovinezza e degli anni della prima maturità. Vissuta come studente l'esperienza napoleonica, il Petitti si presentò

all'improvviso, nel momento dello sfacelo dell'impero, alla vita politica, sia pure in posizione subalterna, dapprima nella qualità di sindaco di un piccolo centro, poi con incarichi amministrativi di diverso genere, che lo iniziarono alla problematica finanziaria: nel fervore del ritorno « restau-rato » in patria egli, mosso anche dai ricordi personali e dalla pratica degli studi compiuti in luoghi tanto diversi, si faceva fautore dell'idea di un'Italia unita e indipendente, retta da spiriti vagamente liberali10. Ma si trattò di un momento di breve durata, che si scontrò nel 1821 con una situazione nuova, quella « costituzionale », alla quale fece fronte respin-gendo ogni proposta di cambiamento, e accodandosi perciò agli ambienti più conservatori.

Nel 1821, davanti al movimento che nel giro di poche ore travolse l'intera struttura amministrativa sabauda, il Petitti conservò inizialmente un atteggiamento incerto, di adesione formale alla politica liberal-costi-tuzionale, ma anche di estrema riservatezza nei confronti dei sovvertitori dell'ordine costituito. Cessato il pericolo, quasi a giustificazione del pro-prio comportamento egli operò un voltafaccia improvviso, che lo avviò verso l'accettazione di tesi decisamente retrive. Si può sostenere questo, anche se il suo giudizio immediato sui fatti del '21 sembra fondato più su posizioni tradizionalistiche che non reazionarie vere e proprie: il che

9. « Il Risorgimento » (Torino), 10 aprile 1850, n. 706.

10. Si vedano i Mss., posseduti dal Museo Nazionale del Risorgimento di To-rino, Riflessioni diverse sugli avvenimenti politici i più singolari del giorno, del 1815 (Arch. Retitti, cart. 338/1), e Del liberalismo. Ragionamenti popolari, risa-lente al 1821 circa (Arch. Petitti, non catalogato); in genere cfr. le lettere del Pe-titti a Luigi Nomis di Cossila, a partire dal settembre 1815, conservate nella Bi-blioteca Apostolica Vaticana (Arch. Patetta).

è naturale, provenendo egli dall'ambiente della burocrazia e mirando, ovviamente, a una « carriera » nell'ambito di essa.

Nel suo lavoro sulla Rivoluzione del Piemonte u, condotto in modo imperfetto e talora ingenuo, talvolta anche fazioso, in quanto deformante intenzionalmente gli avvenimenti, egli cercava di mettere in luce la non-adesione, o meglio, l'adesione forzata del principe di Carignano al movi-mento rivoluzionario, dando avvio perciò, anche se per il momovi-mento sol-tanto interiormente, a quell'opera di consiglio e di appoggio a Carlo Alberto, che lo rese in futuro per qualche anno un ispiratore apprezzato anche se non indispensabile. Le vicende venivano distorte consapevol-mente: lo scritto palesava quindi una confusione preconcetta, del tutto opposta alla chiarezza, spesso autocritica, manifestata da gran parte dei protagonisti, come ad esempio il Santarosa 12.

Il 1821 per il Petitti segnò una svolta netta, ed egli passò senza mezzi termini nel campo della reazione. Analizzando le motivazioni che 10 indussero a questa scelta, si vede com'egli, intendente ad Asti, avesse accolto la rivoluzione con una certa speranza; sconfitto il movimento, cercò di ripresentarsi ai superiori quale funzionario integerrimo, non tocco da teorie liberali, e accolse dunque con favore l'invito a collabo-rare, con quelli che furono i suoi primi scritti a stampa, proprio al fo-glio che si qualificava come massimo rappresentante dell'ultramontani-smo, l'« Amico d'Italia » di Cesare D'Azeglio, pur esprimendo, nell'ade-sione legittimistica, una certa misura. Come conseguenza di questo, e per 11 successo ottenuto nel corso della propria azione, egli potè diventare consigliere di Carlo Alberto, entrando a far parte successivamente, dalla fine del 1831, del consiglio di Stato.

L'operosità del Petitti si manifestò negli anni '20 non soltanto attra-verso la collaborazione alla rivista reazionaria: risalgono a questo pe-riodo numerose relazioni d'ufficio, memorie statistiche, progetti di mi-glioramenti nell'organizzazione amministrativa, rimasti allo stato di ma-noscritti, fra i quali eccellono per informazione e per la dimostrazione della capacità critica nell'elaborazione dei dati sociologici i volumi su

1 1 . P E T I T T I , Relazione storico-critica della rivoluzione del Piemonte nel 1821, 1821-1822, Ms. di 30 pp., nel Museo Nazionale del Risorgimento di Torino (Arch. Museo, 168/248): si vedano inoltre le carte pubblicate da ALFONSO P E T I T T I DI RORETO, Alcuni documenti inediti sulla rivoluzione in Asti (marzo-aprile 1821), « Rivista di storia, arte, archeologia per la provincia di Alessandria » (Casale Mon-ferrato), V, 1921, pp. 124-152.

12. SANTORRE SANTAROSA, La rivoluzione piemontese nel 1821, coi ricordi di V. Cousin sull'autore, a cura di Alessandro Luzio, Torino, 1920, passim.

Asti13, che costituiscono una vera fotografia, uno specchio della vita eco-nomica e sociale della provincia della quale l'autore reggeva le sorti am-ministrative.

Di maggior significato furono sicuramente gli articoli al foglio del D'Azeglio, che ebbe, fin dai primi numeri apparsi nel 1822, il tono del difensore della nuova situazione europea sorta col 1815, di stimmatizza-zione di ogni tentativo di mutamento e di eversione, di propagastimmatizza-zione in Piemonte e in Italia delle tendenze ultramontane di lingua francese.

In un quadro di contributi di vario argomento, religioso, letterario, politico (questi, soprattutto di polemica antiliberale), s'inseriva la serie degH scritti del Petitti, anonimi, che coprivano gli anni fra il 1823 e il 1825. Il Petitti già preannunciava, per quanto in ambiti ristretti, il corpo dei suoi interessi futuri, introduceva proposte di riforma nei quadri della burocrazia, in campo economico, per le cose militari u. Ma il dato di fatto era rappresentato dall'intima accettazione dell'impostazione del fo-glio sul quale scriveva, e il passaggio senza riserve fra i reazionari. Egli accentuava la sua posizione risalente al « dopo-'21 », pur cercando di scindere il legame fra indipendenza nazionale e libertà, e congiungendolo invece con quello di una manifesta conservazione. Illustrando alcuni aspetti della questione spagnola, e assumendo come fonti principali i fogli francesi, prendeva in esame la figura del generale costituzionalista Francisco Espoz y Mina; questi in passato s'era dimostrato un lottatore per la libertà della Spagna contro l'oppressione francese, ma, raggiunta l'indipendenza nazionale e ricostituitosi il regno con Ferdinando VII, era passato al costituzionalismo, donde l'opinione del Petitti ch'egli si fosse tramutato in un pavido bandito, avente di mira unicamente i me-schini utili personali, ed essendo abbandonato da tutti i buoni1S: « Pos-sente forza morale del buon diritto, grido terribile della coscienza, ecco come giugnete a vincere chi cerca di conculcarvi, e rimane sordo ai primi rimproveri dei buoni princìpi »; l'esclamazione del Petitti deformava gli eventi storici, era emessa per difendere un atteggiamento politico apriori-stico, era un'interpretazione di parte, e non un apprezzamento imparziale su una certa situazione di lotta.

13. Cfr. i due voli, mss., conservati nella Biblioteca Reale di Torino, delle Memorie statistiche intorno alla provincia d'Asti, compilate dall'intendente conte Petitti di Roreto. Omaggio rassegnato a S.A.S. il signor principe Carlo Alberto di Savoia Carignano, volgendo l'anno 1826, 1826 (St. patria, 377).

14. PETITTI, Riflessioni sulla pretesa incapacità dei realisti, ed esclusiva abi-lità dei loro avversari, « L'Amico d'Italia» (Torino), IV, 1825, voi. Vili, pp. 117-128.

15. PETITTI, Alcune osservazioni sovra il capo-squadra Mina, ivi, I I , 1 8 2 3 ,

Continuando a vagliare gli esiti della guerra civile spagnola, e osser-vando per contro l'arretrare delle forze democratiche in Francia, il Petitti era in grado di delineare in modo abbastanza preciso il proprio pensiero. La forma e i concetti ispiratori restavano ferocemente antiliberali, il culto della legalità era esaltato al punto da accogliere come valide le con-clusioni più infami dell'applicazione formale di essa, per quanto egli fosse cosciente che l'esacerbazione degli animi era comunque negativa 16; essendo la « provvidenza » dalla sola parte della legalità, contro coloro che volevano sovvertirla era ammessa ogni « guerra », poiché costoro erano portatori di delitto, e bisognava in tutti i casi bandire il « mal in-teso moderantismo » 17, o meglio, questo doveva venir messo da parte nel corso della lotta ed essere rinviato invece al giorno della vittoria, nel quale « noi riputiamo la moderazione qualità necessaria e indispensabile in un governo ben regolato: ma la facciamo consistere unicamente nel-l'esercizio legale, ragionevole e regolare d'una forza non contestata » 18.

Tattica e problematica controrivoluzionarie erano al centro del suo pensiero: reminiscenze del De Bonald, letture recenti del De Maistre e del von Haller, l'analisi dello stesso atteggiamento dell'« Amico d'Italia » gli facevano accogliere temi lontani persino dalla politica effettivamente portata avanti dal governo di Carlo Felice, che, in fondo, si era mostrato umano verso i ribelli del '21, permettendo loro il più delle volte la fuga e concedendo l'esilio; ma il clima della restaurazione piemontese gli im-poneva posizioni, che, con animo di burocrate e con la precisione dello studioso di scienze esatte, esasperava fino alle ultime conseguenze allor-ché le voleva tradurre in pratica, reso forte, sicuro e fermo nella scelta da quelli che proclamava come propri princìpi, che in effetti non si di-scostavano di molto dai postulati del conservatorismo di ogni tempo nelle sue caratterizzazioni estreme. Scriveva, a conclusione dell'articolo sulla Pretesa reazione spagnola: « I nostri princìpi ci han fatti immutabili

nel-16. Scriveva: « Nemici per propria opinione d'ogni eccesso, nel soscrivere, quantunque a malincuore, a quegli atti di rigore, resi legali perché giustificati da leggi preesistenti, non solo condanniamo ogni particolare reazione, come contraria alle nostre massime politiche e religiose, ma la crediamo nocevole alla stessa buona causa: awegnacché qualunque misura arbitraria e illegale esacerba sempre, e per-ciò, aumentando il numero dei malcontenti, accresce il pericolo del contrasto e di-minuisce la facilità di contenere e domare i faziosi »: cfr. Della pretesa reazione spagnola, ivi, III, 1824, voi. V, pp. 129-140.

1 7 . P E T I T T I , Solenne apertura della sessione delle camere dei pari e deputati di trancia, fatta li 23 marzo 1824. Discorso di S.M. il re Luigi XVIII, ivi, III, 1824, voi. V, p. 258.

18. P E T I T T I , Risultato delle elezioni alla rappresentanza nazionale francese. Anno 1824, ivi, III, 1824, voi. V, p. 231: nell'articolo egli esaltava la vittoria monarchico-borbonica nelle elezioni del 1824 in Francia.

l'opinione abbracciata di preferire la forza del governo, la tranquillità dell'esistenza privata, il rispetto per la religione dei nostri padri, alla violenza, alla rapina, all'anarchia e al disprezzo d'ogni principio religio-so » 19, non supponendo neppure che ci fossero « tranquillità », « rispet-to » e « princìpi religiosi » diversi, per altri uomini, da quelli che pro-fessava con accanimento, venato anche da vivace passione.

Fin dagli anni della partecipazione alle vicende dell'« Amico d'Ita-lia » si aperse nel Petitti uno spiraglio: quasi si collegava, nella sua col-laborazione politica, agli studi che aveva attuato e stava compiendo quale amministratore sabaudo, univa i due momenti, e quindi abbandonava le posizioni retrive per introdurre un discorso sulla tematica nuova dello sviluppo sociale ed economico della società, pur mantenendo in singole occasioni gli accenti antiliberali propri del suo pensiero. Risaliva sempre al 1824 il contributo sulle Ricerche statistiche sulla città di Parigi e il dipartimento della Senna: ora, l'articolo anticipava quelli che sarebbero stati in avvenire i suoi interessi, non risultando perciò omogeneo col resto dei contributi al foglio torinese e, pur mantenendo motivi oscuranti-stici20, annunciava piuttosto l'impostazione futura dei suoi studi. Egli passava dall'enunciazione di princìpi astratti e dalla descrizione polemica di fatti recenti alla ricerca dei mezzi o del mezzo migliore di governo, a individuare le « cognizioni di teorie positive, massime e princìpi fissi, da cui possano poi dedursi delle conseguenze di certo e non infausto ri-sultato » 21 : si proponeva di costruire una scienza della politica, che aves-se come suo fondamento delle teorie esatte, la statistica e la matematica. Quella ch'egli chiamava la scienza del governo era passata « dalle incerte speculazioni d'una pratica poco illuminata » alle « savie combinazioni d'alcune teoriche assai fondate »; questo era il vero progresso, in quanto il governante doveva partire nella sua azione dalle condizioni obiettive del soggetto cui si rivolgeva, doveva riunire (appunto attraverso la sta-tistica) tutti gli elementi che « riguardano lo stato fisico e civile d'un contado e anche d'una sola città ». Soltanto così avrebbe potuto agire scientificamente, determinare le fonti della ricchezza pubblica e farla

19. PETITTI, Della pretesa reazione spagnola cit., p. 140.

20. « Passando ad altro ben diverso commercio, fatto addì nostri sommo, e forse anche troppo, perché serve a propagare molto male, accennasi esistervi in Parigi 680 torchi da stampatori, e 4.000 operai occupati nei loro opifici [...]. Così gran parte d'esse [risme di carta] non fossero destinate a bandire con ogni modo di seduzione le massime le più pericolose di scostumatezza e d'irreligione, come i più cattivi princìpi politici! »: cfr. Ricerche statistiche sulla città di Parigi e il dipartimento della Senna. Quadri sinottici compilati, riuniti e pubblicati, volgendo l'anno 1823, d'ordine del prefetto del dipartimento, ivi, III, 1824, voi. V, p. 326.

21. Ivi, p. 332.

9-crescere liberamente, eliminare ciò ch'era improduttivo, sanare i mali, aumentare e dirigere verso fini utili le sostanze 22. Questa era la scienza politica, e ad essa il Petitti si rannodava, superando così, dapprima in-consapevolmente e poi, con l'avanzare degli anni, con coscienza del fatto, le posizioni reazionarie e irrazionalistiche, per approdare a un nuovo conservatorismo, che teneva presenti i temi del progresso economico e sociale, e anche culturale, della società, ed era quindi illuminato. Egli si apriva inoltre al liberismo: la necessità della libertà economica e com-merciale si presentava imperiosa al suo occhio di funzionario ammini-strativo, che individuava e riconosceva i limiti e i vincoli del protezio-nismo. Le dottrine liberistiche si sarebbero affermate in lui proprio a partire dalla metà degli anni '20, ed egli ne sarebbe divenuto in seguito un sostenitore entusiasta ed efficace.

Parallelamente cominciavano a manifestarsi nel Petitti alcuni « dub-bi » liberali, che però, per trovare una rappresentazione esterna com-piuta, avrebbero dovuto attendere fino al 1848. Egli non abbandonava per il momento l'impostazione precedente (per quanto ora si dicesse « avverso alle reazioni »), e ribadiva la necessità di un « reggimento giu-sto, forte e legittimo », ma, proprio mentre voleva difendere la capacità tecnica e amministrativa dei retrogradi23, con realismo politico ricono-sceva il mutamento delle cose sociali, il rovesciamento dell'antico ordine e l'instaurarsi di uno nuovo, affermatosi a partire dal 1789 in avanti. Nel saggio dal titolo espressivo di Riflessioni sulla pretesa incapacità dei

realisti, ed esclusiva abilità dei loro avversari, mettendo in luce l'impor-tanza dell'amministrazione economica, e manifestando in modo sintoma-tico un parziale consenso per i risultati della rivoluzione francese, egli scriveva 24 : « Una rivoluzione di sei lustri ha cambiate in gran parte le relazioni sociali e politiche dell'Europa, non che del mondo intero. Se i princìpi d'ordine e di buon governo prevalsero alla fazione demagogica, che professava massime opposte, nella generale ristaurazione però fu forza ai vincitori di adottare in parte, per cautela degli interessi recente-mente nati dall'universale trambusto, l'azione governativa dei vinti »; si aveva l'accettazione di un concetto borghese, cioè moderno, e l'utilità economica prevaleva sulla volontà politica di guardare indifferenziata-mente al passato. Il Petitti si dimostrava ancora incerto su qual gruppo, qual ceto, fosse il portatore più efficiente e capace di tali interessi; per il momento riteneva di poterlo rinvenire nella « capacità » dei « realisti »;

22. Ivi, pp. 317 segg.

23. PETITTI, Riflessioni sulla pretesa incapacità dei realisti cit., pp. 122 segg. 24. Ivi, p. 117.

in futuro, a poco a poco, lo individuerà « sansimonianamente » nei ceti industriali, o almeno in quei gruppi burocratico-governativi sensibili alle esigenze del mondo economico e dell'industria.

3. Nell'« entourage » di Carlo Alberto.

Agli anni 1824-1825 risaliva il primo rifiuto del Petitti dell'arretrata concezione dello Stato sabaudo; ascendevano a questo periodo le sue in-dagini sulla struttura, sull'organizzazione di base dello Stato stesso, le sue molteplici proposte di riforme amministrative, i suoi contatti — al-lorché si trovava a Torino — con rappresentanti dell'ambiente liberale, come Federigo Sclopis, Luigi Cibrario, Giuseppe Grassi, il coetaneo Ce-sare Balbo, i quali, secondo una tarda testimonianza dello Sclopis, si ri-trovavano di frequente al caffè Fiorio 25 a discutere degli avvenimenti e delle idee politiche che si affermavano. Si stavano formando cioè quei quadri, latori di istanze moderate di rinnovamento, che vedevano in Carlo Alberto, pur con tutte le sue contraddizioni ideali ed emotive, la personalità in grado di portarle a compimento: il Petitti forse, fra tutti, fu colui che volle interpretare più coerentemente il pensiero collettivo — almeno nei primi tempi — cercando di fornire prima al principe e poi al re, dopo l'assunzione di questo al trono, fra il 1831 e il 1832, gli strumenti immediati e concreti coi quali tradurre in pratica quanto ve-niva elaborato teoricamente in cerchie ristrette.

La rivoluzione francese del luglio 1830 procacciò un ulteriore appog-gio ai nuovi riformatori-conservatori: o meglio, non tanto la rivoluzione, quanto la capacità dimostrata dal nuovo ceto dirigente francese, e in par-ticolare dai gruppi finanziari, di sussumere, con la teorizzazione di un modo inedito di esercizio del potere, anche la volontà di procedere a un rinnovamento radicale sia dell'economia sia delle finanze, senza intaccare in modo decisivo i gangli vitali della società di cui avevano ereditato la gestione. In questo quadro s'inseriva l'azione del Petitti quale « consu-lente tecnico » del principe di Carignano in prossimità della sua ascesa al potere, quale consigliere politico e infine, nei primi semestri di regno, quale consigliere generale, che ebbe nel 1832 la collocazione più natu-rale nella sezione di finanze del consiglio di Stato.

Sono di questo periodo numerosi lavori, rimasti inediti (alcuni di essi non sono stati reperiti a tutt'oggi), dove il Petitti dimostrava

ap-25. Si veda la lettera di Federigo Sclopis, 2 3 gennaio 1 8 7 1 , in FEDERICO ODO-RICI, Il conte Luigi Cibrario e i tempi suoi. Memorie storiche, Firenze, 1 8 7 2 , p. 4 2 :

« Non era né un'accademia né un'assemblea periodica, né una società giornalistica, ma un ritrovo di cultori a un dipresso di medesimi studi ».

punto la sua multiforme capacità di approfondimento di settori diversi: si va dagli studi di riforma della burocrazia, quali il Progetto di una

scuola di pubblica amministrazione o Della necessità di un riordinamento

amministrativo provinciale e comunale, risalenti all'incirca al 1830, al

Précis des actes du gouvernement du roi, datato all'inizio del 1833 e rias-sumente le principali disposizioni legislative, economiche e militari di Carlo Alberto, e non lesinante critiche alla politica dei governanti ante-riori al nuovo re; si giunge infine ai due studi di maggior rilievo, desti-nati al re in pectore nel marzo-aprile 1831 (Carlo Alberto salì sul trono il 27 aprile), il Ragionamento intorno all'attuale condizione governativa

degli Stati sardi e Dell'ordinamento superiore governativo che

conver-rebbe adottare negli Stati di S. S. R. M. 26.

Già il Mancini aveva precisato il contenuto e il significato degli scritti del Petitti. Da una parte questi, scriveva il biografo 27, operava indican-do « minutamente i miglioramenti che giudicava necessari a introdursi per secondare lo spirito del tempo e preservare lo Stato da violente per-turbazioni e incomposte rivolte »; da un'altra parte definiva i criteri di una politica estera autonoma, libera da pressioni diplomatiche ed econo-miche: « Ragionando delle relazioni straniere e dell'alternativa dell'in-fluenza austriaca e della francese, s'incontra pronunciato l'accento, allora profetico, dell'indipendenza nazionale, di cui consigliavasi il governo pie-montese a farsi instauratore e custode. Rilevanti provvedimenti sugge-rivansi negli ordini politici, diplomatici ed economici ».

Il Petitti dava prova della sua capacità d'analisi soprattutto nello scritto sull'Attuale condizione governativa 28: esso costituiva un punto d'arrivo, sia politicamente, in quanto egli cercava di offrire un panorama generale di « buon governo » dello Stato, sia per ciò che riguardava la sua stessa produzione personale, poiché egli vi riuniva gran parte della sua opera manoscritta passata (com'è comprovato dai frequenti riferi-menti in nota), e il nuovo lavoro si presentava quindi come una sorta di quadro riassuntivo di tutta l'attività precedente.

Il Ragionamento, il cui scopo era quello di servire di base per l'azione di governo di Carlo Alberto, era nello stesso tempo un invito a mante-nere rigidamente l'ordine tradizionale e una sollecitazione d'apertura

2 6 . P. S . MANCINI, Notizia della vita e degli studi di C. I. Petitti cit., pp. VIII-ix; NICCOLÒ RODOLICO, Carlo Alberto negli anni di regno 1831-1843, Firenze, 1 9 3 6 , pp. 41 segg.

2 7 . P. S . MANCINI, Notizia della vita e degli studi di C. I. Petitti cit., p. xiv. 2 8 . P E T I T T I , Dell'attuale condizione governativa degli Stati di S.M.