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in via di sviluppo

Le stime del fabbisogno di capitale estero per promuovere la indu-strializzazione dei paesi in via di sviluppo * si basano sul concetto di

deficit di risorse, inteso come differenza tra l'ammontare totale di risorse necessarie per raggiungere un certo obbiettivo di politica di sviluppo ed il previsto ammontare totale di risorse disponibili, prodotte all'interno del paese Due diversi angoli visuali possono essere adottati, paralle-lamente al duplice ruolo che il capitale estero assume nel processo di sviluppo. Da una parte infatti il capitale estero viene ad aggiungersi al risparmio interno nel finanziamento degli investimenti, e dall'altra esso accresce la disponibilità di divise estere, aumentando la capacità di im-portazione del paese. Corrispondentemente, il concetto di deficit di ri-sorse può esser definito da un lato come deficit di risparmio (savings

gap) e dall'altro come deficit di divise (trade gap). Il porre l'accento sull'uno o sull'altro dei due deficit ha altresì rilevanti implicazioni di politica di cooperazione internazionale per lo sviluppo. La discussione, infatti, relativa alla scelta tra una politica di aiuti e cooperazione tecnica e una politica di liberalizzazione doganale a favore dei paesi in via di sviluppo presuppone una valutazione dell'importanza relativa dei due

gaps.

* Le presenti note sono frutto di una serie di discussioni con il prof. F. Forte, al quale è dovuto un vivo ringraziamento. Desidero altresì ringraziare i proff. B. Contini, T. Cozzi, C. W. Hale e G. Zandano per aver letto e discusso il manoscritto. 1. Il concetto può esser utilizzato in una prospettiva storica al fine di verifi-care quale sarebbe stato l'ammontare addizionale di risorse di cui il paese avrebbe dovuto poter disporre perché l'economia potesse espandersi ad un tasso diverso da quello effettivamente realizzato.

Scopo del presente lavoro è di analizzare il significato dei due deficit ex ante ed ex post. Quindi, alla luce del modello di Chenery — discusso nella sezione I I — verranno analizzati i fondamentali aggiustamenti per effetto dei quali i due gaps si eguagliano ex post.

I.

In relazione al problema del finanziamento degli investimenti, il de-ficit di risorse appare come l'ammontare di nuovo capitale — addizio-nale rispetto all'investimento finanziato mediante risparmio interno — che si richiede perché un certo tasso di sviluppo del prodotto nazionale lordo possa essere realizzato 2. Il savings gap, dunque, è la differenza tra l'investimento lordo richiesto ed il previsto risparmio lordo interno. So-litamente, i modelli aggregati di sviluppo pongono l'accento sulla scarsa disponibilità di risparmio interno quale limite cruciale all'espansione degli investimenti. Lo studio delle economie sottosviluppate ha tuttavia mostrato che la realizzazione dello sviluppo accelerato richiede una ele-vata capacità di adattamento della struttura produttiva al variare delle condizioni della domanda interna ed estera. Tale flessibilità dipende dalla rapidità con cui può avvenire la riallocazione di lavoro e capitale necessaria per eliminare le strozzature. La rigidità del sistema si mani-festa come incapacità dell'offerta interna di fornire le materie prime, i manufatti e specialmente i macchinari e le attrezzature richieste dal tasso di investimento, nonché dalla domanda interna di beni di consumo e dalla domanda internazionale di esportazioni. Una quota sostanziale dei beni intermedi e dei manufatti — macchinari in modo particolare — correntemente disponibili nei paesi in via di sviluppo sono importati. Tanto più rapido sarà lo sviluppo, tanto più rilevante sarà il necessario aumento nella disponibilità di tali beni intermedi e manufatti. In assenza di una sufficiente flessibilità della struttura produttiva, la inadeguata

ca-2. Si è qui implicitamente assunto come obbiettivo della politica di sviluppo la realizzazione di un dato tasso medio di crescita del prodotto nazionale lordo durante il periodo al quale il programma di sviluppo si riferisce. In termini gene-rali, il programma ottimale è quello che massimizza la funzione del benessere so-ciale compatibilmente con i limiti esistenti nel sistema. Un complesso di altri ob-biettivi, quali la riduzione della disoccupazione, l'espansione dei consumi, la ridu-zione dell'indebitamento con l'estero e la redistriburidu-zione dei redditi, dovrebbero venir presi in considerazione. Per semplicità, invece, si assume che tutte queste finalità si possano ridurre alla realizzazione di un certo saggio di crescita del pro-dotto nazionale lordo. Per una discussione di questo tipo di problemi, cfr. H. B.

CHENERY e M. BRUNO, Development Alternatives in an Open Economy: The Case of Israel, « Economie Journal », LXXII, 1962, pp. 99-101.

pacità di importazione viene a costituire un autonomo limite allo svilup-po. Il trade gap è quindi definito come la differenza tra l'ammontare mi-nimo di importazioni reso necessario da un dato tasso di sviluppo ed il previsto ricavo totale per esportazione di beni e servizi3.

Le più importanti stime del savings gap e del trade gap per i paesi in via di sviluppo nel loro complesso divergono in misura sostanziale l'una dall'altra 4. Ciò è in parte dovuto alla metodologia usata, al ma-teriale statistico utilizzato ed al modo con cui relazioni fondamentali implicanti aspetti sociologici ed istituzionali sono state tradotte in rela-zioni funzionali5. Tuttavia, per quanto queste cause possano esser state rilevanti, non spiegano la ragione per cui le stime del savings gap sono sistematicamente più basse di quelle del trade gap 6.

Assunto come obbiettivo della politica di sviluppo un certo tasso di crescita del prodotto nazionale lordo del paese, si determina l'ammon-tare minimo di investimenti necessario per sostenere quel certo tasso di crescita. La forma specifica della relazione tra investimento e reddito

3. Per semplicità, i concetti di esportazione ed importazione sono usati in senso lato, includendosi anche le partite invisibili.

4. Cfr. per le stime del savings gap: ONU, Measures for the Economie

De-velopment of Underdeveloped Countries, New York, 1951; M . F. MILLIKAN e W. W. ROSTOW, A Proposai: Key to an Effective Foreign Policy, New York,

Har-per, 1956; J . TINBERGEN, La Communauté Européenne et les Pays Sousdeveloppés,

Centre de Documentation du Comité d'action pour les Etats-Unis d'Europe, 1959; P. G. HOFFMAN, One Hundred Countries, One and One Quarter Billion People,

Washington, Lasker Foundation, 1960; e P. N. ROSENSTEIN-RODAN, International Aid for Underdeveloped Countries, « Review of Economics and Statistics », XLIII,

1961, pp. 107-139. Cfr. per le stime del trade gap: G.A.T.T., Foreign Trade and

Long-Term Economie Growth of the Developing Countries, in International Trade, 1961, Ginevra, 1962; G. V. BLAU, Commodity Export Earnings and Economie Growth, London, Royal Institute for International Affairs, 1963; A. MAIZELS, In-dustriai Growth and World Trade, Cambridge, University Press, 1963; ONU, World Economie Survey, 1963, Part I, New York, 1964; e B . BALASSA, Trade Prospects for the Developing Countries, Homewood, 111., Irwin Inc., 1966.

5. La stima del savings gap dipende in larga misura dalle assunzioni relative al rapporto medio e marginale capitale-prodotto, e dalla propensione media e mar-ginale al risparmio. La stima del trade gap dipende essenzialmente dalle assunzioni relative alla sostituibilità delle importazioni ed alle variabili esplicative del saggio di crescita delle esportazioni. In entrambi i casi le ipotesi relative all'efficacia della politica economica e fiscale del paese nel promuovere la formazione del capitale ed il controllo del commercio estero contribuiscono in misura non trascurabile a spie-gare le divergenze nelle stime. Infine si deve sottolineare la non perfetta compara-bilità delle stime in quanto il numero di paesi considerati, gli obbiettivi di sviluppo assunti, il periodo di riferimento ed il periodo di proiezione sono largamente di-vergenti. Su questi problemi cfr. B . BALASSA, The Capital Needs of Developing Countries, « Kyklos », XVII, 1964, pp. 197-205.

6. Le stime del savings gap oscillano tra 5 e 8,5 miliardi di dollari annui, mentre le stime del trade gap oscillano tra 10 e 20 miliardi di dollari annui.

nazionale varia a seconda del modello. Gli approcci usati sono due: il primo si basa sul rapporto capitale-lavoro, mentre il secondo si basa sul rapporto capitale-prodotto. Il primo metodo, riconducibile sostanzial-mente al modello « classico » di Lewis 7, sintetizza il processo di svi-luppo come un progressivo aumento relativo dell'occupazione nel settore non-rurale, e giunge alla determinazione dell'ammontare complessivo di investimento richiesto per sostenere un dato tasso di crescita attraverso la stima della quantità di capitale necessaria per trasferire una unità la-vorativa dal settore agricolo a quello industriale 8. Il secondo approccio, tipico dei modelli di tipo Harrod-Domar9, assume una relazione lineare tra crescita del prodotto nazionale lordo e investimento del tipo acce-leratore, basandosi sul rapporto marginale capitale-prodotto 10.

Per quanto riguarda il risparmio interno, viene effettuata una stima del risparmio potenziale del paese sulla base della propensione

margi-7. Cfr. A. W . L E W I S , Economie Development with Unlimited Supply of Labour, « Manchester School », XXII, 1954, pp. 139-192; A. W. L E W I S , Unlimited Labour, Further Notes, « Manchester School », XXVI, 1958, pp. 1-33; S. ENKE,

Economie Development with Unlimited and Limited Supply of Labour, « Oxford

Economie Papers », 1962, pp. 159-174; e J . C. H . F E I e G . RANIS, A Theory of Economie Development, « American Economie Review », LI, 1961, pp. 533-565.

8. Un esempio di stima del savings gap basata su questo modello è la previ-sione delle Nazioni Unite. Cfr. ONU, Measures cit., 1951.

9. Di questo tipo sono, ad esempio, i modelli usati da Tinbergen, Hoffman e Rosenstein-Rodan.

10. La stima è effettuata di regola utilizzando il rapporto tra investimento lordo ed incremento nel prodotto nazionale lordo. Da un punto di vista teorico, si può sostenere che il rapporto tra investimento netto e prodotto nazionale al netto dell'ammortamento sarebbe più appropriato. Le ragioni fondamentali per preferire il primo tipo di rapporto sono: a) in pratica è molto diffìcile distinguere la frazione dell'investimento che va a reintegrare il capitale esistente dalla frazione che costituisce un vero aumento dello stock di capitale; e b) l'introduzione di nuove tecniche produttive è funzionalmente legata più al volume lordo di investimenti che agli investimenti netti in quanto l'introduzione di procedimenti più efficienti è spesso condizionata dalla decisione degli imprenditori di intraprendere ampi pro-grammi di modernizzazione e di sostituzione degli impianti esistenti.

L'assunzione della costanza del rapporto incrementale può esser difesa sulla base della considerazione che nel breve periodo la quota di investimento che va a reintegrare il capitale esistente è grosso modo costante; pertanto se si possono ac-cettare le ragioni addotte dalla teoria dell'acceleratore per quanto riguarda la co-stanza del rapporto tta investimento netto ed incremento nel prodotto nazionale netto, altrettanto può esser fatto per il rapporto lordo. L'assunzione viene peraltro abbandonata per periodi maggiori di 10 anni in quanto la variazione nella frazione dell'investimento annuo che va alla reintegrazione dello stock di capitale non può più esser trascurata, altrimenti si verrebbe ad assumere implicitamente non già la costanza del rapporto netto, ma la sua decrescenza. Cfr. J. VANEK, Estimating Foreign Resources Needs for Economie Development, New York, McGraw-Hill,

1967, e V . MARRAMA, Saggio sullo sviluppo economico dei paesi arretrati, Torino,

naie al risparmio che di regola viene assunta costante per il periodo di previsione. Il volume di risparmio potenziale è assunto essere una fun-zione del reddito pro-capite o del livello del reddito nazionale In que-sto modo si giunge alla determinazione del savings gap senza aver do-vuto introdurre alcuna variabile relativa al settore del commercio estero. Il significato della stima appare chiaro. Essa indica la misura in cui il risparmio interno potenziale dovrebbe essere aumentato attraverso l'af-flusso di capitale estero affinché gli investimenti richiesti per sostenere il desiderato tasso di sviluppo possano esser finanziati12. L'entità del fab-bisogno di capitale è quindi stimata senza tener conto direttamente di quelle che possono essere le strozzature nel settore dei rapporti con l'estero.

La stima del savings gap assume implicitamente che le risorse interne più la disponibilità di capitali esteri siano utilizzate in modo tale da assi-curare quella certa composizione del prodotto nazionale che è richiesta dal tasso di investimento, dalla domanda interna per beni di consumo e dalla domanda estera per esportazione di beni e servizi. Non si pone quindi alcun problema rispetto alla trasformazione del risparmio in in-vestimento produttivo. Tuttavia, il settore del commercio estero può presentare una distinta strozzatura per lo sviluppo. Dato un certo grado di rigidità nel sistema economico, si può assumere che esista una rela-zione funzionale positiva tra tasso di crescita e volume minimo delle im-portazioni. Per ogni paese, l'ammontare minimo di importazioni

neces-11. La ragione principale per preferire una relazione funzionale tra risparmio potenziale e reddito nazionale, anziché tra risparmio potenziale e reddito pro-capite è che nel primo caso si può tener conto più agevolmente nella stima della propen-sione al risparmio degli effetti della politica economica e fiscale diretta a favorire la formazione del risparmio interno. Cfr. H. B. CHENERY e A. M. STROUT, Foreign Assistence and Economie Development, « American Economie Review », LVI, 1966, p. 686.

12. Propriamente il savings gap misura l'ammontare addizionale « minimo » di risorse indispensabili perché il voluto tasso di sviluppo possa essere realizzato. La copertura mediante capitale estero del gap può essere definita come condizione ne-cessaria ma non sufficiente. Quindi, le relazioni funzionali tra saggio di crescita e volume di investimenti desiderato e tra risparmio « effettivo » previsto (diverso da quello potenziale) e reddito nazionale, dovrebbero esser formulate come disequa-zioni. Un modello di programmazione lineare può trovare un'appropriata applica-zione. Cfr. H . B . CHENERY e A . MCEWAN, Optimal Patterns of Growth and Aid,

« Pakistan Development Review », 1966. La riduzione delle disequazioni ad equa-zioni può avvenire assumendo che i paesi che forniscono i capitali addizionali eser-citino un controllo sull'impiego dei fondi o che l'aiuto sia troppo oneroso perché il paese che lo riceve voglia investire fondi in modo da creare eccesso di capacità o semplicemente accrescere i consumi, o voglia utilizzare i fondi in modo da ridurre il risparmio interno. Cfr. H . B . CHENERY e A . M . STROUT, op. cit., 6 8 5 - 6 8 6 .

sarie viene assunta come una funzione solamente del prodotto nazionale lordo e della composizione della domanda globale I3. Naturalmente la stima dipende in modo determinante dalle ipotesi che i singoli modelli fanno sulla propensione marginale all'importazione. Di regola, la pro-pensione marginale è considerata una costante quando la stima si rife-risce a periodi di 5-10 anni14.

Dall'altro lato, il volume delle esportazioni dei paesi in via di svi-luppo deve esser valutato essenzialmente in relazione alle condizioni della domanda estera. L'analisi dettagliata della natura e composizione merceologica del commercio di esportazione dei paesi in via di sviluppo mostra che la dipendenza dalle condizioni della domanda internazionale è tanto maggiore quanto più basso è il livello di industrializzazione del singolo paese 1S. Per periodi relativamente brevi, i limiti costituiti dalla capacità produttiva e dalla inadeguatezza di fattori industriali e organiz-zativi rendono problematica l'espansione di nuovi prodotti per l'espor-tazione. I modelli assumono generalmente che le esportazioni dei paesi in via di sviluppo cresceranno ad un saggio costante durante il periodo. Il tasso viene quindi considerato come un parametro, a sua volta deter-minato dal previsto tasso di crescita del reddito mondiale (approssimato dal previsto tasso di crescita del commercio mondiale 16) e dalla prevista variazione nei prezzi unitari relativi, tenendosi però anche conto dei pre-visti efletti delle politiche di espansione delle esportazioni e di sostitu-zione delle importazioni da parte dei paesi in via di sviluppo e dei paesi industrializzati. Pertanto il trade gap appare determinato da variabili diverse dalle variabili esplicative del savings gap, e quindi l'eguaglianza tra i due gaps — visti ex ante — appare essere accidentale.

13. Anche in questo caso, la relazione potrebbe esser espressa come una dise-guaglianza.

14. Questa costante esprime la propensione « minima » all'importazione. La diseguaglianza positiva tra importazioni effettive ed importazioni minime necessarie deriva dal fatto che o le importazioni nell'anno base erano superiori a quelle indi-spensabili, o l'economia nel corso dello sviluppo presenta un saggio marginale su-periore a quello minimo stimato. Cfr. H. B. CHENERY, The Rote of Industrialization in Development Programs, « American Economie Review, Pap. and Proc. », XLV, 1955, pp. 40-57.

15. Cfr. ONU, Instability in Export Markets of Underdeveloped Countries, New York, 1952; ONU, World Economie Survey, 1962, Part I, New York, 1963; e UNCTAD, Trade and Development, New York, 1966.

16. Per una discussione dei problemi connessi con le stime dell'espansione delle esportazioni e dei limiti inerenti a questo tipo di stime, cfr. J. POLAK, An In-ternational Economie System, Chicago, Rand McNally, 1953, pp. 50-51.

Ex post, i gaps sono eguali per definizione. Infatti, da entrambi i punti di vista, il gap è l'eccesso delle risorse usate rispetto alle risorse prodotte all'interno del sistema economico.

Semplici relazioni di tipo contabile dimostrano questo punto Se il prodotto nazionale lordo è definito come la somma di consumi, investi-menti e del saldo tra esportazioni ed importazioni, cioè:

Yt=Ct+It+Et-Mt [1]

dove Y è il prodotto nazionale lordo, C i consumi, I l'investimento, E le esportazioni di beni e servizi, e M le importazioni di beni e servizi, e si assume, che in una prima approssimazione, il reddito come remune-razione ai fattori produttivi uguagli il prodotto nazionale lordo e con-sista di consumi più risparmio, cioè:

Yt=Ct+St [2]

dove S sono i risparmi, si conclude immediatamente che il savings gap è identicamente uguale al trade gap:

It-St = Mt-Et=Ft [3]

dove F è l'afflusso di capitale estero nell'anno t18.

La ragione per cui le stime ex ante divergono mentre ex post i due gaps sono identicamente uguali deriva dal diverso angolo visuale in cui ci si pone. Ex ante, ci si chiede quali sono gli ammontari di risorse addi-zionali richieste per superare la strozzatura nel campo degli investimenti e la strozzatura nel settore del commercio estero, separatamente, dopo aver fissato un certo tasso di sviluppo come obbiettivo. L'entità dei due gaps appare dunque come una variabile dipendente, determinata in fun-zione degli obbiettivi di sviluppo. Ex post, invece, dato un certo, unico afflusso di capitale estero, si realizza un certo particolare tasso effettivo, che appare qui come la variabile dipendente.

17. B . BALASSA, The Capital Needs of Developing Countries cit., pp. 197-200. 18. Si potrebbe sostenere che il volume dei consumi, C,, nella equazione (1) non è uguale al volume dei consumi nell'equazione (2) in quanto non tutti i beni di consumo prodotti al tempo t sono venduti e consumati al tempo t stesso. Tut-tavia, l'obbiezione si può superare definendo C come l'ammontare di beni di con-sumo venduti e consumati nell'anno t, e definendo I in modo tale da ricompren-dervi anche gli « investimenti e disinvestimenti in scorte » di beni di consumo.

I I .

Il modello di H A R R O D può essere interpretato nel senso che il pro-cesso di sviluppo è condizionato dall'esistenza di due limiti distinti e contrastanti. Da un lato, dato un certo saggio di progresso tecnologico, la disponibilità di lavoro condiziona il naturai rate of growth, e dal-l'altro la disponibilità di fondi da investire, dato un certo rapporto capi-tale-prodotto, condiziona il warranted rate of growth 19. Nei termini del modello di D O M A R , l'equazione di equilibrio tra domanda e offerta di lavoro rappresenta il primo limite, e l'equazione di equilibrio tra do-manda e offerta di capitale rappresenta il secondo20. Appare quindi chiara la ragione per cui molti modelli di sviluppo per i paesi sottosvi-luppati tendono ad esser applicazioni del modello Harrod-Domar. In generale, questo tipo di modelli viene usato a scopo di previsione per periodi di 5-10 anni, mentre per periodi più lunghi si tende a preferire modelli di tipo neoclassico che ammettano un certo grado di sostituibi-lità, specialmente per quanto riguarda il settore estero 21.

19. Cfr. R . F . HARROD, Towards a Dynamic Economics, London, MacMillan,

1948. L'interpretazione del naturai rate e del warranted rate come limiti contra-stanti appare più chiara in R . F . HARROD, An Essay in Dynamic Theory, « Economie

Journal », XLIX, 1939. Il problema del « saggio di crescita garantito » in una ap-plicazione del modello ai problemi della programmazione dello sviluppo si può ridurre ad un problema di compatibilità tra risparmio ed investimento. Nella