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Un autentico plagio: Galileo vs Capra (1606-1607)

Il 10 giugno 1606 furono stampate in Padova per i tipi di Pietro Marinelli una sessantina di copie di un opuscolo dal titolo Le operazio-

ni del compasso geometrico, et militare26. Ne era autore Galileo Galilei,

allora lettore di matematica all’Università di Padova, che dedicava quella sua prima pubblicazione al giovane principe Cosimo de’ Medici.

of Science, cit., 286-324; A. JOHNS, The Nature of the Book: Print and Knowledge in

the Making, Chicago, 1998, 444-542 e, dello stesso autore, Piracy: The Intellectual Property wars from Gutenberg to Gates, Chicago and London, 2009, 85-93.

26 Le operazioni del compasso geometrico, et militare di Galileo Galilei, Nobil Fioren-

tino, Lettor delle matematiche nello Studio di Padova. Dedicato al Sereniss. Principe di Toscana D. Cosimo Medici, In Padova, In Casa dell’Autore, Per Pietro Marinelli,

MDCVI. Nella Edizione nazionale delle Opere di Galileo Galilei, cit., l’opuscolo è pubblicato nel vol. II, alle pp. 363-424.

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In essa vi descriveva gli usi di uno strumento matematico costituito da due regoli incernierati, col quale si potevano compiere operazioni arit- metiche e di geometria piana e solida. Inoltre, applicando allo strumen- to un filo a piombo, esso poteva essere usato come squadra da bombar- dieri. Si trattava dunque di una sorta di manuale d’uso per quel tipo di strumento di cui Galileo aveva fatto costruire, a partire dal 1599, circa un centinaio di esemplari nell’officina allestita in casa sua in via Vigna- li dal meccanico Marcantonio Mazzoleni per donarli o venderli27.

Sempre a Padova, il 7 marzo 1607, apparve un opuscolo dal ti- tolo Usus et fabrica circini cuiusdam proportionis a firma di Baldassar- re Capra, un milanese ventisettenne che soggiornava a Padova con il padre oramai da diversi anni. L’autore fece omaggio di un esemplare dell’opera a Giacomo Alvise Carnaro che subito si avvide che si tratta- va di una traduzione latina della pubblicazione di Galileo, che non vi era mai menzionato. Carnaro, sdegnato, rinviò l’omaggio al Capra e il 4 aprile 1607 informò l’amico «amatissimo» Galileo della «vergognosa truffa» dicendosi disponibile a testimoniare in suo favore28. Que-

st’ultimo si affrettò ad acquistare una copia del volumetto del Capra per sincerarsi della cosa e, dopo averla esaminata, decise di ricorrere ai Ri- formatori dello Studio, la magistratura cui era affidato anche il compito della censura delle stampe. Il 7 aprile Galileo si recò a Venezia e il 9 aprile comparì dinnanzi ai Riformatori presentando un memoriale, una copia del suo libro e una di quello del Capra. I Riformatori disposero che si contassero le copie del volume del Capra esistenti presso l’autore, lo stampatore e il libraio vietandone la vendita e intimando al- lo stesso Capra di presentarsi davanti a loro a Venezia il 18 aprile. Fu così che in quella data ebbe inizio il dibattimento. Galileo formulò la

27 Sui molteplici usi dello strumento cfr. F. C

AMEROTA, Il compasso geometrico e mili-

tare di Galileo Galilei, Firenze, 2004, 5.

28 Sulla disputa tra Galileo e Baldassarre Capra cfr. A. F

AVARO, Galileo Galilei e lo

Studio di Padova, 2 vol., Padova, 1966, vol. I, 165-192, e M. CAMEROTA, Galileo Gali-

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sua accusa, mentre Capra sostenne di non essersi appropriato dell’invenzione di Galileo e di non avere compiuto un plagio poiché aveva descritto delle operazioni che non erano presenti nell’opuscolo di Galileo. A questo punto Galileo chiese e ottenne che venisse fatta una collazione dei due testi. Essa venne affidata a Paolo Sarpi che già il giorno successivo dette il suo responso: l’opera del Capra era una tra- duzione in latino del libro di Galileo, ovvero di tutte le operazioni da questi descritte con l’eccezione di tre operazioni. Sarpi, inoltre, rese la testimonianza che Galileo gli aveva donato un esemplare del compasso già dieci anni prima. Il 24 aprile riprese il dibattimento e Galileo richie- se che Capra desse una dimostrazione delle operazioni descritte nel vo- lume che questi aveva pubblicato. Per evitare la prova, Capra si dichia- rò disponibile a pubblicare una confessione, ma Galileo rifiutò volendo piuttosto una sua condanna. Il 4 maggio 1607 i Riformatori emisero la sentenza: fu riconosciuto il furto operato nei confronti di Galileo, si di- spose che le 483 copie del volume del Capra venissero sequestrate e trasferite a Venezia per essere distrutte e che la sentenza stessa venisse resa pubblica in Padova «a suon di trombe […] nell’ora della maggior frequenza degli studenti»29.

Poiché il Capra era riuscito a sottrarre una trentina di copie in- viandone alcune all’estero, Galileo decise di «dare la massima pubblici- tà alla vicenda»30 descrivendola dettagliatamente in un libro pubblicato

nell’agosto del 1607 con il titolo Difesa contro alle calunnie ed impo-

sture di Baldessar Capra31. Rivolgendosi ai lettori, Galileo così de-

scrisse lo stato d’animo di chi era stato vittima di un plagiario:

29 F

AVARO,Opere di Galileo Galilei, cit., vol. II, 560. 30 C

AMEROTA, Galileo Galilei, cit., 128.

31 Difesa di Galileo Galilei, Nobile Fiorentino, Lettore delle Matematiche nello Studio

di Padova, contro alle calunnie ed imposture di Baldessar Capra milanese. Usategli sì nella Considerazione Astronomica sopra la Nuova Stella del MDCIII come (et assai più) nel publicare nuovamente come sua invenzione la fabrica, et gli usi del Compasso Geometrico, et Militare, sotto il titolo Usus et fabrica Circini cuiusdam proportionis,

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157 «Dirà forse alcuno, acerbissimo essere il duolo della perdita della vita: anzi pur, dirò io, questo esser minor de gli altri; poi che colui che della vita ci spoglia, ci priva nell’istesso punto del poterci noi più né di questa, né di al- tra perdita lamentare. Solamente in estremo grado di dolore ci riduce colui che dell’onore, della fama e della meritata gloria, bene non ereditato, non dalla natura, non dalla sorte, o dal caso, ma da i nostri studii, dalle proprie fatiche, dalle lunghe vigilie contribuitoci, con false imposture, con fraudo- lenti inganni e con temerarii usurpamenti ci spoglia; poi che restando noi in vita, ogni virtuosa persona, non pur come tronchi infruttuosi, non solo come mendici, ma più che fetenti cadaveri ci sprezza, ci sfugge, ci aborrisce»32.

Agli occhi di Galileo, dunque, il plagio produce una vittima, poiché l’individuo plagiato è privato di beni, quali l’onore e la fama, acquisiti esclusivamente per meriti propri e cioè con lo studio e il lavo- ro.