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Un brevetto mancato: il telescopio (1608)

Il 12 marzo 1610 venne pubblicato a Venezia il Sidereus nun-

cius con lettera dedicatoria di Galileo al Granduca di Toscana Cosimo

II. Nel titolo dell’opera, oltre a elencare le sue principali scoperte, Gali- leo dichiarava esplicitamente la propria priorità in tali scoperte33. Esse

etc. In Venetia, Presso Tomaso Baglioni, MDCVII. Nella Edizione nazionale delle O- pere di Galileo Galilei, cit., la Difesa è pubblicata nel vol. II, alle pp. 513-601.

32 F

AVARO, Opere di Galileo Galilei, cit., vol. II, 517-518.

33 Sidereus nuncius magna, longeque admirabilia spectacula pandens, suspiciendaque

proponens unicuique, praesertim vero Philosophis atque Astronomis, quae a Galileo

Galileo, Patritio Florentino, Patavini Gymnasij Publico Mathematico, perspicilli nuper

a se reperti beneficio sunt observata in Lunae facie, fixis innumeris, Lacteo Circulo, stellis nebulosis, apprime vero in quatuor planetis circa Jovis Stellam disparibus inter- vallis, atque periodis celeritate mirabili circumvolutis; quos, nemini in hanc usque diem cognitos, novissime Author depraehendit primus; atque MEDICEA SIDERA nun- cupandos decrevit. Venetiis, Apud Thomam Baglionum, Superiorum Permissu, et Pri-

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erano state rese possibili da un nuovo strumento indicato col nome di «perspicillum» e che pochi anni dopo gli accademici dei Lincei avreb- bero chiamato telescopio. Non era un’invenzione di Galileo, ma di «un tal Fiammingo» di cui era venuto a conoscenza per sentito dire. Ecco come Galileo descrisse il modo in cui era venuto a conoscenza del nuo- vo strumento e del modo in cui si affrettò a replicarlo e a perfezionarlo.

«Sono dieci mesi incirca, che pervenne a’ nostri orecchi un certo grido, es- ser stato fabbricato da un tal Fiammingo uno occhiale, per mezzo del quale gli oggetti, benché assai distanti dall’occhio, si vedevan distintamente come se fussero vicini; e di questo effetto invero ammirabile si raccontavano al- cune esperienze, le quali altri credevano, altri negavano. L’istesso pochi giorni dopo fu confermato a me per lettera di Parigi da un tal Iacobo Bado- vero [Jacques Badovere], nobil franzese; il quale avviso fu cagione che io mi applicai tutto a ricercar le ragioni ed i mezzi per i quali io potessi arriva- re all’invenzione di un simile instrumento: la quale conseguii poco appres- so, fondato sopra la dottrina delle refrazioni. E mi preparai primieramente un cannone di piombo, nelle estremità del quale accomodai due vetri da oc- chiali, ambedue piani da una parte, ma uno dall’altra convesso e l’altro con- cavo: al quale accostando l’occhio, veddi gli oggetti assai prossimi ed ac- cresciuti; poiché apparivano tre volte più vicini, e nove volte maggiori, di quello che si scorgevano con la sola vista naturale. Dopo mi apparecchiai un altro strumento più esatto, che rappresentava gli oggetti più di sessanta volte maggiori. Finalmente, non perdonando a fatica né a spesa alcuna, per- venni a tal segno, che me ne fabbricai uno così eccellente, che le cose vedu- te con quello apparivano quasi mille volte maggiori, e più che trenta volte più prossime, che vedute dall’occhio libero»34.

vilegio, MDCX. Nella Edizione nazionale delle Opere di Galileo Galilei, cit., il Side-

reus nuncius è pubblicato nel vol. III, alle pp. 53-96.

34 L’originale è: «Mensibus abhinc decem fere, rumor ad aures nostras increpuit, fuisse

a quodam Belga Perspicillum elaboratum, cuius beneficio obiecta visibilia, licet ab ocu- lo inspicientis longe dissita, veluti propinqua distincte cernebantur; ac huius profecto admirabilis effectus nonnullae experientiae circumferebantur, quibus fidem alii praede- bant, negabant alii. Idem paucos post dies mihi per literas a nobili Gallo Iacobo Bado- vere ex Lutetia confirmatum est; quod tandem in causa fuit, ut ad rationes inquirendas,

«FALSE IMPOSTURE» E «FRAUDOLENTI INGANNI»

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Ma chi era quel «tal Fiammingo» cui si doveva una invenzione che avrebbe di lì a poco contribuito a modificare in maniera decisiva la concezione del firmamento? La risposta non è certa. Tuttavia, sappiamo che i delegati degli Stati generali delle Province Unite discussero il 2 Ottobre 1608 la richiesta di un brevetto relativa a occhiali per spiare presentata da parte di Hans Lipperhey, un fabbricante di occhiali di Middleburg35. Senonché, pochi giorni prima, il 30 Settembre, durante le

trattative per un armistizio nella lunga guerra che opponeva gli olandesi agli spagnoli, il comandante in capo delle truppe olandesi, il conte Maurizio di Nassau, mostrò alla sua controparte, Ambrogio Spinola, il nuovo strumento. Il significato strategico dello strumento fu colto im- mediatamente e immediatamente se ne dette notizia in un periodico del tempo: Ambassades du Roy du Siam. Il segreto sullo strumento non po- teva più essere mantenuto tanto che gli Stati generali, pur richiedendo a Lipperhey tre nuovi strumenti e che mantenesse segreto il modo in cui li costruiva, gli negarono il brevetto anche perché altri due costruttori di occhiali, Zacharias Jansen e Adrien Metius, richiesero a loro volta un

necnon media excogitanda, per quae ad consimilis Organi inventionem devenirem, me totum converterem; quam paulo post, doctrinae de refractionibus innixus, assequutus sum: ac tubum primo plumbeum mihi paravi, in cuius extremitatibus vitrea duo Perspi- cilla, ambo ex altera parte plana, ex altera vero unum sphaerice convexum, alterum vero cavum aptavi; oculum deinde ad cavum admovens obiecta satis magna et propinqua intuitus sum; triplo enim viciniora, nonuplo vero maiora apparebant, quam dum sola naturali acie obiecta plusquam sexagesis maiora repraesentabat. Tandem, labori nullo nullisque sumptibus parcens, eo a me deventum est, ut Organum mihi construxerim a- deo excellens, ut res per ipsum visae millies fere maiores appareant, ac plusquam in terdecupla ratione viciniores, quam si naturali tantum facultate spectentur». Citato da

Sidereus nuncius, cit., 1610, 6. La traduzione italiana è di Vincenzo Viviani, l’ultimo

allievo di Galileo.

35 Le informazioni che seguono sono desunte principalmente da A. V

AN HELDEN, The

Invention of the Telescope, in Transactions of the American Philosophical Society,

67/4, 1977, 36-42; e, dello stesso autore, Galileo and the Telescope, in P. GALLUZZI (a

cura di), Novità celesti e crisi del sapere. Atti del convegno internazionale di studi gali-

leiani, Supplemento agli Annali dell’Istituto e Museo di Storia della Scienza, 1983, 2,

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brevetto avanzando pretese di priorità. Intanto, nel Novembre del 1608, Paolo Sarpi ricevette le Ambassades du Roy du Siam con le notizie sulle trattative tra il conte di Nassau e Ambrogio Spinola e sulle meravigliose prestazioni dello strumento. Il 30 Marzo 1609 lo stesso Sarpi scrisse a un ex-allievo di Galileo, il parigino Jacques Badovere, per avere ulte- riori informazioni. La risposta di Badovere è andata perduta, ma da quanto riportato dallo stesso Galileo egli deve averla letta. La notizia dell’esistenza di un tale strumento era certa. Una conferma ulteriore proviene da Pierre de L’Estoile che, alla data 30 Aprile 1609, narra co- me egli abbia visto in vendita presso un costruttore di occhiali sul Pont Marchand a Parigi un nuovo tipo di occhiali inseriti in un tubo di circa un piede di lunghezza con il quale si potevano vedere distintamente og- geti assai distanti. Furono sufficienti tali notizie perché un gruppo di studiosi si affrettasse o a procurarsi lo strumento, o a tentare di replicar- lo. È il caso, ad esempio, di Thomas Harriot che a Londra si procurò uno strumento olandese e scoprì prima di Galileo i satelliti di Giove senza tuttavia pubblicare i risultati delle sue osservazioni; oppure del tedesco Simon Marius e del milanese Girolamo Sirtori che si consuma- rono in numerosi tentativi di costruirsi strumenti efficenti.

Come ha dimostrato Albert van Helden, dopo che si sparse la notizia del nuovo strumento e della sua struttura essenziale e dopo che a Hans Lipperhey non fu concesso alcun brevetto, numerosi studiosi en- trarono in competizione tra loro per replicarlo. La grandezza di Galileo è consistita prevalentemente nella sua capacità di migliorarne le presta- zioni, di rivolgerlo verso il cielo e, avendo lungamente meditato sulle problematiche cosmologiche coeve, di farvi delle osservazioni originali che egli si affrettò a pubblicare e a stabilirne in tal modo la propria pa- ternità.

Inventato da alcuni abili artigiani olandesi nel contesto di una prolungata guerra con gli spagnoli, il telescopio fu concepito in primo luogo come strumento adatto all’avvistamento dei nemici e alla rico-

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gnizione avvicinata delle loro linee offensive o difensive. La necessità di ottenere una tregua spinsero il conte di Nassau a rendere noto il van- taggio strategico acquisito e la stampa lo coadiuvò nel suo intento di- vulgando la notizia. Impossibilitati a ottenere un brevetto, gli artigiani olandesi fornirono al mercato i primi telescopi tanto che già nel 1609 se ne vendevano alcuni esemplari nei grandi mercati di Parigi e di Franco- forte, mentre nello stesso anno un ignoto commerciante francese li of- friva in vendita a Milano, Venezia, Roma e Napoli. Tuttavia, in un altro ambiente, quello dello Studio di Padova, un matematico e astronomo, che già da molti anni aveva accettato la dottrina di Copernico36, intuì

che il nuovo «occhiale» poteva costituire uno strumento atto non solo a scandagliare il mare per «scoprire legni et vele dell’inimico»37, ma an-

cor più a scandagliare il firmamento e i suoi astri. Cosa che non avreb- be potuto fare con altrettanto successo se egli stesso non fosse stato un abile artigiano, capace quindi di lavorare le lenti, e un disegnatore e- sperto di prospettiva e di chiaroscuro38.

5. Pubblicare senza il consenso dell’autore: Flamsteed vs. Newton