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Un perenne equilibrio precario

CONTRAPPOSIZIONI ENDEMICHE

2.16 Un perenne equilibrio precario

Intanto, la guerra civile in Siria aveva creato nuove tensioni anche in Libano, a cominciare dall’esodo massiccio di rifugiati nel Paese. Gli scontri a Tripoli tra fazioni pro-siriane e anti-siriane, del giugno 2012, e l’atteggiamento del nuovo governo Miqati, volto a non rinunciare a nessuno dei legami commerciali regionali242, furono rese ancora più complesse dal mutato atteggiamento delle potenze internazionali243.

Ad incidere radicalmente sulla situazione libanese fu anche l’attacco terroristico dell’11 settembre e la conseguente guerra al terrorismo lanciata dall’amministrazione Bush, andando profondamente a modificare la politica estera americana in Vicino Oriente. Gli Stati Uniti non avrebbero più tollerato la presenza di alcun tipo di organizzazione che potesse avere al suo interno cellule terroristiche, anche a discapito dell’equilibrio del Paese244.

L’Hezbollah, sospettato di terrorismo, era stato delegittimato dagli Stati Uniti e i suoi conti bancari congelati. Hariri si era trovato nella difficile posizione di dover disattendere le aspettative americane, ricordando al proprio Paese e di fronte all’opinione pubblica internazionale, che

241 Galeno G., “L’incognita del nuovo Governo: tiro alla fune in Libano”, in Affari Internazionali,

13 Aprile, 2011.

242 Con la scelta di non sbilanciarsi tra le pressioni esercitate dagli Stati del Golfo e dall’Arabia

Saudita e quelle dell’asse Siria-Iran-Hezbollah.

243 Rufini G., “Il Libano e la crisi siriana: le lezioni di UNIFIL per l’Italia e la Comunità

internazionale”, in Osservatorio di Politica Internazionale, 2013, p. 1. Disponibile online in

www.parlamento.it.

244 Zunes S., “La scatola esplosiva. La politica americana in Vicino Oriente e le radici del

Hezbollah aveva, nel corso degli anni, modificato la propria strategia politica, integrandosi alla compagine dei partiti politici. Con queste dichiarazioni aveva perso di credibilità agli occhi dei Paesi occidentali, ma anche di fronte agli stessi libanesi che non potevano dimenticare le pesanti accuse di omicidio che gravavano sul partito.

La politica di compromesso di Hariri era volta a ritrovare un nuovo equilibrio interno, ma con lo scoppio della crisi siriana ogni tentativo di conciliazione divenne inutile.

Il tasso di disoccupazione nel Paese aumentava vertiginosamente e le condizioni di vita degli sciiti libanesi, ai quali era stata negata la possibilità di lavorare nei Paesi del Golfo - principale sbocco occupazionale dei Paesi arabi -, erano peggiorate irrimediabilmente. Entrando nel terzo anno di conflitto, quindi, le continue pressioni esterne tra fazioni pro e contro Assad, hanno portato nel marzo 2013 alle dimissioni del Governo Miqati245. “In Libano - e in tutto il Vicino Oriente – il destino agisce così rapidamente che il giornalista, il cronista di fatti quotidiani, lo storico, il testimone delle atrocità umane, si rendono tutti conto di non poter scrivere il paragrafo finale, l’analisi definitiva, le ultime parole di questa immensa tragedia. […] E mentre scrivo queste parole, so che avrò già bisogno di un altro paragrafo, un altro capitolo che affogherà queste pagine nel sangue246”, scriveva Robert Fisk parlando del divario fra sciiti e sunniti di qualche anno prima, quando in Libano truppe francesi, spagnole, belghe, italiane e tedesche e fanteria turca cercavano di risolvere ancora la questione israeliana.

Definiva tutti “gli stranieri”: un esercito intero della Nato che indossava i caschi blu dell’ONU, mentre al-Qaida minacciava di bombardarli e la Nato tentava di proteggere Israele.

245 “In particolare, l’afflusso incontrollato dei rifugiati sta minando il delicatissimo equilibrio

“comunitarista” e multisettario su cui si basa la politica nazionale, nonostante lo sforzo del governo di mantenere le distanze dalla crisi siriana con un atteggiamento di neutralità, difficile da sostenere nel lungo termine. Infatti le aree a maggioranza sunnita, che ospitano il maggior numero di rifugiati dalla Siria, si stanno gradualmente trasformando in santuari per i gruppi antiregime, trascinando sempre più il paese dentro la crisi siriana”. Rufini G., “Il Libano e la crisi siriana: le

lezioni di UNIFIL per l’Italia e la Comunità internazionale”, in Osservatorio di Politica

Internazionale, 2013, p. 6. Disponibile online in www.parlamento.it.

Questo prima della guerra in Siria, prima dell’11 settembre e prima che il Libano diventasse, ancora una volta, il terreno di scontro, il palcoscenico di una guerra esterna combattuta sul suo territorio.

Ancora oggi, fra maroniti e sciiti, le tensioni sono aggravate dall’afflusso di immigrati musulmani e dai timori che l’influenza siriana possa trasformare, nuovamente, il Libano in un Paese cuscinetto.

I siriani in Libano sono più di un milione, tra immigrati e rifugiati, di cui solo un terzo è registrato ufficialmente. E se la diffusione del dialetto siriano ha modificato il profilo culturale del Paese, la disoccupazione ne ha aggravato quello sociale. Nel Libano meridionale continuano le tensioni con gli israeliani, e i palestinesi, che ancora vivono nei campi profughi, sono vittime di rappresaglie e tengono vivo, a loro volta, un clima di tensione continua.

“Più volte, negli ultimi decenni, il Libano ha dovuto subire un intervento esterno favorito dalle sue stesse contraddizioni interne, dalle molteplici fratture religiose, sociali, culturali e politiche che lo attraversano. Di volta in volta la Comunità internazionale - oppure la Siria o Israele o i Palestinesi - sono entrati nel paese e ne hanno assunto un controllo almeno parziale. Il sistema “comunitarista” che vige nel paese, garantisce un equilibrio precario che evita danni maggiori ma contrasta con l’esigenza di costruire un’identità nazionale”247.

Uscire da questo circolo vizioso appare impossibile, il ruolo di Stato cuscinetto detenuto dal Paese per oltre centocinquanta anni ha condizionato non solo la classe politica, ma anche gran parte della classe intellettuale.

“Perché il Libano acceda ad un’autentica indipendenza e cessi di essere il giocattolo della geopolitica regionale, è necessario che, contro tutti gli ostacoli che si frappongono, i suoi figli prendano coscienza dei problemi reali in mezzo ai quali vivono e cessino di farsi catturare e di farsi

247 Rufini G., “Il Libano e la crisi siriana: le lezioni di UNIFIL per l’Italia e la Comunità

internazionale”, in Osservatorio di Politica Internazionale, 2013, p. 4. Disponibile online in

incatenare dai miraggi delle ideologie comunitarie, così intrecciate ai giochi di potere su scala regionale”248.

LE COMUNITA' SI FANNO ETNIE. LA REALTA' LIBANESE E

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