• Non ci sono risultati.

Il violento ingresso dell'Occidente in Vicino Oriente: le potenze mandatarie e il mutamento delle relazioni sociali e politiche libanes

CONTRAPPOSIZIONI ENDEMICHE

2.1 Il violento ingresso dell'Occidente in Vicino Oriente: le potenze mandatarie e il mutamento delle relazioni sociali e politiche libanes

Nel 1914 l’Impero Ottomano entrò in guerra contro Inghilterra, Francia e Russia. Le rivalità fra le Potenze europee stavano travalicando i limiti delle guerre napoleoniche, e l’Impero, con le sue aree di importanza strategica e commerciale, era già indebolito da faide e conflitti interni. La struttura sociale multietnica nella quale la maggior parte degli arabi aveva vissuto per quattro secoli andava disgregandosi. Le tensioni, già presenti nelle aree strategiche del Vicino Oriente, erano state esacerbate dalla guerra e dalla presenza di nuovi stranieri. L’atteggiamento degli stessi arabi nei confronti della propria identità stava cambiando: appena liberati dall’influenza turca non erano pronti a soccombere sotto una nuova dominazione.

La ricerca di una nuova identità politica e culturale rispondeva alle affermazioni del presidente Wilson: i confini e le culture dei popoli dovevano essere riformate sulla base dell’autodeterminazione delle entità nazionali. Gli eventi bellici avevano accelerato le necessità di riforma della condizione sociale e politica dei popoli, spingendoli a diventare parte attiva del conflitto.

Nel Maghreb, ad esempio, soldati algerini e tunisini avevano preso le armi e combattuto come volontari al fianco dell’esercito francese 106. Ma il successo conseguito dai popoli arabi nel corso della Prima Guerra Mondiale non aveva realizzato quei riconoscimenti che auspicavano.

Con il trattato di Sèvres regioni come la Siria, l’Arabia e l’Armenia poterono liberarsi dal dominio Ottomano ma senza ottenere l’indipendenza. Con gli accordi sottoscritti il 16 maggio 1916 da Mark Sykes per l’Inghilterra e da George Picot per la Francia, il Vicino Oriente venne diviso in aree d’influenza e affidato in amministrazione mandataria ai governi di Londra e Parigi.

La Francia, nonostante la palese avversione dei siriani al dominio straniero, rallentò in ogni modo il processo di decolonizzazione. Erano convinti, infatti, di poter incanalare il malcontento popolare modificando l’assetto territoriale del Paese. Il governo di Parigi era consapevole che l’opposizione nazionalista siriana avrebbe ostacolato il dominio straniero e che i sunniti sarebbero stati i suoi maggiori antagonisti. Quindi rivolse le sue attenzioni ai cristiani al fine di creare un nuovo Stato e indebolire le opposizioni interne.

Il nuovo Stato toglieva Tiro, Sidone, e la stessa Beirut, alla Siria, per annetterle al distretto amministrativo ottomano del Monte Libano, centro della cristianità maronita. Per indebolire ulteriormente la Siria le tolsero il Porto di Damasco.

Lo Stato del “Grande Libano” sorse il 31 agosto 1920. Era un'entità artificiale che scatenò da subito le reazioni dei popoli coinvolti: i sunniti si opposero violentemente alla sua nascita; i drusi di Libano e Siria si batterono per la riunificazione fra i due paesi; anche i greco-ortodossi, sentendosi minacciati come minoranza, si dichiararono contrari alla formazione del nuovo Stato. Solo i maroniti accettarono di buon grado il “Grande Libano” e la tutela francese, che a quel punto si rendeva necessaria come contrappasso alla loro supremazia107.

106 Hourani A., “Storia dei popoli arabi.”, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1992, pp. 299-

333.

Dalla fine della Prima Guerra Mondiale la Francia coloniale ha segnato profondamente la storia del Libano, soffocando ogni opposizione alla propria egemonia, da qualsiasi comunità essa provenisse. Aveva creato uno Stato cuscinetto, una società plurale e segmentata, che non possedeva la corazza protettiva degli Stati moderni. Il Paese era stato indebolito al punto tale da rinunciare ad una propria identità unitaria e i Libanesi erano pronti a “denigrare ferocemente il proprio Paese, arrivando al punto di negarne l’esistenza”108.

La situazione si presentò ancora più complessa per gli inglesi. Il ministro degli esteri Lord Balfour aveva dichiarato che, dopo la guerra, la Gran Bretagna avrebbe favorito la formazione di un nucleo ebraico in Palestina. Questa dichiarazione aveva ulteriormente alimentato il movimento di emigrazione ebraica cominciato alla fine dell’Ottocento109. “Molti ora rammentano che ebrei e arabi convivevano felicemente prima del 1948, anche se in realtà già molto tempo prima di quella data, in alcune parti della Palestina, fra le due comunità era in atto qualcosa di molto simile alla guerra civile”110 scriveva Robert Fisk, quando a Beirut, un anziano palestinese che voleva disegnargli la mappa del suo oliveto non riusciva a tracciare le strade a sud di Giaffa.

La Palestina era diventata infatti, fin dal 1929, teatro di violente lotte armate tra ebrei e arabi, e il governo di Londra venne a trovarsi in una posizione delicata.

Nel 1918 la promessa fatta ai popoli arabi si fondava su una reciprocità di azione: aiuto e sostegno agli Alleati da parte dei popoli arabi, in cambio dell’indipendenza delle ex colonie ottomane. La promessa fatta ai movimenti sionisti, invece, presupponeva che nulla pregiudicasse le comunità non ebraiche presenti in Palestina. Londra, quindi, aveva parzialmente disatteso gli interessi di tutte le comunità111.

Solo l’Egitto aveva raggiunto l’indipendenza già nel 1922, ma era di fatto un protettorato inglese. In questo quadro anche le esigenze del

108 Corm G., “Il Libano contemporaneo : storia e società”, Jaca book, Milano, 2006 p.20. 109 Aliberti G., Malgeri F., “Due secoli al Duemila”, LED, Milano, 1999, pp. 493.

110 Fisk R., “Il massacro di una nazione”, Il Saggiatore, Milano, 2010, cit. p. 48. 111 Fisk R., “Il massacro di una nazione”, Il Saggiatore, Milano, 2010, pp. 60-90.

Movimento panarabo facevano fatica ad affermarsi. Già nel 1916 il Movimento si era trovato di fronte a molti ostacoli, e quando lo sceriffo della Mecca Hussein, della dinastia hashimita, si era autoproclamato re degli arabi, non era stato riconosciuto dagli altri sovrani. Fu proprio la necessità di difesa degli interessi della Palestina contro l’emigrazione ebraica a rafforzare il movimento, guidato da un nuovo leader: Ibn Said. Il tentativo di realizzare una politica di solidarietà di razza e cultura si scontrava con gli interessi delle numerose comunità, ma la difesa contro la penetrazione ebraica aveva rianimato la speranze di trovare un’identità comune112.

I francesi erano coscienti, almeno quanto gli inglesi, dell’ostilità che avevano suscitato. La ribellione drusa in Libano e Siria del 1925 fu sedata con grande brutalità e con l’aiuto di bande di miliziani armeni. I maroniti, convinti della funzione civilizzatrice dei Paesi occidentali, collaborarono coi francesi, fiduciosi che questi aspirassero all’indipendenza del Libano. Del resto, durante gli anni del mandato francese, l’economia libanese aveva ricevuto un nuovo impulso: il porto di Beirut era stato ingrandito ed erano state costruite strade che collegavano le principali città del Paese. Fu introdotto un nuovo sistema giudiziario e migliorato il sistema scolastico113. Ma fu proprio il sistema scolastico a creare problemi apparentemente insormontabili. Nelle scuole, il francese divenne lingua obbligatoria, proprio nel momento in cui i nazionalisti arabi si stavano liberando dal turco114.

Alla luce di questo quadro generale è chiaro come per Gran Bretagna e Francia l’autorità sui Paesi Arabi fosse fondamentale, non solo per gli interessi strettamente economici presenti nella regione, ma anche perché rafforzava la loro leadership politica e culturale a livello globale. La potenza mediterranea e mondiale per la Gran Bretagna era assicurata dal petrolio iraniano, e successivamente iracheno. Inoltre, le rotte per l’India e per l’Estremo Oriente dovevano passare obbligatoriamente per il Canale di Suez. Negli anni ‘20 e ‘30 si svilupparono anche rotte aeree, che incrementavano le vie del commercio ferroviario precedentemente

112 Aliberti G., Malgeri F., “Due secoli al Duemila”, LED, Milano, 1999, pp. 492-493. 113 Hourani A., “Storia dei popoli arabi.”, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1992, p. 333. 114 Fisk R., “Il massacro di una nazione”, Il Saggiatore, Milano, 2010, p. 91.

potenziate. Analogamente, era il Maghreb a rivestire un ruolo importante per la Francia, perché forniva sia potenziale umano per l’esercito, che minerali e materie prime per l’industria. Il Libano era attraversato da rotte terrestri e marittime e una delle rotte aeree che lo sorvolava conduceva in Indocina.

Fino alla fine degli anni ‘30 le posizioni di Gran Bretagna e Francia rimasero inalterate. La costruzione di un numero sempre maggiore di infrastrutture all’interno delle regioni Vicino Orientali fu dovuta alla necessità, da parte delle due potenze, di raggiungere agevolmente le località in cui estrarre minerali e altri materiali.

I mutamenti apportati modificarono anche il modo di vivere e pensare delle popolazioni e un accelerato incremento demografico andò di pari passo, negli anni ‘20 e ‘30, con la scomparsa dei pastori nomadi. A causa della crisi economica degli anni ’30, la popolazione in eccesso delle campagne si trasferì in città.

I quartieri europei e quelli indigeni rimanevano separati. In Palestina una linea netta separava i quartieri arabi da quelli ebraici, e una città completamente ebraica, Tel Aviv, si sviluppò a fianco a Giaffa. Facevano eccezione Siria e Libano, in cui la separazione era meno netta, perché la borghesia era prevalentemente indigena e la popolazione straniera assai scarsa115.

Documenti correlati