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v Aspetti problematici della riforma

La riforma in esame, per quanto concerne le modifiche apportate al giudizio di appello ed in particolare l’introduzione del filtro di (in)ammissibilità dell’impugnazione, ha suscitato parecchie perplessità e contrasti sia in dottrina che in giurisprudenza.

In primo luogo, è necessario rilevare il fatto che le nuove norme sono state, sin dall’inizio, tacciate di incostituzionalità, sia in relazione al diritto di accesso alla giustizia, sia con riferimento alla presunta violazione del diritto di difesa.

In realtà si tratta di una disposizione di legge astrattamente conforme ai parametri costituzionali, anche di carattere sopranazionale402; in primo luogo, infatti, il secondo grado di giudizio non gode di copertura costituzionale nel nostro ordinamento.

Inoltre, la Costituzione italiana e la convenzione europea dei diritti dell’uomo concedono al legislatore di porre limitazioni403 ai mezzi di accesso alla giustizia, in particolare se si tratta di mezzi di impugnazione e non di strumenti di primo accesso agli organi giurisdizionali.

400 Tale dinamica trova applicazione, secondo il disposto dell’art. 348-ter comma 5 c.p.c., anche nel caso

del ricorso per cassazione, laddove la sentenza di appello confermi la decisione di primo grado.

401

MONTELEONE, Il processo civile, cit.; CAPONI, La riforma dei mezzi di impugnazione, cit., 1156.

402 Sul punto si veda C

APONI, La riforma dell’appello civile dopo la svolta, cit.

D’altro canto, però, la facoltà di esercizio del diritto di cui all’art. 24 Cost. viene garantita dalla possibilità di ricorrere in Cassazione, ipotesi che rischia di non essere rispettata dalla recente riforma, come visto in precedenza rispetto all’impossibilità (secondo alcuni) di ricorrere in cassazione contro l’ordinanza di inammissibilità404

e per le limitazioni che la recente riforma ha apportato ai (già rigidi) motivi tassativi di impugnazione davanti alla Suprema Corte di cui all’art. 360 c.p.c.

Uno degli aspetti della riforma del 2012 sul processo di secondo grado che ha sollevato maggiori perplessità è il vago criterio (sempre che possa definirsi tale) che la legge assegna al giudicante per valutare l’ammissibilità o meno dell’atto di appello405

.

L’art. 348-bis c.p.c. prevede, infatti, che venga dichiarata inammissibile l’impugnazione che non abbia una “ragionevole probabilità di essere accolta”406.

È evidente che il margine di valutazione del giudice è enorme, forse eccessivo, e rischia di sconfinare con facilità nell’arbitrio 407

, elemento inaccettabile nel nostro ordinamento408.

Solitamente, la discrezionalità concessa al giudice dall’ordinamento è limitata e vincolata ad alcuni criteri chiari, per quanto ampi409, anche al fine di permettere un controllo sull’operato del giudice e poter valutare se egli abbia rispettato, nel suo operare, i principi di imparzialità e di ragionevolezza.

404 G

ALLETTO, “Doppio filtro” in appello, cit.

405 Si rileva, inoltre, il potenziale conflitto con il principio CEDU per cui la concessione del grado

d'impugnazione, una volta che il legislatore la decida, non può essere sottoposta a condizioni incardinate su valutazioni eccessivamente discrezionali.

406 F

ERRI, Filtro in appello, cit., 11 osserva, giustamente, che non si vede come una probabilità possa definirsi irragionevole.

407 G

ALLETTO, “Doppio filtro” in appello, cit.; CONSOLO, Nuovi ed indesiderabili esercizi normativi, cit., 1135; RUSSO, Dialoghi sulle impugnazioni, cit.; FERRI, Filtro in appello, cit., 11; COSTANTINO, Le

riforme dell’appello civile, cit.; DE CRISTOFARO, Appello e cassazione alla prova, cit.; CAPONI, La

riforma dell’appello civile dopo la svolta, cit.; ID., La riforma dell’appello civile, cit., 293; ID., La

riforma dei mezzi di impugnazione, cit., 1163, rileva come nel nostro paese un elemento particolarmente

incisivo sul punto potrebbe essere la normale contrapposizione tra il ruolo dell’avvocato e del giudice, che però in Italia spesso rischia di degenerare, trasformandosi in un conflitto tra le due categorie professionali; VERDE, Diritto di difesa, cit., rileva come, a fronte di una formulazione così generica, sia impossibile contestare al giudice la decisione presa circa la non ragionevole probabilità di accoglimento dell’appello.

408 M

ONTELEONE, Il processo civile, cit., ipotizza che, vista la difficoltà di un giudizio di probabilità senza l’aiuto di alcun criterio orientativo, la maggior parte dei collegi giudicanti preferiranno evitare tale valutazione e la conseguente pronuncia di inammissibilità, proseguendo secondo la normale scansione processuale.

409 Si pensi, ad esempio, alla valutazione che il giudice deve compiere ai fini della concessione di un

Cosa significa che non c’è ragionevole probabilità di accoglimento dell’impugnazione? Il legislatore non offre alcun indizio sul punto, e pertanto la definizione di tale concetto è rimessa integralmente all’interprete e all’applicazione giurisprudenziale410

.

In aggiunta a quanto appena detto, anche laddove si riuscisse a definire in modo chiaro quali sono i contorni di questa ragionevolezza, si porrebbe un’ulteriore problematica. Posto che la norma parla di probabilità di rigetto dell’appello, c’è il rischio (forse eccessivo) che vengano dichiarati inammissibili appelli che hanno comunque un margine, sebbene ridotto, di accoglimento411, o ancora che vengano “archiviati” come inammissibili quegli appelli che pongono questioni nuove o controverse, che ad un primo esame si presentano prive di quella “ragionevole probabilità” di accoglimento412

. Il vaglio di probabilità, infine, sarà necessariamente diverso per ogni giudice, inteso come persona fisica, che deve esprimere il giudizio, e tale aleatorietà, che caratterizza in particolare questo primo periodo di applicazione delle nuove norme, appare inaccettabile413.

Da ultimo, non deve essere sottovalutato un altro aspetto che potrebbe incidere negativamente sulla correttezza del vaglio di ammissibilità, con conseguente distorsione, se non addirittura vanificazione dello scopo della riforma, ovvero il carico giudiziario delle corti d’appello414

.

Laddove la mole di lavoro sia particolarmente pesante, ipotesi per nulla da scartare, il giudicante potrebbe essere propenso ad un’eccessiva rigidità nell’applicazione del filtro; al contrario, se un organo giurisdizionale ha un numero di cause adeguato alle proprie dimensioni, il suo giudizio circa l’ammissibilità dell’impugnazione non subirà questa “influenza” negativa.

Il rischio evidente è che si concretizzi, attraverso le pronunce delle Corti d’appello e dei tribunali, per l’impugnazione delle sentenze del giudice di pace, una violazione del

410

COSTANTINO, Le riforme dell’appello civile, cit., afferma che vista l’ampiezza (irragionevole) della discrezionalità affidata al giudice e l’assenza di criteri decisionali, qualsiasi sforzo interpretativo ha il valore di una mera esortazione.

411 C

OSTANTINO, Le riforme dell’appello civile, cit.; CAPONI, Contro il nuovo filtro, cit.

412

GALLETTO, “Doppio filtro” in appello, cit.

413 C

APONI, La riforma dei mezzi di impugnazione, cit., 1163; ID., La riforma dell’appello civile, cit., 293.

414 C

principio di uguaglianza tra i vari uffici giudiziari, se non addirittura, ipotesi ancora più grave, tra le sezioni del medesimo ufficio415.

In tal senso, i protocolli assumono, potenzialmente, grande importanza, in quanto potrebbero contribuire a creare delle linee guida di giudizio, al fine di uniformare i criteri utilizzati dai collegi, con evidente guadagno in termini di certezza del diritto e concordanza delle decisioni416.

La dottrina ha avanzato alcune ipotesi interpretative, secondo le quali il criterio della ragionevole probabilità farebbe riferimento alla fondatezza delle ragioni dell’impugnazione, ovvero delle argomentazioni in fatto o in diritto poste a base della domanda introduttiva; pare quindi che, in tale giudizio prognostico, il giudicante debba fare riferimento esclusivamente alle questioni di merito417.

Parte della dottrina ha, inoltre, rilevato come, nonostante la somiglianza, la ragionevole probabilità di cui all’art. 348-bis c.p.c. è ben diversa e più impegnativa, rispetto al criterio previsto in altre disposizioni del codice di rito, come le norme sui procedimenti cautelari, che prevedono quale requisito essenziale, per la concessione del provvedimento, il fumus boni iuris, ovvero la verosimiglianza del diritto, la probabilità dell’esistenza del diritto stesso di cui la parte richiede la tutela418

.

Rilevante è, poi, il rilievo attribuito dalla legge di riforma ad eventuali precedenti giurisprudenziali conformi, che vengono elevati a criterio di ragionevole probabilità circa l’accoglimento o meno dell’appello.

È, infatti, possibile definire, con l’ausilio di questo criterio, il concetto di ragionevolezza; si ritiene che con tale espressione si possa intendere un elevato grado di

415

SCARSELLI, Sul nuovo filtro, cit., 290.

416 Il Protocollo della Corte di appello di Milano sostiene che la ragionevolezza della prognosi di

ammissibilità debba essere letta alla stregua della valutazione del fumus boni iuris; la Corte d’appello di Torino, nella Relazione sul cd. filtro in appello, reperibile sul sito www.giustizia.piemonte.it, invece, ritiene che l’aggettivo “ragionevole” individui una “probabilità necessariamente non scarsa” di accoglimento.

417 L

UDOVICI, Prova d’appello, cit. Tale impostazione, inoltre, confermerebbe quanto già evidenziato in precedenza circa la natura del filtro d’appello, che più di un giudizio di inammissibilità processuale si rivela essere un giudizio sulla fondatezza della domanda d’appello. Contra App. Reggio Calabria, ord. 28 febbraio 2013, in www.lexform.it, che ritiene che nella valutazione di manifesta infondatezza dell’appello devono essere ricomprese tanto le questioni di merito quanto quelle di rito.

418 I

MPAGNATIELLO, Il “filtro” di ammissibilità dell’appello, in Foro it., 2012, V, 296; PAGNI, Gli spazi

per le impugnazioni, cit., 302; nello stesso senso App. Roma, ord. 30 gennaio 2013, Foro it, 2013, I, 969.

Il Protocollo della Corte di appello di Milano, invece, sostiene che la ragionevolezza della prognosi di ammissibilità va letta alla stregua della valutazione del fumus boni iuris.

probabilità, la cui esistenza è comprovata proprio dalla presenza di precedenti giurisprudenziali che statuiscono in un determinato senso, e che in ogni caso lega la probabilità ad un parametro che (seppur genericamente) richiama la ricerca della soluzione giuridica più idonea nel caso concreto.

Rimangono, però, esclusi dalla possibilità di utilizzare il parametro offerto da precedenti pronunce tutti gli appelli che riguardano questioni nuove, sulle quali non c’è ancora una solida base giurisprudenziale, oppure questioni controverse, dove nonostante il gran numero di provvedimenti già emessi, la giurisprudenza appare divisa, senza possibilità di individuare una visione unitaria.

Anche la giurisprudenza, nelle (poche) pronunce sinora emanate sul cd. filtro in appello, o in applicazione dello stesso, sta contribuendo a delineare i confini di tale “ragionevole probabilità”.

In particolare, la Corte d’appello di Reggio Calabria419 ha sottolineato che la “non ragionevole probabilità di accoglimento” dell’appello va interpretata in senso restrittivo, tale per cui il filtro impedisca lo svolgimento dei soli appelli chiaramente pretestuosi o manifestamente infondati, sia per ragioni di rito che per ragioni di merito.

La citata pronuncia si basa, in primo luogo, sul dato letterale dell’art. 348-bis c.p.c., dal quale emerge che laddove vi sia anche una sola possibilità di accoglimento dell’appello, il filtro viene superato positivamente.

Parimenti, la Corte d’appello di Roma420 ha affermato che “l’appello non ha ragionevoli probabilità di accoglimento quando è prima facie infondato, così palesemente infondato da non meritare che siano destinate ad esso le energie del servizio – giustizia”. Tale valutazione deve essere eseguita sulla base della lettura degli

atti di causa, e deve quindi cogliere un’oggettiva infondatezza421

dello stesso.

In particolare, la Corte ha specificato che l’appello privo di probabilità di accoglimento non è quello che appare tale al giudice secondo la sua percezione soggettiva in seguito

419 App. Reggio Calabria, ord. 28 febbraio 2013, cit.

420 App. Roma, ord. 23 gennaio 2013, cit., in Foro it., 2013, I, 969; nello stesso senso anche App. Roma,

ord. 30 gennaio 2013, cit.

421 È la stessa Corte d’appello di Roma che parla di infondatezza, riconfermando ancora una volta che il

ad una veloce lettura degli atti di causa, bensì quello oggettivamente tale perché palesemente infondato.

Contribuiscono a confermare tale interpretazione, secondo il parere della Corte d’appello di Roma, sia la scelta dell’ordinanza quale forma del provvedimento, che meglio si adatta agli appelli che “non hanno alcuna chance di accoglimento”, sia la stessa ratio della legge, che non intende di certo correre il rischio di un aumento esponenziale dei ricorsi alla Suprema Corte di cassazione.

La Corte d’appello di Bari, in una recentissima ordinanza422

, ha affermato che la mancanza di una ragionevole probabilità di accoglimento dell’appello è riscontrabile laddove, sulla base di quanto acquisito nel corso del giudizio ed in conformità con eventuali indirizzi giurisprudenziali consolidati423, sia altamente probabile che i motivi dedotti nella domanda di appello non potranno trovare accoglimento sulla base di una diversa valutazione dei fatti, di una differente interpretazione o di un divergente esercizio della discrezionalità, laddove questo sia possibile.

Si rileva, da ultimo, che laddove si aderisse a questa impostazione interpretativa, come pare ragionevole a chi scrive, l’ordinanza di inammissibilità non avrebbe un contenuto concettualmente diverso dal nucleo centrale della sentenza definitiva del giudizio di appello, riconfermando che il filtro, più che un vaglio di ammissibilità, è un giudizio (sommario) sulla fondatezza della domanda di appello.