Nei paragrafi precedenti, si è visto che il nuovo rito di opposizione ai licenziamenti è stato definito come “un rito speciale con tratti di sommarietà”.
Per inquadrare tale novità legislativa all’interno del nostro ordinamento processuale, è necessario esaminare, in primo luogo, questi due aspetti, ovvero la specialità e la sommarietà.
La prima caratteristica indica la diversità rispetto al modello di riferimento, che nel caso concreto è individuabile, innanzitutto, nel rito ordinario del lavoro di cui agli artt. 409 ss c.p.c., di per sé speciale rispetto al processo di cognizione.
Rispetto a tale modello, è possibile delineare le differenze sostanziali della disciplina. Il suddetto confronto con il rito ordinario ha però anche un’ulteriore funzione, che potremmo definire integrativa; in linea generale, per quanto non espressamente disciplinato dalla legge di riforma che ha introdotto il nuovo rito, devono ritenersi applicabili le disposizioni relative al rito ordinario del lavoro, in quando compatibili244, sebbene non vi sia una norma di chiusura esplicita in tal senso, ma solamente alcuni rinvii alla disciplina codicistica.
La formulazione e l’introduzione nell’ordinamento di procedimenti speciali non incontra particolari ostacoli; il legislatore, infatti, è libero di farlo, con il limite del rispetto dei principi costituzionali, ed in particolare con il disposto dell’art. 111 Cost.; lo scopo principale per cui viene introdotto nel nostro ordinamento un nuovo procedimento è generalmente individuabile nella volontà di differenziare la tutela per alcune tipologie di diritti.
Questo non consiste necessariamente nell’offrire una tutela qualitativamente differente rispetto a quella del rito ordinario, ma che meglio si adatti alle esigenze ed alle richieste di una determinata categoria.
In tal senso, il processo del lavoro è un esempio evidente di quanto appena descritto, nel paragone con il rito ordinario di cognizione, e anche il nuovo rito dei licenziamenti introdotto dalla legge n. 92 del 2012 rientra in quest’ottica.
L’altro aspetto di rilievo, nell’analisi del nuovo rito di opposizione ai licenziamenti è la sommarietà.
Come visto sin dal primo capitolo della presente trattazione, tale strumento può essere inteso ed utilizzato in diversi modi dal legislatore, e le riforme degli ultimi anni ne sono un esempio evidente.
Al fine di comprendere come la sommarizzazione sia stata intesa nella recente legge di riforma di cui si tratta, è necessario partire dalla suddivisione vista nel primo capitolo.
244
LUISO, La disciplina processuale speciale, cit.; DE CRISTOFARO-GIOIA,Il nuovo rito dei licenziamenti, cit.
Si è detto che è possibile individuare due concetti di sommarietà, ovvero la sommarietà come parziarietà (o superficialità) e la sommarietà come semplificazione.
Il problema interpretativo, nel caso di specie, si pone essenzialmente con riferimento alla prima fase sommaria, essendo pacifico che quello di opposizione costituisca un ordinario procedimento a cognizione piena245, tanto che ricalca in gran parte la struttura e la disciplina del rito ordinario del lavoro, si conclude con una sentenza ed ha quale scopo l’accertamento definitivo relativamente ai fatti dedotti in giudizio dalle parti246
. Per quanto concerne, invece, la prima fase, la dottrina è divisa.
Un punto fermo è, come già detto, che il procedimento in analisi non ha natura cautelare, in quanto risulta totalmente assente l’elemento fondamentale del periculum in
mora247.
Questo porterebbe ad escludere, almeno in parte, che si tratti di un procedimento sommario in quanto superficiale, posto che in tale definizione rientrano, invece, i procedimenti cautelari.
In realtà, nemmeno questo è sufficiente, in quanto vi sono altri elementi che possono integrare la predetta parziarietà.
Parte della dottrina sostiene che la prima fase del nuovo procedimento sia da considerare sommaria in quanto parziale, seguita, al contrario da una fase a cognizione piena, ovvero quella di opposizione248.
Tale considerazione si fonda sul rilievo che la prima fase è caratterizzata, oltre che da una deformalizzazione della procedura, da un accertamento sommario inteso come superficiale, sul modello di quello del procedimento cautelare, la cui disciplina è richiamata anche dal punto di vista letterale249.
245
CONSOLO-RIZZARDO, Vere o presunte novità, cit. 736; CAPONI, Rito processuale veloce per le
controversie in tema di licenziamento, in www.judicium.it.
246 A conferma di ciò, si veda l’art. 1, comma 1, lett. c) della l. n. 92 del 2012, che include tra le finalità
della nuova disciplina quella di prevedere “un procedimento giudiziario specifico per accelerare la
definizione delle relative controversie”.
247 Sul punto, si rinvia al Cap. 2.b), pf. III. 248 L
UISO, La disciplina processuale speciale, cit.; CAPONI, Rito processuale veloce, cit.; BENASSI, La
riforma del mercato del lavoro, cit., 753; BORGHESI, Conciliazione e procedimento speciale dei
licenziamenti, cit., 915.
249 D
Nella prima fase sommaria, inoltre, non vi sono preclusioni né decadenze, che si estendano poi all’eventuale fase di opposizione, nel corso del quale potranno essere proposte dalle parti deduzioni di merito ed istanze istruttorie senza alcuna limitazione, salvo quanto previsto dagli artt. 414 e 416 c.p.c.
Secondo altri, al contrario, anche la prima fase, sommaria nella forma, deve essere considerata a cognizione piena, in quanto il provvedimento finale è idoneo ad acquisire gli effetti del giudicato sui fatti oggetto del giudizio250.
A sostegno di tale posizione viene rilevato che uno degli aspetti più evidenti della prima fase è il fatto che fin dall’instaurazione del rito, a differenza di altri procedimenti speciali come quello monitorio, viene posto in essere il contraddittorio pieno tra le parti, che di solito rappresenta uno degli indicatori strutturali della cognizione piena, a differenza dei giudizi che si svolgono inaudita altera parte, solitamente definiti a cognizione sommaria.
Nel caso qui in esame, all’onere del debitore, nel procedimento per decreto ingiuntivo, di instaurare il contraddittorio, si sostituisce quello di promuovere un giudizio a cognizione piena, destinato a concludersi con la cosa giudicata.
Parimenti, viene in rilievo la grande semplificazione delle forme del procedimento, che potrebbe far propendere per inserire il nuovo rito nell’accezione di sommarizzazione come deformalizzazione.
In tale ottica, però, si pone il quesito se la sommarizzazione così intesa sia sempre compatibile con il dettato costituzionale.
Pur non essendo esclusi dalla Costituzione processi diversi da quello ordinario, l’art. 111, enumerando le garanzie del “giusto processo”, pone alcuni requisiti irrinunciabili, anche in presenza di esigenze di particolare speditezza della tutela richiesta.
Per quanto la regolamentazione dell’iter processuale sia minima, non possono mancare alcuni elementi considerati basilari, quali l’individuazione ex lege dei criteri di competenza del giudice, del contenuto dell’atto introduttivo, del termine per la costituzione del convenuto e per la predisposizione delle sue difese, ed altri ancora.
Un elemento rilevante, rispetto al vaglio di costituzionalità, è rappresentato dalla discrezionalità affidata al giudicante, che come già esaminato caratterizza i procedimenti sommari.
Nel procedimento di opposizione ai licenziamenti la discrezionalità del giudice nello stabilire quali siano gli “atti di istruzione indispensabili” viene compensata, nella seconda fase del primo grado, dal via libera agli atti di istruzione ammissibili e rilevanti. Inoltre, relativamente alla fase istruttoria, è bene tenere presente che una cognizione piena ed esauriente è difficilmente compatibile con meri atti di istruzione, richiedendo, piuttosto, un accertamento dei fatti, con i mezzi di prova elencati nel codice di rito e nell’osservanza di predefinite modalità (per quanto minime) di assunzione.
D’altro canto, pare che il giudice sia chiamato a valutare la verosimiglianza della fondatezza della domanda, piuttosto che a svolgere un esame preciso ed approfondito della stessa, e gran parte degli elementi della pienezza della cognizione (la partecipazione dei litisconsorti necessari, così come la capacità del provvedimento conclusivo di divenire cosa giudicata) sono “rimandati” alla seconda fase del procedimento.
Le considerazioni sopra riportate colgono correttamente diversi aspetti del nuovo procedimento in esame, che però, singolarmente, non riescono ad identificarne la natura; d’altra parte, risulta difficile giungere ad una soluzione interpretativa che tenga conto di tutti gli elementi finora visti.
A parere di chi scrive, nel procedimento speciale in analisi sono predominanti gli elementi che fanno propendere per la qualificazione del rito come sommario, inteso come parziale.
Ad ogni modo, si rileva come gran parte delle incertezze che l’interpete si trova ad affrontare, anche nella determinazione della natura del procedimento, sono dovuti alla carenza di un quadro normativo uniforme e completo.
Manca, nel rito in analisi, una norma di chiusura che, rinviando al processo ex artt. 409 e ss. c.p.c., colmi gli spazi vuoti del testo di riforma251, e che assumerebbe, invece, grande rilevanza, viste le molteplici lacune normative lasciate dalla legge di riforma.
251
CONSOLO-RIZZARDO, Vere o presunte novità, cit., 736, ritiene che il rinvio alla disciplina del rito del lavoro ordinario sia implicito.
Si pensi alla disciplina della riconvenzionale, dello ius novorum in primo e secondo grado, dell’appello incidentale, del filtro in appello o di gran parte del giudizio di legittimità.