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Il Trentino – Alto Adige è una regione che si trova nella parte meridionale delle Alpi ed è situata nell’Italia nord-orientale. Il territorio è totalmente montano ed è costituito dalla catena delle Alpi Atesine a nord; dalle Alpi Retiche meridionali a sud; dalle Dolomiti ad est. Le montagne più elevate sono l'Ortles (3.899 metri) ed il Monte Cevedale (3.764 metri). La regione comprende la sezione alpina del bacino dell’Adige, corso d’acqua continuo che si sviluppa nel passo di Resia, nell'alta val Venosta, in Alto Adige, a quota 1586 m., e sfocia a Brondolo di Chioggia, in provincia di Venezia, nel mare Adriatico. Lungo 410 km, il fiume Adige attraversa oggi le province di Bolzano, Trento, Verona, Padova, Rovigo e Venezia, ed è il secondo fiume più lungo italiano. L'affluente più importante di destra dell'Adige è il Noce; a Trento l'Adige riceve il Fersina che nasce da due laghetti ai piedi della Cima di Cave.

La Valle dell’Adige costituisce, dunque, un naturale punto di connessione tra la Pianura Padana e le Alpi settentrionali.

Il settore settentrionale del Trentino Alto-Adige, “compreso tra la sorgente dell’Adige fino poco oltre la conca di Merano, è costituito da metamorfiti dell’unità austroalpina (Gruppo dell’Ortles-Cevedale, dalle Alpi Venoste, Breonie e Aurine fino alle Vedrette di Ries). Proseguendo verso sud affiorano le unità subalpine costituite dal basamento cristallino paleozoico e dalle coperture sedimentarie tardo paleozoiche, mesozoiche e terziarie. Nell’area orientale, fino all’altezza di Trento, affiora il Complesso Vulcanico Atesino. L’intero settore meridionale della regione è dominato dall’esteso affioramento delle formazioni calcaree e dolomitiche di età mesozoico-cenozoica” (Bassetti & Borsato, 2005).

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Figura 4.1: immagine ad alta risoluzione dal Modello Digitale del Terreno dell'anfiteatro morenico del Garda e di Rivoli Veronese (da Studio Geologico Associato GeoAlp).

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I dati ad oggi pubblicati sull’Ultimo Massimo Glaciale alpino (ALGM) sembrano conformi nell’indicare che dal ghiacciaio dell’Adige, in prossimità di Trento, si estendevano lingue che si spingevano verso la Valsugana e lungo il corso dell’attuale fiume Brenta o verso la Val d’Astico, anche se la transfluenza più significativa si riscontrava poco più a nord, in corrispondenza della sella di Terlago, dove il ghiacciaio si divideva in due rami principali: quello occidentale, alimentato anche da lingue provenienti dalla sella di Andalo e dall’area oggi occupata dal Sarca, si dirigeva verso il solco benacense, mentre quello orientale colmava la valle dell’Adige (Angelucci D. , 2013).

Il Lago di Garda, detto anche “Benàco”, è il più grande lago italiano, con una estensione di ca. 370 km2, e con una quota del pelo libero dell’acqua che oscilla intorno ai 64 m. s.l.m. La sua profondità massima è di 346 m., ovvero quasi 300 m. sotto il livello del mare; si trova al confine Est della Lombardia, e condivide le sue coste con il Trentino-Alto Adige e con il Veneto, posizionandosi tra le Alpi meridionali e la Pianura Padana.

Per quanto riguarda l’origine delle vallate che ospitano grandi laghi, come ad esempio il Lago di Garda, e delle valli del Trentino, l’ipotesi più accreditata vede l’inizio della loro formazione durante il Miocene superiore, a seguito dell’abbassamento del livello del Mediterraneo nel Messiniano (Finckh, 1978) (Bini, et al., 1978).

È comunque importante tener conto dell’azione morfogenetica dei ghiacciai würmiani che ha causato un notevole rimodellamento del paesaggio trentino; il corso dell’Adige, infatti, scorreva attraverso la valle del Sarca19 e la maggior parte degli attuali affluenti atesini

orientali traversavano il bacino del Brenta (Angelucci & Bassetti, 2009).

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L'anfiteatro morenico del Garda è il risultato di ripetuti avanzamenti glaciali dal bacino dell'Adige-Sarca durante il Pleistocene (Monegato, et al., 2017). Quello del Garda è il più esteso anfiteatro morenico delle Alpi, sviluppato a valle e costituito da una serie di archi morenici; la cerchia principale è quella più esterna che orla il margine del lago, effettuando un passaggio più o meno brusco alla piatta pianura alluvionale (Cita, et al., 2006). La serie di depositi sulla riva occidentale del lago, sono caratterizzati da pendenze ripide e contrassegnano l’accumulo laterale derivante dal flusso glaciale; la zona terminale (Desenzano del Garda) e le insenature laterali (localizzate presso il golfo di Salò e il golfo di Costermano) mostrano dolci pendenze e conservano varve glaciali (a 10 m sopra l’attuale livello del lago). Alcuni depositi con una datazione compresa tra l’inizio del Tardoglaciale e l’inizio dell’Olocene sono rilevati in una fascia posta a 50 m sopra il livello del lago moderno, fattore che documenta l’abbassamento del livello del lago dal Tardoglaciale in poi (Baroni, et al., 2014).

Una tesi di Laurea in Geologia applicata, che presenta indagini nell’anfiteatro morenico frontale del Garda, proposta da Bazzoli G. (1982-1983), mette in relazione diversi studi effettuati tra il 1909 ed il 1969, dai quali si ritiene che il Lago di Garda sia stato interessato da tutte e quattro le fasi glaciali alpine, dunque Günz, Mindel, Riss, Würm (Fig.11); sebbene solamente ridotti lembi siano da attribuire alla glaciazione günziana e la cerchia morenica mindeliana risulti trovarsi in una posizione esterna ed essere nettamente ridotta e addolcita dall’erosione, problematico sembrerebbe essere stato riuscire a stabilire in quale misura le testimonianze fossero da assegnare alla fase glaciale Riss o Würm, mentre risultano chiare le testimonianze relative a episodi interglaciali (cataglaciale Mindel, interglaciale Mindel- Riss, interglaciale Riss-Würm, cataglaciale Würm), che hanno restituito terreni argillosi, argilloso torbosi, loess, inducendo ad una assegnazione indicativa di clima arido e stepposo (Bazzoli, 1982 - 1983).

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L’aggiornamento delle ricerche sull’argomento da parte di vari studiosi ha consentito di riconoscere, ad esempio, depositi fluvioglaciali e di contatto glaciale presenti in Val d’Adige, quali sequenze di limi lacustri in modeste quantità, corrispondenti al Tardoglaciale (Bassetti & Borsato, 2005).

Con l’estensione e con il successivo ritiro, dunque, i ghiacciai hanno delineato numerosi archi morenici concentrici nella parte meridionale del lago, definendo un ampio anfiteatro morenico contornante i rilievi prealpini fino a spingersi entro la Pianura Padana. Il complesso dell’anfiteatro morenico è costituito da un gruppo più esterno di morene, che per la posizione preminente può essere ascritto al massimo picco raggiunto dal ghiacciaio, ed un

Figura 4.2: Complesso morenico del Garda, con i limiti secondo vari autori (da Castiglioni, 2004: 210): 1- limiti risalenti alla Glaciazione Würm secondo Venzo (1969). 2-Limiti delle morene würmiane, secondo Habbe (1969). 3-Limite delle morene rissiane recenti secondo HABBE (1969) e limite della «morena di Solferino» (Pleistocene sup.), secondo CREMASCHI (1987. 4- Morene rissiane antiche secondo HABBE (1969); «morena di Carpendolo» (Pleistocene medio) secondo CREMASCHI (1987). 5- Morena del M. Faita: Riss recente, secondo HABBE (1968, 1969); Pleistocene da mediosup. a sup. secondo CREMASCHI (1987).

6-Margine di affioramento dei rilievi pre-Quaternari (Geomorphological Map of Po Plain, 1997). 7-Colline moreniche e depressioni intermoreniche.

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gruppo comprendente le morene più interne, più basse e messe in relazione alle oscillazioni del ghiacciaio durante la fase recessiva (Monegato, et al., 2017).

Premesso ciò, indagini effettuate recentemente provano, attraverso datazioni al 14C, che la massima espansione dei ghiacciai nelle Alpi settentrionali e meridionali, si verificò durante l’Ultimo Massimo Glaciale e dunque in un intervallo compreso tra 26–25 ka e 19 ka e che il loro ritiro iniziò tra 21 ka e 18 ka, mentre da 18-19 ka la deglaciazione delle Alpi meridionali era già iniziata (Baroni, et al., 2014).

Per quanto concerne il ghiacciaio del Garda, in base a recenti datazioni dai depositi della Val Sorda, nonché dai carotaggi nel bacino del Lucone di Polpenazze (Brescia), si può sicuramente affermare che gli alti cordoni morenici, che fronteggiano la pianura mantovana e veronese a Castiglione delle Stiviere (Mantova) e a Valeggio sul Mincio (Verona), siano stati deposti durante l’Ultimo Massimo Glaciale, fattore che smentisce le ipotesi secondo cui queste morene furono costruite durante le glaciazioni più antiche relative al Pleistocene Medio (Ravazzi, et al., 2013).

Importanti riscontri sono stati inoltre ottenuti dalle indagini effettuate da Baroni (2010), che hanno dimostrato, attraverso una carota prelevata nei sedimenti del Laghetto di Frassino, presso Peschiera del Garda, e con analisi sui dati isotopici di molluschi di acqua dolce provenienti dalla stessa, che da 16.000 anni BP il Lago di Frassino era già separato dal Lago di Garda. I livelli massimi, dunque, furono raggiunti ad una data superiore a 16.000 BP (Fig. 4.3), senza mai essere nuovamente toccati (Baroni C., 2010), contemporaneamente ad una fase particolarmente umida registrata, sulla base di cambiamenti litologici di variazioni di stadi isotopici 18O, tra 16.000 BP e 14.000 BP (Baroni, et al., 2006). Un’età minima per i livelli tardoglaciali è fornita anche da un livello a carboni rinvenuto a Prato Saiano, vicino ad Arco, nell’alto lago, che ha fornito un’età di 11.172-11.085 anni cal BP (Castellarin, et al., 2005) (Baroni C., 2010).

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Una caduta dei livelli del Lago dal Tardoglaciale in poi, si può, inoltre, dedurre dalla posizione di una serie di depositi posti a 50 m. sopra il livello del lago moderno (Baroni C., 2010).

Figura 4.3: Ricostruzione del Lago di Garda durante i livelli massimi. Da notare Il laghetto di Frassino che risulta ancora unito al Garda (da Studio Geologico Associato GeoAlp).

Attraverso l’ausilio di datazioni al radiocarbonio effettuate in precedenza, possiamo tentare di elaborare una ricostruzione del versante orientale del Garda in ambiente glaciale. Baroni, et al. (2014) propongono una rappresentazione che mostra i limiti dei ghiacciai meridionali durante l’Ultimo Massimo Glaciale nel territorio che copre l’area del Garda (Fig. 4.4). La fase di ritiro dei ghiacciai fu rapida. Diverse datazioni riscontrate, importanti ai fini di questa ricerca, sono fondamentali per la ricostruzione dell’ambiente glaciale e rientrano in un intervallo compreso tra ca. 15.000 e ca.10.000 cal BP. Più in particolare, datazioni provenienti da campioni di legno semplici e da una pigna rinvenuti a San Giorgio, Riva del

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Garda registrano età comprese tra 12.560 ±60 anni 14C BP (14.383-15.064 anni cal. BP) e 12.730 ±95 anni 14C BP (14.635-15.383 anni cal. BP) (Bassetti & Borsato, 2005).

A Isera-Torretta, presso Rovereto, dati provenienti da una torbiera indicano le datazioni 12,659-13,107 cal BP, 13,340-13,802 cal BP e 13,834-14,675 cal BP. Campioni di legno provenienti da Fersina, Trento, riportano le datazioni 11,813-12,234 cal BP e 12,202-12,530 cal BP. Infine, gusci di molluschi di Pisidium spp. rinvenuti presso il Lago di Terlago, offrono una datazione di 13,433-13,864 cal BP (Baroni, et al., 2014).

Abbiamo già detto precedentemente che da 18-19 ka la deglaciazione delle Alpi meridionali era già iniziata. Le indagini effettuate nel Garda, propongono delle datazioni correlate ad un momento successivo all’Ultimo Massimo Glaciale e al ritiro dei ghiacciai. Di conseguenza, esse sarebbero da attribuire al Tardoglaciale.

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5: L’ANTROPIZZAZIONE DELLE ALPI MERIDIONALI

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