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Venezia La prima sperimentazione (24 – 25 maggio, 07 giugno 2012)

4.6 La sperimentazione del LabCity

4.6.1 Venezia La prima sperimentazione (24 – 25 maggio, 07 giugno 2012)

La sperimentazione a Venezia del LabCity è avvenuta dopo un periodo in cui erano stati sperimentati altri tipi di laboratori su argomenti diversi fra loro. Con l'educatrice dell'alfabetizzazione del mattino abbiamo casualmente iniziato ad utilizzare metodologie differenti dalla lezione frontale. Un mattino abbiano utilizzato il role play per simulare delle telefonate per richiesta d'informazioni, per prendere appuntamenti, per telefonare ad amici o parenti. Questa prima attività aveva suscitato l'entusiasmo non solo nei ragazzi direttamente coinvolti, ma anche fra quelli che si stavano dedicando ad altri tipi di esercitazioni (lezione del 12 aprile 2012). Ho quindi deciso di proporre all'educatrice d'impostare le successive attività in mia presenza con metodologie didattiche attive, che permettessero di approfondire argomenti diversi, ma con soluzioni più creative rispetto alla lezione frontale e al mero utilizzo di lavagna, libri di testo e fotocopie. L'argomento per la settimana successiva al 12 aprile era l'abbigliamento e l'igiene personale. Ho proposto nel corso di quella settimana a Claudia di preparare una valigia piena di capi d'abbigliamento e prodotti per l'igiene in modo da suscitare la curiosità e catturare l'attenzione dei ragazzi facendo vedere le cose e simulandone l’utilizzo. Abbiamo notato che durante tutta la lezione, l'attenzione è sempre stata di buon livello in base alle domande che i ragazzi facevano con un ritmo sostenuto, nella loro curiosità a voler vedere e toccare sia il vestiario sia gli oggetti per l'igiene, dallo spazzolino all'asciugacapelli. Inoltre tutti erano impegnati a scrivere nei loro quaderni i vari vocaboli nuovi che stavano apprendendo, non solo sentendoli pronunciare, ma vedendo, toccando, annusando i vari oggetti corrispondenti. Molti di loro scrivevano anche la traduzione nella loro lingua madre e chiedevano che i termini fossero riscritti alla lavagna se non facevano in tempo a ricopiarli (lezione del 19 aprile 2012). D'accordo con l'educatrice, abbiamo deciso di fissare al giovedì il giorno della mia presenza in comunità e di provare programmare attività su argomenti diversi, con didattica di laboratorio. I ragazzi quindi sarebbero stati coinvolti direttamente nella realizzazione delle attività del mattino con degli obiettivi di volta in volta da fissare. I laboratori avrebbero avuto il titolo

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Una valigia piena di, seguito dal tema della giornata. Sono stati quindi svolti i

seguenti laboratori:

 Una valigia d'arte, 26 aprile 2012;  Una valigia di colori, 08 maggio 2012;

 Una valigia di parole, prima parte, 14 maggio 2012; seconda parte, 17 maggio 2012;  Il Curriculum Vitae, 22 maggio 2012;

 Una valigia di poesia, 23 maggio 2012, terminato con La notte della luce, 25 maggio 2012.

Dopo questo periodo abbastanza lungo di attività con pratiche laboratoriali sia con cadenza settimanale, sia nel periodo di permanenza nella comunità di Venezia, ho sperimentato il LabCity (24, 25 maggio 2012, terminato fra il 7 e il 28 giugno 2012). La fase precedente a questa sperimentazione era stata utile al fine di 1) consolidare il rapporto di relazione fra i minori e la mia figura, che non era del tutto chiara (è un insegnante? E' una volontaria? E' una studentessa?), ma soprattutto i ragazzi mi hanno studiata nei miei movimenti, modi di fare, di reagire, di parlare. Come si afferma da più parti, quando il ricercatore entra nel campo di ricerca è lui ad essere studiato in primis. La maggior fiducia e stima verso la mia persona è aumentata considerevolmente, quando ho deciso per meglio comprendere la vita di una comunità di soggiornarvi per un periodo, 24 ore su 24, dormendo su un divano letto in ufficio. Sia gli operatori131, sia i ragazzi con i loro comportamenti, atteggiamenti e dal fatto di avermi soprannominata "Fantasia", mi davano delle indicazioni sul fatto di essere stata accettata dal gruppo e che potevo permettermi relazionarmi secondo un rapporto di fiducia reciproca, anche durante le attività del mattino. 2) Inoltre tutti i laboratori svolti su diverse tematiche e con attività differenti fra loro, hanno permesso di far acquisire ai ragazzi una modalità di apprendimento non più improntata su un modello "lezione frontale", ma su nuovo modello basato sulla partecipazione alle attività da parte degli stessi ragazzi, con metodologie che permettevano a loro di essere protagonisti del tempo formativo, ossia, role play, discussioni su determinati temi, descrizione di se stessi mediante immagini, testi, colori ed esposizioni orali. Il LabCity a Tessera si è svolto in più giornate, le prime due fra il 24 e 25 maggio

131 Intervista a Claudia [57 – 58]: “ormai ti conoscono, ti hanno dato anche il nome Fantasia… no

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2012, mentre la terza è stata ripetuta il 7 giugno e il 28 giugno. Questa anomalia rispetto ai tempi di esecuzione, è stata dettata dal fatto che nella settimana di permanenza in comunità dovevo svolgere altri laboratori e attività di ricerca – interviste, preparazione dei materiali – oltre a partecipare alla vita di comunità e rispettarne i ritmi e i vari inconveniente e contrattempi. La conclusione del laboratorio sarebbe coincisa con il sabato, giorno in cui i ragazzi possono scegliere come organizzare il loro tempo libero. Inoltre il venerdì sera aveva avuto luogo una festa con cui si è concluso il laboratorio sulla poesia con "La notte della Luce". Tutti i laboratori si sono svolti in una sala capiente, utilizzata normalmente come sala TV, che permetteva ai ragazzi di disporre di uno spazio più ampio e libero rispetto alla sala di alfabetizzazione, impostata più come un'aula scolastica con banchi, lavagna e spazi di movimento ridotti. Ogni giorno iniziavo mezz’ora prima l'allestimento della stanza appendendo i cartelloni alle pareti, disponendo delle panche su cui si sarebbero seduti i ragazzi e la valigia blu che conteneva i materiali per comporre il lavoro sulla propria idea di futuro. Quando la sala era pronta, venivano chiamati i ragazzi per iniziare le attività. Il primo giorno, dopo una breve introduzione, ai ragazzi era stato detto di riempire nel tempo di trenta minuti i quattro cartelloni con termini che associavano alle quattro keywords che erano scritte al centro di ogni cartellone. Innanzitutto i ragazzi tradussero nelle loro lingue i quattro termini o con l'ausilio dei vocabolari messi a loro disposizione o con spiegazioni che si facevano reciprocamente, magari chiedendo conferma a me. Non avevo dato delle definizioni a priori perché era interessante verificare che conoscenze pregresse avessero i ragazzi, quali difficoltà emergevano sia di comprensione del significato dei termini, sia nello svolgimento del brainstorming. Al termine della mezz'ora erano stati letti assieme i vocaboli scritti e quindi cercai di riassumere il lavoro svolto facendo una metafora sul viaggio. In una lavagna cancellabile avevo già scritto il quesito "Come sarò fra 10 anni?", base della consegna del lavoro. Dissi quindi ai ragazzi

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che dovevano produrre un elaborato – testo, canzone, poesia, disegno, ecc – con cui raccontavano come ognuno di loro si vedeva fra dieci anni. Nel frattempo avevo appoggiato la lavagna alla parete di fronte al gruppo e invitandoli ad aprire la valigia al centro della stanza e di tirare fuori tutto quello che c'era dentro. Dopo una titubanza iniziale, i ragazzi in gruppo aprirono le zip e fra risa, commenti e anche sorpresa, presero alla rinfusa i colori, la carta, penne, materiali per collage, giornali e altro ancora. Avevo precisato ai ragazzi di riflettere su come rappresentare loro stessi fra dieci anni, senza alcuna fretta. Diversi avevano iniziato a fare degli schizzi. Ognuno aveva scelto l'angolo della stanza dove stare, in base al materiale o all'ampiezza del foglio su cui stava lavorando. I bengalesi restavano seduti sulla loro panca e si mettevano a disegnare di fianco. Da un paio di giorni era arrivato anche un ragazzo pakistano che diceva solo "Lucia, Lucia", e mi guardava come spaesato. Poi guardandosi attorno e cercava d'imitare gli altri, disegnando delle immagini antropomorfiche su un paio di fogli. Alle attività del laboratorio non hanno preso parte due ragazzi, un marocchino e un albanese, perché generalmente si atteggiavano come i bulli del gruppo e cercavano di disturbare gli altri. In diverse occasioni mi è capitato di dover interrompere i vari laboratori per richiamarli perché o volevano essere al centro dell'attenzione e disturbavano gli altri o si accanivano su qualche soggetto che era particolarmente interessato e che seguiva diligentemente le attività. In tutte le occasioni ribadivo due concetti: 1) la libertà di scelta. Nessuno forzava nessuno a partecipare alle attività; 2) la responsabilità nel partecipare. In questi momenti avevo sempre il supporto di Claudia che richiamava i ragazzi all'ordine e alla calma, aiutandomi nel far capire loro il senso delle attività che si stavano svolgendo. Una critica che alcuni minori facevano a Claudia, senza che io sentissi, era che questi laboratori "non erano scuola". Claudia invece spiegava che con questi laboratori, s'imparavano molte cose nuove e utili per loro. E sebbene non stessero seduti in aula di alfabetizzazione, con lavagna e quaderni a ripassare grammatica o altro, anche queste nuove attività erano "scolastiche". Nel complesso comunque tutti partecipavano volentieri e ponevano diversi quesiti. Avevo notato però che pochi di loro, durante i laboratori svolti in sala tv, portavano con sé carta e penna, per prendere appunti. Solo nei primi due laboratori riguardanti le telefonate e l'abbigliamento, svolti per l'appunto in aula di alfabetizzazione, i ragazzi

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seguivano e prendevano appunti nei loro quaderni. Questo diverso tipo di atteggiamento credo fosse dovuto proprio ad un'impostazione che avevano ricevuto in comunità: l'alfabetizzazione si faceva in una certa aula e quindi tutti i materiali necessari si trovavano lì. Quello che avveniva al di fuori di quell'aula non era perciò classificato da loro come "scuola", ma attività integrative, come fare ginnastica, laboratori artistici o visione di filmati. La partecipazione alla sperimentazione del LabCity si può ritenere buona sia da un punto di vista numerico, sia per i risultati ottenuti direttamente e anche indirettamente. Tant'è che il gruppo dei bengalesi mi aveva chiesto di organizzare successivamente al laboratorio una lezione sulle modalità di acquisizione della cittadinanza italiana. La stessa educatrice nei mesi successivi, notavo che aveva adottato una nuova metodologia basata su attività laboratoriali, con l'impiego di cartelloni, immagini da ritagliare, associazione di testo-immagine. In particolare, i minori erano stati impegnati in un'attività che prevedeva di scegliere dalle locandine dei supermarket dei prodotti in base ai soldi a disposizione. Ritagliarli e incollarli sui cartelloni, suddividendoli per area merceologica. L'ultima parte dei LabCity è stata svolta in più giornate. Questa anomalia è stata dettata da una parte dall'insieme di attività svolte nel periodo di permanenza, dall'altra parte, alla mia partecipazione a Roma al Convegno de "L'Italia sono anch'io". Nei giorni seguenti al convegno, ho preso contatti con il Comitato Organizzatore, presentando la mia ricerca e facendo presente che sarebbe stato interessante raccogliere anche il parere dei MSNA in merito. Alla risposta positiva del Comitato, mi sono quindi attivata con la comunità con cui stavo prendendo contatti per la ricerca e con quella di Tessera in cui stavo concludendo la sperimentazione, per far partecipare attivamente questo mondo alla Campagna Nazionale, raccogliendo interviste sulla traccia fornita dalla Segreteria. Perciò a Tessera, c'è stata una giornata dedicata alla raccolta di queste interviste (luglio 2012) e due giornate in cui si sono concluse le fasi 5, 6, 7 e il lavoro di brainstorming finale (07 e 28 giugno 2012). Le ultime attività sono state svolte nell'aula di alfabetizzazione, in cui sono stati riproposti i cartelloni sulla cittadinanza, con la sostituzione del cartellone "diritti e doveri" basato solo su testo a uno con testo ed immagini. Per il BF ho utilizzato un cartellone giallo con il titolo "Il mio futuro come cittadino". Alcuni dei ragazzi guardavano i cartelloni appesi nella stanza e andavano a riscrivere gli stessi termini, altri invece

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scrivevano di loro iniziativa. Da quest'esperienza di sperimentazione del LabCity, avevo dedotto che le varie fasi e attività dovevano essere riviste in alcuni passaggi. Infatti, la terza giornata con le varie fasi previste rischiava di diventare troppo densa di attività che affaticavano i ragazzi abituati ad avere dopo due ore di lezione, una pausa. Considerando inoltre che il loro grado di attenzione durava di solito dai quindici ai venti minuti. Ho riflettuto poi sulla correttezza della formulazione del brainstorming finale così come sperimentato a Tessera, alla luce del fatto che risultava difficile la comparazione successiva in sede di analisi fra i dati del brainstorming iniziale e finale. Ho esposto queste mie perplessità al mio tutor durante un ricevimento (12.06.2012) e si è giunti alla temporanea conclusione di integrare i dati che avrei raccolto nei prossimi test con delle schede sulle competenze di cittadinanza basate sul documento dell'Unione Europea 132, in modo tale da evidenziare quali competenze emergessero e venissero valorizzate dal LabCity.

4.6.2 Bari. Test della rilevazione delle competenze di cittadinanza (14 – 20