di Elena Spina
4. Verso una nuova fase?
All’inizio del 2020, dunque, il SSN si trova con una dotazione di perso- nale molto ridotta e in particolare con una netta carenza in alcune specialità tra quelle maggiormente impegnate nel far fronte alla pandemia. Per fronteg- giare l’emergenza, il governo ricorre a procedure straordinarie di recluta- mento, in deroga alla disciplina vigente, al fine di potenziare, in modo
particolare, i reparti ospedalieri di virologia e pneumologia duramente coin- volti nella cura dei pazienti affetti da Covid-19. Tra le molte misure poste in essere, vengono previste: la stipula di contratti per il personale in quiescenza, il conferimento di incarichi a specializzandi all’ultimo e penultimo anno di formazione, l’introduzione del principio della laurea abilitante. Con uno stanziamento di oltre un miliardo di euro stabilito nel decreto “Cura Italia” (D.L. n.18 del 17 marzo 2020, convertito in L. n. 27 del 24 aprile 2020), ai primi di maggio sono 23.580 i lavoratori assunti (di cui 4.917 medici e 11.144 infermieri) che salgono a quota 29.433 a settembre (di cui 6.330 me- dici e 13.607 infermieri) (Ministero della salute 2020). A questi dovrebbero aggiungersi altri 9.600 infermieri di famiglia previsti nel “Decreto Rilancio” (D.L. 34 del 19 maggio 2020, convertito in L. n.77 del 17 luglio 2020) che tuttavia ad oggi non risultano ancora arruolati (poche regioni avrebbero ini- ziato ad assumerne tra cui Veneto, Emilia-Romagna e Toscana) (Bartoloni 2020). In pochi mesi, cioè, entrano nel sistema oltre la metà dei lavoratori che si erano persi negli ultimi dieci anni. In molti casi si tratta di contratti a tempo determinato (al momento i dati disponibili non ne consentono una quantificazione precisa); in altri, tuttavia, l’assunzione è definitiva e ciò per- metterà di rafforzare gli organici anche per il futuro.
Nonostante tale potenziamento, con l’avvento della “seconda ondata” rie- splode il problema della mancanza di personale. Ciò sollecita il governo a stanziare, nella manovra economica varata il 18 ottobre 2020, altri 4 miliardi per la Sanità, parte dei quali per assumere ulteriori 30 mila operatori. Al fine di fronteggiare la carenza di anestesisti-rianimatori, che manda in sofferenza i reparti nella seconda ondata dell’epidemia, il presidente dell’Ordine dei Medici Anelli chiede di sbloccare i concorsi riservati a tali specialità così da avere disponibili altri 14.500 potenziali medici. Si propone altresì di impie- gare nelle corsie gli specializzandi al terzo anno di corso (circa 600), anziché, come avvenuto fino ad ora, quelli dal quarto in poi.
È difficile stabilire dove, ad oggi, siano collocati i neoassunti dal mo- mento che sulla spesa sanitaria regionale le informazioni sono parziali e frammentarie. Se, infatti, possono essere esaminate le assunzioni strutturali, avvenute tramite bandi pubblici, non sono tracciabili i reclutamenti avvenuti direttamente da parte delle aziende sanitarie attraverso i contratti di lavoro autonomo, tramite le conferme di contratti già in essere, attraverso contratti rivolti agli specializzandi e quelli relativi al personale richiamato dopo il pensionamento.
Secondo le analisi condotte settimanalmente dall’Alta Scuola di Econo- mia e Management dei Sistemi Sanitari (ALTEMS) dell’Università Catto- lica, in base all’ultimo rapporto (fermo alla settimana del 5 novembre 2020)
la Sicilia, con 700 assunzioni, detiene il primato in termini assoluti, seguita dalla Lombardia (583), dal Lazio (362), dal Veneto (281) e dall’Emilia-Ro- magna (264) (fig. 4). In termini relativi, rapportando le assunzioni alla dota- zione regionale in epoca pre-Covid, lo sforzo maggiore è compiuto dal Mo- lise e dal Piemonte (rispettivamente +18% e +17%) seguiti da Valle d’Aosta (+11%), da Sicilia e Basilicata (+8%).
Fig. 4 – Unità di personale medico aggiuntivo
Fonte: ALTEMS 2020
Le analisi di ALTEMS distinguono tra i bandi che fanno specifico riferi- mento all’emergenza coronavirus e quelli generici. Dai dati emerge come le regioni non in piano di rientro riservino una percentuale minore di posti, ri- spetto alle regioni in piano di rientro (rispettivamente 48% e 56%), all’as- sunzione di medici specializzati nelle aree più direttamente legate al Covid- 19 quali anestesia e rianimazione, malattie dell’apparato respiratorio, malat- tie infettive, medicina d’urgenza, medicina interna, microbiologia e virolo- gia, sanità pubblica.
Considerazioni conclusive
Nelle pagine precedenti si è analizzato l’andamento quantitativo del per- sonale sanitario, guardando alla crescita e alla decrescita in termini numerici dei medici e degli infermieri in forza al SSN. L’obiettivo era infatti quello di scattare un’istantanea sul presente, in cui sembra aprirsi una nuova fase
avviata dell’emergenza sanitaria che sta mettendo a dura prova la capacità di resistenza del sistema. Le politiche per il personale che si sono susseguite negli oltre 40 anni trascorsi dalla istituzione del SSN sono il frutto di processi trasformativi multipli, complessi e ampiamente diversificati. La loro analisi richiederebbe la lettura congiunta di più aspetti e l’utilizzo di approcci inte- grati (quali quantitativi) per cogliere le ragioni che hanno determinato l’av- vicendarsi di fasi di potenziamento e fasi di svalorizzazione delle risorse umane occupate nel SSN. Tuttavia, la lezione da trarre da questi processi, sembra quella di avere “più cura di chi cura” valorizzando il personale sani- tario in termini non solo quantitativi, ma anche di riconoscimento economico e di legittimazione sociale, pena la fragilizzazione del SSN e la sua incapacità di far fronte alle future (forse ricorrenti) situazioni di crisi.
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