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La via ordinaria alla concessione

Nel documento Rapporto 1999 (.pdf 792kb) (pagine 150-154)

6 La concessione di costruzione e gestione

6.3 La via ordinaria alla concessione

La legge-quadro sui lavori pubblici offre ora - dopo le modifiche introdotte dalla legge n. 415/1998 - una definizione più precisa di

concessione di costruzione e gestione. Si chiarisce, anzitutto, che le concessioni di lavori pubblici sono "contratti tra un imprenditore e un'amministrazione aggiudicatrice" che hanno per oggetto "la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l'esecuzione dei lavori pubblici, o di pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati, nonché la loro gestione funzionale ed economica" (art.19, comma 2).

La precedente versione della legge-quadro, che lasciava maggiori margini di incertezza nell'individuazione delle attività del concessionario, escludeva comunque tassativamente la progettazione definitiva tra le attività attribuite, prevedendo, invece, che il progetto definitivo o addirittura esecutivo (e non il progetto preliminare come avviene ora) fosse posto a base della gara.

La nuova versione della disciplina riconferma, per consentire all'amministrazione di valutare il progetto in uno stadio più avanzato prima di realizzare l'opera, che "i lavori potranno avere inizio soltanto dopo l'approvazione del progetto esecutivo da parte dell'amministrazione aggiudicatrice" (art.20, comma 2).

Meno univoca risulta l'interpretazione di altri aspetti contenuti nella norma che definisce l'oggetto contrattuale. A partire da quella relativa alle tipologie di lavori che possono essere affidati in concessione. Si è certamente in presenza di un allargamento di questa sfera, perché dai soli

"lavori pubblici" si passa ora ai "lavori pubblici, o di pubblica utilità" della nuova versione.

Non è affatto chiaro che cosa il legislatore abbia inteso per lavori di

“pubblica utilità”, non avendo questo termine oggi un significato consolidato e univoco nella normativa e in giurisprudenza.

Una interpretazione, restrittiva ma forse aderente all'intenzione del legislatore, è che l'espressione "pubblica utilità" faccia riferimento diretto ai servizi di pubblica utilità a rete, come sono le telecomunicazioni, l'energia elettrica, il gas, le ferrovie o le poste. Soprattutto in questo senso si usa l'espressione inglese public utilities: la dizione "lavori di pubblica utilità"

inserita nelle norme sulla concessione avrebbe l'obiettivo, dunque, di fornire una copertura normativa a quelle opere di competenza di soggetti pubblici operanti nei settori speciali e oggi, in molti casi, in via di privatizzazione.

Il riferimento sarebbe rivolto, in particolare, a quei lavori che, non essendo soggetti alle norme della legge-quadro, ma a quelle del D.Lgs. n.

158/1995 sugli appalti dei settori speciali, non si potrebbero considerare lavori pubblici a pieno titolo, sottoposti alle regole ordinarie degli appalti di lavori pubblici.

Dubbi interpretativi sorgono anche dall'estensione dell'affidamento in concessione ai lavori "strutturalmente e direttamente collegati". Qui i margini d'interpretazione lasciati alle amministrazioni aggiudicatrici appaiono ancora più ampi: saranno le stazioni appaltanti, infatti, aldilà delle indicazioni generali che potranno venire dal regolamento di attuazione, a decidere, nella massima autonomia, quando i lavori si possano intendere

"strutturalmente e direttamente collegati".

Non è una novità e non lascia adito a dubbi, invece, il divieto, imposto in via generale, di inserire nel contratto finanziamenti o contributi pubblici in favore del concessionario: si ribadisce, infatti, che "la controprestazione a favore del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati" (comma 2).

Si conferma, per altro, anche l'ampia deroga che viene ammessa a questo divieto qualora nella gestione delle opere siano previsti prezzi o tariffe amministrati, controllati o predeterminati. In questi casi, "il soggetto concedente assicura al concessionario il perseguimento dell'equilibrio economico/finanziario degli investimenti e della connessa gestione anche mediante un prezzo". A proposito del prezzo, lo stesso comma 2 dell'art.19 contiene quattro disposizioni generali:

-non potrà superare il 50% dell'importo totale dei lavori;

-dovrà essere determinato in sede di gara;

-dovrà essere determinato "in relazione alla qualità del servizio da prestare";

-potrà essere versato in unica rata a collaudo effettuato oppure in più rate annuali, costanti o variabili.

Fondamentale, ai fini della trasparenza e di una corretta concorrenza, il secondo punto, per cui il prezzo deve essere definito in sede di gara:

prima, quindi, e non dopo la firma del contratto.

L'art.19 della legge n.109 sancisce che "la durata della concessione non può essere superiore a trenta anni" (comma 2-bis). La stessa norma prevede la possibilità di estendere la durata della concessione prevista per contratto ma nulla dice sulla possibilità che questa proroga si possa spingere oltre la durata massima di trenta anni.

Proprio per il fatto che il "nocciolo" del contratto di concessione sta nel diritto del concessionario di gestire l'opera e ripagarsi così dei costi di costruzione, la legge-quadro sancisce l'obbligo di inserire nel contratto, come parte dello stesso, il "piano economico-finanziario di copertura degli investimenti" (art.19, comma 2-bis).

Questa norma risponde, evidentemente, anzitutto a una finalità generale di garanzia per la pubblica amministrazione e di trasparenza contrattuale. Nello stesso tempo, si tratta di uno strumento indispensabile per accertare l'eventuale squilibrio economico-finanziario dell'investimento e dirimere eventuali contenziosi che da questo dovessero nascere. Per questo la stessa norma prevede che il piano economico-finanziario debba prevedere "la specificazione del valore residuo al netto degli ammortamenti annuali, nonché l'eventuale valore residuo dell'investimento non ammortizzato al termine della concessione".

Il comma 2 dell'art.20 disciplina la procedura di gara per la scelta del concessionario di costruzione e gestione. La procedura individuata per la concessione ordinaria (cioè senza promotore privato e per iniziativa diretta dell'amministrazione) è quella della licitazione privata. A base di gara sarà posto un progetto preliminare, corredato degli elaborati relativi alle preliminari ed essenziali indagini geologiche, geotecniche, idrologiche e sismiche.

Il criterio d'aggiudicazione è quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa che consente di prendere in considerazione, in sede di offerta, una serie di elementi sia economici sia tecnico/progettuali: è esplicitamente ammesso che l'offerta possa avere a oggetto anche "proposte di varianti al progetto posto a base della gara". L'art.21, comma 2, lett.b), elenca, in particolare, questi elementi da porre a base dell'offerta:

- il prezzo;

- il valore tecnico ed estetico dell'opera progettata;

- il tempo di esecuzione dei lavori;

- il rendimento;

- la durata della concessione;

- le modalità di gestione, il livello e i criteri di aggiornamento delle tariffe da praticare all'utenza;

- ulteriori elementi individuati in base al tipo di lavori da realizzare.

Il comma 3 dell'art.21 dispone, inoltre, che il capitolato speciale d'appalto e il bando di gara indichino obbligatoriamente l'ordine di importanza degli elementi "attraverso metodologie definite dal regolamento e tali da consentire d'individuare con un unico parametro numerico finale l'offerta economicamente più vantaggiosa”. A valutare le offerte sarà una commissione giudicatrice.

La legge rinvia al regolamento generale previsto dall'art.3, comma 2, la definizione di "specifici requisiti economico-finanziari e tecnico/organizzativi che devono possedere i candidati a una concessione di lavori pubblici che non intendano eseguire i lavori con la propria

organizzazione d'impresa" (art.8, comma 11-ter). Fino alla data d'entrata in vigore del regolamento, le amministrazioni sono libere di fissare direttamente i requisiti nei bandi di gara.

Nel caso in cui il concessionario voglia eseguire in proprio i lavori, dovrà possedere - oltre ai requisiti richiesti dal regolamento o, in via transitoria, dalle stazioni appaltanti per la figura del concessionario "puro" - i requisiti previsti dal sistema di qualificazione per gli appalti di lavori oggetto di concessione, “nei limiti dei lavori oggetto della concessione eseguiti direttamente” (art.2, comma 4). Il concessionario potrà anche realizzare i lavori mediante imprese controllate, ai sensi dell'art.2359 del codice civile, purché preventivamente indicate "in sede di candidatura, con la specificazione delle rispettive quote dei lavori da eseguire". L'elenco delle imprese controllate va, peraltro, costantemente aggiornato da parte del concessionario.

Tutti i lavori non eseguiti direttamente o tramite imprese controllate dovranno essere appaltati a terzi (tra questi sono comprese le imprese collegate) attraverso pubblico incanto o licitazione privata. Le amministrazioni aggiudicatrici dovranno comunque prevedere nel bando l'obbligo per il concessionario d'appaltare a terzi una percentuale minima del 40% dei lavori oggetto della concessione: si tratta di una norma voluta dalle imprese di costruzione medio/piccole, preoccupate che si crei, con il sistema delle concessioni, un "mercato del costruttore" che sfugga completamente alle regole generali di concorrenza e di pubblicità, favorendo le grandi imprese. Dall'altra parte, una linea largamente dominante tra i soggetti che potrebbero candidarsi al finanziamento e alla gestione dell'opera (per esempio, il sistema bancario e le grandi imprese di costruzione), auspicherebbe una separazione nettissima tra il mercato delle opere a finanziamento privato e quello dell'appalto pubblico: secondo questa interpretazione, che per il momento resta soltanto un auspicio, nel caso di opere completamente realizzate da privati, senza finanziamento pubblico, si dovrebbe dare la possibilità al concessionario privato di realizzare i lavori in totale autonomia e secondo regole del tutto privatistiche. Le regole sugli appalti dovrebbero scattare, invece, soltanto nel caso di una qualche forma di partecipazione pubblica al finanziamento.

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