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a volte, interveniamo anche a favore dei cosiddetti, perfetti estranei

DALL’EGOISMO

E, a volte, interveniamo anche a favore dei cosiddetti, perfetti estranei

Molti altruismi, poi, non sono capiti, ed anche questi sono tanti.

Vediamo sempre, preponderante, l’egoismo, ma l’altruismo ha grande presenza nei nostri animi. Chi più, chi meno, pensiamo a qualcosa di buono per gli altri, o lo facciamo là per là.

E se molti non saranno d’accordo con questo discorso, è solo perché pensano solamente al grande altruismo, senza sapere che, altruismo, è, ugualmente, quello, piccolo, momentaneo, minuto, di tutti i momenti.

Dopo aver guardato bene, ci accorgeremo di, quante e quante, spesso nascano dentro di noi, motivazioni altruistiche: distinguibilissime.

Eppure, di quando in quando, spunta fuori un celebre scrittore o un amico riflessivo a dirci che negli uomini l’altruismo è solo egoismo mascherato che cerca forme più rispettabili.

Non possiamo dare loro ascolto. Queste persone, è vero, intuiscono che tanta parte di altruismo, pubblico e privato, non è altro che egoismo travestito, ma, vedendo questo, arrivano alla conclusione sbagliata che non esiste alcun altruismo. Sarebbe bastato loro guardare un po’ attentamente proprio dentro se stessi.

Alla fine, sono, molte, le persone che veramente non credono ad alcuno altruismo. E, tanti, vi sono, purtroppo, genitori, che portano i loro figli a pensare questo.

Noi, però, non possiamo dare loro ascolto perché, guardando con attenzione, troviamo, anche dentro di noi, tante motivazioni di altruismo.

Come si fa a non vedere quante cose si fanno, o si dicono, a favore degli altri?

Come si fa a non vedere quanto altruismo all’improvviso agisce, senza speranza di compenso, né di reciprocità?

Per grandi e piccole cose.

ANCHE COSTO ZERO

Una motivazione altruistica può costarci molto. Può costarci poco. Può costarci nulla. I costi personali qui non interessano.

INTERLOCUTORE – Sì: ma che altruismo è, quando non ci costa niente? Grazie che uno è altruista.

AUTORE – Qui, però, questa considerazione non interessa.

INTERLOCUTORE – Ma quale considerazione? Allora, così, tutti sono buoni. E’ mai possibile? Se si fa del bene a qualcuno, è perché si fa uno sforzo. Insomma ci deve costare qualcosa fare del bene a qualcuno.

Se no, così: non ci sono più persone buone e persone cattive. Che diamine, lo sanno tutti questo. Sarebbe comodo fare il bene, seduti in poltrona con la pipa in bocca. Allora sarebbero tutti, persone buone.

AUTORE – Non contano i costi personali in questo discorso. Conta solo individuare la motivazione.

INTERLOCUTORE – Non sono d’accordo e non mi piace. E non sono d’accordo nemmeno quando chiamate, altruismi, le cose che si fanno alle persone di famiglia.

LA SOCIALITA’

ONESTA’ E GIUSTIZIA

LE REGOLE SOCIALI

In ogni tempo, in tutte le Comunità umane, i consociati rispettano reciprocamente, l’uno verso l’altro, le regole primarie. Quasi sempre inconsciamente.

Queste regole, dalla prima Comunità in poi, sono sempre le stesse. Stabiliscono doveri e corrispondenti spettanze. Non rispettarle porta il consociato a diventare disonesto.

Sono immutabili ed indiscusse.

“Io ho fatto male, ma gli altri bambini non devono picchiarmi. Mi spetta”: è la regola della integrità.

Integrità fisica.

Ma anche integrità morale.

“Io voglio andare verso casa. Mi spetta. I compagni non devono rallentarmi”: è la regola della libertà.

Libertà fisica.

Ma anche libertà spirituale.

“Ho staccato questo rametto dall’albero. È mio. Mi spetta. Nessun bambino deve togliermelo”: è la regola della proprietà.

Proprietà concreta.

Ma anche proprietà ideale.

“Ho rotto il secchio. Sono stato io. Devo dirlo, io, a papà. Agli altri fratellini spetta che dica di essere stato io, ed a papà spetta che io tenti di aggiustarlo”: è la regola della responsabilità.

Ma, in questa regola primaria, responsabilità: non nel senso generico per cui ognuno deve essere responsabile, ma solo in un senso specifico: quando si fanno cose non buone: due doveri: bisogna riconoscere di essere stati, noi, la causa, senza dare la colpa agli altri, e, contemporaneamente, bisogna pensare a riparare.

“Ieri la mamma ha raccontato la fiaba a mia sorella. Stasera spetta a me. Lei deve raccontarla a me”: è la regola della distribuzione.

Distribuzione: di pesi o di pene, di cose piacevoli o di gioie, in parti uguali; o in parti disuguali secondo il merito; o in parti disuguali secondo il bisogno. Quanto più è possibile. O meno disuguale possibile.

Distribuzione di beni o di pesi concreti.

Ma anche distribuzione di beni o di pesi morali-psicologici.

“I cuginetti sono arrivati dopo di noi. A noi spetta giocare, per primi. Loro devono aspettare”: è la regola della precedenza.

Precedenza fisica.

Ma anche precedenza ideale.

“Con la bimba abbiamo scambiato la bambola col carrettino. Abbiamo detto: per un giorno. Lei ora mi ha dato il carrettino ed a lei spetta che io non tenga più con me la bambola”: è la regola dell’accordo.

Accordo verbale, o solo implicito, o solo ideale.

Quindi, le regole primarie sono: integrità, libertà, proprietà, responsabilità, distribuzione, precedenza, accordo.

Stabiliscono che ad ognuno si debba quello che gli spetta.

Stabiliscono per tutti quello che è onesto e quello che è disonesto.

Piccolissimi, già siamo dotati, in alcuni momenti, di un vantaggio sugli altri: a noi spetta.

Queste regole vengono apprese nei primissimi anni di vita.

Immediatamente i genitori correggono le infrazioni alle regole primarie fatte dai loro bambini. E questi imparano facilmente e per sempre.

I genitori dicono: “E’ così”.

Poi, davanti casa, le prime esperienze confermano queste regole, mostrandoci come esse siano dovunque, per tutti.

Per cui poi i primi libri di scuola, ritenendole già acquisite, non ne parlano.

Queste regole primarie, apprese in tenerissima età, rimangono per sempre, per tutta la vita, l’orientamento dovuto in ogni tipo di comportamento che coinvolga anche gli altri.

Istintivamente, per tutta la vita, noi, senza saperlo, avremo sempre in testa le regole primarie che ci limitano a favore degli altri. Ci atterremo ad esse, senza rifletterci.

Le regole primarie valgono solo nei rapporti tra le persone, pari tra di loro.

Nell’età della pietra o sotto i grattacieli, agiscono solo tra le persone che si considerano uguali.

Quindi non agiscono in alcuni rapporti: là dove c’è differenziazione sociale fra uomini e donne, uomini e schiavi, persone di una religione e di un’altra, di una razza e di un’altra, di una casta e di un’altra, ecc., ecc..

Nella prima Comunità, quei cinque trogloditi capirono subito che un’unione sarebbe stata possibile, solo se si fossero riconosciuti uguali.

Quindi l’uguaglianza è la condizione delle regole primarie.

Nei rapporti in cui essa manca, le regole primarie impallidiscono e scompaiono.

Per questo non troviamo l’uguaglianza tra le regole primarie: lei non è una di esse. E’ sopra di esse.

L’uguaglianza è il loro sole. Le regole primarie sono le regole degli uguali, e la loro giustizia può essere possibile solo sotto il sole dell’uguaglianza.

Le regole primarie, questa importantissima realizzazione dell’uomo, sono universali.

Apprese da noi all’interno della nostra particolare Comunità, estendono i loro effetti ai rapporti con chiunque. L’insegnamento, uguale, è stato dato in tutte le Comunità. E possiamo vederlo, in pratica, con

qualunque persona di qualunque parte del mondo. Ciò, meno nel caso in cui la cultura di una particolare Comunità sia così primitivamente chiusa al mondo esterno, che le regole primarie possono anche non essere completamente rispettate nei confronti degli stranieri.

Al di là di una simile eccezione, quello che abbiamo appreso e che ci condiziona nel nostro contesto comunitario, è automaticamente operante in qualunque altro luogo della terra dove possiamo venire a trovarci. Le regole primarie valgono nei confronti di qualunque persona straniera che dovessimo incontrare.

In un orrido deserto di un altro paese, nei confronti di quella persona che si sta avvicinando, in una foresta lontano da casa, nei confronti di quell’uomo strano che sta seduto su di un ramo di un albero, sopra una cascata dall’altra parte del mondo, nei confronti di quella donna che sta di sotto.

E, se ci capita, rimproveriamo subito un individuo di qualsiasi altro Continente per non aver rispettato col