CORINE Superficie
3.6 Idrografia superficiale
3.6.2 Zone umide
La Convenzione sulle zone umide di importanza internazionale, sopratutto come habitat per l’avifauna acquatica, meglio conosciuta come “Convenzione di Ramsar” (firmata a Ramsar, in Iran, il 2 febbraio 1971), definisce le zone umide come “aree palustri, acquitrinose o torbose o comunque specchi d’acqua, naturali o artificiali, permanenti o temporanei, con acqua stagnante o corrente, dolce, salmastra o salata, ivi comprese le distese di acqua marina la cui profondità, durante la bassa marea, non supera i sei metri”. Le zone umide Ramsar sono incluse nell’elenco previsto dal D.P.R. 13 marzo 1976, n. 448, definite come oggetto di tutela e valorizzazione dall’art. 142, comma 1, lettera i) del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (Codice Urbani). L’adesione dell’Italia alla Convenzione di Ramsar rappresenta, sotto il profilo legislativo, un cambiamento rispetto alle norme
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precedenti, che erano ancora quelle dell’era delle bonifiche, dalla legge Baccarini del 1882 alla legge Serpieri del 1933, dove stagni, paludi ed acquitrini erano visti in modo negativo. questa Convenzione, lo stato italiano e dopo numerose altre nazioni, introdussero per la prima volta il concetto di “zona umida” come risorsa da tutelare.
Le zone designate nel mondo furono 1060, di cui 46 in Italia e 8 in Sardegna.
Il PPR (art. 17 delle NTA - Assetto ambientale, Generalità ed individuazione dei beni paesaggistici) precisa che “zone umide, laghi naturali ed invasi artificiali e territori contermini compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi sono categorie di beni paesaggistici afferenti all’assetto territoriale”.
Delle 8 zone umide sarde inserite nella Convenzione, 6 risultano presenti nel settore del Golfo di Oristano. Un aspetto significativo e peculiare dell’area di studio è infatti la presenza di numerosi stagni e aree idromorfe, situati in prossimità della costa. Oltre ai grandi sistemi stagnali di Cabras, Santa Giusta, Pauli Maiori, Mistras, S’Ena Arrubia, Corru e S’Ittiri, S.Giovanni-Marceddì, si hanno numerosi stagni, taluni temporanei, localizzati prevalentemente nel Sinis: Is Benas, Sale ‘e Porcus, Pauli Murtas, Pauli Trottas, tra quelli di dimensioni medie e Pauli Crecchi, Pauli Civas, Pauli Acqua Urchi, tra i più piccoli.
Fra la penisola del Sinis ed il Campidano si sviluppa con forma allungata nord-sud, perpendicolare alla costa, lo Stagno di Cabras (impropriamente detto stagno, sarebbe più corretto chiamarlo laguna1).
È il più esteso fra i bacini salmastri dell’isola (2228 ha) e costituisce una delle zone umide più importanti del Mediterraneo. Viene alimentato dal Rio Mare Foghe, a sua volta originato dalla confluenza presso Zeddiani del Mannu di Milis e del Cispiri, che drenano il settore meridionale del Montiferru.
Ad ovest, rispetto lo Stagno, si trovano formazioni dunari che creano vaste depressioni, nelle quali le pioggie danno luogo a ristagni temporanei durante la stagione invernale (Pauli Trottas, Pauli Civas, Stagno Istai, Cuccuru Isperrau, Pischeredda); queste paludi semipermanenti, di enorme valore paesaggistico ed ambientale sono in parte bonificate per essere utilizzate come terreni agricoli.
1 La distinzione tra laguna e stagno si basa sulla rilevanza della circolazione e dello scambio idrico da e verso il mare. Le lagune possiedono dei rapporti costanti con il mare aperto, mentre gli stagni, al contrario, ricevono l’acqua del mare solo in eventi eccezionali.
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A nord si trova una zona paludosa (Pauli Ludosu); a nord-est una vasta zona bonificata, laddove si trovava lo Stagno di Mare Foghe, nella quale scorre il relativo canale (Rio Mare Foghe); ad est continua la zona di bonifica, attraversata da numerosi canali, nella quale si trovano i due piccoli stagni di Mar’e Pauli e Pauli È Sali. In origine lo stagno comunicava con il mare attraverso quattro canali che si riunivano per confluire nello Stagno di Sa Mardini. Attualmente il collegamento con il mare avviene con il Canale Scolmatore, lungo circa 4 km, costruito negli anni ’70 per ovviare lo straripamento delle acque dello stagno nell’abitato durante i periodi di piena.
Lo Stagno di Santa Giusta è il secondo stagno per estensione del Campidano centro- settentrionale (790 ha). Ha una forma pressoché rotonda, è separato dal mare da un largo cordone litorale ed è collegato ad esso da un canale artificiale. Ad est dello Stagno di Santa Giusta sono presenti altri due piccoli bacini: Pauli Maiori e Pauli Figu; essi sono collegati con lo Stagno di Santa Giusta da due stretti canali. Lo stagno non ha immissari diretti; riceve le acque dolci provenienti dai canali di bonifica e dal Rio Merd’e Cani che confluiscono nello Stagno di Pauli Maiori.
Fino al 1952 non esisteva comunicazione diretta dello stagno con il mare, ma solo con il Tirso, attraverso il canale di Pesaria; quest’ultimo, lungo oltre 3 km e largo circa 60 metri, parte dal lato occidentale dello stagno e si innesta nel tratto finale della foce del Tirso. Poiché durante i periodi estivi la foce del Tirso si chiudeva completamente, in particolare dopo la costruzione della diga di Ollastra, per l’invaso delle acque irrigue del comprensorio di bonifica di Oristano, nello stagno si interrompeva il ricambio dell’acqua per lunghi periodi. Inoltre esso veniva invaso da una fittissima vegetazione che, diminuendo l’ossigenazione delle acque, provocava morie di pesci ed impediva la circolazione delle barche. A questa situazione si è ovviato, in seguito, con la costruzione di un canale che mette in comunicazione diretta lo stagno di Santa Giusta con il mare, consentendo un costante ricambio delle acque (Massoli-Novelli e Mocci Demartis, 1989).
Nel settore meridionale del Golfo di Oristano si distinguono due ambienti umidi: Corru S’Ittiri e il sistema degli stagni di Marceddì e S. Giovanni.
La laguna di Corru S’Ittiri presenta una forma allungata parallela al mare ed è caratterizzata da una fascia propriamente costiera in corrispondenza della freccia litorale che separa la laguna dal mare. In essa è possibile riconoscere un ampia zona occupata da una spiaggia interna, caratterizzata da un sistema di dune litorali e una depressione palustre
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retrodunare che costeggia la laguna. Nella costa opposta la riva è occupata da affioramenti rocciosi riconducibili a depositi della “panchina tirreniana”. Alle spalle dell’area lagunare si estende l’ampia zona bonificata di Arborea che ne delimita il perimetro verso terra. La laguna non presenta immissari naturali, ma riceve le acque che provengono dalla bonifica della piana di Arborea. In realtà la laguna è semiartificiale in quanto è stato creato uno sbarramento che unisce l’estremità della freccia litorale con la terra ferma. Essa possiede, inoltre, buone possibilità di ricambio idrico dal mare, presentando due comunicazioni dirette con il mare.
Il sistema degli stagni di S. Giovanni e Marceddì è ubicato in successione e perpendicolarmente alla linea di costa lungo la valle fluviale su cui confluiscono il Rio Mogoro e il Rio Mannu. Presenta uno sbarramento mediano ubicato a circa 2/3 del complesso. La parte più interna (Stagno di S. Giovanni) presenta acque più dolci per gli apporti dei rii Mogoro e Mannu, quella più esterna (Marceddì) è direttamente collegata col mare ed è delimitata a nord da una pineta e da coltivi su sabbie dunali e a sud da Capo Frasca.
Lo Stagno di S’Ena Arrubia (190 ha) fa parte del complesso stagnale del Golfo di Oristano, ed è una zona umida fortemente condizionata dalla presenza dall’ampia zona di bonifica idraulica circostante. Non possiede immissari naturali ma risulta alimentato dalle acque derivanti dalla bonifica della piana di Arborea cioè dal sistema di canali che realizzano il drenaggio della piana.. La comunicazione con il mare avviene attraverso un canale artificiale, realizzato negli anni ’70, aperto nella duna costiera e regolato da una saracinesca che consente il deflusso delle acque interne.