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Creazione del diagramma di Balje di un espansore Wankel

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Academic year: 2021

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(1)

Universit`

a degli Studi di Pisa

Scuola di Ingegneria

Dipartimento dell’Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Energetica

Tesi di Laurea Magistrale

Creazione del diagramma di Balj´

e

di un espansore Wankel

Relatore:

Prof. Ing. Marco Antonelli

Correlatore:

Ing. Marco Francesconi

Candidato:

Edoardo Dori

(2)

Edoardo Dori

Creazione del diagramma di Baljé

di un espansore Wankel

Tesi per il conseguimento della

Laurea Magistrale in Ingegneria Energetica

Università di Pisa

Ottobre 2017

(3)

Ai miei genitori, Enzo e Adriana che mi hanno supportato nell'arontare questo percorso.

(4)

Sommario

Nel presente lavoro di tesi viene caratterizzato, mediante simulazione numerica con codice Matlab calibrata su dati sperimentali, un prototipo di espansore rotativo Wankel sul piano adimensionale numero di giri specico-diametro specico. La macchina, installata presso il Centro di Ricerca Interuniversitario sulle Biomasse per uso Energetico (CRIBE), è allo studio da alcuni anni all'interno del dipartimento per poter essere ecientemente impiegata in cicli organici (ORC) di taglia 10-50 kW in cui non si è ancora aermata una soluzione commerciale per l'elemento espansore.

Partendo da una breve descrizione dell'impianto, del prototipo e dello stato attuale dei micro-espansori, si riassumono i precedenti lavori che hanno studiato l'espansore in questio-ne. In seguito si espone la costruzione dei diagrammi adimensionali e le ipotesi adottate all'interno delle simulazioni, per poi passare a descrivere il programma stesso e le modiche apportate.

Vengono inne esposti i risultati ottenuti e confrontati con la letteratura. Sono inoltre valutati gli eetti della variazione delle dimensioni assiale e trasversale ed eccentricità del rotore sul diagramma di Baljè.

(5)

Abstract

In this paper a Baljè diagram for a rotary expander device is presented. The diagram is obtained via a Matlab code simulating an expander prototype that is being researched at the Interuniversity Research Centre for Energy from Biomasses. The purpose of this study is to obtain an ecient and durable solution to be used in small-scale Organic Rankine Cycle plants in a power range of 10-50 kW where no commercial scale production is available.

Firstly a short description of the CRIBE set-up and of the prototype is given, then a review of the state of the art for small-scale expander is presented along with a recap of previous papers that have studied this expander. What follow is an explanation of the Baljè diagram and the hypothesis made, then a description of the code and its improvements made for the purposes of this work.

At last the diagrams obtained are presented and commented, along with an analysis of three dimension of the expander, rotor radius, axial depth and rotor eccentric.

(6)

Indice

1 Introduzione 1

1.1 Stato dell'arte . . . 1

1.2 Motore Wankel ed il prototipo a vapore . . . 4

1.2.1 Geometria . . . 4

1.2.2 Sistema di distribuzione . . . 8

1.2.3 Modiche apportate al prototipo a vapore . . . 8

1.3 Congurazioni sperimentali . . . 11

2 Fondamenti teorici 13 2.1 Teoria della similitudine . . . 13

2.1.1 Il teorema Π . . . 14

2.1.2 Applicazione alle grandezze di interesse . . . 16

2.2 Diagrammi di Baljè e grandezze coinvolte . . . 18

2.2.1 Diagrammi da letteratura . . . 18

2.2.2 Parametri caratterizzanti la macchina . . . 20

2.3 Trattazione del ciclo limite . . . 23

2.3.1 Fase di ammissione . . . 23

2.3.2 Fase di espansione . . . 25

2.3.3 Fase di scarico . . . 26

2.3.4 Fase di ricompressione . . . 28

2.3.5 Ripristino della pressione di ammissione nella camera . . . 29

2.3.6 Lavoro del ciclo limite . . . 31

3 Metodologia di calcolo 32 3.1 Equazioni e principi sici . . . 32

3.1.1 Fisica del modello . . . 32

3.1.2 Modellazione dei ussi di massa . . . 37

3.1.3 Rendimento isoentropico . . . 39

3.2 Estensione del campo di funzionamento e criteri di verica seguiti . . . 41

3.2.1 Discretizzazione . . . 41

3.2.2 Coecienti interni . . . 42

3.2.3 Legge di apertura delle valvole . . . 43

3.3 Validazione con prove sperimentali . . . 44

4 Risultati 47 4.1 Diagramma NS − DS del prototipo . . . 47

4.2 Eetti dimensionali . . . 52

4.2.1 Dimensione radiale . . . 52

(7)

4.2.3 Eccentricità . . . 54

5 Conclusioni e sviluppi futuri 56

A Diagrammi con denizioni alternative 57

(8)

Capitolo 1

Introduzione

La dipendenza energetica da fonti fossili mostra aspetti sempre più negativi come inquina-mento, riscaldamento globale, dicoltà di approvvigionainquina-mento, forti oscillazioni dei prezzi e molto ancora. In questa ottica il panorama energetico più recente, soprattutto per quanto riguarda l'energia elettrica, sta eettuando una transizione da poche grandi centrali a com-bustibile fossile verso una generazione distribuita costituita da una moltitudine di piccoli e piccolissimi impianti che sfruttino fonti rinnovabili. Tra le soluzioni possibili, grande interes-se in letteratura sta avendo la micro-generazione elettrica tramite ORC (Organic Rankine Cycle) che permette, impiegando uidi organici basso-bollenti, di sfruttare tutta una serie di fonti a bassa densità di energia altrimenti inaccessibili che spaziano dal recupero di calore da processi industriali alle risorse geotermiche a bassa entalpia no al recupero di energia nei trasporti e nel settore domestico. In questo panorama, una taglia commercialmente in-teressante è quella compresa tra 200 W e 50 kW [13] per la quale non sono ancora presenti, tuttavia, soluzioni aermate per quanto riguarda il componente espansore.

Queste sono le ragioni che hanno spinto il Dipartimento di Energetica dell'Università di Pisa a sviluppare un prototipo di espansore che si presti a coprire la parte superiore di questo range di potenza (da 10 a 50 kW). La scelta è ricaduta su una macchina Wankel, di cui esiste già una buona conoscenza empirica e teorica come motore a combustione interna, ma ancora molto deve essere indagato nella sua applicazione come espansore. Nel seguito viene fornita una panoramica sulla letteratura specializzata in questo argomento ed una breve descrizione del motore Wankel e della sua applicazione all'Università di Pisa.

1.1 Stato dell'arte

In letteratura si è registrato un crescente interesse verso i piccoli espansori per le crescenti e sempre più aermate applicazioni in campo di cogenerazione, recupero di calore ed in generale sfruttamento di fonti a bassa densità energetica tramite ciclo ORC.

In Qiu, Liu e Riat [16] viene espressa la criticità dell'espansore come elemento fonda-mentale all'interno dell'impianto ORC e vengono analizzate le proposte commercialmente disponibili. Sebbene sia un lavoro non molto recente (2011), in esso si mettono in chiara evidenza i limiti delle macchine convenzionali, rappresentate in gura 1.1 nella pagina se-guente. Gli espansori dinamici non sono in genere utilizzati per taglie inferiori ai 100 kW per problemi di costi, elevate velocità di rotazione ed adabilità; gli espansori a vite sono invece adatti a lavorare al di sopra dei 20 kW ma, essendo per lo più ricavati da compressori, sono necessarie importanti modiche per evitare problemi agli ingranaggi o fughe di vapore, che data la possibile tossicità dei uidi organici devono essere pressoché nulle. Un altro tipo

(9)

(a) Espansore a vite, fonte [16]

(b) Espansore scroll, fonte [13]

(c) Turbine a basso numero di giri specici, fonte [19]

Figura 1.1: Espansori di piccola taglia

esaminato è l'espansore scroll, che si presta come buon candidato ma per taglie eccessiva-mente piccole (1-5 kW). In ultimo viene presentato un prototipo di espansore volumetrico riportato in gura 1.2 nella pagina successiva, che supporta la scelta di studiare una mac-china volumetrica perché eciente alle basse potenze, compatta, economica e con possibilità di accettare bassi titoli del uido a ne espansione.

La soluzione di riadattare pompe/compressori come turbine/espansori è da tempo nota e suscita molto interesse soprattutto nel campo delle macchine dinamiche. Un esempio può essere il modello proposto da Singh e Nestmann [19] come criterio di scelta di un espansore partendo da una pompa idraulica a basso numero di giri. Modelli di questo genere si sono aermati per l'ampia disponibilità di pompe e compressori di piccole taglie ed ottima co-noscenza empirica; partendo da una macchina operatrice già solida e, per quelle dinamiche, con modiche minime se ne può ottenere una motrice dalle caratteristiche soddisfacenti. Le macchine volumetriche invece presentano alcuni accorgimenti aggiuntivi sulla distribuzione e sull'inversione dei condotti di ammissione e scarico che rendono questa pratica più adatta per caratterizzare in prima approssimazione un prototipo che necessita poi di progettazione apposita.

(10)

vo-Figura 1.2: Espansore volumetrico presentato in [16]

lumetrici, andando ad indagare le caratteristiche principali di espansori a pistoni, a vite e scroll. Dall'indagine condotta sui tre tipi di espansori si conclude che tutti e tre presentano alcuni limiti per l'applicazione ricercata nel presente lavoro: l'espansore alternativo ha otti-me ecienze e gradi di espansione ma è limitato da piccole portate per tramite della bassa velocità di rotazione a causa delle inerzie delle masse alterne (o in alternativa ha dimensioni troppo elevate); per le altre due tipologie si ribadisce quanto sopra aggiungendo la mancan-za di una produzione apposita di espansori scroll, che sono quindi anch'essi ottenuti per la maggior parte adattando dei compressori. La mancanza per macchine vite e scroll di un sistema di valvole regolabile inoltre è un grande inconveniente perché impone gli istanti di apertura e chiusura di ammissione e scarico; la geometria della macchina impone quindi la forma del ciclo termodinamico ed il rapporto di espansione del uido. Si pone l'attenzione poi sul fatto che la temperatura di ammissione per questi due tipi di macchine è un fattore limitante in quanto la dilatazione termica dei componenti deve essere limitata per un buon funzionamento. Viene inne proposta una metodologia di calcolo simile a quella adottata in questo elaborato: si simulano i fenomeni sici all'interno dei componenti della macchi-na in condizioni quasi-staziomacchi-narie con bilanci non dettagliati per valutare l'importanza dei dierenti parametri di funzionamento sul rendimento isoentropico. Tale codice viene anche usato per elaborare dei criteri di scelta della macchina creando mappe operative per diversi uidi di lavoro, confermando la possibilità di estendere i risultati ottenuti da questo tipo di simulazioni in un intorno del campo in cui sono calibrati.

Un più recente articolo su queste tematiche è quello di Manfrida e Fiaschi [13] dove vengono presentate le caratteristiche di tre tipologie di macchine a simile numero di giri specici: turbine radiali, espansori scroll ed espansori alternativi. Oltre a riaermare quanto detto in precedenza, particolarmente interessante è la metodologia adottata per gli ultimi che consiste in una simulazione quasi-stazionaria di un set di equazioni di bilancio risolte a livello globale si singoli componenti in cui si pone l'attenzione su: fasatura, quantità di uido intrappolato a ne ricompressione (si veda il paragrafo 2.3.5), perdita di carico attraverso le valvole e scambi termici.

A dimostrazione del crescente interesse in merito alle piccole taglie di espansori e degli sforzi per caratterizzarle, in Capata e Sciubba [5] viene realizzato un diagramma di Baljè per turbo-espansori di piccola taglia mediante l'utilizzo di software CFD. Data la potenza di calcolo molto maggiore richiesta per questi codici è stata ricavata la sola linea di Cordier, ovvero il luogo dei punti di massima ecienza. Dai risultati ottenuti si denota una nuova zona di ottimo per queste macchine, che segue l'andamento della linea di Cordier originale

(11)

ma traslata verso il basso, a dimostrazione che le dimensioni dell'espansore se troppo diverse hanno inuenza anche sui parametri adimensionali, studiati proprio per rendere i risultati indipendenti dalla specica macchina.

Ad eccezione degli articoli provenienti dal DESTEC [3, 4, 10] non molti studi sono presenti sul cinematismo Wankel impiegato come espansore. Un recente contributo è stato dato da Sadiq et al. [18] in cui il software CFD ANSYS v16 è stato impiegato per analizzare alcuni dettagli costruttivi di un possibile prototipo. Sono state valutate le prestazioni della macchina funzionante con aria compressa in diversi casi (si rimanda al paragrafo successivo per la spiegazione dei componenti e delle congurazioni):

ˆ variazione di posizione, dimensione e forma delle valvole di ammissione e scarico, ssando però la tipologia assiale ;

ˆ dimensioni del rotore, con attenzione concentrata sull'eetto della profondità assiale; ˆ possibili accoppiamenti per due rotori in serie;

ˆ pressione del uido in ammissione.

I risultati mostrano rendimenti isoentropici molto interessanti no ad un massimo del 90% e indicano la congurazione in due stadi come ottimale per raggiungere elevate potenze e rendimenti. Questo mette in luce uno dei vantaggi dei motori alternativi che si estende al Wankel: per questi tipi di espansori, aggiungere uno stadio non richiede un eccessivo sforzo progettuale. È suciente infatti modicare statore e bilanciamento dell'albero motore per poter aggiungere un secondo rotore che, inoltre, può avere stesse dimensioni ed eccentricità ma diverse forme laterali: si va così a comporre con lo stesso statore una moltitudine di macchine diverse aventi ognuna un rapporto di espansione diverso e più adatto alle esigenze della specica applicazione.

1.2 Motore Wankel ed il prototipo a vapore

IL capsulismo Wankel è stato brevettato da F.Wankel nel 1957 ed ha trovato impiego prin-cipalmente come motore a combustione interna di piccola e media taglia, per le sue ottime prestazioni in relazione alla compattezza oerta. Si può denire un capsulismo ad ingrana-mento perché la geometria ed il moto sono generati da moto trocoidale, ovvero seguendo la traiettoria di un punto solidale ad una circonferenza che rotola senza strisciare su un'altra. Le coppie di ruote dentate presenti, inoltre, hanno curve primitive che coincidono con dette circonferenze.

1.2.1 Geometria

La realizzazione commerciale più comune, nonché quella in esame, ha sigla KKM Epi 2/3 ed è rappresentato in gura 1.3 nella pagina seguente. In essa si possono osservare le parti principali del motore ed i loro accoppiamenti: il rotore trasmette potenza all'albero grazie all'eccentrico di quest'ultimo, che viene bilanciato nella rotazione da due volani non rappre-sentati; lo statore presenta una piastra laterale e due frontali che chiudono l'involucro e a cui è solidale un pignone sso che permette al rotore di compiere il suo moto planetario.

Volendo attribuire un signicato ad ogni elemento della sigla che identica il Wankel, si può iniziare dicendo che esistono due versioni del capsulismo: DKM in cui gli assi delle due curve primitive sono entrambi ssi e KKM dove, invece, uno dei due assi ruota di moto

(12)

Figura 1.3: Rappresentazione esplosa del motore Wankel, fonte [15]

planetario intorno all'altro. IL particolare prolo dello statore a due lobi si può ricavare anch'esso come sviluppo di una trocoide in due modi: una epi-trocoide dove la circonferenza mobile è esterna, ha raggio pari alla metà di quello interno ed il punto A che genera il prolo si trova all'interno della circonferenza mobile, oppure una ipo-trocoide in cui è la circonferenza interna a muoversi di moto planetario, ha raggio pari a 3/2 di quella ssa (quindi può apparire come circonferenza esterna, ma è il moto che le dierenzia) ed il punto A è esterno ad essa. Entrambe sono rappresentate in gura 1.4 nella pagina successiva. Per generare il rotore si fa riferimento ad un certo numero di punti solidali alla circonferenza mobile dell'ipo-trocoide situati alla stessa distanza del punto A unendoli con delle curve che possono essere linee, archi di cerchio, altre trocoidi o forme più complesse. La dicitura 2/3 quindi indica il numero di lobi dello statore ed il numero di vertici del rotore.

La gura 1.5 nella pagina seguente fa riferimento al caso (b) della precedente e fornisce una completa panoramica sulla geometria del capsulismo. Con riferimento ad essa, infatti, le due circonferenze Γ e Γ0 sono le primitive citate in precedenza i cui raggi stanno in rapporto r0/r = 3/2 e rappresentano sia le generatrici del prolo dello statore (il punto A della gura 1.4 è indicato qui con P) sia le primitive delle ruote dentate che collegano rotore e albero motore. Si possono individuare i tre vertici del rotore indicati con P , P0 e P00, il suo raggio R denito come la distanza O0P e la distanza tra vertici che vale3R.

(13)

Figura 1.4: Generazione del prolo dello statore tramite trocoidi, fonte [21]

(14)

Altre dimensioni principali sono:

ˆ eccentricità e pari alla distanza tra i due assi delle primitive OO0;

ˆ assi minore e maggiore statorici, pari rispettivamente a 2(R − e) e 2(R + e); ˆ posizione angolare del vettore OO0, γ, pari all'angolo di manovella;

ˆ posizione angolare del vettore O0P , α,pari all'angolo spazzato da un vertice del rotore. La particolarità di questo cinematismo è il rapporto γ/α pari, come indicato in gura, a 3: ad ogni giro completo del rotore ne corrispondono 3 di albero motore.

Delle dimensioni elencate sopra, quella che presenta più criticità è l'eccentricità e poiché dal suo rapporto con il raggio rotore denito come

µ = R e

dipendono sia le condizioni di non interferenza tra lati del rotore e corona dentata (que-st'ultima deve sempre rimanere interna ai lati del rotore) che l'evoluzione del volume della camera, che inne , ricordando le espressioni degli assi statorici, le dimensioni della macchi-na. La prima di queste tre inuenze, considerando anche che il rotore deve ospitare l'intera circonferenza di base della corona dentata, si traduce in un limite inferiore per il parametro µ pari a

µ ≥ 6

Per quanto riguarda il volume della camera, in gura 1.6 nella pagina successiva è ri-portata l'evoluzione di tale grandezza al variare dell'eccentricità per un giro completo di rotore ottenuta con il codice Matlab esposto al paragrafo 3.1 a pagina 32. Tale volume viene calcolato con un'espressione risultato di integrazione matematica in coordinate polari dell'area compresa tra due vertici del rotore moltiplicata per lo spessore assiale della camera L; l'espressione è riportata nella 1.1 in cui γ = 3α − π/2 è la fase angolare dell'albero mo-tore e λ = 1/µ. La sigla Vecc, rot indica il volume occupato dalla parte non triangolare del rotore, calcolato come in 1.2b in cui il simbolo 4 indica i volumi riferiti al caso di rotore triangolare, l'apice r indica quelli del rotore reale, Vcc è la cilindrata che, si fa presente, ri-mane uguale nei due casi dal momento che il volume in eccesso si semplica nell'espressione (Vmax− Vecc) − (Vmin− Vecc)e ρvol è il rapporto di compressione reale.

V(γ) = LR2 " πλ2 −3 √ 3 2 λ cos  2 3γ  + π 3 − √ 3 4 !# − Vecc, rot (1.1) Vmin(r) Vcc(r) = V (4)

min − Vecc, rot

Vcc(4) (1.2a) Vecc, rot = V (4) min − Vcc(4) ρvol− 1 (1.2b) Dalla gura si possono ottenere due importanti informazioni: in un giro completo di rotore, ovvero 3 di albero motore, la camera compie due cicli di compressione-espansione e possono quindi svolgersi un ciclo a combustione 4 tempi completo o due cicli di espansione in una sola rivoluzione; inoltre una maggiore eccentricità porta ad un aumento del grado di compressione geometrico, denito come il rapporto tra massimo e minimo volume. Per questo motivo la costruzione del capsulismo è generalmente spinta verso il valore massimo possibile per il parametro µ, come nel caso del prototipo in esame.

(15)

0 50 100 150 200 250 300 350 [deg] 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5

Volume della camera [m

3 ]

10-4

= 6 = 8 = 12

Figura 1.6: Dierente evoluzione del volume della camera al variare del rapporto µ = R/e

1.2.2 Sistema di distribuzione

Una caratteristica che il Wankel condivide con le macchine volumetriche alternative è la distribuzione con valvole, che presenta il vantaggio di poter essere ottimizzata in funzione dell'applicazione richiesta modicandone tempi e istanti di apertura e, allo stesso tempo, lo svantaggio di assorbire potenza per vincerne gli attriti. Le soluzioni costruttive per la rea-lizzazione si dividono in due categorie per le luci di passaggio: assiali ricavate su una piastra frontale come in gura 1.7 nella pagina successiva, che garantiscono un minore ingombro della macchina ma sono di più dicile modica, oppure radiali come mostrato in gura 1.8 nella pagina seguente ottenute sullo statore.

Della prima congurazione si è occupato lo studio [18] menzionato al paragrafo 1.1, da cui emerge come i fattori principali da tenere in considerazione per questo tipo di distribuzione siano la posizione angolare e la dimensione, mentre altri accorgimenti che si possono adottare sono un numero maggiore (inserendole su entrambe le piastre) di luci ed una forma allungata che meglio segua l'evoluzione della camera.

Per la seconda variante invece alcuni studi sperimentali condotti dal DESTEC con valvole cilindriche hanno individuato fasatura ed apertura ottimali potendo variare con più facilità il tipo di valvola operante sulla macchina. Tramite analisi CFD [8] ha evidenziato anche l'importanza della forma della stessa, le cui alternative esaminate sono esposte in gura 1.9 a pagina 10, per migliorarne il usso riducendo al minimo i fenomeni dissipativi al loro interno.

1.2.3 Modiche apportate al prototipo a vapore

Il prototipo in studio è stato ottenuto modicando il sopra citato motore Wankel KKM Epi-2/3; non esistono infatti soluzioni commerciali di espansori Wankel dato l'interesse molto recente per queste taglie. La fattibilità del progetto è stata prima studiata con analisi teoriche e pratiche svolte su un precedente espansore Wankel realizzato dal Dipartimento di Energetica e poi messa in pratica nel lavoro di Milianti [14] a cui si rimanda per ulteriori dettagli.

(16)

Figura 1.7: Distribuzione con luci assiali, fonte [12]

(17)

Figura 1.9: Dierenti tipi di valvole studiati, fonte [3]

Di seguito si elencano le principali modiche apportate al motore a combustione interna commerciale per convertirlo ad espansore di vapore.

Distribuzione Sostituzione del sistema di luci radiali con valvole, camicie e porta-valvole esterni, facilmente smontabili e sostituibili; realizzazione di alberi e pulegge che ne permettono il movimento ed aggiunta di disco a nonio forato con cui realizzare la fasatura variabile.

Statore Riprogettazione dell'intero statore (piastre frontali ed involucro laterale) di forma più semplicata ed interfacciabile con il sistema di distribuzione.

Isolamento termico Rimozione del sistema di rareddamento per il funzionamento a ben-zina ed aggiunta di una copertura termica per rendere l'espansore quanto più possibile adiabatico.

Lubricazione Sostituzione del sistema di lubricazione ad olio: è stata adottata per ac-coppiamenti dentati e cuscinetti la lubricazione a grasso, mentre le tenute del rotore sono state sostituite con altre in materiale plastico (PTFE) che ha una minore re-sistenza alle alte temperature (peraltro non necessaria vista l'assenza della fase di combustione) e non necessita di lubricante.

Rotore Adozione di un rotore senza cave laterali, necessarie nel funzionamento a combu-stione interna per limitare il rapporto di compressione e, quindi, la detonazione della carica; come espansore invece maggiore è il rapporto tra minimo e massimo volume della camera e migliori sono le prestazioni.

Sistema di misura Progettazione del sistema di ancoraggio al banco prova del CRIBE e dell'interfaccia con freno dinamometrico e sensoristica per la camera (fori per inserire i trasduttori di pressione).

(18)

Figura 1.10: Schema del circuito ad aria compressa, fonte [3]

1.3 Congurazioni sperimentali

Per valutare le prestazioni del prototipo una prima analisi è stata condotta in [3] con aria compressa. In questo elaborato si fa riferimento a queste condizioni di test per quanto riguar-da la creazione del diagramma di interesse; riguar-dallo stesso articolo è stata presa la gura 1.10 in cui si evidenziano i principali componenti. Essendo il uido operativo aria ambiente l'im-pianto risulta molto semplice e le misure che si ottengono sono perciò un ottimo indice delle prestazioni del solo espansore. L'elemento indicato come plenum è uno "smorzatore" per le oscillazioni di portata dovute all'apertura discontinua delle valvole del Wankel e permette una più accurata misura della portata di aria elaborata dalla macchina. Il freno a corren-ti parassite permette, inoltre, di ssare la velocità della macchina a valori desideracorren-ti e di acquisirne la coppia motrice tramite appositi sensori.

In seguito è avvenuto il collegamento all'impianto vero e proprio del CRIBE che è stata progettata nel dettaglio in precedenti tesi [15]; visto il limitato impiego del uido operativo acqua nel presente elaborato, necessario solo per la calibrazione del programma nel paragra-fo 3.3 a pagina 44, se ne riporta uno schema semplicato in gura 1.11 nella pagina seguente e si omette la descrizione nel dettaglio della linea vapore per la quale si rimanda al sopra citato lavoro.

(19)
(20)

Capitolo 2

Fondamenti teorici

2.1 Teoria della similitudine

Nell'elaborazione di dati sperimentali si ottengono, come risultato nale, delle espressioni che legano tra loro delle grandezze siche. Tali relazioni hanno signicato, e sono dette omo-genee, quando le grandezze in esame sono tutte dello stesso tipo, quando cioè i due membri dell'equazione hanno le stesse dimensioni. Quando si scelgano, poi, le stesse unità di misura per esprimere tutte le grandezze in esame, le relazioni che vi intercorrono si dicono dimensio-nalmente omogenee; in un tale sistema una grandezza derivata, ovvero denita per tramite di altre dette fondamentali, è sempre esprimibile come prodotto di potenze delle grandezze di base [1]. Se inne le relazioni che deniscono alcune grandezze, dette unità derivate proprio perché espresse come combinazione di altre unità dette fondamentali, contengono costanti di proporzionalità pari all'unità, allora il sistema di misura si dice coerente.

L'analisi dimensionale di un fenomeno permette, se le grandezze sono correlate in modo omogeneo, di ricavare delle relazioni empiriche sia tra grandezze semplici, sia tra raggruppa-menti di esse. Qualora questi raggrupparaggruppa-menti prevedano dei rapporti tra grandezze omoge-nee, essi sono adimensionali e su di essi non inuiscono, perciò, le unità di misura scelte a patto che siano denite in un sistema coerente. Su questo si basa la teoria della similitudine nelle turbomacchine: lo studio di alcuni gruppi adimensionali, ricavati attraverso l'analisi dimensionale ed in particolare con l'applicazione del teorema di Buckingham spiegato nel paragrafo successivo, permette infatti di generalizzare i risultati limitando il numero e la varietà di prove sperimentali e permettendo di sviluppare delle relazioni valide non per una specica macchina, ma per tutte quelle "simili".

La similitudine in una macchina può avere più livelli:

geometrico per cui alcune dimensioni di interesse mantengono gli stessi rapporti (ad esem-pio lunghezza della macchina e diametro medio);

cinematico per cui sono le velocità e le portate che la caratterizzano (del uido, della macchina) a rimanere in rapporti simili;

dinamico per cui sono in rapporto comparabile grandezze come potenza, salto di pressione, densità, viscosità ecc . . .

Scegliendo quindi un numero di variabili signicativo per il fenomeno si può condurre uno studio dell'inuenza delle singole grandezze indipendenti su una dipendente da queste, oppure si può prima ricorrere all'analisi dimensionale per ridurre il numero di variabili dipendenti e, di conseguenza, delle prove necessarie. A questo proposito è utile enunciare il teorema di

(21)

Buckingham e applicarlo ad un caso che interessi direttamente l'obiettivo di questo elaborato, per poi entrare nel dettaglio delle grandezze qui esaminate.

2.1.1 Il teorema Π

Il teorema di Buckingham, o teorema pi greco, si può enunciare come secondo [1]:

Denizione 2.1.1. Se una correlazione è dimensionalmente omogenea, ad essa può so-stituirsi una relazione tra una serie completa di prodotti adimensionali in numero ridotto rispetto alle grandezze originali

Scelte quindi n + 1 variabili dalle dimensioni omogenee che rappresentano un fenomeno, si avrà una relazione tra di esse che ne esprime una, dipendente ed indicata con y, in funzione delle altre indipendenti indicate con xi. Tale relazione è poi generalmente esprimibile come prodotto di potenze, in cui se il sistema di misura è coerente non compaiono coecienti costanti: y = xα1 1 x α2 2 . . . x αn n (2.1)

Questa espressione può essere rappresentata per mezzo di una matrice detta matrice degli esponenti che in ogni colonna contiene gli esponenti αi che mettono in relazione le variabili dipendenti ed indipendenti e in ogni riga una variabile dipendente, in questo caso solo la y.

x1 x2 . . . xn

y α1 α2 . . . αn (2.2)

Dal momento che le dimensioni di ogni xi possono essere a loro volta espresse come prodotto di potenze delle unità di misura di base, come indica la 2.3 in cui le unità base sono indicate da lettere maiuscole, si può costruire una matrice dimensionale. In essa ogni riga rappresenta l'esponente che la relativa grandezza di base ha nella variabile ed ogni colonna, quindi, indica con che esponente tale grandezza di base si ritrova nella variabile.

[y] = AaBbCc. . . [xi] = AaiBbiCci. . .

(2.3) La matrice dimensionale ha una forma del tipo

[y] [x1] [x2] . . . [xn] A a a1 a2 . . . an B b b1 b2 . . . bn C c c1 c2 . . . cn . . . . (2.4)

Si può dimostrare [1] che, anché la relazione tra y e gli xi sia dimensionalmente omogenea, si combinano gli esponenti delle due matrici 2.4 e 2.2 in modo da vericare il sistema 2.5a

     a1α1 + · · · + anαn= a b2α1+ · · · + bnαn= b . . . (2.5a) In particolare, se y è una variabile adimensionale i suoi esponenti a, b, . . . saranno tutti nulli, perciò il sistema da vericare diviene omogeneo

     a1α1+ · · · + anαn= 0 b2α1+ · · · + bnαn = 0 . . . (2.5b)

(22)

Gruppi adimensionali Si può inne applicare quanto visto sopra per ottenere un nu-mero p di gruppi adimensionali Πj da sostituire alle variabili dimensionali nelle correlazioni empiriche di interesse. Si prende infatti una espressione formalmente uguale alla 2.1 ma che esprima la relazione tra grandezze misurate dimensionali e se ne voglia ottenere un corri-spettivo adimensionale con un numero minore di variabili. Si va quindi a scrivere la matrice dimensionale 2.4 e se ne calcola il rango m, che esprime quante righe sono indipendenti (generalmente uguale alle unità di base, quindi tutte le righe) e che sarà il numero di cui si potranno ridurre le variabili. Si esprima poi ogni Πj come in 2.1 ma con esponenti incogniti hj,i dove l'indice j indica a quale gruppo Πj appartiene l'esponente e l'indice i l'esponente che la variabile indipendente xi ha in relazione al gruppo adimensionale Πj. La matrice degli esponenti di ogni Πj assume quindi la forma seguente

x1 x2 . . . xn Π1 h1,1 h1,2 . . . h1,n Π2 h2,1 h2,2 . . . h2,n Π3 h3,1 h3,2 . . . h3,n . . . . (2.6)

Se per questa matrice si trovano dei vettori ¯hj linearmente indipendenti, è possibile dimo-strare che la serie di prodotti Πj che ne deriva è completa, ovvero che può esprimere ogni relazione tra le variabili xi e qualsiasi loro possibile combinazione. Combinando le due ma-trici e ricordando che ogni gruppo Πj è adimensionale si ottiene un sistema simile al 2.5b in cui però i vettori soluzione ¯h1,i, ¯h2,i, . . . sono incogniti. La soluzione di questo sistema esiste e costituisce una base fondamentale che rende i Πj una serie completa se

p = n − m (2.7)

È quindi suciente trovare un numero di vettori ¯hj linearmente indipendenti pari a n − m, ovvero il numero delle variabili meno il rango della matrice dimensionale, per avere una serie completa di Πj; tali gruppi possono essere combinati per rappresentare anche la variabile dipendente come

Π = y

xα1

1 + · · · + xαnn

e la relazione 2.7 si modica in p + 1 = n + 1 − m. Se, come ultima ipotesi, le variabili indi-pendenti xi assumono solamente valori positivi (possibile per qualsiasi misura scegliendone opportunamente lo zero) esiste una corrispondenza biunivoca tra il gruppo Π ed i Πj ed è quindi possibile esprimere la relazione di partenza 2.1 in funzione di tali gruppi

Π = Πβ1

1 . . . Π

βp

p (2.8)

Come precisazione nale si pone l'attenzione sul fatto che la scelta dei vettori ¯hj non è univoca ma, anzi, lascia una certa libertà su come denire i gruppi adimensionali. La tendenza generale è quella di fare in modo che ogni Πj rappresenti un rapporto tra due grandezze siche signicative, come ad esempio per delle macchine forze, potenze ecc, oppure si può scegliere di far comparire una sola volta alcune variabili di cui si voglia studiare l'inuenza sulla variabile dipendente che compaia anch'essa una sola volta e con esponente unitario oppure altre scelte ancora sono possibili.

(23)

2.1.2 Applicazione alle grandezze di interesse

La teoria della similitudine applicata alle turbomacchine prevede alcune relazioni valide solo in alcuni campi di velocità del uido, che vengono indicati con i numeri adimensionali di Reynolds e Mach; tuttavia, essendo questo lavoro limitato ad una macchina volumetrica, tali numeri non sono di interesse pratico in quanto le velocità del uido attraverso l'impianto sono di gran lunga inferiori a quelle di un impianto turbomotore e, a dierenza di quest'ultimo, non causano fenomeni di instabilità all'interno della macchina. La loro trattazione non è perciò arontata in questa sede.

Si scelgono allora alcune delle grandezze che caratterizzano un espansore in modo da poter confrontare due macchine qualsiasi, siano esse volumetriche o dinamiche e di qualsiasi taglia. In questo caso, la scelta è stata ridotta a cinque per non complicare inutilmente la trattazione ed ottenere solo i due gruppi adimensionali di interesse:

∆his Salto entalpico isoentropico a cavallo della macchina, sostituisce la meno generica scelta della prevalenza, che si applica per una turbina operante con uido incomprimibile; è espresso in [kJ/kg] .

˙

Q Portata volumetrica del uido, espressa in [m3/s]. La scelta può ricadere sia sul valore in ingresso che quello in uscita dalla macchina, come si avrà modo di chiarire più avanti nel paragrafo 2.2 a pagina 18.

ω Velocità di rotazione dell'albero, espresso in [rad/s].

D Diametro della macchina, anche per questo vi sono varie possibilità di scelta soprattutto negli espansori volumetrici, si sceglie generalmente una dimensione caratteristica per-pendicolare all'asse della macchina; espresso in [m], verrà anch'esso meglio specicato nel paragrafo 2.2 a pagina 18.

ρ Densità del uido, come per la portata volumetrica ci sono due scelte; espressa in [kg/m3]. Si inseriscono queste cinque variabili nella matrice dimensionale, in cui compariranno tre righe, ovvero le tre unità di base L (lunghezza), M (massa) e T (tempo)

[ω] [D] [ρ] [∆his] [ ˙Q]

L 0 1 −3 2 3

M 0 0 1 0 0

T −1 0 0 −2 −1

(2.9) Il rango di questa matrice è m = 3 come si può vedere dal determinante non nullo delle prime tre colonne, perciò si vanno a costruire secondo la 2.7 p = 5 − 3 = 2 gruppi adimensionali Π. Il sistema 2.5b è in questo caso

     hj,2− 3hj,3+ 2hj,4+ 3hj,5 = 0 hj,3 = 0 −hj,1− hj,4− hj,5 = 0 (2.10) Due soluzioni linearmente indipendenti si possono ottenere esprimendo tutto in funzione delle due variabili ∆his e ˙Q, che si vogliono far apparire separatamente e con esponente unitario nei due Π. Avendo già dalla seconda equazione del sistema ssato l'esponente relativo a ρ, i due vettori indipendenti si ottengono quindi imponendo

(

h1,4 = 1 h1,5 = 0 h2,4 = 0 h2,5 = 1

(24)

da cui, ricavati hj,1 e hj,2 si può scrivere la matrice degli esponenti ω D ρ ∆his Q˙

Π1 −2 −2 0 1 0

Π2 −1 −3 0 0 1

oppure scrivendoli per esteso si hanno Π1 = ∆his ω2D2 Π2 = ˙ Q ωD3

I due gruppi rappresentano il corrispettivo adimensionale delle due grandezze a numeratore ma non risultano di interesse pratico per questo lavoro. La loro costruzione però è servita per dimostrare il funzionamento del teorema Π e servirà, adesso, per dimostrare che con questi due numeri adimensionali se ne possono ottenere altri qualsiasi, vericando la proprietà di essere una serie completa. Si vogliono infatti ottenere due numeri chiamati velocità specica e diametro specico partendo da Π1 e Π2. Per ottenerli si combinano allora in due prodotti di potenze diversi: ωs = Π 1/2 2 · Π −3/4 1 = ω q ˙ Q ∆h3/4is (2.11a) Ds = Π 1/4 1 · Π −1/2 2 = D ∆h1/4is q ˙ Q (2.11b) I due numeri così espressi sono veramente adimensionali, non risentono perciò delle uni-tà di misura scelte per le singole grandezze e per questo sono ampiamente utilizzati per caratterizzare in primo approccio le prestazioni di una macchina ed individuarne il cam-po di funzionamento, come si avrà modo di chiarire meglio nella sezione 2.2 nella pagina successiva. Tuttavia, per quanto riguarda il primo, è di più comune uso una versione non dimensionalmente omogenea in cui in luogo di ω sia presente N, velocità di rotazione espres-sa in [giri/min], poiché di più immediata lettura e confronto con le caratteristiche di una macchina, spesso espresse in tale unità di misura.

Ns = N q

˙ Q

∆h3/4is (2.12)

Inne, se le grandezze sono misurate in unità americane come ft, lbf, lbm, etc. esse possono risultare adimensionali ma non coerenti ed appare quindi una costante kconv come fattore di conversione per poterli rarontare con gli stessi ottenuti in unità S.I., cosa che sarà necessaria nel seguito.

(25)

2.2 Diagrammi di Baljè e grandezze coinvolte

Nelle prime fasi della progettazione di una macchina, sia essa operatrice o motrice, si ha spesso un'ampia scelta nel ssarne tipologia, ingombri ed altre caratteristiche; questo signi-ca che, per non dover fare un numero elevato di tentativi di progetto, si può aver bisogno di alcune linee guida che si riferiscano a macchine esistenti. A questo scopo la teoria della similitudine è stata applicata per produrre alcuni diagrammi adimensionali che servono a scegliere la tipologia di macchina in relazione alle caratteristiche del uido con cui si troverà a lavorare, senza dover per ogni uido o condizione diversi ricorrere ad un graco diverso. Questi graci sono noti come diagramma di Baljè, seguendo il nome di O. E. Baljè che a sua volta ha sviluppato ulteriormente il lavoro di O. Cordier e sintetizzano la conoscenza empirica zero-dimensionale delle macchine: dati i due parametri Ns e Ds indicano quale tipologia meglio si adatti ad elaborare un uido in quelle condizioni. I primi diagrammi di questo tipo a disposizione, quelli di Cordier, contenevano informazioni solo sulle condizioni di lavoro ottimali per ciascuna macchina, con poca attenzione riservata alle macchine volu-metriche. I diagrammi di Baljè sono invece una vera e propria mappa con informazioni su un campo molto più ampio e, individuato il punto di lavoro, forniscono anche informazioni sul rendimento isoentropico che ci si può attendere dalla macchina, anche se essa lavora lontano dal suo punto di ottimo.

2.2.1 Diagrammi da letteratura

Il diagramma di Baljè viene spesso citato in letteratura per studi di caratterizzazione di nuovi prototipi di macchine o per loro sviluppi, ma sono pochi i diagrammi disponibili completi, che contengano cioè informazioni anche su macchine volumetriche. Spesso infatti se ne trovano alcune versioni semplicate in cui è rappresentata solo la zona di funzionamento delle turbine (o turbo-pompe) idrauliche. Quello che viene presentato a pagina successiva e preso come riferimento per confrontare i risultati del presente studio è tratto da [7] nella versione per espansori (un'altra versione è disponibile per valutare le prestazioni di pompe/compressori); le denizioni usate nel seguito, di cui una descrizione più approfondita viene fornita nel paragrafo successivo, sono congruenti con quelle adottate in questo diagramma. Si fa notare che esso è riferito ad una macchina monostadio o ad un singolo stadio di macchina pluristadio per averne un confronto indipendente dalle scelte costruttive ed è in unità americane, perciò quando verranno confrontati i dati (calcolati nel sistema S.I. per un più agevole utilizzo futuro all'interno dell'Università) si dovranno applicare le opportune conversioni.

(26)
(27)

Come si è già avuto modo di dire, si notano delle zone ben denite in cui ogni tipologia di macchina lavora in condizione prossime a quelle ottimali: le turbine coprono la zona a numero di giri specico elevato, andando da quelle radiali a quelle assiali con il crescere di Ns mentre le volumetriche alternative si trovano nella parte a bassi giri specici ed alto diametro specico. Se se ne richiamano infatti le denizioni 2.11b ed 2.12 si possono individuare le turbine come adatte per impianti con alte portate e velocità di rotazione, mentre il basso salto entalpico estraibile si può compensare ricorrendo a macchine pluristadio; gli espansori volumetrici sono invece indicati quando siano richieste velocità di rotazione non elevate, portate modeste o salti entalpici particolarmente elevati da smaltire con un basso numero di stadi. La zona intermedia è invece coperta da più tipi di macchine che hanno una gran parte della zona di lavoro in comune (turbine ad ammissione parziale, a resistenza ed espansori rotativi): il progettista che si trovi a dover operare in questa zona, sarà allora inuenzato da altri parametri nella scelta della macchina quali costi, ingombri, adabilità, rumore ecc. L'espansore Wankel in studio viene denito rotativo in quanto il "pistone" rappresentato dal rotore ha movimento rotatorio eccentrico intorno all'asse e non ci sono perciò organi che compiono moto alternativo; questo non deve però trarre in inganno poiché il Wankel è una macchina in grado di realizzare un rapporto di espansione comparabile con quello di un espansore volumetrica alternativa (e quindi elaborare un salto entalpico paragonabile). Nel diagramma in questione, invece, per espansori rotativi si intendono principalmente convo-gliatori ed altre macchine con bassi rapporti di espansione. La zona in cui ci si attende di andare a collocare l'espansore Wankel è quindi spostata verso i bassi numeri di giri specici, nelle vicinanze degli espansori volumetrici alternativi.

2.2.2 Parametri caratterizzanti la macchina

Si pone qui l'attenzione su alcune scelte nella denizione dei parametri principali che ap-paiono nel graco del paragrafo 2.2.1 a pagina 18 poiché non si trova in letteratura una denizione univoca di alcuni di essi.

Ns Nonostante la maggior parte delle trattazioni in merito usi la prevalenza H in luogo del salto entalpico ∆h, per poter operare con uidi comprimibili questa scelta è stata necessaria, come supportato da [6] e [20].

Per la portata volumetrica, alcuni come [20] consigliano quella in uscita dalla macchina senza però una giusticazione teorica, mentre [6] ed il documento di riferimento [7] conside-rano la portata volumetrica in ingresso al rotore. Per congruenza con il riferimento graco, si è optato per questa seconda scelta, i risultati ottenuti con portata volumetrica in uscita sono comunque riportati in appendice A a pagina 57.

Il numero di giri è inne preso in unità pratiche [giri/min] sempre per congruenza con [7].

Con queste convenzioni le grandezze presenti in Ns sono Ns = N

q ˙ Qin

∆h3/4is (2.13a)

mentre le unità di misura in S.I. (si ricorda che così denito esso non è equidimensionato) [Ns] = [min−1]  m3/2 s1/2   s2∗3/4 m2∗3/4  = h s min i (2.13b)

(28)

Figura 2.1: Scelta della dimensione D

Le singole grandezze sono poi espresse anche in unità americane per poterle confrontare con tale graco, quindi le loro dimensioni diventano

     [N ] = rpm; [ ˙Q] = f t3· s−1; [∆h] = f t · lbf · lb−1m

e i due numeri di giri specici calcolati stanno tra loro nella seguente relazione

(Ns)U SA≈ 13, 51(Ns)SI (2.14)

Ds Osservando il graco di paragrafo 2.2.1 si nota come per le macchine volumetriche la denizione della lunghezza D vada adattata caso per caso. Dal momento che, tra le gure ivi rappresentate, l'espansore Wankel in studio è geometricamente più simile al convogliatore Roots si è optato per una denizione simile di D: il parametro è dunque associato all'asse minore dello statore, e riportato in gura 2.1.

Questa scelta presenta anche il vantaggio di includere in tale grandezza sia il raggio del rotore che l'eccentricità, perciò sarà lo stesso per qualsiasi altro Wankel con uguale combinazione delle due misure.

Per le altre due grandezze valgono le stesse considerazioni fatte per Ns, il rapporto tra i gruppi Ds calcolati con i due sistemi di misura vale

(Ds)U SA≈ 0, 42(Ds)SI (2.15)

S/D Il parametro S/D che compare nel graco è invece di più dicile denizione; in letterature infatti non è stato possibile trovarne una spiegazione testuale e l'interpretazione qui data si basa sulle gure presenti nel diagramma di [7]. Da esse si ha comunque ben chiaro che per S si intende il gioco radiale tra lo statore e l'organo che scambia lavoro con il uido, sia esso pistone, rotore, pale o altro. Trovandosi però a lavorare con un rotore provvisto di tenute che strisciano sullo statore, tale gioco sarebbe nullo, o dell'ordine della rugosità della supercie. Tuttavia, durante un giro completo di rotore, ogni tenuta è soggetta a forze di verso e direzione variabile, tali che in alcuni punti essa subisca accelerazioni centripete e nisca per allontanarsi dalla cassa statorica rientrando nella propria sede (ulteriori dettagli sono sviluppati nel paragrafo 3.1.1 a pagina 35); si è allora denito il gioco S come il massimo

(29)

(a) vista 2D (b) vista 3D

Figura 2.2: Tenuta a contatto con statore

(a) vista 2D (b) vista 3D

Figura 2.3: Tenuta completamente rientrata nella sede

spostamento radiale della tenuta permesso dalla molla, indicato in gura 2.3a nella pagina seguente.

Per una migliore comprensione, tramite il software Freecad sono state disegnate per le dimensioni originali della macchina le due congurazioni di tenuta a contatto con la cassa statorica e tenuta completamente ritratta, riportate rispettivamente in gura 2.2 e 2.3 in due e tre dimensioni.

Con queste convenzioni quindi, il parametro S/D è completamente determinato come il gioco massimo permesso dal distacco della tenuta apicale del rotore diviso la lunghezza dell'asse minore statorico.

R/D Per una più completa caratterizzazione della macchina, si aggiungono altri parametri che ne indicano le dimensioni rispetto alla lunghezza D presa come riferimento. R/D indica quindi il valore adimensionale del raggio rotorico, ovvero il raggio della circonferenza in cui è iscritto il triangolo che rappresenta i tre vertici rotorici. Gli eetti di questo e dei due successivi parametri sul diagramma di Baljè verrà studiato nel paragrafo nale.

(30)

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 V [m3] 10-4 0 1 2 3 4 5 6 p [Pa]

105 Esempio di Ciclo limite

1 2

3

4 5

6

Figura 2.4: Ciclo limite nel piano p-V

L/D Una dimensione particolarmente interessante è l'estensione assiale, rappresentata in-fatti sul diagramma come L/D per espansori rotativi. Essa è signicativa in questo tipo di macchine perché permette di variarne la cilindrata con modiche progettuali minime. e/D Con e/D si indica l'eccentricità del baricentro del rotore rispetto a quello dell'asse motore adimensionalizzata rispetto alla lunghezza di riferimento.

2.3 Trattazione del ciclo limite

In questo paragrafo verranno illustrate le fasi del ciclo limite che si può denire come il ciclo termodinamico di riferimento di un sistema energetico composto di macchine ideali in cui evolve un uido reale.

La scelta di ciclo di riferimento limite e non ideale è stata dettata dalle diverse condizioni operative a cui l'espansore può essere sottoposto: nonostante, infatti, la maggior parte delle prove per questo lavoro siano state condotte con aria come uido motore, si è predisposto il programma per futuri impieghi con uidi bifase. All'interno di questo stesso lavoro inoltre sono state condotte alcune prove con vapor d'acqua come ulteriore validazione del modello. Il ciclo esposto in dettaglio nel seguito è quello di un classico espansore volumetrico a pistoni, che sul piano di Clapeyron si presenta come in gura 2.4

2.3.1 Fase di ammissione

La fase indicata in gura con la trasformazione 1-2 consiste nell'ammissione del uido di lavoro alla pressione di ammissione. Avendo infatti assunto le trasformazioni come ideali, ovvero innitamente lente ed all'equilibrio termodinamico, si suppone che già all'apertura (istantanea per le ipotesi sopra) della valvola di ammissione le condizioni del uido nella

(31)

Figura 2.5: Fase di amissione, fonte [14]

camera siano in equilibrio con quelle nel condotto. Il risultato è quindi l'ingresso di uido nelle condizioni di ammissione che compie lavoro isobaro per la variazione di volume della camera. Questa fase ha inizio al punto morto superiore del pistone per cui si ha il volume minimo nella camera, indicato per mezzo del parametro µ tramite la relazione

µ = V1 Vcc

(2.16) dove con Vcc si intende il valore della cilindrata pari a V3− V1

Un importante parametro che si denisce in letteratura è il grado di ammissione, nel seguito indicato con il simbolo σ che esprime la frazione di cilindrata dedicata a questa fase. Con riferimento ai punti della gura 2.4 nella pagina precedente si ha

σ = V2− V1 Vcc

(2.17) Il grado di ammissione è il parametro che più inuisce sulla caratterizzazione del ciclo, in quanto denisce sia la massa elaborata ad ogni mezzo giro di rotore (si ricorda infatti che per un espansore wankel sono possibili due cicli per giro completo di rotore), sia la rimanente parte di cilindrata sfruttabile per l'espansione vera e propria del uido.

Il lavoro specico estraibile da questa trasformazione è quello di pulsione del uido: l12=

Z V2

V1

p dV = p2(V2− V1) (2.18)

oppure in termini del grado di ammissione

l12 = p2σ Vcc

Esso ha perciò diretta inuenza sulla potenza disponibile per una data cilindrata e sul ren-dimento della macchina, è già stato oggetto di studio in precedenti ricerche ed è stato qui nuovamente indagato vista la possibilità di un grande numero di accoppiamenti di grandezze diverse. In particolare, sono stati scelti quattro valori signicativi:

σ = 0.24 minimo valore per non incorrere in sovraespansione eccessiva (vedi paragrafo 2.3.2 nella pagina successiva);

σ = 0.4 valore precedentemente individuato come compromesso ottimale tra alto rendimento e potenza all'albero;

(32)

0 1 2 3 4 V [m3] 10-4 0 2 4 6 p [Pa] 105 = 0.24 0 1 2 3 4 V [m3] 10-4 0 2 4 6 p [Pa] 105 = 0.4 0 1 2 3 4 V [m3] 10-4 0 2 4 6 p [Pa] 105 = 0.6 0 1 2 3 4 V [m3] 10-4 0 2 4 6 p [Pa] 105 = 0.94

Figura 2.6: Gradi di ammissione esaminati

Figura 2.7: Fase di espansione, fonte [14]

σ = 0.6 valore che permette una potenza più elevata a scapito del rendimento; σ = 0.94 massimo valore consentito dal posizionamento delle valvole sullo statore.

Nella gura 2.6 sono rappresentati quattro cicli che dieriscono per il solo grado di ammissio-ne, in modo da evidenziarne gli eetti sopra descritti: un grado di ammissione alto aumenta l'area del ciclo (quindi consente una maggiore potenza) aumentando anche la portata elabo-rata (quindi peggiorando il rendimento) e viceversa per gradi minori; un grado troppo basso però lascia molto spazio all'espansione che, se la cilindrata o le condizioni di ammissione lo permettono, può terminare a livelli di pressione al di sotto delle condizioni allo scarico peggiorando il rendimento a causa dell'area negativa aggiunta al ciclo.

2.3.2 Fase di espansione

La trasformazione 2-3 di gura 2.4 a pagina 23 consiste nella vera e propria espansione del uido, fase in cui se ne recupera l'entalpia sotto forma di lavoro all'albero. Idealmente la trasformazione segue una legge isoentropica il cui punto nale è determinato dal volume

(33)

disponibile al punto morto inferiore (punto di massimo volume della camera). Anche in questa fase si denisce un parametro, chiamato grado di espansione e indicato con

ε = V3 V2

che, come già anticipato nel paragrafo precedente non è indipendente, ma deriva dalla scelta del uido, dalle sue condizioni a cavallo della macchina e dal grado di ammissione scelto. Il termine dell'espansione perciò può non coincidere con il livello di pressione dello scarico dando luogo a sovra-espansioni, ovvero parte del ciclo che assorbe lavoro come nel caso di σ = 0.24 di gura 2.6 nella pagina precedente o sotto-espansioni, quindi troncamento della trasformazione e perdita del relativo lavoro ottenibile (casi σ = 0.6 e σ = 0.94 della stessa gura, in questo caso si parla di perdita triangolare per ricordare la forma sul piano p-V dell'area non sfruttata).

Il lavoro ottenibile da questa trasformazione inne vale: l23=

Z V3

V2

pdV (2.19a)

Se si ricorre all'ipotesi di gas ideale, si può ulteriormente sviluppare l'equazione: l23 = Z V3 V2 pdV = p2V2 k − 1 " 1 − V3 V2 1−k# (2.19b) oppure per sottolineare la dipendenza dai parametri sopra elencati

l23= p2Vcc

k − 1(µ + σ) 1 − ε

1−k

Ricordando inne che V2 = V3/ε = (1 + µ)Vcc/ε si può eliminare la dipendenza dal parametro σ e scrivere l23= p2Vcc k − 1 1 + µ ε 1 − ε 1−k

Nella simulazione del ciclo limite, il programma in uso discretizza questa trasformazione e la risolve per punti, aggiornando il valore dell'esponente k ad ogni passo angolare con quello esatto dato dalle condizioni termodinamiche del uido. Dal momento che le prove sono state condotte con aria non si sono riscontrate dierenze confrontando con un k costante e pari al valore ideale, ma nel caso di vapori che possono incorrere in titoli minori dell'unità durante l'espansione si denota una maggiore accuratezza.

2.3.3 Fase di scarico

L'intera fase di scarico, rappresentata dalle trasformazioni 3-4 e 4-5 in gura 2.4 a pagina 23 può essere suddivisa ulteriormente in due sottofasi: lo scarico libero, che avviene con valvola ad apertura istantanea e a causa della sola dierenza di pressione tra camera ed ambiente al condensatore e lo scarico forzato, indotto dalla contrazione di volume della camera. Par-ticolare attenzione è stata riservata alle ipotesi adottate in questa fase che inuenzano le condizioni del uido rimanente nella camera a ne scarico (e quindi ad inizio ricompressio-ne). La densità ottenuta da tali ipotesi infatti determina la massa di uido all'interno della camera sia nel punto 5 che, per l'ipotesi di macchina ideale con assenza di fughe, nel punto 6 e, in sostanza, la quantità di uido che entra nella fase 6-1 senza compiere lavoro.

(34)

Figura 2.8: Fase di scarico, fonte [14]

L'ipotesi è quella di uido in equilibrio con le condizioni del condensatore: si può infatti pensare il ciclo limite come una serie di trasformazioni innitamente lente, perciò aperta la valvola di scarico si immagina di dare il tempo al uido presente nell'espansore di portarsi in equilibrio con la parte che si trova a valle della valvola di scarico, ovvero verso il condensatore. Questo permette di caratterizzare completamente lo stato 4 conoscendo solo il volume (pari a cilindrata sommata al volume morto) e la densità al condensatore. Per quanticare il lavoro perso nella perdita triangolare si può usare una espressione del tutto analoga alla 2.19b nella pagina precedente

Per quanto riguarda lo scarico forzato invece, si è assunta una densità costante seguendo l'approccio proposto in [17] in cui si ricorre all'ipotesi di gas ideale. Si considera il movimento del pistone (rotore nel caso di questo espansore) come un breve scatto che perturba il uido generando un'onda di pressione debole. Lo studio dell'onda come fenomeno reversibile si presta ad essere applicato su gas ideale per cui la velocità dell'onda vale:

c∗2 = ∂p

∂ρ = k R T

con k rapporto tra i calori specici a pressione e volume costanti e R costante del gas. Sostituendo con la legge dei gas perfetti RT = p/ρ ed integrando tra l'istante precedente (punto 4) e l'istante successivo (punto 4') al passaggio dell'onda si ottiene

k Z ρ40 ρ4 dρ ρ = Z p40 p4 dp p k ln ρ40 ρ4  = ln p40 p4  = ln p4+ δp p4  k ln ρ40 ρ4  = ln  1 + δp p4  ≈ 0 ρ40 ≈ ρ4

Si dimostra così che, nel caso di uido ideale, la densità durante lo scarico forzato si può assumere costante; in questa sede si suppone comunque valido tale approccio anche per un uido non ideale o anche bifase, che si prevede essere a titolo piuttosto elevato. In ogni caso, si può comunque considerare la già citata innita lentezza delle trasformazioni per giusticare di nuovo l'equilibrio tra uido nella camera e uido al condensatore che

(35)

Figura 2.9: Fase di ricompressione, fonte [14]

sono in comunicazione. Il lavoro specico speso durante lo scarico forzato, ottenibile come nell'equazione 2.18 a pagina 24 vale

l45= p4 (V5− V4) (2.20)

oppure, utilizzando il grado di ricompressione denito nel paragrafo successivo l45= p4 (1 − γ) Vcc

2.3.4 Fase di ricompressione

La ricompressione è considerata l'ultima fase del ciclo, in quanto la trasformazione 6-1 è spontanea e dipende direttamente dalla 4-5, la ricompressione appunto. La compressione è una spesa di lavoro aggiuntiva giusticata dal fatto che all'apertura della valvola di ammis-sione si abbia in camera una presammis-sione più alta di quella allo scarico; ciò richiede una minor quantità di uido "energizzato" per riportare la camera alla pressione di ammissione. Una ottimizzazione quindi del punto 6 del ciclo permette di bilanciare i due apporti necessari al ripristino della pressione di ammissione, ovvero il lavoro all'albero richiesto dal rotore e la quantità di uido in pressione che non compie lavoro, in modo da migliorare il rendimento complessivo del ciclo. Se altrimenti il punto 6 si dovesse trovare al di sopra della pressione di ammissione questa fase diventa dannosa per il rendimento in quanto "spreca" del lavoro per raggiungere pressioni non necessarie.

In maniera analoga alla fase di ammissione, si denisce anche per questa parte un para-metro che indica la frazione di cilindrata sfruttata per comprimere il uido. Esso prende il nome di grado di ricompressione e si indica con il simbolo γ

γ = V5− V6

Vcc (2.21)

Anche questa trasformazione, come l'espansione, avviene in maniera isoentropica ed il lavoro specico speso vale

l56= Z V6

V5

pdV (2.22a)

ovvero, se si ipotizza il uido di lavoro essere un gas ideale l56 = Z V6 V5 pdV = p5V5 k − 1 " 1 − V6 V5 1−k# (2.22b)

(36)

0 1 2 3 4 V [m3] 10-4 0 1 2 3 4 5 6 p [Pa] 105 =0.2 0 1 2 3 4 10-4 0 1 2 3 4 5 6 10 5 =0.1 0 1 2 3 4 10-4 0 1 2 3 4 5 6 10 5 =0.05

Figura 2.10: Gradi di ricompressione esaminati

mentre la forma con parametri è l56= p5Vcc k − 1(µ + γ) " 1 −  1 + γ µ k−1#

Anche di questo parametro sono stati studiati alcuni valori signicativi :

γ = 0.05 mimino grado di ricompressione permesso dalla posizione delle valvole sullo statore; γ = 0.1 valore intermedio, compromesso tra ricompressione eccessiva (oltre la pressione di

ammissione) ed eccessivo ingresso di massa durante la trasformazione 6-1;

γ = 0.2 massimo valore scelto, oltre il quale si ha per quasi tutti i casi esaminati pressione nale oltre quella dell'ammissione.

I tre gradi di ricompressione studiati sono rappresentati in gura 2.10.

2.3.5 Ripristino della pressione di ammissione nella camera

La trattazione della trasformazione 6-1 ha richiesto alcune modiche rispetto a quella tra-dizionale esposta in Antonelli e Martorano [2]. Tale metodo infatti consiste nel considerare l'ingresso del uido dalla valvola di ammissione come una compressione adiabatica ed esten-dere quindi la 5-6 no ad incontrare la pressione di ammissione in quello che nella gura 2.11 nella pagina successiva è indicato come punto 0. La massa di uido in ingresso che non compie lavoro per ogni ciclo si calcola quindi come semplice dierenza tra i due volumi, assumendo che la densità rimanga sempre pari a quella di ammissione

∆Mad = ρ1 (V1− V0) (2.23)

e la massa elaborata ad ogni ciclo viene quindi calcolata come ciò che entra durante la fase di ammissione 1-2 sommato a questa aggiunta

(37)

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 V [m3] 10-4 0 1 2 3 4 5 6 p [Pa]

105 Modelli di ripristino pamm

6-1 ideale 6-1 adiabatica 0 6 5 2 1 3 4

Figura 2.11: Ripristino come compressione adiabatica

dove il 2, si ricorda, è necessario poiché ad ogni giro di rotore la camera compie due cicli termodinamici.

Tuttavia queste ipotesi, nonostante abbiano il vantaggio di essere semplici e immediate, in alcuni dei casi esaminati sottostimano la portata di una piccola ma non trascurabile quantità. Avendo però a disposizione uno strumento di calcolo potente quale è il programma Matlab sviluppato si è optato per una dierente denizione della massa in ingresso ∆M. Come detto nel paragrafo precedente, si hanno note in ogni punto le condizioni del uido conoscendone pressione e densità, in particolare si ha nota la massa intrappolata nella camera durante la ricompressione (M5 = M6) e quella totale all'istante di apertura della valvola di ammissione pari a ρammV1 e si può quindi calcolare la massa in ingresso come semplice dierenza tra queste due quantità

∆M = M1− M6

= ρammV1− ρcondV5

(2.25) Con questo approccio si è vericato un migliore e più realistico accordo tra potenza sviluppata e portata elaborata dalla macchina.

Si aggiunge inne che non sono considerati gli apporti negativi per il ∆M: nei casi in cui la ricompressione nisca in un punto a pressione maggiore di quella del condotto di ammissione, si avrebbe un usso inverso negli istanti di apertura della valvola. In questi casi la massa di ripristino è considerata nulla e calcolata ancora con la 2.24 in cui ∆M = 0.

(38)

2.3.6 Lavoro del ciclo limite

Si è detto sopra come il lavoro delle varie trasformazioni possa essere ricavato analiticamente nel caso di gas perfetto e si ritiene, perciò, opportuno precisare che durante i calcoli il pro-gramma ricava il valore numerico del lavoro termodinamico del ciclo in due modi. Il primo ricorre alla somma con segno delle espressioni 2.18, 2.19b, 2.20, 2.22b ricorrendo ad un op-portuno kideale impostato manualmente per ogni uido, il secondo valuta l'integrale dell'area nel piano p-V discretizzandolo come Pipi(Vi − Vi−1) dove l'i-esimo elemento corrisponde alla posizione del rotore quando l'angolo da esso spazzato vale αi. Valutandolo in più prove, si è vericato un ottimo accordo tra i due metodi con aria come uido di lavoro, ma, per mantenere la generalità voluta, il valore preso a riferimento per i successivi calcoli è quello del secondo metodo che si ritiene più accurato.

(39)

Capitolo 3

Metodologia di calcolo

3.1 Equazioni e principi sici

Il codice con cui è stato realizzato questo lavoro è stato sviluppato nel corso degli anni all'interno del DESTEC dell'Università di Pisa con software Matlab e consente di simulare il funzionamento dell'espansore Wankel descritto al paragrafo 1.2. La versione da cui questo lavoro è iniziato consisteva in tre separati codici che, con l'ausilio di coecienti numerici diversi, rappresentassero ognuno una velocità di rotazione; ogni codice simulava una singola prova ma era già stato concepito sia nelle equazioni che nella programmazione in modo da poter essere adibito ad una maggiore essibilità.

Il modello alla base del codice è assimilabile a quello che in V.Lemort et al. [22] viene denito una grey-box: un modello numerico di un sistema piuttosto robusto e che richiede ri-sorse di calcolo medio-basse, poiché caratterizzato dalla sica di base e bilanci non dettagliati e che può essere estrapolato oltre il campo in cui è stato calibrato. Tale estrapolazione è infatti giusticata dalla presenza di equazioni con signicato sico che, al variare degli input entro un certo range dal punto in cui sono state calibrate, restituiscono delle stime più che accettabili; in accordo con ciò, in questo lavoro la variazione delle grandezze siche di input viene sempre limitata a valori limitro a quello originali. Se si andasse infatti ad inserire valori molto diversi da quelli di calibrazione, potrebbero vericarsi nel caso reale fenomeni che non sono stati previsti e quindi, non simulati nella numerica, ed i dati ottenuti sarebbero errati o comunque di scarsa accuratezza. Si pone inne l'attenzione sul fatto che data la natura scarsamente dettagliata del codice, i risultati ottenuti dal programma sono stime e come tali aette da incertezze che si propagano quando si vadano a mettere in relazione tra loro le grandezze (vedi paragrafo 3.1.3 a pagina 39 per un esempio).

Nel seguito verranno denite le equazioni alla base del modello e ci si soermerà poi sulle parti che sono state aggiornate per permetterne un corretto utilizzo nel campo di funzionamento voluto; in ultimo verrà esposta la metodologia seguita per ottenere la migliore stima possibile del rendimento isoentropico nale.

3.1.1 Fisica del modello

Discretizzazione Il codice in uso si basa su calcoli statici, ripetuti iterativamente parten-do da valori di primo tentativo no a raggiungere una soluzione stazionaria per le grandezze in esame; come grandezza di riferimento è stata presa la pressione in camera, che è anche una delle più importanti, dalla quale sono dettate le condizioni per fermare i calcoli una volta raggiunta la convergenza. Durante la rivoluzione del rotore ogni grandezza è, inoltre, calcolata in una successione molto ravvicinata di avanzamenti angolari dello stesso, il cui

(40)

numero è denito dalla discretizzazione scelta. Lo scatto angolare varia da ∆α = 1/10 a ∆α = 1/100 di grado sessagesimale a seconda della velocità di rotazione inserita. In questo modo si trascurano alcuni eetti dinamici del uido, ma come aermato in [13] le dierenze che si ottengono rispetto ad una simulazione più accurata sono limitate ad oscillazioni di pressione durante la fase di ammissione e non pregiudicano l'adabilità dei risultati otteni-bili. I calcoli sono eettuati non per una rivoluzione completa del rotore, ma per soli 180° perché, si ricorda, in un giro completo ogni camera compie due cicli termodinamici e la sua geometria segue la stessa evoluzione per entrambi, perciò basta simularne uno e ripetere i dati per l'altro sfasandoli di 180°. Delle tre camere inoltre ne viene calcolata solamente l'evoluzione di una, poiché le altre seguiranno allo stesso modo, sfasate rispettivamente di 120° e 240°.

La discretizzazione spaziale, da cui quella temporale è imposta attraverso la velocità angolare, è stata oggetto di una approfondita analisi, meglio esposta nella sezione 3.2 a pagina 41, in ragione della velocità scelta con l'obiettivo di mantenere un buon livello di dettaglio ltrando alcuni fenomeni di instabilità numerica che insorgono nei ussi di massa se calcolati con discretizzazione troppo ne.

Numerica dei bilanci Come già aermato, il codice è iterativo: parte da dei valori di tentativo per cui si hanno forti squilibri nelle grandezze dettati dalle condizioni imposte in ammissione, scarico e dalla variazione di volume della camera. Esso, avendo imposte tutte le condizioni degli ambienti esterni alla camera calcola allora dei ussi di massa ed energia nelle direzioni che ristabiliscano l'equilibrio termodinamico del sistema per poi farne dei bilanci ed ottenere valori da inserire nel passo successivo. In particolar modo i calcoli termodinamici del ciclo indicato sono eettuati due volte per iterazione secondo il metodo "predittore-correttore" esposto nell'equazione 3.1 con la grandezza generica y dove i indica la posizione angolare attuale. Ogni iterazione ripete due volte i calcoli, la prima utilizzando come dati di partenza quelli del passo precedente e calcolando la conseguente variazione ∆0y della grandezza e la seconda ripete quanto fatto dalla prima partendo dai risultati di essa; una media dei due valori dà una stima più accurata del valore nale mantenendo lo sforzo computazionale a livelli bassi.

(

yi0 = yi−1+ (∆y)0

yi00= yi0 + (∆y)00 ⇒ yi =

y0i+ yi00

2 (3.1)

Bilancio di massa I ussi di massa, di cui il modello di calcolo è presentato nel paragra-fo 3.1.2 a pagina 37, da e verso la camera sono riassumibili in quattro gruppi:

ˆ Attraverso l'ammissione, sia quando la valvola è aperta ed il usso è necessario ad introdurre il uido di lavoro, sia quando essa è chiusa ma comunque in vista della camera, attraverso i giochi tra valvola e camicia creando un usso indesiderato di modesta entità che contribuisce ad innalzare la pressione in camera. Indicata nel bilancio come ˙min

ˆ Attraverso lo scarico, come per l'ammissione sia desiderato che indesiderato, con la dierenza che quest'ultimo risulta in una perdita energetica verso il condensatore. Indicata nel bilancio come ˙mout

ˆ Attraverso le tenute apicali quando queste perdono contatto con lo statore o per sollecitazioni centripete sia da parte delle inerzie che per la dierenza di pressione a

(41)

Figura 3.1: Esempio di usso di massa attraverso la tenuta apicale, fonte [21]

cavallo della quale si trovano a lavorare, oppure durante il passaggio della tenuta sulla sede della valvola per cui è lo statore ad allontanarsi (vedi gura 3.1). Ciò si traduce in una indesiderata comunicazione tra le camere e scambio di uido verso quelle a pressione minore, che può risultare in una sovra-pressione dannosa per la potenza se la camera adiacente è in fase di scarico/ricompressione o dannosa per il rendimento se in fase di espansione. Esse sono distinte per le due camere per tenere conto delle diverse condizioni e sono indicate come ˙mba e ˙mca dove "a" è la camera seguita e "b" e "c" sono le altre non simulate.

ˆ Attraverso le tenute laterali e la cassa statorica verso l'ambiente esterno causando una perdita denitiva di uido che, nel caso di impianto operante a circuito chiuso, deve essere reintegrato. Questa perdita è accettabile nei prototipi in quanto macchine costruite in più parti facilmente rimovibili, rimpiazzabili o riposizionabili per eventuali modiche; si fa presente che ne viene tenuto conto ai ni di valutare correttamente le prestazioni del prototipo in studio ma che, in una versione più denitiva ed even-tualmente operante con uidi organici della macchina stessa, si dovranno prevedere delle soluzioni costruttive per eliminarle. Nel bilancio sono indicate con ˙mext e sono calcolate con una unica equazione che tiene conto della supercie variabile ad ogni step angolare, dato che le condizioni dell'ambiente sono assunte costanti.

Ad ogni scatto angolare αi il codice valuta tutti questi contributi, li moltiplica per l'in-tervallo temporale che risulta dalla 3.2 dove con ˙α si indica la velocità angolare del rotore espressa in [rad/s] per distinguerla da ω velocità angolare dell'albero inserita in [giri/min] e li somma con segno per determinare la variazione di massa nella camera come indicato dalla 3.3.

∆t = ∆α ˙

α (3.2)

∆m = m(i)in + m(i)out+ m(i)ba + m(i)ca + m(i)ext (3.3)

Riferimenti

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