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Bambini criminali e bambini poeti: rappresentazioni dell'infanzia in Jorge Amado e João Guimarães Rosa

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI

FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA IN

LINGUE E LETTERATURE MODERNE

EUROAMERICANE

TESI DI LAUREA

Bambini criminali e bambini poeti: rappresentazioni

dell’infanzia in Jorge Amado e João Guimarães Rosa

CANDIDATO

RELATORE

Angra Zovatto

Chiar.ma Prof.ssa Valeria Tocco

(2)

1

INDICE

INTRODUZIONE……….p. 5

CAPITOLO 1. CONTESTO STORICO-LETTERARIO

Cap. 1.1. Il Modernismo in Brasile: “O Romance de 30”………...p. 7

Cap. 1.2.1 Il regionalista del ciclo baiano: Jorge Amado………...p. 11

Cap. 1.2.2. Jorge Amado e Capitães de Areia:

il vagabondo come idolo………...p. 15

Cap. 1.3. João Guimarães Rosa e l’innovazione del linguaggi..…..p. 21 Cap. 1.4. La storia di una miopia: “Miguilim”……… p. 26

CAPITOLO 2. L’INFANZIA: UNO SGUARDO PSICOANALITICO

Cap. 2.1. Jean Piaget e la figura del bambino………...p. 32

Cap. 2.2. L’importanza dell’ambiente

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2

Cap. 2.3. Il rapporto materno nella concezione di John Bowlby....p. 38

Cap. 2.4. Una base sicura: il rapporto genitoriale

secondo Mary Ainsworth………....p. 40

CAPITOLO 3. UNO SGUARDO SULL’INFANZIA NELLA LETTERATURA TRA OTTO E NOVECENTO

Cap. 3.1. Principali figure letterarie infantili tra ‘800 e ‘900……..p. 43 Cap. 3.2. Il Bildungsroman………..…..…..p. 48

CAPITOLO 4. TIPOLOGIE D’INFANZIA: I BAMBINI CRIMINALI DI JORGE AMADO E IL BAMBINO POETA DI JOÃO GUIMARÃES ROSA

Cap. 4.1. Introduzione storica e sociale dei meninos de rua……...p. 53

Cap. 4.1.1. I luoghi dei capitães: la strada e il caro trapiche……...p. 61

Cap. 4.1.3. La libertà in contrapposizione al Riformatorio….……..p. 63

Cap. 4.1.4. L’amore come punto di svolta: Dora………....…p. 68 Cap. 4.2. L’infanzia rurale di Miguilim………...p. 69

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3

Cap. 4.2.1. Miguilim e il rapporto col mondo adulto………...p. 74

Cap. 4.2.2. Alla ricerca della verità………...p. 78

Cap. 4.2.3. Dicotomia familiare……….p. 83

Cap. 4.2.4. La figura paterna: Nhô Bero e il suo rapporto

con Miguilim………...p. 88

CAPITOLO 5. DINAMICHE AFFETTIVE

Cap. 5.1. Figure carismatiche in Capitães de Areia………..p.91

Cap. 5.1.1. Il leader dei capitães: Pedro Bala………...p. 97

Cap. 5.1.2. Padre José Pedro...p. 102

Cap. 5.1.3. Don’Aninha...p.106 Cap. 5.1.4. Dona Ester...p.108

Cap. 5.1.5. Dora...p.112

Cap. 5.2. I “maestri” di Miguilim.……...p.119

Cap. 5.2.1. Tio Terêz...p.124

Cap. 5.2.2. Il dottor Lourenço...p.129

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4

CAPITOLO 6. SPAZI E OGGETTI SIMBOLICI NEI DUE ROMANZI

Cap. 6.1. O Trapiche………...p.137

Cap. 6.2. O livro del Professore……….p.140

Cap. 6.3. O Carrossel di Bahia………. .p.143

Cap. 6.4. Os óculos di Miguilim...p.145

CONCLUSIONE……….p.148

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INTRODUZIONE

Nel corso della storia, e in diversi campi tematici, il tema dell’infanzia sembra apparire innumerevoli volte, in altrettante forme diverse. Allo stesso modo, la figura del bambino è stata presa e riproposta in ambito letterario da un ingente numero di autori, i quali, di volta in volta, sono riusciti a trasmettere, attraverso i personaggi letterari, la propria concezione d’infanzia.

Da qui, ecco che autori del XX secolo come Jorge Amado e João Guimarães Rosa si sono anch’essi proposti di affrontare questo tema così ampio, seppur al tempo stesso delicato, che è appunto l’universo infantile. L’attenzione da loro dedicata al suddetto tema è stata tanta da averlo reso il nucleo principale di due delle loro opere più famose: Capitães da Areia, pubblicata da Jorge Amado nel 1937, e Miguilim, racconto apparso nella seconda edizione della raccolta

Corpo de Baile, del 1964.

Così, seguendo l’impronta lasciata dai due pilastri della letteratura brasiliana del’900, il presente lavoro si proporrà di mostrare, nonché di descrivere, le diverse tipologie d’infanzia contenute nelle due storie, offrendo altresì ulteriori spunti di riflessione e possibili temi su cui lavorare.

Il presente lavoro intenderà dunque dedicarsi inizialmente all’inquadramento storico-culturale delle due opere, ponendo un doveroso accento sulla biografia degli autori e sul loro rapporto con l’opera. Successivamente, una parte sarà dedicata al confronto delle diverse interpretazioni della figura infantile adottata dalle principali correnti psico-pedagogiche sviluppatesi nel corso del’900, passando poi all’individuazione, sempre di matrice storico-culturale, di elementi

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6

tipici della corrente del Bildungsroman rintracciabili nelle due opere, confrontandoli con quelli dei più rilevanti personaggi infantili della letteratura a cavallo tra ‘800 e ‘900.

Proseguendo nel lavoro, saranno analizzati da un punto di vista critico i principali temi e i personaggi più rappresentativi di ciascun libro, sulla base del loro rapporto con l’universo infantile. Per quanto riguarda il romanzo di Jorge Amado, l’analisi verterà principalmente alla discussione di tematiche quali la condizione della povertà dei meninos de rua in Brasile, il vivere illegalmente, la mancanza e allo stesso la rilevanza di un solido nucleo familiare, il ruolo dell’amore nel percorso evolutivo del bambino e il grande valore apportato dall’istruzione nel corso del suo sviluppo.

Relativamente al secondo racconto, Miguilim, il presente elaborato intenderà mostrare l’evoluzione del bambino protagonista, partendo dalla descrizione della sua inziale prospettiva sino ad arrivare all’acquisizione di una sua maggior consapevolezza del mondo; ne identificherà pertanto le principali esperienze formative, nonché i personaggi carismatici più importanti incontrati nel corso del suo sviluppo.

Infine, alla luce delle tematiche trattate e degli elementi messi in discussione nel corso del lavoro, il presente vorrà offrire la possibilità al lettore di elaborare ulteriori spunti di riflessione d’ordine non soltanto letterario, ma anche pedagogico e sociale, sempre relativamente al mondo dell’infanzia.

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CAPITOLO 1

CONTESTO STORICO-LETTERARIO

Cap. 1.1. Il Modernismo in Brasile: “O Romance de 30”

Negli anni ’30, i rappresentanti letterari del secondo modernismo brasiliano aspiravano ad una realizzazione del proprio paese che ancora non si era verificata. Di fatto, dopo la nota Semana de Arte Moderna, definita anche Semana de 221,

l’idea di rinnovamento sociale e letterario, assieme allo scarto di qualsiasi cosa gli scrittori avessero ritenuto “vecchio”, pareva non essersi concretizzata, né tantomeno «absorvida»2. Ciò determinò una fase di stasi letteraria, un limbo da

cui si sarebbero però delineate le forme delle nuove avanguardie estetiche del paese. Infatti, ecco che i rappresentati letterari delle varie regioni del Brasile cominciarono a dare voce ad un nuovo, seppur latente, spirito di rinnovamento sociale e letterario, che avrebbe dovuto ritrarre “criticamente”, e magari tentare di correggere, «um Brasil mais abrangente, que mal se conhecia, cujas desigualdades sociais fossem retratadas com vigor num realismo próprio do século XX»3.

Questi autori chiedevano che il Brasile divenisse un paese «novo»: in questo modo la loro produzione avrebbe rappresentato ciò che a livello politico e

1

L’evento ebbe luogo a San Paolo, nei giorni compresi tra l’11 e il 18 febbraio 1922, nel Teatro Municipale della città. Esso rappresentò indiscutibilmente un importante punto di svolta per la letteratura e l’arte nel paese, poiché, convenzionalmente, fu proprio a partire da esso che le nuove “vanguardas estéticas” segnarono un punto di svolta.

2 Márcia Lígia Guidin, Modernismo no Brasil - a 2ª geração: O Romance de 30, il testo è

reperibile al seguente link:

https://educacao.uol.com.br/disciplinas/portugues/modernismo-no-brasil---a-2-geracao-o-romance-de-30.htm, (data di accesso: 24/05/2017).

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ideologico poteva essere combattuto nelle note lutas de classes, originate dalla profonda volontà di trasformazione di cui ciascun luogo era permeato.

La critica è solita definire questo periodo, caratterizzato da una profonda crisi umana e psicologica, in vari modi: “Romace de 30”, poiché cronologicamente sarà quell’anno a decretare l’inizio della nuova corrente letteraria, “romance neo-realista”, a causa del rinnovamento apportato alle precedenti letterature realista e naturalista, e, infine, periodo del “romance regionalista moderno”, in onore della sempre maggiore rilevanza acquisita dalle regioni brasiliane e del loro contributo circa l’innovazione del linguaggio e dello stile in letteratura.

A livello cronologico, il congresso a Recife tenutosi nel febbraio del 1926 costituì di fatto il secondo importante punto di partenza per la nuova prosa di stampo modernista, poiché in esso si riunirono tutti gli scrittori della regione del Nordeste, i quali per la prima lessero il “Manifesto Regionalista” di Gilberto Freyre, del 1926. Esso rappresentò il primo documento del suddetto genere testuale, nonché uno tra i più importanti: la sua influenza arrivò fino in America, tanto che in Virginia venne organizzata la Conferenza Regionalista di Charlottesville, con l’appoggio di Franklin D. Roosevelt.

Sul fronte brasiliano, complici le prese di posizione sempre più definite e agguerrite delle regioni, era pertanto inevitabile che si sentisse crescere l’esigenza di cambiamento, di un’evoluzione sociale ed economica definitiva. La stessa concezione venne analizzata dal noto critico e sociologo Antonio Candido de Mello e Souza, il quale, dopo aver diagnosticato la forte volontà di trasformazione all’interno del paese, pose l’accento sulle influenze apportate dalla dialettica tra

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localismo e cosmopolitismo di Mário de Andrade, da lui descritta come la «lei de evolução da nossa vida espiritual»4, all’interno di un conturbato XX secolo. Se già a inizio secolo, l’obiettivo di autori come Mário de Andrade era quello di promuovere un programma improntato sull’esaltazione della cultura locale, sarà soltanto all’interno della corrente modernista che Antonio Candido identificherà un’effettiva presa di coscienza sociale e letteraria, al fine d’incentivare la «libertação de uma série de recalques históricos, sociais, étnicos, que são trazidos triunfalmente à tona da consciência literária»5.

Prosegue quest’ultimo, affermando che sarebbe proprio questo «sentimento de triunfo, que assinala o fim da posição de inferioridade no diálogo secular com Portugal e já nem o leva mais em conta»6 a identificare l’ «originalidade própria

do Modernismo na dialética do geral e do particular»7. Non soltanto il

Modernismo, ma anche il Romanticismo sarebbero quindi «os dois momentos culminantes desse processo [de libertação]»8. Sulla stessa linea, affermerà João

Luiz Lafetá:

«A consciência da luta de classes, embora de forma confusa, penetra em todos os lugares - na literatura inclusive, e com uma profundidade que vai causar transformações importantes»9.

4 Antonio Candido (de Mello e Souza), Literatura e sociedade: estudos de teoria et história

literária, São Paulo, T.A. Queiroz, Publifolha, 2000, p. 101.

5

Antonio Candido de Mello e Souza, Literatura e Cultura de 1900 a 1945, in Literatura e

Sociedade, Rio de Janeiro, Ouro sobre Azul, 2006, pp. 117-145, p. 126-127.

6 Ibid., p. 127. 7 Ibid. 8

Ana Paula Cavalcanti Simioni, Modernismo brasileiro: entre a consagração e a contestação, in

Perspective, https://perspective.revues.org/5539#ftn11 (data ultimo accesso: 25/05/2017).

9 João Luiz Lafetá, Antonio Arnoni Prado, A dimensão da noite: e outros ensaios, São Paulo, Dua

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Ciò a cui si aspirava era pertanto un effettivo cambiamento sociale: già nella precedente letteratura modernista si potevano incontrare elementi dai chiari connotati disfattisti, se consideriamo ad esempio opere come O País do Carnaval (1931) di Jorge Amado, Macunaimá (1928) di Mário de Andrade, o anche il famoso Retrato do Brasil di Paulo Prado, dello stesso anno.

Adesso, anche e soprattutto i rappresentanti del movimento tardo-modernista si propongono come polemici disfattisti di una qualsivoglia visione ottimista del paese. Comincia a delinearsi un nuovo modo di guardare alla realtà circostante: sarà quest’ultima che la letteratura finirà per rappresentare in modo tutt’altro che positivo, permeata di negatività e pessimismo.

Si tratterà, in altri termini, di una letteratura in prosa di chiaro stampo «antifascista e anticapitalista, extremamente vigorosa e crítica»10, il cui ultimo

fine sarebbe stato quello di promuovere attivamente una nuova coscienza sociale, o meglio una «consciência pessimista»11 basata sulla coscienza del

«subdesenvolvimento»12, come suggerito dallo stesso Lafetá.

10 Márcia Lígia Guidin, art. cit., (data di accesso: 24/05/2017). 11João Luiz Lafetá, A dimensão da noite, p. 64.

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Cap. 1.2.1 Il regionalista del ciclo baiano: Jorge Amado

Jorge Amado nasce il 10 agosto 1912 nella fazenda Auricídia13 a Itabuna, una

città del sud dello Stato di Bahia, in Brasile. Considerato uno dei principali rappresentanti modernisti del romanzo regionalista, o più specificamente del romanzo regionalista del ciclo baiano, risulta essere tra gli autori brasiliani più letti nel Brasile e nel mondo.

L’autore trascorre la sua infanzia a Ilhéus con i genitori: la madre, Eulália Leal Amado, e il padre João Amado de Faria, un fazendeiro delle piantagioni di cacao. Ormai ragazzo, si sposta a Salvador per completare i suoi studi nel Ginásio Ipiranga di Salvador, dopo aver terminato i corsi alla scuola Antônio Vieira, nella stessa città.

Fu proprio in quest’epoca che comincia la spiccata attitudine letteraria dell’autore, il quale gradualmente entra in stretto contatto col mondo della stampa, svolgendo alcuni lavori per i giornali e fondando la celebre Academia dos

Rebeldes.

O país do carnaval, il suo primo romanzo, venne pubblicato nel 1931, alla

“tenera” età di 19 anni. Soltanto due anni dopo, l’autore si sarebbe sposato con Matilde Garcia Rosa, dalla quale ebbe una figlia, Lila. Nello stesso 1933 esce il suo secondo libro, Cacau, romanzo chiaramente autobiografico con il chiaro scopo di ritrarre scene di vita quotidiana nelle fazendas dell’epoca.

Jorge Amado si laurea a Rio de Janeiro nel 1935, presso la Facoltà di Diritto. Due anni dopo, nel 1937, sarebbe uscito uno dei suoi libri più celebri e rappresentativi della nota corrente del Romance de 30, Capitães da Areia.

13 La fazenda si trovava all’epoca nel distretto di Ferradas, nel municipio di Itabuna, a sud dello

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Uno degli aspetti più importanti di quest’ultimo è quello di costituire un punto di svolta nella vita dell’autore, una sorta di anello di congiunzione tra il modernismo dell’epoca anteriore e quello coevo all’opera stessa. In altri termini,

Capitães de Areia costituirebbe una fase di passaggio, tra la fase della

sperimentazione letteraria dell’autore a quella del suo engajamento con le questioni di ordine sociale.

Nel 1941 viene mandato in esilio in Argentina a causa della sua militanza comunista; non molto tempo dopo si ritroverà in Uruguay.

Nello stesso periodo scrive la sua opera biografica Vida de Luís Carlos

Prestes, che avrebbe in seguito ricevuto il titolo de O Cavaleiro da Esperança, e

Terra do sem fim. Lo stesso anno, complici gli esili, decide di viaggiare per tutta

l’America latina.

Sfortunatamente, il ritorno a casa nel 1944 combacia con la separazione dalla sua prima moglie. Un anno dopo Jorge Amado sarà eletto membro dell’Assembleia Nacional Constituinte nelle file del PCB14

, risultando il deputato federale più votato di tutto lo Stato di São Paulo.

Lo stesso 1945 conosce il suo secondo grande amore, Zélia Gattai, la donna che sarebbe poi restata accanto a lui fino alla morte15.

Effettivamente, come riportato dalla stessa Zélia nel suo famoso relato de

amor, contenuto all’interno della raccolta introdotta da Eduardo Portella, la gente

in città era solita definire la relazione tra i due come un gioco destinato a non durare, bensì a morire precocemente, come fosse appunto la nuova «brincadeira» del momento.

14 Partido Comunista Brasileiro.

15 Contrariamente a quanto le male lingue avrebbero sostenuto appena giunta la notizia della loro

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13 Scrive la stessa Zélia:

«Meu envolvimento com Jorge Amado, em 1945, motivo de comentários e fofocas, se espalhara pela cidade, havendo até apostas de quanto tempo duraria a brincadeira e, segundo me contaram, o mais otimista dava seis ou sete meses. Até nos ouvidos de minha mãe foram soprar, inventando os maiores absurdos»16.

L’ipotesi sull’inevitabile fallimento della loro storia d’amore è stata più volte sostenuta anche dalla madre della sposa; nello stesso relato la coniuge ci informa di come la mamãe avrebbe cercato di farla desistere dall’impegnarsi seriamente con uno uomo quale Jorge Amado, di «tão grande personalidade».

Almeno, questo è ciò che suggeriscono le parole di quest’ultima, preoccupata del fatto che la figlia potesse sentirsi despreparada per una relazione con un tale uomo, come riporta la stessa Zélia :

«-Minha filha- me disse, em tom de conselho-, você não é mulher para tão grande personalidade, você é muito despreparada, não vai poder acompanhá-lo. O rapaz – mamãe sempre se riferiu a Jorge como o rapaz – está iludido, daqui a pouco ele enjoa, com tanta mulher em volta e...adeus viola. Fica você aí...falada, abandonada na rua da amargura, triste...Já haviam levado a ela o jornal com a reportagem, a tal do Rasputin, mas creio não ter sido essa a causa de sua preocupação. Não foi mesmo. Seu problema era o meu despreparo»17.

Ciononostante, una volta superate le iniziali turbolenze amorose, Jorge e Zélia riescono a sposarsi. Correva l’anno 1945. Due anni dopo l’autore decide di esiliare in Francia, subito dopo le accuse di illegalità mosse al PCB da parte delle autorità.

16 João Jorge Amado, Paloma Jorge Amado, Zélia Gattai Amado, Jorge Amado, um baiano

romântico e sensual, Rio de Janeiro, Editora Record, 2002, p. 21.

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Jorge resta in Europa per ben tre anni, al termine dei quali viene finalmente riaccolto in patria. Lila, la figlia nata dall’unione con Matilde Garcia Rosa, muore a Rio de Janeiro nel 1949. Negli anni che vanno dal 1950 al 1953 l’autore vive a Praga; qui vi sarebbe nata Paloma, frutto dell’amore con Zélia Gattai. Tornato in Brasile, l’autore si ripromette di dedicare la maggior parte del suo tempo alla letteratura. Da lì a dieci anni sarebbe stato eletto per la cattedra di lettere all’Academia Brasileira de Letras18

. Ottenne il famoso posto il 6 aprile 1961.

Numerosi sono stati gli adattamenti cinematografici, teatrali e televisivi derivati dalla produzione letteraria di Amado. Ciò senza contare gli innumerevoli usi dei suoi temi letterari a fini artistici quali il ballo, in varie scuole del Brasile19.

Da sempre, i suoi libri vantano traduzioni in varie lingue; sino ad oggi si contano traduzioni dei suoi libri in ben 49 lingue, venduti in altrettanti paesi del mondo. Di essi fanno parte anche opere digitali, altre in formati audiovisivi e alcune in alfabeto braile.

Jorge Amado morirà a Salvador de Bahia il 6 agosto 2001; soltanto quattro giorni dopo avrebbe compiuto 89 anni. Oggi le sue ceneri si trovano sotterrate nel giardino della proprietà da lui allora posseduta in Rua Alagoinhas, proprio come da lui richiesto quando era ancora in vita.

18 La stessa che ebbe come patrono José de Alencar e come primo occupante Machado de Assis. 19 Non a caso Amado resta una figura letteraria privilegiata nel mondo della samba, in quanto

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Cap. 1.2.2. Jorge Amado e Capitães de Areia: il vagabondo come idolo

Sarà proprio nella fase già avviata della sua carriera come scrittore che dalla penna di Amado nasceranno i famosi Capitães da Areia, opera portavoce delle profonde preoccupazioni circa la condizione disagiata dei meninos da rua dell’epoca.

Il libro venne pubblicato nel 1937, periodo in cui in Brasile si assiste ad un drastico cambiamento circa la visione che i cittadini avevano del proprio paese, delle priorità sociali; il tutto derivato da una presa di coscienza sempre maggiore circa le generali condizioni socio-economiche del paese. La nuova edizione dell’opera fu del 1944.

Come già precedentemente menzionato, uno degli effetti provocati da tali mutazioni furono le lutas de classes, specialmente durante l’ascesa al potere di Getúlio Vargas20. Lo stesso Lafetá affermerà che «A consciência da luta de

classes, embora de forma confusa, penetra em todos os lugares - na literatura inclusive, e com uma profundidade que vai causar transformações importantes»21.

L’opera ha, per l’appunto, come tema principale la società, nello specifico la condizione di estrema povertà e marginalizzazione di questi bambini di strada, dovuta alla differenza di classe e al dislivello economico presente nel paese, assieme agli effetti nocivi che tali condizioni finiscono per apportare alla vita di bambini e adolescenti.

20 Getúlio Vargas, candidato del partito liberal-progressista ANL (Aliança Nacional Libertadora),

venne eletto presidente della Repubblica nel 1930. Sette anni dopo sciolse l’intero Congresso Nacional e divise i partiti, revocando la maggior parte delle libertà dei cittadini. Il governo da lui instaurato si sarebbe tramutato in una dittatura di chiaro stampo fascista. Il clima dittatoriale perdurò fino al 1945.

21 João Luiz Lafetá, 1930: a crítica e o Modernismo, São Paulo, Duas Cidades, Editora 34, 2000,

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La condizione di estrema miseria in cui vivono i capitães fa di loro dei veri e propri meninos de rua, bambini che vivono di ciò che rubano, di quello che ottengono quasi sempre con illegalità.

La città, simbolo di ciò che è esterno, riveste altresì un ruolo tematico primario nell’opera, essendo l’unico universo conosciuto da questi bambini.

Non a caso, come ci informa il narratore a proposito del protagonista, inizialmente «ele ficou sozinho e empregou anos em conhecer a cidade. Hoje sabe de todas as ruas e de todos os seus becos. Não há venda, quitanda, botequim que ele não conheça»22.

Ciò che i capitães condividono con questa è molto più che la “semplice” quotidianità; essi condividono solitudine, problemi esistenziali ed emotivi, povertà. Tuttavia, saranno gli stessi problemi, come suggerisce Lisandro Demetrius, a renderli «personagens únicos e corajosos, [os] corajosos Capitães da Areia de Salvador»23.

Come riportato dallo stesso Lisandro Demetrius nella raccolta Resumos

Livros Fuvest (Usp) e Comvest (Unicamp del 2016, sarebbe stata proprio la figura

del vagabondo, del menino de rua ribelle allo Stato e al sistema vigente, ad aver ispirato Jorge Amado nello scrivere il libro.

«Os Capitães da Areia são tachados como heróis no estilo Robin Hood [...].

A grande admiração de Jorge Amado pelos vagabundos ensejou o romance Capitães da Areia. A narrativa se desenrola no Trapiche (hoje Solar do Unhão e o Museu de Arte Moderna); no Terreiro de Jesus (na época era lugar de destaque comercial de Salvador); onde os meninos circulavam na esperança de conseguirem dinheiro e comida devido ao trânsito de pessoas que trabalhavam lá e

22 Jorge Amado, Capitães de areia, São Paulo, Editora Record, 1998, p. 21. 23

Lisandro Demetrius, Resumos Livros Fuvest (Usp) e Comvest (Unicamp )2016, Clube de Autores, São Paulo, 2016, p. 174.

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passavam por lá; no Corredor da Vitória, área nobre de Salvador, local visado pelo pelo grupo porque lá habitavam as pessoas da alta sociedade baiana, como o comendador mencionado no início da narrativa»24.

Dal punto di vista strutturale, il libro é diviso in quattro parti, a loro volta composte da capitoli; esse sono, in ordine: “Cartas à Redação”, “Sob a Lua num Velho Trapiche Abandonado”, “Noite da Grande Paz, da Grande Paz dos Teus Olhos” e “Canção da Bahia, Canção da Libertade”.

Come suggerito dal titolo, la prima parte del libro è dedicata a lettere in merito alle questioni relative ai capitães, una «seqüência de pseudo-reportagens», scritte da diverse autorità ed enti, quali il Secretário do Chefe de Polícia, il Juz de

Menores, il Diretor do Reformatório e il Sr. Diretor do Jornal da Tarde.

Assieme ad esse appare anche la lettera scritta da una costureira, Maria Ricardina, il che inevitabilmente contribuisce a conferire maggior veridicità e realismo all’opera.

Nelle suddette cartas affiorano le diverse prese di posizione sostenute dalle autorità; alcuni difendono a spada tratta il gruppo mentre altri lo accusano. Le uniche figure a relazionarsi con esso sono Padre José Pedro e Maria Ricardina, una costureira. Per il resto, il Riformatorio appare come un vero e proprio «antro de crueldades»25, e, la polizia, dà loro la caccia come fossero già adulti

delinquenti di atroci misfatti.

Effettivamente, i mezzi di sopravvivenza a cui questi giovani ragazzi ricorrono per barcamenarsi nella loro misera condizione di vita non erano tra i più

24 Ibid.

25 “Capitães da Areia, de Jorge Amado”, articolo presente nel sito Passeiweb, al seguente URL:

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salutari, né tantomeno tra i più legali. Di fatto, essi rubano per sopravvivere, e, nonostante la giovane età, bevono e fumano. Oltre ai suddetti espedienti, i

capitães praticavano furti ben più sostanziosi, ad esempio nelle case, come

emerge nel capitolo “Família”, dedicato a Sem-Pernas.

Il fatto di associare questi giovani ladri in lotta per la sopravvivenza a degli “eroi” risulterebbe comunque lecito, poiché è proprio per mezzo di loro che l’ingiustizia del sistema viene messa in luce e denunciata.

Interessante risulta pertanto il paragone che Demetrius propone tra questi piccoli “eroi” e la figura più nota di Robin Hood, eroe popolare da sempre in lotta con le autorità, definito non a caso “principe dei ladri”:

«As autoridades e o clero são sempre retratados como opressores (Padre José Pedro é uma exceção mas nem tanto; antes de ser um bom padre foi um operário), cruéis e responsáveis pelos males. Os [numerosos] Capitães da Areia são tachados como heróis no estilo Robin Hood»26.

Sottolineerei numeroso, poiché il gruppo in questione è formato da ben quaranta bambini, di età compresa tra i nove e i sedici anni e capitanati da Pedro Bala, il capo dal «cabelo loiro voando»27 e la « cicatriz vermelha no rosto»28,

aventi come unica dimora, il cosiddetto “lar”, un vecchio trapiche abbandonato. L’opera è narrata in terza persona, «sendo o autor, Jorge Amado, o narrador apenas o expectador»29. Il narratore resta perciò indifferente durante tutto

26

Lisandro Demetrius, art. cit., p. 174.

27

Jorge Amado, op. cit., p. 21.

28 Ibid.

29 “Capitães da Areia, de Jorge Amado”, art. cit.,

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19

lo svoglimento della trama, «criando e narrando os acontecimentos sem se envolver diretamente com eles»30.

Saranno gli eventi, in particolar modo quelli tragici, a determinare lo svolgimento della trama, così come l’evoluzione dei personaggi all’interno di essa. Non soltanto le vicissitudini, ma anche i sentimenti occupano un posto di rilievo nell’evoluzione psicologica dei personaggi, essendo determinanti per il loro sviluppo e la loro maturazione come individui.

Emblematico, ad esempio, l’amore puro provato dal protagonista, Pedro Bala, per Dora, una ragazzina rimasta orfana a seguito dell’epidemia di vaiolo scoppiata in Brasile all’epoca. Lo stesso sentimento d’amore incondizionato provato dallo chefe dei capitães determina senza alcun dubbio il passaggio verso la fase adulta della sua vita, della maturità come individuo, proprio come accadrà, seppur in circostanze diverse, a Pirulito e João Grande. Il sentimento crescente, pagina dopo pagina, per la fanciulla, unito al progressivo allontanamento dal

trapiche e alla familiarizzazione con luoghi sempre più pubblici, saranno

determinanti per la formazione del menino nel corso dell’intera opera.

Così, alla fine egli deciderà di abbandonare definitivamente il gruppo dei

meninos e proseguire l’opera di denuncia allo Stato cominciata da suo padre31,

esercitando stavolta il suo ruolo di leader nella vita operaia e dedicandosi ai movimenti rivoluzionari comunisti.

Come dichiarato dallo stesso Demetrius, il comunismo è qui ritratto positivamente; quest’ultimo, assieme alle problematiche evidenziate nel corso

30 Ibid.

31 Il padre di Pedro Bala era un sindacalista. Morì in uno sciopero per difendere i suoi principi

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20

dell’opera dei meninos, riuscirebbe quindi a trasformare questi giovani in personaggi unici, nonché coraggiosi:

«Os Capitães da Areia são heróicos, ‘Robin Hood’s que tiram dos ricos e guardam para si (os pobres). O Comunismo é mostrado como algo bom. No geral, as preocupações sociais dominam, mas os problemas existenciais dos garotos os trnasforma em personagens únicos e corajosos»32.

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Cap. 1.3. João Guimarães Rosa e l’innovazione del linguaggio

João Guimarães Rosa nasce il 27 giugno 1908 a Cordisburgo, una piccola città del Minas Gerais, in Brasile. Primogenito di sei figli, di Florduardo Pinto Rosa e Francisca Guimarães Rosa, trascorre l’infanzia nella regione, ove vi compie i primi studi.

La predilezione per le lingue straniere appare da subito evidente in Rosa fin da bambino; all’età di sette anni si presume già sapesse il francese.

Nel 1918, ancora piccolo, l’autore si sposta a Belo Horizonte, dove vive con i nonni, così da poter terminare le scuole elementari, stavolta presso il Colégio Arnaldo.

A soli sedici anni si iscrive alla Facoltà di Medicina dell’Università di Minas Gerais, laureandosi cinque anni dopo, nel 1930. Lo stesso anno si sposa con Lígia Cabral Penna, una quindicenne dalla quale ha due figlie, Agnes e Vilma.

Si dice che all’epoca l’autore fosse già in grado di parlare più di nove lingue. Per quanto riguarda l’ambito letterario, nello stesso periodo appariranno le sue prime produzioni letterarie, pubblicate nella rivista O Cruzeiro.

Per quello che concerne l’ambito medico, sempre nel 1930 Rosa inizia il tirocinio a Itaguara, continuato per i due anni successivi a Itauna, nella sua regione natia. Proprio in questa ambiente Rosa conosce il sertão33, locus emblematico che ispirerà la creazione di uno dei suoi più noti romanzi, dal quale appunto prenderà il nome: Grande Sertão: Veredas, pubblicato successivamente nel 1956.

33 Il sertão è una regione semi-arida dell’entroterra brasiliano, formato prevalentemente da

bassopiani. L’altitudine media a cui si trovano i territori sui quali si estende il sertão è tra i 200 e i 500 metri, sul livello del mare.

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Dopo due anni, nel pieno periodo della Rivoluzione Costituzionalista, João torna a Belo Horizonte, al fine di prestare servizio come medico volontario delle forze pubbliche. Non molto tempo dopo deciderà di servire come medico ufficiale nel 9ª battaglione dell’Infantaria, a Barbacena.

Conclusa la carriera medica, nel 1936 l’autore si classifica al 1ª posto in un concorso letterario di poesia organizzato dall’Academia Brasileira de Letras, portando una raccolta di racconti che lui stesso intitola Magma.

L’opera fu postuma.

L’anno seguente comincia a stendere Sagarana, volume di racconti scritti allo scopo di ritrarre la propria regione natia, la vita nelle fazendas34, dei vaqueiros35 e

dei criadores de gado36. Proprio questa sarebbe stata l’opera con la quale l’autore

avrebbe deciso di partecipare ad un altro concorso, nel quale però non venne nemmeno classificato.

Tra il 1938 e il 1944 viene nominato viceconsole in Germania. In piena Seconda Guerra Mondiale, nel 1942, quando il Brasile rompe l’alleanza con l’odierna Repubblica Federale, il nostro autore viene incarcerato, dopo aver aiutato gli ebrei, assieme ad Aracy de Carvalho, a fuggire dalla Germania nazista.

L’anno seguente sarebbe diventato Segretario dell’Ambasciata Brasiliana a Bogotá, in Colombia.

Il pubblico avrebbe dovuto aspettare il 1956 per l’uscita di Corpo de Baile, libro che poi avrebbe contenuto Manuelzão e Miguilim nella seconda edizione del ’64, con le novelas Campo Geral e Uma história de amor.

34 La fazenda brasiliana è la masseria (il “ranch” inglese).

35 Tradotto, il termine più corretto in italiano sarebbe “mandriano”, ossia il “cowboy” all’inglese. 36 Letteralmente tradotto, “l’allevatore di bestiame”.

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Dal punto di vista stilistico, è con la pubblicazione di Sagarana nel 1946 che si assiste ad una vera e propria innovazione del linguaggio nella produzione letteraria dell’autore.

L’opera riscuote grande successo, così come il suo stile, adesso assolutamente nuovo, ricco di regionalismi tipici del vivo e colorito paesaggio

mineiro, tanto da far aggiudicare a Rosa il Prêmio da Sociedade Felipe de

Oliveira.

Lo stesso anno Rosa decide di andare a vivere a Parigi, ove vi rimarrà per ben 5 anni. Nel 1956, assieme alla pubblicazione di Corpo de Baile, uscirà anche l’altra opera emblematica dell’autore, non soltanto dal punto di vista stilistico e linguistico, ma anche, e soprattutto, per la tematica narrativa trattata; si tratterà di

Grande Sertão: Veredas, l’unico romanzo effettivo di Guimarães Rosa.

Il romanzo sarà rappresentativo della tipica fala caboclo-sertaneja, ovvero il linguaggio tipico del sertão, e, di fatto, costituisce una delle narrative epiche più importanti della letteratura brasiliana, in particolare della corrente regionalista.

Quest’ultima, in cui appaiono alcune tra le immagini più simboliche del Brasile37, causò grande impatto sul pubblico, da sempre «elogiada pela linguagem

e pela originalidade de estilo presentes no relato de Riobaldo»38, un jagunço che

ricorda le sue paure, i suoi conflitti interiori e il grande, seppur represso, amore provato per Diadorim.

37

Tra di esse incontriamo il jagunço, il sertão e i coronéis, ad esempio.

38 “’Grande Sertão: Veredas’ – Análise da obra de Guimarães Rosa”, Guiadoestudante,

http://guiadoestudante.abril.com.br/estudo/grande-sertao-veredas-analise-da-obra-de-guimaraes-rosa/ (data ultimo accesso: 28/05/2017).

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Nel 1958 l’autore andrà a Brasilia. Quattro anni dopo, nel 1962, sarebbe apparso sulla scena il libro di racconti intitolato Primeiras Estórias, contente 21 storie ambientate per la maggior parte in un ambiente rurale non definito.

Nella lettera che Rosa scrive ai genitori durante il precedente soggiorno a Brasilia emerge chiaramente la sua innata sensibilità legata all’ambiente naturale e al mondo animale, elementi che non a caso sarebbero stati preponderanti nella stesura delle Estórias.

Si noti l’estratto riportato dalla famosa lettera, nella quale appare un particolare episodio presente nel racconto ‘As Margens da Alegria’:

«Em começo de junho estive em Brasília, pela segunda vez lá passei uns dias. O clima da nova capital é simplesmente delicioso, tanto no inverno quanto no verão. E os trabalhos de construção se adiantam num ritmo e entusiasmo inacreditáveis: parece coisa de russos ou de norte-americanos"... "Mas eu acordava cada manhã para assistir ao nascer do sol e ver um enorme tucano colorido, belíssimo, que vinha, pelo relógio, às 6 hs 15’, comer frutinhas, na copa da alta árvore pegada à casa, uma tucaneira’, como por lá dizem. As chegadas e saídas desse tucano foram uma das cenas mais bonitas e inesquecíveis de minha vida»39.

L’anno successivo, la pubblicazione delle Primeiras Estórias, unita al grande successo riscosso dalle precedenti opere, gli valgono l’ammissione «con voto unanime»40 nell’Academia Brasileira de Letras.

Tuttavia, avrebbe occupato la cattedra soltanto nel 1967, anno peraltro, in cui sarebbero uscite le opere Tutaméia e Terceiras Estórias.

39 Antonio Auggusto João, Cartas Poéticas-Sincéras, São Paulo, Ed. Antonio Augusto João, 2014,

p. 101.

40 Voce João Guimarães Rosa, Wikipedia. Reperibile al seguente link:

https://it.wikipedia.org/wiki/Jo%C3%A3o_Guimar%C3%A3es_Rosa (data ultimo accesso: 30/05/2017).

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Nella seconda metà degli anni ’60 lo stato di salute dell’autore è seriamente compromesso. Già a partire dal 1958, Rosa aveva cominciato ad accusare problemi cardiaci, derivati soprattutto dal fatto che era un tabagista accanito. Sebbene più volte avesse dichiarato di aver abbandonato la suddetta dipendenza, in una lettera scritta ad un suo caro amico, Paulo Dantas, confessa la terribile sottomissione al fumo, affiancata dalla cosiddetta “fome-e-sede tabágica”:

«... também estive mesmo doente, com apertos de alergia nas vias respiratórias; daí, tive de deixar de fumar (coisa tenebrosa!) e, até hoje (cabo de 34 dias!), a falta de fumar me bota vazio, vago, incapaz de escrever cartas, só no inerte letargo árido dessas fases de desintoxicação. Oh coisa feroz. Enfim, hoje, por causa do Natal chegando e de mais mil-e-tantos motivos, aqui estou eu, heróico e pujante, desafiando a fome-e-sede tabágica das pobrezinhas das células cerebrais. Não repare»41.

Guimarães Rosa morirà pochi giorni dopo aver ottenuto il posto nell’Academia, a Rio de Janeiro, stroncato da un infarto.

Era il 19 novembre 1967.

41 “Guimarães Rosa: vida e obra - Maurício Ramonnd”, Efêmera Calmaria,

https://www.efemeracalmaria.com/single-post/2017/01/30/Guimar%C3%A3es-Rosa-vida-e-obra---Maur%C3%ADcio-Ramonnd (data ultimo accesso 30/05/2017).

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Cap. 1.4. La storia di una miopia: “Miguilim”

La seconda opera che questo lavoro si propone di analizzare é Miguilim di João Guimarães Rosa, contenuta nella sezione Campo Geral di Corpo de Baile, apparso per la prima volta nella seconda edizione di Corpo de Baile, del 196442.

A primo impatto, ciò che cattura l’attenzione del lettore nel leggere Campo Geral sono le impressioni, i valori e le sensazioni del bambino protagonista, tale Miguilim.

Miguilim è un bambino che vive nell’interno del sertão mineiro, dotato di grande sensibilità, e, come evidenziato nel corso dell’opera, di un profondo animo poetico.

Dal «cabelo preto, igual ao da mãe»43, figura alla quale più somiglia in famiglia,

raggiungerà la maturazione a seguito di varie vicissitudini, sia positive che tragiche; dal rapporto speciale con il suo caro fratello, nonché amico Dito, alla conflittualità inevitabile con il padre, uomo «que se irava feito um fero»44, per il

quale da sempre la criança nutre molta sofferenza.

Il continuo tentativo di afferrare l’inattingibile mondo adulto genera altresì nel bambino protagonista un inevitabile senso di saudade, di nostalgia verso qualcosa «che si cala nello spazio e che da un lato si rivolge verso le cose che

42 “Campo geral” viene pubblicata per la prima volta nella prima edizione di Corpo de Baile, del

1956. Campo geral riapparirà successivamente nel racconto Manuelzão e Miguilim, del 1964, a

seguito della divisione di Corpo de Baile in tre diversi volumi. Questi ultimi, verranno intitolati, in ordine: Manuelzão e Miguilim, con i racconti Campo Geral e Uma história de amor; No

Urubuquaquá, no Pinhém, con i racconti O recado do morro, Cara-de-bronze e A história de Lélio e Lina (sebbene in Europa apparve con un titolo diverso, Aventura nos Campos Gerais) e Noites do Sertão, con Dão-Lalalão (o devente) e Buriti.

43 João Guimarães Rosa, Manuelzão e Miguilim (Corpo de Baile), Rio de Janeiro, Editora Nova

Fronteira, 2016, p. 29.

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Miguilim avverte lontane, inaccessibili e remote»45, ma soprattutto, aggiungerei,

verso le persone con le quali condivide la propria quotidianità, come i genitori, la nonna, i fratelli e lo zio.

Ciò che questo inevitabilmente comporta è la costante ricerca, da parte del bambino, «di un codice che consenta al suo desiderio d’amore di comunicare con l’indecifrabile mondo dei grandi», mondo col quale si scontra, ogni volta, andando così ad acutizzare le mancanze da lui provate nel fondo del cuore, trasformandole in questo modo «nella propria essenziale inadeguatezza»46.

Dal punto di vista simbolico, l’autore sembrerebbe associare lo stesso senso di sofferenza provato dal menino con la sua precoce miopia: in questo senso, sarà proprio grazie alla figura del Dr. José Lourenço e degli occhiali da lui donatigli alla fine del libro che Miguilim riuscirà finalmente a vedere, essendo «os óculos como metáfora de uma nova perspectiva de mundo»47, simbolo perciò di

una nuova consapevolezza, più “adulta”.

Da questo punto di vista, sarebbe d’obbligo sottolineare il legame profondo della storia di Miguilim con il romanzo di formazione, o Bildungsroman, evidenziandone altresì i tratti tipici:

«La storia di Miguilim che João Guimarães Rosa ci narra è, come ci dice l’autore, una storia archetipa, è La storia. Miguilim è innanzitutto un romanzo di formazione, sebbene lo scrittore assegni all’esito di questa fiaba moderna un ruolo speciale: l’autore ci narra l’evoluzione, la metamorfosi di un delicatissimo bambino che da ultimo giungerà ad accogliere, piuttosto che

45

Marta Perego, Miguilim, João Guimarães Rosa, articolo presente nel blog Infabula, reperibile al seguente URL: http://infabulalibri.blogspot.it/2014/06/miguilim-joao-guimaraes-rosa.html (data ultimo accesso: 5/06/2017).

46 Ibid. 47

Sonia Rivello, Guimarães Rosa, Gerais, uma miopia, articolo presente nl blog Cursinho de

Literatura, reperibile al seguente link:

https://adoroliteratura.wordpress.com/2010/07/22/guimaraes-rosa-gerais-uma-miopia/ (data ultimo accesso: 6/06/2017).

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scavalcare evidenziando così il suo superamento, la fragilità implicita all’innocenza dell’infanzia»48.

Non solo, ma, se si pensa al ruolo emblematico giocato dall’infanzia all’interno del libro, si potrà altresì constatare quanto e come essa costituisca una fase essenziale, fisiologica per la vita di Miguilim, rivelandosi dunque non una tappa da rifuggire, bensì «da integrare nel proprio equilibrio emotivo ed imparare così ad esprimere»49.

Nel racconto50 incontriamo scene e aspetti del nostro quotidiano, ma

riportati dal narratore attraverso il punto di vista di una criança; ciò provoca un’immediata identificazione, dunque una sorta di empatia del lettore con quest’ultimo.

Il lettore si trova di fatto a condividere con il bambino non solo i giochi, ma anche gli stati emotivi tipici dell’infanzia.

Allo stesso modo, numerosi sono stati i critici che hanno sostenuto l’ipotesi della presenza di evidenti tratti autobiografici dell’autore nell’opera, basandosi sui «princípios de transmissão da personalidade do autor para a obra»51.

Di fatto, se si considerano gli stati d’animo di Miguilim, il suo modo di concepire il mondo, nonché il suo rapporto con esso, assieme al suo incessante desiderio di capire ed essere compreso, giungeremo alla conclusione, come

48

Marta Perego, art. cit. (data ultimo accesso: 5/06/2017).

49

Ibid.

50 Negli anni la critica si è trovata spesso indecisa sul definire la tipologia dell’opera, in quanto

appariva sia inserita in una raccolta di racconti sia pubblicata singolarmente, come romanzo breve. Pertanto, non potendomi avvalere di una precisa definizione circa il suo genere, mi limiterò a chiamarla “racconto”.

51 Marlene Duarte Bezerra, Carlos Alberto Tolovi, Miguilim, de Campo Geral, e João Guimarães

Rosa: um diálogo entre a personagem e seu criador, «Ciberteologia - Revista de Teologia &

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afferma la stessa Henriqueta Lisboa, che Rosa si identifichi «quase inconscientemente com o mundo que o inspira e no qual mergulha por completo, por ser este o seu próprio mundo, o da iniciação, o do perpétuo nascimento das cousas»52.

A tal proposito Resende, affrontando il tema circa la presenza di elementi biografici dell’autore all’interno dell’opera, sottolinea come secondo lei essa sia stata volontaria, da parte di Rosa:

«A infância lhe fornece horizontes primitivos, anteriores à lógica, que se identificam com as imagens fantásticas, armazenadas pelo inconsciente do escritor. Assim é que, novamente, a linguagem de natureza metalingüística nos auxilia a constatar o processo de identificação do escritor com o Menino, em “Campo Geral”. A concepção mítica da criança favorece o escritor a inventar estórias. (...) Desprovida de dados definidos sobre a personagem e sobre o espaço, a narração de desenvolve, sob o ponto de vista do narrador em terceira pessoa que se mantém “com” o menino, filtrando a realidade pelo ângulo infantil, até o final»53.

L’ipotesi della forma archetipa entro cui può essere iscritto Miguilim sembra altresì trovare un’ ulteriore spiegazione nelle parole dello stesso Rosa.

In un’intervista del gennaio 1965 rilasciata a Genova, l’autore sosteneva di scrivere, nelle sue opere, esperienze di vita “già vissute”; senza tempo, né inizio, né fine, in quanto, come da lui dichiarato, ogni sua opera è definibile come “avventura”, e, in quanto tale, priva di limitazioni in termini spazio-temporali.

52

Henriqueta Lisboa, “O motivo infantil na obra de Guimarães Rosa”, in Ciclo de Conferências

sobre Guimarães Rosa, Belo Horizonte, Imprensa da UFMG, 1966, pp. 17-30, p. 21.

53 Viviane de Melo Resende, O menino na literatura brasileira, São Paulo, Perspectivas, 1988,

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Ecco di seguito riportato un passaggio della suddetta lettera:

«Que nasci no ano de 1908, você já sabe. Você não deveria me pedir mais dados numéricos. Minha biografia, sobretudo minha biografia literária, não deveria ser crucificada em anos. As aventuras não têm tempo, não têm princípio nem fim. E meus livros são aventuras; para mim, são minha maior aventura. Escrevendo, descubro sempre um novo pedaço de infinito. Vivo no in-finito; o momento não conta. Vou lhe revelar um segredo: creio já ter vivido uma vez. Nesta vida, também fui brasileiro e me chamava João Guimarães Rosa. Quando escrevo, repito o que vivi antes. E para estas duas vidas um léxico apenas não me é suficiente. Em outras palavras: gostaria de ser um crocodilo vivendo no rio São Francisco. O crocodilo vem ao mundo como um magister da metafísica, pois para ele cada rio é um oceano, um mar da sabedoria, mesmo que chegue a ter cem anos de idade. Gostaria de ser um crocodilo, porque amo os grandes rios, pois são profundos como a alma do homem. Na superfície são muito vivazes e claros, mas nas profundezas são tranqüilos e escuros como os sofrimentos dos homens. Amo ainda mais uma coisa de nossos grandes rios: sua eternidade. Sim, rio é uma palavra mágica para conjugar eternidade. A estas alturas, você já deve estar me considerando um charlatão ou um louco»54.

Come sostenuto da Luiza Otterbasch de Souza, la sofferenza umana a cui fa riferimento Rosa nella sua intervista è altresì uno degli elementi portanti nella trama di Miguilim, e, in quanto tale, dovrebbe essere vista come possibile strumento di autoanalisi, invitandoci a riflettere sulla nostra stessa esperienza infantile:

«A maneira nova e ao mesmo tempo antiga de fazer-nos entender as razões de cada sentimento, de cada crença ou ilusão da criança nos inquieta a refletir sobre a própria infância e como ela foi construída nesta obra»55.

54 “Entrevista com Guimarães Rosa”, CACD,

https://blog.clippingcacd.com.br/entrevista-com-guimaraes-rosa/ (data ultimo accesso: 8/06/2017).

55 Luzia Otterbasch de Souza, Susylene Dias de Araújo, A Imagem da Infância na obra Miguilim,

de João Guimarães Rosa, http://www.giacon.pro.br/lem/EDICOES/05/Arquivos/souzaaraujo.pdf (data ultimo accesso: 13/04/2017).

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A tale proposito, potremmo tentare di stabilire un interessante parallelismo tra l’analisi della storia eseguita dal lettore e quella adottata da Miguilim stesso, partendo dalle osservazioni mosse dalla Professoressa Clara Rowland durante uno dei suoi seminari tenuti a Pisa, intitolato “Scrittura, fantasma, finzione del passato: la lettera a Nhorinhá di Grande Sertão: Veredas”.

Entrambi si trovano infatti a dover fare i conti con una “rilettura”, una sorta di reinterpretazione della storia, voluta peraltro dallo stesso Rosa, sia essa narrativa che reale.

Per quanto riguarda il pubblico, secondo quanto sosterrebbe la Rowland, giunto alla termine della prima lettura del libro non potrà fare a meno di reinterpretare l’intera vicenda, di “rileggerla” al fine di scoprirne ulteriori verità, mentre per quello che concerne il protagonista, egli si troverebbe, una volta giunto alla fine, a reinterpretare niente di meno che il mondo circostante.

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CAPITOLO 2

L’INFANZIA: UNO SGUARDO PSICOANALITICO

Cap. 2.1. Jean Piaget e la figura del bambino

Due furono, agli inizi del XX secolo, i principali metodi di studio su cui si basava l’intero sapere psicologico: da un lato la teoria psicoanalitica di Freud, fondata sul principio della sessualità, che aveva come scopo l’analisi dello sviluppo psicologico nonché sessuale dell’individuo in età infantile1, dall’altra la

corrente comportamentista, che si proponeva di mostrare i vari processi di apprendimento nella crescita del bambino2.

Ciononostante, il grande punto di svolta nello studio dello sviluppo vero e proprio, ossia quella branchia della psicologia incentrata prettamente sui mutamenti psico-emotivi e percettivi del bambino, si ebbe a partire dagli anni ’30 con Jean Piaget3, e la sua teorizzazione, decisamente innovativa, dello sviluppo

dei processi cognitivi in stadi ben definiti del periodo infantile4.

1 Nella nuova edizione dei Tre Saggi sulla teoria sessuale di Freud, pubblicata nel 1915, appare

una sezione intitolata “Le trasformazioni della pubertà”, in cui Freud espone la sua teoria sulla psicosessualità dell’individuo.

2 Sarà a partire dal 1920 che nel campo della psicoanalisi infantile si creeranno due approcci ben

distinti: uno più conservatore, promosso da Anna Freud, figlia del famoso psicoanalista e sostenitrice delle teorie sui meccanismi di difesa dell’Io, ed un altro più innovativo, fondato sullo studio delle «relazioni oggettuali», di Melanie Klein.

3 Nato in Svizzera, a Neuchâtel, Piaget fu piscologo, biologo, pedagogista e filosofo. Le sue teorie

circa lo sviluppo infantile costituirono i primi tra i modelli più importanti per i successivi studi della psicologia cognitiva, a partire dalla seconda metà del ‘900.

4

Nel suo scritto del 1952, Psicologia dell’intelligenza, Piaget sosteneva che esistessero quattro principali stadi di sviluppo nel periodo infantile. Il primo stadio è quello definito “senso-motorio”, nel quale il bambino comincia a conoscere la realtà circostante per mezzo i sensi, in particolare il tatto. Nel secondo, definito “pre-operatorio”, il bimbo inizierebbe a disporre gli oggetti seguendo un ordine logico, mentre nel terzo, l’”operatorio concreto”, apprende che ogni quantità è in grado di assumere diverse forme, e che quindi, il rapporto tra le due (quantità e forma) non è direttamente collegato. È nell’ultima fase, definita “operativo-formale”, che si sviluppano nel bambino il pensiero ipotetico e il ragionamento verbale.

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Fu proprio a partire da tale presupposto che gli studi di Piaget conobbero grande fortuna: egli non si soffermò esclusivamente sulle fasi dello sviluppo infantile, bensì postulò idee basate sul diretto rapporto tra bambino e adulto, nonché tra bambino e mondo esterno, attribuendo un ruolo attivo all’istruzione nella vita del soggetto5

.

In merito a simili considerazioni, sarebbe superfluo constatare il modo in cui il pensiero di Piaget costituì un capovolgimento radicale del modo in cui la figura dell’infante era stata concepita fino a quel momento. Per Piaget il bambino non era semplicemente da considerarsi un «adulto in miniatura»6, ovvero un

individuo indotto ad acquisire conoscenze di pari passo alla maturazione del suo corpo, piuttosto un soggetto destinato ad affrontare mutamenti piscologici, anche radicali, al fine di conseguire la maturazione.

Circa il modo di pensare del bambino e la sua interazione col mondo esterno, Piaget sviluppa un concetto di apprendimento come processo personale attivo, secondo il quale il bambino non risulterebbe inferiore all’adulto in fatto d’intelligenza, ma semplicemente “diverso” nel modo di comprendere e agire nei confronti del mondo esterno.

5 Altre importanti figure coeve nel campo della psicologia dello sviluppo si proposero di studiare il

rapporto bambino-adulto. Non pretendendo di essere esauriente, ritengo però valga la pena citarne alcune: Erik Erikson (1902-1994), il quale partì dalle teorie di Piaget, per poi identificare otto fasi dello sviluppo psicosociale, tra le quali include la nota “crisi d’identità” dell’adolescenza; l’americano Lawrence Kohlberg (1927-1987), che con i suoi studi sulla crescita del bambino individuò sei stadi dello sviluppo morale; John Bowlby (1907-1990), promotore della teoria dell’attaccamento, secondo cui i primi legami emotivi sono determinanti per i successivi rapporti umani dell’individuo, fino ad arrivare al contemporaneo Albert Bandura, psicologo precursore della “rivoluzione cognitiva” avvenuta a partire dalla seconda metà del ‘900, i cui studi sull’apprendimento sociale fondono elementi del pensiero di Piaget e del costruttivismo di Lev Vygotsky (1896-1934), del quale parlerò in seguito.

6 Dunia Pepe, La psicologia di Piaget nella cultura e nella società italiane, Milano, Franco Angeli,

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Nel caso dei neonati, ad esempio, Piaget inizialmente riteneva che il maggior impatto nei confronti del neonato l’avessero il linguaggio ed il contatto con i familiari o i coetanei; poi però si accorse che ciò che veramente poteva fare la differenza erano l’azione e l’attività d’interazione del bambino, concludendo perciò che l’azione era la fonte del pensiero nella fase natale del bambino.

In aggiunta, nei primi anni ’20, la sostanziale diversità delle risposte date dai fanciulli in vari test d’intelligenza eseguiti per Alfred Binet dimostrarono come l’interazione di questi ultimi avesse effettivamente influenzato il loro esito.

La conclusione di Piaget fu pertanto consequenziale: secondo la sua teoria i bambini non soltanto penserebbero in maniera diversa rispetto all’adulto, avendo una modalità d’interazione differente da quest’ultimo, ma, a seconda dell’età raggiunta, avrebbero anche tipologie di pensiero diverse.

A questo proposito, il lavoro dello psicologo svizzero costituì un importante punto di partenza per il cambiamento dei sistemi scolastici in America, a partire dagli anni ’70 e ’80. Il metodo scaturito dal pensiero di Piaget determinò infatti una trasformazione dal punto di vista didattico che prevedeva una focalizzazione maggiore sul bambino e sulle sue caratteristiche in quanto tale.

In altre parole, se dapprima l’obiettivo principale degli educatori era quello di trasmettere a quest’ultimo il pensiero ed il comportamento tipico dell’adulto, adesso sfruttano l’opportunità offerta dal proprio ruolo per invogliare i bambini a concepire nuovi modi e soprattutto, individuali, di pensare.

Sfruttare l’enorme potere dell’immaginazione e basare l’apprendimento su un concetto di creazione, di innovazione, abolendo il conformismo e il seguire le

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35

direttive imposte dai canoni prestabiliti dalla società; questi furono alcuni tra i più importanti cambiamenti del modo di concepire l’istruzione da parte delle istituzioni, seguendo l’influenza delle teorie di Piaget.

Gli educatori devono pertanto evitare di insistere su particolari modi di fare o capire dei bambini, seguendo una presunta sequenza canonica nell’ordine di apprendimento dei concetti; al contrario, devono concentrarsi sugli spontanei processi d’acquisizione di informazioni assolutamente soggettivi di ciascun bambino.

Di fatto, come affermato dallo stesso Piaget, la conoscenza è associabile ad una “struttura”, la quale a sua volta, rimanda ad un «sistema di trasformazioni, avente sue specifiche leggi»7, che diventa così progressivamente adeguato in base

alle caratteristiche del bambino e al suo sviluppo.

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Cap. 2.2. L’importanza dell’ambiente socio-culturale: Lev Vygotsky

«La parola “sociale” applicata al nostro oggetto ha un significato importante. Innanzitutto, come dice il significato più ampio della parola, significa che tutto ciò che è culturale è sociale. La cultura è il prodotto della vita sociale e dell’attività collettiva dell’uomo, e perciò la stessa posizione del problema dello sviluppo culturale del comportamento ci introduce immediatamente sul piano sociale dello sviluppo. […] Tutte le funzioni psichiche superiori rappresentano delle relazioni sociali interiorizzate, il fondamento della struttura sociale della persona. La loro composizione, la struttura genetica, il loro funzionamento, in una parola tutta la loro natura è sociale; persino trasformandosi in processi psichici la natura ne rimane sociale. L’uomo, anche preso isolatamente, conserva le funzioni della comunicazione»8.

Secondo lo psicologo russo Lev Vygotsky9, sarebbe la relazione

genitoriale il primo grande strumento per mezzo del quale il bambino inizierebbe a rapportarsi con il mondo esterno, sviluppando quindi le capacità di pensiero e ragionamento. Sarebbero le esperienze sociali quelle più formative, per mezzo delle quali l’individuo, a partire dall’età infantile, riuscirebbe a diventare ciò che era stato programmato per essere, a scoprire quindi il proprio “io”.

8

Lev Vygotsky, Storia dello sviluppo delle funzioni psichiche superiori, Milano, Giunti Editore, 1974, 2009, trad. di Maria Serena Veggetti, p. 212.

9 Lo psicologo russo, definito da Stephen Toulmin il “Mozart della psicologia”, nacque il 5

novembre 1896 in Bielorussia, figlio di ebrei benestanti. La sua concezione della psicologia dello sviluppo costituì uno dei modelli più rappresentativi della nota corrente del Costruttivismo, definito tale in quanto la conoscenza è vista come costruzione del vissuto individuale, piuttosto che il rispecchiamento di una realtà esterna. I suoi studi influenzarono enormemente i sistemi scolastici moderni e contemporanei, comportando di fatto l’applicazione di sistemi più incentrati sullo studente e le sue esigenze.

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Un ruolo di fondamentale importanza secondo Vygotsky era detenuto proprio dall’iterazione, dallo svolgere delle attività collettive, così come Piaget avrebbe poi affermato in una delle sue opere principali, pubblicata nel 1952, intitolata La nascita dell’intelligenza nel bambino10.

Da questo punto di vista, starebbe proprio all’adulto il compito di accompagnare il bambino nel suo percorso di crescita, seguendo i suoi stadi di sviluppo e aiutandolo così a sviluppare le sue capacità cognitive.

Di fatto, la teoria sviluppata da Vygotsky circa l’apprendimento infantile, denominata da lui stesso ZSP (Zona di Sviluppo Prossimale), servirebbe a spiegare il modo in cui il bambino sviluppi la sua conoscenza del mondo proprio grazie all’aiuto degli altri.

I processi cognitivi del bambino si attivano nel momento in cui egli interagisce con gli altri, stabilendo un rapporto di cooperazione, ad esempio con gli altri compagni; in questo modo viene indotto a riflettere sul proprio comportamento. Una volta che tali processi sono stati assimilati, il risultato evolutivo finisce per essere autonomo, avvenendo così in modo automatico.

Il ragionamento e il pensiero sono capacità cognitive innate individuali, e come tali devono essere sviluppate per mezzo di attività sociali. In questo senso per Vigotsky l’istruzione gioca un ruolo essenziale, in quanto colma di potere formativo.

10 In tale opera Piaget dimostrava come la stessa iterazione tra bambini, i quali esponevano i propri

talenti naturali nell’eseguire attività collettive, costituiva un importante mezzo attraverso cui essi sviluppavano le proprie capacità cognitive, nonché di elaborazione delle informazioni.

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Cap. 2.3. Il rapporto materno nella concezione di John Bowlby

Nel 1926, Sigmund Freud aveva presentato una teoria circa l’attaccamento dei neonati nei confronti degli individui che li accudiscono, definendola teoria dell’«amore interessato»11

. Il soddisfacimento dei bisogni fisiologici dei neonati sarebbe pertanto una naturale conseguenza di tale amore; questo il principale motivo per cui essi svilupperebbero in seguito i loro legami affettivi.

Dal punto di vista zoologico, Harry Harlow avrebbe successivamente studiato i vari problemi sociali sviluppati dai cuccioli di macaco quando separati dalle madri in tenera età. Tale prospettiva confermerebbe il concetto dell’esclusività del rapporto del piccolo con la madre, sia esso animale oppure umano.

Più tardi, nel 1935, lo zoologo nonché etologo Konrad Lorenz avrebbe dimostrato come gli stessi cuccioli del mondo animale stabilissero dei legami molto stretti con il primo soggetto in movimento percepito subito dopo la loro nascita.

Tuttavia, sarà soprattutto grazie a John Bowly12 e alla pubblicazione in tre

volumi dell’opera Attaccamento e perdita, del 1969, che comincerà a delinearsi la concezione vera e propria di “attaccamento” nella psicologia dello sviluppo.

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Secondo Freud tale fenomeno avverrebbe in situazioni di accudimento del piccolo, come l’atto di nutrirlo o il cullarlo.

12 John Bowlby nacque a Londra il 26 febbraio 1907, quarto di sei figli di una famiglia

alto-borghese. La sua infanzia, prevalentemente vissuta tra bambinaie, contribuì a renderlo partecipe delle problematiche legate all’attaccamento sviluppato dai bambini in tenera età. Dopo aver conseguito il diploma in psicologia al Trinity College di Cambridge decise di insegnare ai bambini affetti da problemi psichici. Prenderà parte alla Royal Army Medical Corps durante la Seconda guerra mondiale, dopodiché sarà nominato direttore alla Tavistock Clinic di Londra. Morirà, all’età di 83 anni, nella sua casa in Scozia, sull’isola di Skye.

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Per Bowlby infatti, i primi legami emotivi instaurati con i soggetti circostanti sarebbero determinanti per lo sviluppo della natura umana, esattamente come successivamente avrebbe confermato Michael Rutter13, nel 1978.

Tuttavia, Bowlby constatò l’esclusività del rapporto del bambino con la madre, asserendo che, nel caso in cui questo fosse venuto a mancare, si sarebbe verificato il cosiddetto fenomeno della «psicopatia anaffetiva» nelle future relazioni stabilite con il mondo esterno, con la conseguente incapacità di stringere rapporti interpersonali significativi da parte del bambino14.

In definitiva, l’attaccamento sviluppato dal bambino nei riguardi della madre è non casualmente inteso come primario, poiché, di fatto, risulta essenziale per il successivo sviluppo di tutti gli altri rapporti intrapresi dal soggetto.

In questo modo, potremmo altresì asserire che il legame materno funge a tutti gli effetti da modello operativo, interno al nucleo familiare, per l’evoluzione cognitiva del bambino in rapporto all’universo adulto, nonché una solida base per la conoscenza del mondo.

Una concezione simile relativamente al rapporto del piccolo con la madre e all’importanza rivestita dal nucleo familiare nello sviluppo cognitivo e relazionale del bambino sarà quella elaborata dalla psicologa Mary Ainsworth, figura anch’essa estremamente rappresentativa dell’innovazione nel campo della psicologia dell’età evolutiva del XX secolo.

13 Michael Rutter è attualmente professore di psicopatologia dell’età evolutiva presso l’Institute of

Psychiatry del King’s College di Londra. La sua carriera include lavori nel campo epidemiologico, studi sull’autismo, sul DNA e sulla neuroimmagine. Grande rilievo dal punto di vista scientifico ebbe la sua teoria sullo sviluppo infantile, nella quale, come citato sopra, rivestiva estrema importanza l’ambito sociale, ossia i primi rapporti instaurati dai bambini con il mondo esterno, subito dopo la nascita.

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Non è un caso che in uno dei suoi studi condotti nel 1944, Bowlby avesse notato l’elevata percentuale di bambini affetti da tale psicopatologia nei casi in cui questi fossero stati separati dalle madri per un periodo maggiore di sei mesi, prima che essi avessero compiuto i cinque anni di età.

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