• Non ci sono risultati.

Dal Global Reporting Initiative (GRI) all'Integrated Reporting. Alcune applicazioni in Italia.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Dal Global Reporting Initiative (GRI) all'Integrated Reporting. Alcune applicazioni in Italia."

Copied!
100
0
0

Testo completo

(1)

1

Università degli studi di Pisa Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea in

Banca, Finanza Aziendale e Mercati Finanziari

Tesi di Laurea Magistrale

Dal Global Reporting Initiative (GRI) all‟Integrated Reporting. Alcune applicazioni in Italia.

Candidato : Relatore: Rossella Tronca Chiar.ma Professoressa

Maria Cristina Quirici

Anno Accademico 2016/2017

(2)

2

Se hai un sogno lo devi proteggere.

Se vuoi qualcosa VAI e prendila”

(La ricerca della Felicità)

Dedico la mia tesi ai miei genitori,

perché è grazie a loro

se ho raggiunto gli obiettivi più importanti

della mia vita.

Un semplice GRAZIE non basta,

ma per ora è tutto ciò che posso darvi

per ricompensarvi di tutto ciò che avete fatto

e continuate a fare per me.

(3)

3

Indice

Introduzione p.4

Capitolo 1

1.1 Dalla finanza etica alla finanza sostenibile p.7 1.2 Nascita ed evoluzione storica degli investimenti socialmente responsabili

(SRI) p.14 1.3 La corporate social responsibility (CSR) p.33

Capitolo 2

2.1 Il Global Reporting Initiative p. 38 2.2 Valore di reporting per la sostenibilità della PMI p.46 2.3 Criticità e opportunità del GRI p.49

Capitolo 3

3.1L‟Integrated Reporting (IR): un nuovo strumento di sostenibilità p.52

Capitolo 4

4.1Il caso “BANCA ETICA” p.67 4.2 Il caso “CREVAL” p.87

Conclusioni p.93 Bibliografia p.95 Sitografia p.100

(4)

4

Introduzione

La presente tesi è incentrata sull‟importanza di alcuni strumenti, di recente sviluppo e in continua evoluzione , che nascono dalla consapevolezza di porre rimedio agli aggravi, dovuti alla crisi economica degli ultimi anni. Le organizzazioni, di ogni tipo, ricoprono un importante ruolo per lo sviluppo economico, sviluppo attualmente definito “sostenibile”, ossia la capacità di soddisfare i bisogni di ogni genere, tenendo conto dell‟ambiente esterno che le circonda.

Si può affermare con chiarezza che la sostenibilità risulta essere un punto focale per il futuro di ogni ente. A tal proposito, vengono adottate una serie di regole e criteri per la rendicontazione che le organizzazioni intendono mettere in atto. Con una rendicontazione integrata, le organizzazioni riescono ad ottenere maggiori benefici, quali, ad esempio, garantire maggiore chiarezza sulle relazioni e sugli impegni assunti; aiuta a formulare le giuste decisioni e scelte strategiche; aumenta il coinvolgimento di tutti gli stakeholder; infine, riduce i rischi di reputazione.

La tesi è strutturata in quattro capitoli.

Il primo capitolo analizza il passaggio dalla finanza etica alla finanza sostenibile. Quest‟ultima si pone come obiettivo principale il perseguimento della creazione del valore nel lungo periodo, cioè quando indirizza i capitali verso attività che non solo generino un plusvalore economico, ma in modo che siano al contempo utili alla società né superino le capacità di carico del sistema ambientale. Si è reso necessario parlare di finanza sostenibile, in quanto, la finanza etica veniva fatta risalire anche a anche scelte di investimento basate su motivazioni religiose, ideologiche, politiche, che non necessariamente possono essere razionalmente giudicabili sostenibili e nell'interesse delle nuove generazioni. Nei paragrafi successivi del capitolo, sono descritti quelli che sono gli investimenti socialmente responsabili (SRI) ossia quel tipo di investimento alla base del quale vengono poste scelte di carattere ambientale, sociale e sostenibile. Vengono escluse da questo tipo di investimento imprese o settori coinvolti nella commercializzazione di alcool, droga, armi, sfruttamento di animali. Non a caso, i pionieri di tali strumenti furono le Chiese.

I criteri di inclusione per affermare che si stia trattando di un investimento socialmente responsabile riguardano: le politiche ambientali quali fonti di energia

(5)

5

rinnovabile, misure per il contenimento dell‟inquinamento; politiche esterne, come la trasparenza della gestione di un‟Organizzazione; politiche interne, ossia, condizioni di lavoro, rapporto con i sindacati.

Si arriva, infine, a parlare di Corporate Social Responsibility (CSR) definita come un‟integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate. Si può, altresì, descrivere come l‟insieme delle responsabilità che l‟impresa ha nei confronti dei vari soggetti che vi operano. Il presupposto chiave della CSR è l‟accountability ovvero la capacità di comunicare in modo completo e trasparente il proprio impegno sociale ai vari stakeholder. La Corporate Social Responsibility deve essere percepita come una risorsa di valore per l‟organizzazione. In quest‟ottica verrà sostenuta l‟importanza della misurazione della performance sociale e della sua rendicontazione.

Nel secondo capitolo viene descritto uno dei principali strumenti di rendicontazione: il Global Reporting Initiative (GRI) e i suoi vari indici. Sono state analizzate le Guidelines, che stanno alla base del GRI, necessarie alle organizzazioni per formulare una rendicontazione corretta e veritiera. Si è visto, che la rendicontazione sostenibile, sta via via affermandosi in vari settori , in particolare, nelle piccole e medie imprese che stanno traendo maggiori vantaggi attraverso tale strumento. Si sono analizzate le criticità e le opportunità che il GRI ha apportato all‟organizzazione, notando come questi sta dominando lo scenario mondiale in tema di rendicontazione sostenibile.

Il terzo capitolo descrive l‟ Integrated Reporting (IR), strumento che prevede l‟integrazione di informazioni finanziarie e non. Nel dicembre del 2013 è avvenuta la pubblicazione del Framework IR. Ciò dimostra come anche questo sia un argomento di recente compimento ed ancora in evoluzione. Un report integrato si differenzia dagli altri tipi di report in quanto focalizza la sua attenzione sulla capacità delle organizzazioni di generare valore nel breve, nel medio e nel lungo termine. Si descrive come avviene la creazione di questo valore e su quali principi l‟IR si basa, analizzando anche il contenuto del Framework, fino ad arrivare a stabilire quali siano i punti critici e i punti di forza dell‟IR.

Infine, nell‟ultimo capitolo, vengono descritte alcune applicazioni di Global Reporting Initiative e di Integrated Reporting in Italia: Banca Etica e il gruppo

(6)

6

bancario Credito Valtellinese. Banca Etica si configura come la più antica e famosa realtà etica in Italia, cercando, dalla sua fondazione, di diffondere i caratteri etici, al fine di costruire un‟economia più sostenibile. Il Credito Valtellinese, invece, solo di recente, dal 2014, ha iniziato a redigere il bilancio integrato, impegnandosi nell‟ottica della sostenibilità attraverso tale redazione. I risultati positivi per CREVAL non tardano ad arrivare; infatti, nel 2016 è stato premiato per i progetti di sostenibilità promossi, per le relazioni coi clienti.

(7)

7

Capitolo 1

1.1 Dalla finanza etica alla finanza sostenibile

Ad oggi, non è possibile delineare una definizione univoca di quella che è la finanza etica. Vi vengono, infatti, rientrare numerose definizioni, dovute alle diverse esperienze, in materia, degli studiosi. In molti, definiscono la finanza etica come l‟organizzazione e la gestione dei servizi d‟intermediazione finanziaria con lo scopo di rispettare determinati valori morali e di raggiungere determinati obiettivi ritenuti moralmente vincolanti. I due termini, finanza ed etica, sembrano in contrapposizione, l'idea di “finanza” richiama alla speculazione, alla transazioni di capitali da una parte all'altra del pianeta ed ha assunto nel tempo un'accezione negativa. Di contro il termine "etica", seppure sovrautilizzato, mantiene una connotazione positiva, richiama a valori positivi, alla morale assoluta , necessaria per la convivenza umana, ad un comportamento che persegue il bene comune. Questi due termini insieme stanno a spiegare un concetto semplice: la necessità di riportare la finanza e, con essa i soggetti finanziari, a partire dalle banche , a svolgere la propria funzione originaria di garanti del risparmio, di operatori che agevolino il suo trasferimento nel tempo e nello spazio e soprattutto sostengano lo sviluppo dell'economia reale, evitando gli impieghi puramente speculativi. La finanza etica pone il suo fondamento nel “

MANIFESTO DELLA FINANZA ETICA E SOLIDALE” 1

, che fa riferimento, principalmente, al fatto che:

 il credito, in tutte le sue forme, sia un diritto per l‟essere umano;

 l‟efficienza è considerata una componente della responsabilità etica;

 non ritiene legittimo l‟arricchimento degli individui basato solo sul possesso del denaro;

 la finanza etica è trasparente;

 prevede la presenza dei risparmiatori nelle scelte importanti che un‟impresa intende perseguire;

 ha come criteri di riferimento per gli impieghi la responsabilità sociale ed ambientale;

 infine, richiede un'adesione globale e coerente da parte del gestore che ne orienta tutta l'attività.

(8)

8

Tra la fine degli anni 60 e gli inizi degli anni 90 nascono le più importanti banche etiche. Tra queste vi sono: la Oekobank in Germania, che si sviluppa sull'onda di movimenti pacifisti ed ecologisti e , il cui obiettivo è quello di sostenere lo sviluppo di attività legate all‟ambiente e alla sua tutela, al commercio equo, alla salute.

Nel 1980 nasce la Triodosbank in Olanda, la quale ha filiali in Belgio ed Inghilterra e nel 1990 l'ABS (Alternative Bank Swisse) fondata su due principi partecipazione e trasparenza con l‟obiettivo di sostenere lo sviluppo di imprese impegnate nella produzione agricola e industriale ecocompatibile, nella tutela ambientale e nelle attività culturali, nella ricerca e utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, nel riciclaggio delle materie prime. Mentre nel mondo l'esperienza più importante considerata la madre di tutte le banche etiche è la Grameem Bank in Bangladesh che si occupa di microcredito, la concessione di piccole somme di denaro a gruppi di persone, la cui unica garanzia è la coesione sociale. In Italia nel 1998 nasce Banca Etica, come banca popolare, nasce sull'esempio delle esperienze straniere, ma nasce soprattutto per colmare un vuoto economico e sociale, il finanziamento del terzo settore sempre più relegato all‟attività benefica delle fondazioni. In Italia la finanza etica nasce con le mag (mutua auto gestione), cooperative finanziarie autogestite che raccolgono il risparmio tra i propri soci per finanziare progetti con elevata utilità sociale, secondo i principi di trasparenza e partecipazione.

Per "utilità sociale" si intende quell'insieme di attività e servizi volti al miglioramento della qualità della vita degli individui e dell'ambiente e che spesso non trovano un interlocutore abbastanza attento e sensibile nel circuito finanziario tradizionale. Tra i principali MAG si ,ricordano: Mag Verona (1977), Mag 2 Milano (1980), Autogest Udine e Mag 3 Padova (1983), Mag 4 Piemonte (1987), Mag 6 Reggio Emilia (1988).

I settori di intervento delle Mag sono:

• solidarietà sociale: progetti di inserimento di soggetti svantaggiati o disabili nel mondo del lavoro;

• ambiente ed ecologia: progetti di raccolta differenziata e riciclaggio dei rifiuti, di produzione e distribuzione di prodotti biologici e naturali, di depurazione e riequilibrio ambientale, per la medicina e le terapie naturali;

(9)

9 libera espressione dei soggetti.

Ma lo sviluppo delle Mag, che è stato costante e rapido fino ai primi anni ‟90, viene bruscamente arrestato da alcuni importanti interventi legislativi che, incidendo su tutti gli intermediari finanziari, hanno anche coinvolto chi in quegli anni faceva finanza etica, senza tenere conto, e si vedrà che questa rimane una costante del nostro ordinamento, delle loro specificità e del ruolo sociale ormai

assunto.

Nel 1991 viene emanata la cosiddetta legge anti-riciclaggio (D. lgv. n. 197/91), che limita l‟attività di impiego del denaro solo a quelle organizzazioni che possiedono un capitale sociale pari ad un miliardo di lire. Per le Mag, spesso entità molto piccole e scarsamente capitalizzate, questo significa aumentare anche di parecchie centinaia di milioni il proprio capitale sociale e comunque, seppur con uno sforzo non indifferente, tutte riescono a rispettare la normativa41. Ma due anni

dopo un altro provvedimento legislativo (Testo Unico in materia bancaria e creditizia, L. 385/9342) modifica radicalmente il requisito per svolgere l‟attività di intermediazione creditizia, disponendo che solo le aziende bancarie sono abilitate a raccogliere il risparmio dalle persone fisiche. Questo nuovo provvedimento costringe le Mag a rivedere completamente la loro funzione ed operatività ed accelera l‟avvio di una proposta che già da tempo era in programma: coinvolgere alcune tra le più significative realtà del mondo della cooperazione sociale, del volontariato e dell‟associazionismo43 per dar vita alla prima Banca Etica italiana. Si iniziò, allora, a parlare di O.F.E(organizzazione di finanza etica), sia nei paesi sviluppati che in quelli del Terzo Mondo. Il fondatore di tale movimento fu Yanus, creatore della GRAMEEN BANK. Le OFE hanno una duplice natura: Esse sono prima di tutto intermediari finanziari (principalmente banche e fondi d‟investimento) a tutti gli effetti, soggetti alle norme generali che ne regolano l‟attività, tra cui quelli della corretta gestione economica, la tutela del risparmio e la valorizzazione del capitale dei soci. A ciò però si aggiunge una caratteristica di “eticità”, che deve essere evidenziata e regolata a statuto, e che si manifesta sia nei rapporti con i soggetti che mettono a disposizione i propri fondi, sia nei rapporti coi soggetti che li prendono a prestito. Nei rapporti coi soggetti che mettono a disposizione i fondi devono valere i principi di trasparenza e controllabilità. Trasparenza significa che un risparmiatore di una O.F.E. deve conoscere con precisione la destinazione dei fondi stessi di modo

(10)

10

che essa sia coerente con le finalità statutarie. Controllabilità significa che il risparmiatore stesso può determinare la destinazione dei fondi. Va osservato che i normali intermediari finanziari non hanno questi obblighi. Nei confronti dei soggetti che prendono a prestito, i quali devono corrispondere alle caratteristiche di merito sociale, le O.F.E. hanno l‟obbligo di vigilare sul corretto uso dei fondi rispetto alle finalità statutarie, ma anche di assistere e coadiuvare il soggetto finanziato a condurre a termine nel miglior modo il proprio progetto economico.

La finanza etica non è una finanza di beneficenza. Non punta a devolvere parte dei rendimenti a iniziative con valenza sociale, ma di svolgere un‟attività concreta di gestione delle attività di risparmio, orientate, però, all‟etica. Il concetto che guida la finanza è finanziare tutte le realtà imprenditoriali che fondino le loro attività ed il loro agire economico su valori di trasparenza, fiducia, rispetto dell‟uomo e dell‟ambiente. La logica è questa: “dona ad un bisognoso un pesce ed egli mangerà una volta; insegnagli a pescare, e mangerà per sempre”, cit. “la legge per tutti: la finanza etica). La finanza etica mira ad introdurre come parametri di riferimento, oltre al rischio ed al rendimento, anche il riflesso dell‟investimento sull‟economia cosiddetta “reale”, a modificare i comportamenti “finanziari” in senso più sociale e a finanziare tutte le attività che si muovono in un‟ottica di sviluppo umanamente ed ecologicamente sostenibile; tra queste quindi sia le attività tradizionali del cosiddetto settore non profit – cooperazione sociale e internazionale, ecologia, tutela dei diritti umani, attività culturali e artistiche ecc. – sia quelle più di frontiera come il commercio equo e solidale, l‟agricoltura biologica/biodinamica, la produzione eco compatibile e più in generale tutte quelle attività imprenditoriali che producono sul territorio un beneficio sociale e/o ambientale. Essa punta pertanto ad elaborare degli indicatori che rilevino, assieme alla performances aziendali e ai rendimenti economici, l‟impatto sociale ed ambientale dell‟attività finanziabili; questi criteri sono stati elaborati partendo dai nuovi indicatori di sviluppo fatti propri dalle Nazioni Unite, tali indicatori partono dal presupposto che non vi può essere crescita economica senza sviluppo umano. La finanza etica ha avuto, nel corso degli ultimi 20-25 anni, una forte evoluzione: nata focalizzando l‟attenzione prevalentemente sulla gestione del risparmio, come reazione pacifista e ambientalista al potere e alle operazioni scarsamente trasparenti delle grandi banche, si sviluppa poi mettendo al centro della propria identità ed operatività la responsabilità sociale ed ecologica

(11)

11

degli investimenti, dunque assumendo un ruolo più attivo e propositivo nel sistema economico.

Alcuni fattori che hanno favorito lo sviluppo della finanza etica furono:

 agli inizi degli anni ‟70 si sviluppano i fondi etici nei paesi anglosassoni (USA e Gran Bretagna);

 nella seconda metà degli anni ‟70 nasce in Bangladesh, uno dei paesi più poveri del mondo, la prima banca per e dei poveri: la Grameen Bank. Essa nasce con lo scopo di fare credito ai più poveri, esclusi dal circuito bancario tradizionale. L‟avvio e lo sviluppo di tale banca è però caratterizzato soprattutto da una raccolta di denaro sotto forma di contributo e di donazione da grandi organismi sovranazionali pubblici e privati;

• negli anni ‟80 nascono le banche alternative in Europa, caratterizzate dal fatto che finanziano progetti attenti alle problematiche ambientali e sociali. I primi fondi etici nascono, già negli anni ‟30 negli Stati Uniti, con motivazioni a carattere essenzialmente religioso: si vuole dare risposta alle esigenze dei risparmiatori di gestire i propri risparmi secondo i dettami della religione di appartenenza, e quindi nessun investimento nell‟industria del tabacco, dell‟alcool, della prostituzione/pornografia, del gioco d‟azzardo, ecc. Sarà però agli inizi degli anni ‟70 che i fondi etici si svilupperanno in modo più efficace sul mercato finanziario; grazie a questo tipo di investimento, basato sulla responsabilità sociale delle imprese, gli investitori prendono coscienza del fatto che le loro scelte d‟investimento non sono solo un momento di messa a frutto dei capitali, ma anche uno strumento di intervento nella società civile. Importanti saranno, per lo sviluppo di tali fondi, il ruolo dei movimenti pacifista ed ecologista. Negli anni ‟80 si assiste ad una evoluzione di questi fondi (che si svilupperanno negli anni ‟90); essi passano dalla semplice elencazione di divieti ad una gestione propositiva dei fondi: vengono privilegiate, ad esempio, quelle imprese che si occupano di riciclaggio delle materie prime e che nella produzione hanno una forte attenzione verso le problematiche ambientali. È proprio in questo periodo che nascono centri di ricerca e fondazioni come l‟Eiris, in grado di dare informazioni e garanzie sulle imprese che si impegnano a conformarsi a degli standard etici ed ecologici. In particolare l‟Eiris (Ethical Investment Research Service), nata a Londra nel 1983, da chiese e opere di carità che avevano bisogno di

(12)

12

organizzazioni in cui investire i loro capitali senza tradire i propri principi, individua dei criteri positivi e negativi che servono.

I criteri positivi che un‟impresa dovrà rispettare per essere inserita nel fondo sono:

a) porre attenzione alla protezione e alla salvaguardia ambientale e all‟uso di sistemi adatti al riciclaggio dei rifiuti;

b) promuovere progetti per i Paesi in via di sviluppo, l‟assistenza sanitaria, l‟assistenza

agli anziani;

c) investire in sistemi di riscaldamento a basso consumo energetico e a basso livello d‟inquinamento;

d) impegnarsi nei confronti del rispetto della salute e della sicurezza sul lavoro; e) porre attenzione al prodotto e evitare l‟eccessiva sostituzione della manodopera con “mezzi meccanici”;

f) essere attenta alla formazione professionale e all‟educazione, alla promozione di attività di divertimento e di utilizzo del tempo libero.

I criteri negativi in base ai quali l‟emittente potrà non essere inserito nel fondo d‟investimento sono:

a) praticare attività in paesi che non rispettano i diritti civili;

b) essere o partecipare ad industrie produttrici di: armi, alcolici, tabacco, prodotti pornografici, pellicceria, energia nucleare (produttrici o sfruttatrici di), pesticidi, prodotti inquinanti per lo strato d‟ozono e le foreste tropicali e industrie

che sfruttano le cavie animali o che non ne limitano al massimo il loro utilizzo. A partire dagli anni 2000, non si parla più di finanza etica, bensì di finanza solidale prima, per passare a quella che, attualmente, viene definita finanza sostenibile. Viene costruita una “ Rete di Economia Sostenibile” che si prefigge di mettere in reazione diretta i soggetti economici dei diversi settori, al fine di renderli più autonomi dal sistema di relazioni e scambi del mercato dei capitali, e i capi di interloquire con le funzioni redistributive delle risorse, proprie della Pubblica Amministrazione. Questo percorso prende avvio il 19 ottobre del 2002 a Verona. Nel 2003, venne definita quella che è la “Carta per la Rete Italiana di Economia Solidale”, in cui si riassumono le caratteristiche dell‟economia sostenibile e viene lanciata la proposta di attivare i DES ( distretti dell‟economia sostenibile), come una sorta di laboratori in

(13)

13

cui sperimentare la strategia delle reti a partire dalle esigenze e dalle caratteristiche dei singoli territori.

Il progetto prevede che:

 le imprese dei DES acquistino beni e servizi per la produzione, prioritariamente dalle altre aziende dell‟economia sostenibile e vendano i loro beni e servizi, prioritariamente alle strutture distributive o di consumo dell‟economia sostenibile;

 i consumatori acquistino prioritariamente beni e servizi che provengono dalle imprese dell‟economia sostenibile e partecipino alla realizzazione dei progetti;  i risparmiatori/finanziatori e le loro strutture esecutive finanzino imprese e

progetti dell‟ economia sostenibile;

 gli Enti Locali (in particolare i Comuni) interessati al progetto favoriscano sul loro territorio la formazione dei DES, agevolando il coinvolgimento dei oggetti economici e delle loro associazioni;

 le associazioni i sintonia con i principi dell‟economia solidale ne diffondano la cultura;

 insieme, tutti questi soggetti pratichino e facciano cultura ed informazione circa l‟esperienza dell‟economia sostenibile.

A livello mondiale, la fine della finanza etica e l‟inizio della finanza sostenibile, viene fatta coincidere con la crisi del 2007/2008.

1.2 Nascita ed evoluzione storica degli investimenti socialmente responsabili (SRI)

(14)

14

Il microcredito e gli investimenti socialmente responsabili (SRI) sono due strumenti fondamentali sui quali poggia la finanza sostenibile.

L‟investimento sostenibile e responsabile, in inglese sustainable and responsable investment, fonda le sue radici già nel XVIII secolo, nel momento in cui, alcune correnti del Protestantesimo, in Europa, denunciarono degli investimenti, fatti dalla chiesa, in attività produttive coinvolte nel commercio di alcol, armi, giochi d‟azzardo, schiavi. Cresce sempre di più la domanda di prodotti e servizi “nuovi” e differenti rispetto a quelli “tradizionali”, si propaga la concezione dell‟investimento come strumento di promozione per il cambiamento sociale e il denaro diventa mezzo per generare cambiamenti politici. La letteratura scientifica inglese ha riconosciuto come definizione ufficiale di sostenibilità quella elaborata dalla Commissione Brundtland delle Nazioni Unite nel 1987 che afferma che lo sviluppo sostenibile è quello che “soddisfa i bisogni dell‟attuale generazione senza compromettere la capacità di quelle future di rispondere ai propri.” La sostenibilità si presenta perciò come un obiettivo che deve necessariamente essere raggiunto conciliando l‟equilibrio di tre “pilastri”: economico, sociale, ambientale.

Analizzando il tema più nel dettaglio, la sostenibilità ambientale richiede l‟equilibrio tra gli input di risorse naturali nei processi di trasformazione e i loro output, in modo da mantenere la produttività e la funzionalità dei sistemi

ecologici. Ciò significa, ad esempio, che le risorse non rinnovabili (petrolio, carbone) dovrebbero essere sfruttate in modo da garantire che possano essere rimpiazzate tempestivamente da altre rinnovabili. La sostenibilità economica, invece, mira al mantenimento del capitale, in altre parole consumare il reddito prodotto senza intaccare la sua capacità di continuare a generarne. In quest‟ambito poi il capitale naturale, il capitale umano e quello artificiale sono considerati come beni non fungibili e quindi è necessario che tutte e tre le forme di capitale siano conservate integre. Ultimo pilastro è la sostenibilità sociale che fonda il suo principio attraverso il rispetto dei diritti umani e l‟accesso alle opportunità di sviluppo come interazione tra equità intergenerazionale e infragenerazionale. La sostenibilità dello sviluppo si persegue attraverso la ricerca di un difficile

(15)

15

Fonte: Pilastri dello sviluppo sostenibile (C. Brunelli, Per un Geografia della sostenibilità, teorie e modelli didattici, Patron ed. 2006)

Nello stesso periodo, nasce il primo fondo comune etico, il Pioneer Fund statunitense, ideato per gestire gli investimenti di alcune istituzioni religiose. Inizialmente, l‟unico approccio utilizzato era quello attinente alla sfera “etica” degli investitori, ovvero mirato ad escludere dagli investimenti intere categorie merceologiche o attività, quali il tabacco, l‟alcol e il gioco d‟azzardo. In Europa si inizia a parlare di Investimenti Socialmente Responsabili a partire dagli anni Ottanta, quando, in Inghilterra, nasce il fondo Friends Provident‟s Stewardship Trust, lanciato dalla Friend Provident, una mutua compagnia assicurativa inglese. Sono gli anni Novanta a decretare il successo e la diffusione di questo tipo di investimento. Per molti anni, sia in Europa che in Italia, si è assistito ad una mancata conoscenza del termine reale degli investimenti responsabili e di una loro definizione. Le principali cause sono fatte risalire alla complessità di questa tipologia di investimenti presentavano e dal fatto che la finanza etica veniva associata col concetto di morale; di conseguenza, il termine “socialmente responsabili” si identificava con l‟approccio di esclusione da questi investimenti dei produttori di armi, tabacco, alcol. Non è così. Gli investimenti socialmente responsabili nascono dallo sviluppo di alcuni soggetti, definiti “business oriented” , e non da enti caritatevoli. Tutto ciò, portò a emettere una definizione di SRI. Nel 2014, il Forum per la Finanza Sostenibile, il network italiano per la promozione della finanza sostenibile, ha presentato ufficialmente la sua definizione di investimento sostenibile e responsabile: “l’investimento socialmente responsabile è una strategia di investimento orientata al

medio-lungo periodo che, nella valutazione di imprese e istituzioni, integra l’analisi finanziaria con quella ambientale, sociale e di buon governo, al fine di creare valore per l’’investitore e per la società nel suo complesso” . Tra le tipologie di investimenti

socialmente responsabili vengono fatti rientrare:

3 i fondi comuni d’investimento, strumento finanziario che permette al singolo risparmiatore di investire, anche per piccoli importi, sui mercati finanziari di tutto il mondo. Vi si accede attraverso un versamento di denaro che viene convertito in

(16)

16

quote. I versamenti effettuati dai sottoscrittori confluiscono in un patrimonio comune, che viene gestito da una società di gestione del risparmio, alla quale competono le decisioni di investimento. Esistono differenti tipologie di fondi, a seconda delle caratteristiche dei prodotti che ne compongono il portafoglio (azioni, obbligazioni, ecc.)

4 i fondi pensione, strumento di previdenza complementare di tipo collettivo per i lavoratori dipendenti, autonomi e liberi professionisti. A seconda della caratteristiche può essere aperto o chiuso.

Figura 2:

Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle forze di lavoro

5 I risparmi gestiti, la ricchezza che i risparmiatori affidano in gestione ad una società di gestione del risparmio (Sgr). Il mandato di gestione consente all‟investitore di usufruire della competenza dell‟intermediario finanziario, che si riassume nei tre valori dell‟industria del risparmio gestito: Professionalità, Diversificazione, Trasparenza.

(17)

17

6 Società di Gestione del Risparmio (SGR), è incaricata di amministrare il patrimonio del fondo, selezionando i titoli in cui investire e decidendo la composizione del portafoglio.

Il criterio in base al quale, un gestore o un investitore, decide di optare nella scelta di uno strumento finanziario piuttosto che un altro, è strettamente legato agli obiettivi strategici che questi si pone. Eurosif ( European Sustainable Investment Forum) ,un‟organizzazione europea nata con lo scopo di promuovere la sostenibilità degli investimenti nei mercati finanziari, attraverso alcuni studi condotti su 13 paesi europei (Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Olanda, Norvegia, Polonia, Spagna, Svezia, Svizzera e Gran Bretagna), nel biennio tra il 2011 e il 2013, stabilì che gli SRI possono essere declinati attraverso sette strategie, ognuna della quale viene contraddistinta da specifici obiettivi e metodologie.

Selezione basata su esclusioni

Tale strategia prevede l‟esclusione ex ante di imprese, Paesi o settori dall‟universo investibile, ovvero dalla lista di emittenti oggetto di investimento, sulla base di determinate attività o pratiche ma anche di principi e valori. Si tratta di escludere, totalmente o sulla base della parte di utile realizzata, le imprese che svolgono attività ritenute dannose per la società (produzione di alcool, tabacco, armi, coinvolgimento nel gioco d‟azzardo e pornografia) o di natura ambientale (produzione di organismi geneticamente modificati, energia nucleare ecc.). Tale strategia risulta essere la più utilizzata a livello europeo.

Selezione basata sul rispetto di norme e standard internazionali

Questa strategia prevede la selezione di imprese e Stati sulla base del rispetto di norme internazionali legate a temi ESG, quali il rispetto dei diritti umani, delle convenzioni internazionali sulla biodiversità o la corruzione. Secondo questo approccio gli emittenti che hanno violato le convenzioni internazionali sono esclusi dall‟investimento.

Tra le principali norme cui si fa riferimento vi sono le Convenzioni o i progetti definiti in sede ONU o presso le sue Agenzie.

Selezione “best in class”

Tale strategia prevede la selezione o l‟attribuzione di un peso maggiore in portafoglio agli emittenti secondo criteri ambientali, sociali e di governance, privilegiando i migliori all‟interno di un universo, una categoria o una classe di attivo. Un approccio «best in class»

(18)

18

non esclude a priori uno specifico settore, un‟attività o un Paese (come accade nelle strategie 1 e 2 precedentemente citate) ma valuta gli emittenti che soddisfano al meglio determinati criteri: i gestori scelgono le società migliori in termini di performance (“best in class”) di un settore o di una categoria, in funzione della conformità a determinati criteri ESG.

Investimenti tematici

Questa strategia privilegia gli investimenti in aree o attività legate allo sviluppo della sostenibilità. Gli investimenti tematici si focalizzano su uno o più temi come i cambiamenti climatici, l‟efficienza energetica, la gestione delle risorse idriche o la salute. In Europa, secondo Eurosif, rappresentano ancora una “nicchia” e vedono in Olanda, Svizzera e Regno Unito i principali mercati.

Integrazione

Tale approccio prevede l‟esplicita integrazione di variabili ESG nell‟analisi fondamentale finanziaria degli emittenti svolta dai gestori: le tematiche ESG risultano così parte integrante dell‟analisi e della decisione di investimento e vengono inserite nei rendimenti finanziari futuri attesi. Questa strategia occupa un posto di primo piano nella diffusione degli investimenti sostenibili e responsabili e sta diventando una delle strategie più applicate.

Engagement

Attraverso questa strategia, l‟investitore avvia un dialogo strutturato, costante e di lungo periodo con il management dell‟impresa oggetto di investimento al fine di portare alla sua attenzione eventuali fattori di rischio ESG a cui è esposta e suggerire pratiche di gestione di tali categorie di rischio.

Impact investing

Si tratta di investimenti in imprese, organizzazioni o fondi ideati con l‟obiettivo pre-valente di realizzare un impatto ambientale e/o sociale positivo assieme ad un ritorno finanziario. Ne fanno parte, ad esempio, gli investimenti in imprese sociali (ovvero in imprese operanti nel campo dell‟assistenza sociale, della sanità, della cultura, della tutela ambientale, del sostegno alle fasce sociali a rischio, etc.), in istituzioni di micro finanza o in progetti di social housing. Bartolomeo Matteo 2 , nel volume “Finanza e

2

Dal Maso D. e Bartolomeo M., (2001), Finanza e sviluppo sostenibile, Il Sole 24 Ore, Milano, pp. 62-63

(19)

19

sviluppo sostenibile”, propone cinque diverse motivazioni che spingono i gestori a utilizzare criteri ambientali e sociali nelle scelte di portafoglio.

Esse sono:

1. Gestione ottimale del rischio/rendimento. Ogni investitore è alla ricerca di un giusto bilanciamento tra il rischio e il rendimento, un principio che sta alla base di ogni investimento. L‟introduzione di questioni ambientali e sociali, rappresentano opportunità di sviluppo poiché sono elementi che creano il presupposto per sollecitare l‟impresa al continuo miglioramento, potendo così, nel lungo periodo, aumentare il rendimento del capitale investito.

2. Ricerca d‟imprese ad alto potenziale. Questa motivazione nasce alla luce della relazione esistente tra la capacità di un‟impresa di interpretare i bisogni dei clienti e il suo successo. È possibile ritenere che le imprese che riescono ad ottenere delle soluzioni sostenibili a problemi come la disoccupazione o il cambiamento climatico, possano avere un buon successo commerciale ed essere così oggetto di alleanze con partner industriali globalmente riconosciuti.

3. Valutazione degli asset intangibili. I gestori non utilizzano più solo indicatori finanziari reddituali e patrimoniali, ma considerano anche variabili non finanziarie: esse sono considerate soggettive, ma ci sono tre punti cosiddetti asset intangibili che, secondo gli analisti, influenzano il 30% circa del valore di un titolo di un‟impresa a medio-alta capitalizzazione13. Esse sono: la qualità del management, il capitale intellettuale e la reputazione. Infatti, le modalità con cui vengono gestite le variabili ambientali e sociali possono essere considerate come indicatori della qualità del management, della reputazione cui gode l‟impresa e del capitale umano orientato verso una responsabilità per la sostenibilità.

4. Individuazione delle imprese più efficienti. In questo ambito assumono una notevole importanza i costi ambientali che l‟impresa deve sostenere sul processo di produzione, cosicché l‟investitore ha modo di discernere tra imprese che sono in grado di ridurre nel tempo tali costi e imprese che mantengono invece un atteggiamento di difesa limitandosi solamente a ottemperare alle disposizioni normative.

(20)

20

5. Marketing. Con la crescita della domanda per gli investimenti sostenibili e responsabili le istituzioni finanziarie hanno compreso che nei loro prodotti finanziari deve essere posta l‟attenzione alle questioni ambientali per poter cogliere le opportunità che il mercato offre. Baker e Nofsinger affermano, invece, che esistono due vantaggi nell‟utilizzare gli ISR. Per primo, le decisioni di investimento sono in linea con i valori personali dell‟investitore e gli investitori responsabili possono mettere pressione sulle imprese che non rispondono alle esigenze ambientali e sociali. Il secondo vantaggio riguarda le imprese considerate sostenibili e responsabili, le quali vengono considerate più forti e redditizie perché hanno meno probabilità di essere soggette ad azioni di responsabilità, a multe ed azioni legali 3.

Nell‟aprile del 2006, vengono, invece, lanciati i PRINCIPLES FOR RESPONSABLE INVESTMENT (PRI), dalla Borsa di New York, allo scopo di promuovere l‟integrazione di principi ambientali, sociali e di governance (ESG) nella gestione finanziaria dei patrimoni e di contribuire attivamente allo sviluppo di un sistema finanziario globale più sostenibile. L‟attività svolta dal PRI si basa sulla con-vinzione che le tematiche ESG, come i diritti umani ed i cambiamenti climatici, possano influenzare la performance degli investimenti e sia quindi opportuno prenderle in considerazione per garantire una gestione più efficiente degli investimenti.

Si tratta di:

1. Incorporare tematiche ESG nell‟analisi degli investimenti e nel processo decisionale; 2. Agire da azionisti attivi e incorporare le tematiche ESG nelle proprie linee guida; 3. Spingere le società a rendicontare su tematiche ESG;

4. Promuovere l‟implementazione dei principi nel settore finanziario; 5. Lavorare con gli altri firmatari per aumentare l‟efficacia dei principi;

6. Rendicontare sui propri progressi e sulle proprie attività nell‟implementazione dei principi. Il PRI fornisce ai firmatari una piattaforma globale (la Clearinghouse) per promuovere o sostenere iniziative di engagement sulle questioni ambientali, sociali e di governance, dirette a imprese, decisori politici e altri soggetti rilevanti nella catena di valore dell‟investimento.

A gennaio 2015 il PRI contava 1.349 firmatari (di cui il 65% è rappresentato da investment managers).

3

Kent Baker H., Nofsinger John R. , (2012) Socially Responsible Finance and Investing, Wiley, Hoboken, p.431

(21)

21

L‟ elemento che meglio caratterizza gli SRI è il processo di selezione dei titoli da inserire nel portafoglio. È possibile classificare gli investimenti in 4 macro aree 4: A) Lo screening negativo

È considerata la strategia più conosciuta e la più antica. Essa implica l‟esclusione di società o di settori che non rispettano gli standard ESG. Per quando riguarda il settore di attività, si evita l‟investimento in società che presentano un coinvolgimento nella commercializzazione o fabbricazione di tabacco, armi, alcool, pornografia, gioco d‟azzardo ed energia nucleare. Invece per quanto riguarda le politiche ambientali (Environmental) i settori che sono esclusi maggiormente risultano essere quelli petroliferi e minerari. Se si guarda alle politiche sociali (social) invece, sono escluse le aziende che impediscono la libertà sindacale e non rispettano i diritti umani.

B) Lo screening positivo

Questa strategia mira a promuovere gli investimenti in società considerate virtuose per l‟impegno a favore della sostenibilità nello svolgimento del proprio business. Elementi di valutazione in questo senso possono essere la trasparenza della gestione, la democrazia interna, la valorizzazione delle risorse umane, la partecipazione dei lavoratori alla gestione aziendale, il rispetto dell‟ambiente, la qualità dei prodotti, la salvaguardia della salute e l‟adesione a convenzioni internazionali socialmente rilevanti. Tutti questi criteri appena elencati possono, a differenza dei casi, presentare gradi di articolazioni differenti secondo una scala gerarchica su più livelli. Dove al primo livello si trovano le politiche ambientali, al secondo e al terzo livello trovano collocazione rispettivamente le politiche interne ed esterne delle aziende interessate. C) La community investing (o casued-basing investing)

Strategia che offre la possibilità di concedere dei finanziamenti a soggetti che non possono ottenere un prestito dalle istituzioni finanziarie tradizionali. Tale strategia mira a sostenere particolari cause meritevoli e soprattutto il denaro raccolto è investito per sostenere le comunità locali.

4

Signori S., Rusconi G., Dorigatti M. (a cura di), (2005), Etica e finanza, Franco Angeli Editore, Milano, p. 180-181

(22)

22

D) Azionariato attivo

L‟ultima strategia nata negli USA mira, attraverso la qualità di azionisti, a incoraggiare e intraprendere iniziative meritevoli dal lato della responsabilità sociale dell‟impresa con attività come la ricerca del dialogo con il management, la presentazione di mozioni nelle assemblee annuali dei soci o in casi estremi il boicottaggio e successiva dismissione delle partecipazioni in assenza di una collaborazione da parte della società.

Un altro modo di classificare gli investimenti sostenibili e responsabili è il rating ambientale e sociale. La metodologia del rating etico si basa sulle attività di screening per analizzare il mercato al fine di valutare quelle imprese che rientrano nei criteri prestabiliti. Tali criteri possono essere sia di tipo negativo che di tipo positivo, sia qualitativi che quantitativi. L‟approccio si divide in due fasi. La prima inizia con l‟attività di screening negativo, nella quale si escludono automaticamente da una qualsiasi valutazione sul proprio livello di eticità quelle imprese che operano in contrasto con i principi degli investitori. Vi è l‟applicazione di un vero e proprio filtro, poiché vengono eliminate a prescindere quelle aziende che realizzano una certa percentuale dei loro profitti da business palesemente non etici, come la produzione di armi, il gioco d‟azzardo, la pornografia, la produzione di alcolici o di tabacco. Lo screening negativo viene dunque adottato a livello di settore, e ha il vantaggio di essere facilmente applicabile e immediatamente comprensibile.

Tuttavia, anche nella scelta dei criteri di mera esclusione, si sottolinea l‟importanza di definire i principi di responsabilità sociale da prendere come riferimento per individuare quali business scartare.

La seconda fase è quella che caratterizza il rating etico ovvero l‟aggiunta dei criteri positivi di screening. Essi vengono applicati subito dopo la scrematura effettuata dai criteri negativi, per premiare le imprese in base all‟intensità del loro comportamento socialmente responsabile. In questa fase, la definizione dei principi di riferimento si basa sulla corrispondenza tra la situazione reale in cui si trova l‟azienda rispetto a una situazione in cui tutti i principi, definiti dall‟agenzia o dagli investitori, sono pienamente rispettati. Naturalmente, anche il settore di appartenenza dell‟impresa

(23)

23

può influire sulla definizione degli indicatori e dei pesi da scegliere per una sua corretta analisi. Con i criteri positivi di screening diventa possibile rappresentare la situazione di un mercato o di un settore con una scala di valutazione più articolata, che parte da un livello di massima eticità, per arrivare all‟esclusione, con un giudizio negativo, sulle imprese che si discostano eccessivamente dai valori di riferimento. Con lo sviluppo degli investimenti sostenibili si è assistito alla nascita e alla proliferazione di indici azionari di borsa che raggruppano imprese con particolari caratteristiche ESG. Tra questi vi sono:

La Morgan Stanley Capital International(MSCI) 5, dal 1970 realizza una serie di

indici, soprattutto di carattere azionario, utilizzati comunemente come benchmark da parte di circa 200 organizzazioni in tutto il mondo. Tra questi indici compaiono anche quelli sostenibili. Gli MSCI ESG sono una famiglia di indici globali progettati per identificare le imprese che hanno un elevato orientamento ambientale, sociale e di governance (ESG). Punto di partenza per la creazione è l‟indice MSCI Global Investable Market Indices, nel quale sono presenti la maggior parte delle imprese con un elevata capitalizzazione, quelle imprese che quando hanno un livello di rating pari a “B” sono candidate a essere inserite nei MSCI ESG.

Come primo passo, prima di procedere all‟analisi, viene stilata un‟elencazione di 34 indicatori ambientali, sociali e di governance così elencati: Ambiente. Emissioni GHG, emissioni tossiche, opportunità di utilizzare energie rinnovabili, opportunità di utilizzare tecnologie pulite. Sociale. Salute e sicurezza sul posto di lavoro, accesso ai finanziamenti, sviluppo del capitale umano, rispetto dei diritti umani. Governance. Corruzione, instabilità del sistema finanziario, pratiche Anti competitive, Gestione societaria, business etici e frodi.

I Dow Jones Sustainability Indices (DJSI)6, fondati nel 1999, sono una famiglia

di indici che si prefiggono di diventare punti di riferimento per gli investimenti

5 MSCI (2013), MSCI ESG Intangible Value Assessment, in www.msci.com 6

(24)

24

sostenibili. Sono nati grazie a una collaborazione tra S&P, Dow Jones e RobecoSam. Il Dow Jones Sustainability index monitora il rendimento delle più grandi aziende dei paesi sviluppati che incorporano nella loro gestione i criteri ambientali e sociali. La valutazione di queste aziende viene fatta dalla RobecoSam, una società d‟investimento con sede a Zurigo specializzata nella sostenibilità. Lo strumento utilizzato per la valutazione è chiamato Corporate Sustainability Assessment (CSA). Nei Dow Jones Sustainability Indices, vengono presi in esame l‟indice Dow Jones Sustainability Europe index che replica le performance del 20 per cento delle società con le migliori caratteristiche sostenibili nell‟universo delle 600 più grandi società europee. E il Dow Jones Sustainibility World index che replica le performance del 10 per cento delle più grandi società a livello mondiale presenti nel Dow Jones Global Total Stock Market Index.

Gli indici Dow Jones Sustainability utilizzano un approccio best in class per scegliere, da ogni settore, le migliori società sostenibili sulla base di criteri sviluppati nel Corporate Sustainability Assessment . Per il Dow Jones l‟approccio best in class, significa che:

Nessun settore è escluso dagli indici, poiché le imprese più sostenibili in ogni settore sono selezionate per farne parte;

Le imprese ricevono un punteggio totale di sostenibilità tra 0 – 100;

Solo il 20% delle imprese di ogni settore, in base al loro punteggio di sostenibilità, sono incluse nei Dow Jones Sustainability Indices.

(25)

25

Fonte: Quotazioni, in euro, degli indici Dow Jones Europe e DJSI Europe, 01/09/10 = 100 (Elaborazioni su dati Thomson Datastream)

Il mercato italiano degli SRI: criteri e tecniche di selezione

Tra la vasta gamma dei fondi comuni d‟investimento, da ormai molti anni, sono entrati a farne parte gli investimenti socialmente responsabili, in acronimo SRI. Questi fondi gestiscono il patrimonio, al fine di massimizzarne il profitto, investendo in imprese, settori o stati selezionati, in base a criteri etici già stabili ex-ante. La domanda che un investitore comune potrebbe porsi è se questa tipologia di fondi presenta differenziali di rendimenti maggiormente significativi rispetto ai fondi tradizionali. Rispondere a una tale domanda risulta difficile, perché da un lato l‟adozione di criteri etici, per la selezione di imprese da inserire nel portafoglio di investimenti, limita le scelte del gestore e riduce la possibilità di diversificazione degli investimenti stessi; dall‟altro lato, adottando criteri etici per la selezione degli investimenti, il livello delle commissioni applicate dai gestori dei fondi socialmente responsabili risulterà essere maggiore rispetto a quelle applicate ai fondi non etici, in quanto, gli SRI richiedono un‟attività più onerosa e complessa dal punto di vista organizzativo e gestionale rispetto ai fondi non etici. Gli investimenti socialmente responsabili, in quanto fondi comuni, possono essere distinti in base alle consuete classificazioni applicate ai prodotti tradizionali quali, mobiliari vs immobiliari, chiusi vs aperti, azionari, obbligazionari, ecc. Nella definizione di SRI, non rientrano i “fondi charity”; si tratta di gestioni che investono in schemi tradizionali, cioè senza operare sulla base di criteri etici dei titoli acquistati e che devolvono parte dei rendimenti, ricavati dagli investimenti, a favore di iniziative di carattere sociale. Sono, invece, considerati SRI i cosiddetti “fondi verdi” o “green funds”, ossia gestioni che privilegiano e autorizzano criteri ambientali nella selezione degli investimenti. Questi rappresentano solo una sottocategoria dei fondi socialmente responsabili in quanto utilizzano, come criterio di selezione, un solo parametro di sostenibilità che è quello ambientale.

Seppur non esistano parametri oggettivi per qualificare l‟eticità di un investimento, ne regole generali nel processo di selezione degli investimenti etici, alcuni studiosi,

(26)

26

hanno riportato una classificazione che sintetizza i criteri di selezione più comuni per gli investimenti etici 7.

Tabella 1. Criteri etici di selezione degli investimenti

criteri di esclusione: alcol, tabacco, energia nucleare,

pornografia, armi.

Criteri di inclusione: Politiche ambientali: Impatto ambientale

della produzione e misure prese per ridurlo, utilizzo

fonti energia rinnovabili, misure contenimento inquinamento, qualità

dei prodotti e dei processi produttivi. Politiche interne: Politiche di gestione delle risorse umane, condizioni di lavoro, rapporti sindacali;

Politiche esterne: Trasparenza della gestione, qualità delle relazioni con tutti gli stakeholders, investimenti sociali.

Fonte: Dal Maso D. e Bartolomeo M., (2001), Finanza e sviluppo sostenibile, Il Sole 24 Ore, Milano.

L‟applicazione di criteri etici di selezione degli investimenti può riguardare anche i Paesi, nel caso di valutazione di titoli emessi dagli enti governativi. In questo caso il processo di screening assume caratteri di maggiore aleatorietà, poiché non è sempre agevole ipotizzare quali progetti verranno finanziati con l‟introito che deriva allo Stato dal collocamento del debito. Si tratta allora di identificare criteri che distinguano ex ante Stati più o meno responsabili; i parametri normalmente presi in considerazione sono l‟assenza di regimi oppressivi, la tutela dei diritti dell‟uomo; l‟intervento a sostegno di paesi colpiti da guerre e catastrofi (Viganò, 2001; Dal Maso, Bartolomeo, 2001; Cory, 2001; Lanza, Calcaterra, Perrini, 2001).

7

(Viganò, 2001; Dal Maso, Bartolomeo, 2001; Cory, 2001; Lanza, Calcaterra, Perrini, 2001; Arzeni, 2002; Hancock, 2002; Lewis, 2002).

(27)

27

Il processo di selezione degli investimenti si presenta con tre livelli di complessità tra loro differenti. Può avvenire in tre modi:

 Su iniziativa autonoma del gestore;

 Sotto la responsabilità di un Comitato interno, al quale viene affidata la funzione di individuazione dei criteri etici e una funzione di supervisione del lavoro del gestore;

 Sulla base di una delega a una società esterna incaricata della selezione dei titoli nell‟ambito di un rapporto di consulenza.

Nei primi due casi, il fondo si avvale di risorse interne; nel terzo caso, si fa ricorso a risorse esterne.

Nel mondo esistono oltre 500 fondi etici che gestiscono un patrimonio complessivo di 30 miliardi di euro. La quota più rilevante del mercato europeo è detenuta da Regno Unito, Svezia, Francia e Belgio a cui fa capo il 68% dei fondi (Avanzi SRI Research, 2002). In Italia, i fondi socialmente responsabili rappresentano una quota più contenuta rispetto alla media europea, gestendo una quota pari allo 0.35% del patrimonio complessivo dei fondi comuni d‟investimento. Nel panorama italiano dei prodotti di risparmio gestito, infatti, i fondi etici hanno fatto la loro comparsa all‟inizio degli anni Novanta con il fondo Sanpaolo Salute e Ambiente collocato nell‟aprile del 1990; fino al 1994 il fondo Sanpaolo Salute e Ambiente è stato l‟unico fondo etico (green) offerto in Italia. A cavallo tra la prima e la seconda metà degli anni Novanta il comparto dei fondi socialmente responsabili ha visto la nascita di sei nuovi fondi, ma è solo a partire dal 2000 che questo mercato è diventato particolarmente attivo: 14 dei 21 fondi socialmente responsabili attualmente esistenti sono stati collocati tra il 2000 e il 2003. Sono due le principali SGR che operano esclusivamente nel segmento etico del risparmio gestito: la Agenzia Europea degli Investimenti Sgr 8, che gestisce il Fondo “ETIF”, ed Etica Sgr, società di gestione di Banca Etica, che a fine febbraio 2003 ha lanciato tre fondi comuni di investimento socialmente responsabili (Valori Responsabili Monetario, Obbligazionario misto, Bilanciato).

Il mercato è concentrato presso Sanpaolo IMI Sgr, che detiene con i suoi quattro

8 La Agenzia Europea degli Investimento Sgr, nata nel luglio del 2001, è controllata dalla Agenzia Europea degli Investimenti Spa, società costituita nel febbraio 2001 e avente per oggetto

l’assunzione di partecipazioni in società dei gestione del risparmio volte alla costituzione di fondi di investimento (Gavazzoli Schettini J., 2002; www.aei.it).

(28)

28

fondi etici, più del 79% del risparmio complessivamente investito in fondi socialmente responsabili italiani. Le ragioni che derivano da questa scelta di concentramento dipendono dal fatto che SanPaolo IMI Sgr è la prima società di gestione italiana per ammontare di risparmio gestito (21,5% del risparmio complessivamente gestito da intermediari italiani a fine gennaio 2003. Assogestioni, 2003). Inoltre, i fondi etici Sanpaolo sono stati tra i primi ad essere collocati sul mercato italiano e la sottoscrizione di quote è stata promossa con ingenti investimenti pubblicitari. Anche se l‟evoluzione nel tempo delle diverse tipologie di fondi etici offerti in Italia sembra riflettere un approccio più articolato al tema etico, vi è tuttavia una caratteristica comune alla quasi totalità dei fondi che segnala il relativo grado di immaturità del mercato italiano di fondi socialmente responsabili. I fondi di diritto italiano, oltre ad essere socialmente responsabili, sono anche charity, ovvero devolvono una parte dei proventi conseguiti dall‟investitore e/o dalla società di gestione . Si tratta di una peculiarità dei prodotti italiani, riconducibile probabilmente al limitato sviluppo della cultura della finanza etica in Italia. All‟estero, invece, dove la cultura della responsabilità sociale ha una tradizione più radicata, il carattere etico del fondo è qualificato unicamente dalle politiche di gestione, piuttosto che da scelte relative alla devoluzione.

Il grado di eticità del fondo è finalizzato a verificare in quale misura questo soddisfa il desiderio espresso dall‟investitore. Per quanto riguarda la performance, l‟applicazione dei criteri etici fa si che il gestore possa investire solo in un determinato sottoinsieme di attività finanziarie. Di conseguenza, dal punto di vista normativo, la Sgr dovrebbe sostenere oneri maggiori che si riflettono in commissioni più elevate a carico dell‟investitore. Inoltre, molti fondi socialmente responsabili prevedono la devoluzione di una parte della commissione di gestione a carico della Sgr, che potrebbe decidere di ribaltare di fatto una parte di tale maggior onere sull‟investitore aumentando il livello delle commissioni.

Attraverso i prospetti informativi e i regolamenti di gestione si è proceduto

all‟analisi delle caratteristiche di eticità dei fondi socialmente responsabili operanti in Italia. A ciascun fondo è stata assegnata una classe di eticità che dipende dal numero di filtri di selezione applicati dal gestore e dalla presenza o meno di un advisor esterno nel processo di selezione degli investimenti.

(29)

29

Con riguardo ai criteri di selezione degli investimenti sono stati attribuiti i seguenti punteggi 9:

- 1 punto sia ai fondi che prevedono la mera adozione di criteri di esclusione sia a quelli i cui criteri di screening sono basati su generiche indicazioni di inclusione e esclusione. Rientrano in questo secondo caso criteri di selezione così esplicitati: “vengono esclusi investimenti in titoli di emittenti che operano nel settore armamenti e vengono privilegiati gli emittenti le cui attività non sono in contrasto con l‟ambiente e con i diritti dell‟uomo” (Roma Caput Mundi); oppure “vengono prevalentemente selezionati gli emittenti che si distinguono per un impegno significativo verso la tutela dell‟ambiente e il rispetto di principi etici e sociali” (Ducato Etico Globale). Si noti la presenza di termini quali “privilegiati” o “prevalentemente” che, pur indicando l‟orientamento del fondo, di fatto lasciano al gestore ampi margini di discrezionalità nella effettiva applicazione di criteri etici di selezione degli investimenti. Il riferimento a principi generici e l‟assenza in alcuni casi di una lista dettagliata dei criteri utilizzati, sia negativi che positivi, peraltro stride con la circostanza che il comparto etico dovrebbe in generale distinguersi per la trasparenza della gestione;

- 2 punti a quei fondi che prevedono oltre ai criteri di selezione negativi, anche criteri di inclusione relativi all‟adozione di politiche a sostegno dell‟ambiente; - 3 punti a quei fondi che selezionano imprese sulla base di criteri di inclusione che considerano il rispetto sia di politiche ambientali sia di politiche interne;

-4 punti a quei fondi che adottano criteri di selezione che prendono in considerazione tutti i citati ambiti della responsabilità sociale.

Oltre ai criteri utilizzati dal gestore nella selezione delle imprese, un secondo elemento che riflette il grado di eticità del fondo è il processo di selezione degli investimenti. Il grado di eticità del fondo dovrebbe elevarsi se la selezione degli investimenti è realizzata con l‟intervento di advisor esterni o individuando le imprese tra quelle incluse in un indice etico. Le società di rating etiche e i gestori di indici etici, infatti, fanno della definizione e della applicazione di criteri di eticità il proprio core business e dunque dovrebbero apportare ai gestori un contributo positivo in termini di know how ed expertise, importante soprattutto in un mercato, quale quello

(30)

30

italiano, dove la tradizione dei fondi socialmente responsabili è ancora poco consolidata.

Quasi la metà dei fondi socialmente responsabili collocati in Italia presenta un grado di eticità ridotto poiché limita i criteri di selezione alla esclusione di imprese operanti in settori non etici e alla inclusione di aziende che adottano politiche ambientali sostenibili. In sintesi, l‟analisi dei prospetti informativi mostra che nel tempo è aumentato il grado di articolazione dei criteri etici attraverso i quali vengono selezionate le imprese da inserire in portafoglio e che oggi l‟offerta di fondi socialmente responsabili è costituita anche da prodotti che adottano criteri etici di selezione più sofisticati.

Al fine di poter verificare se un fondo socialmente responsabile presenti differenziali di rendimento statisticamente maggiori rispetto ad un fondo non etico, come accennato in precedenza, si è pensato di procedere ad un confronto tra la performance degli SRI e quella di un indice azionario non etico. È stato scelto come indice azionario non etico il MSCI World Index. Si tratta di un indice globale di borsa che sintetizza i prezzi delle azioni quotate sui principali mercati azionari e che include il reinvestimento dei dividendi. La scelta di tale indice è coerente con i mercati rilevanti di investimento del campione di fondi azionari socialmente responsabili oggetto d‟analisi e con la circostanza che i fondi incassano i dividendi dei titoli detenuti in portafoglio 10.

Il valore della quota dei fondi è inoltre espresso al netto delle commissioni di gestione, che giornalmente vengono calcolate dalla società di gestione sul NAV del fondo, mentre il valore dell‟indice non è evidentemente gravato da alcun onere di gestione.

Rendimento mensile dell‟indice: Ri t = (p(t)/p(t-1)

dove: p=prezzo al mese t;

p(t-1)= prezzo al mese t-1;

Rendimento mensile nettizzato dell‟indice:

10

MSCI World è un indice “puro” di prezzo, il cui valore è ridotto in occasione dello stacco di dividendi su azioni ordinarie per tener conto del venir meno del diritto patrimoniale incorporato nel prezzo delle azioni. MSCI World Total Return (indice di “performance”) è una variante dei MSCI World che include i dividendi, assumendone il reinvestimento a un tasso pari alla variazione dell’indice azionario. (www.msci.com).

(31)

31 Ri*t = 0,875Ri t

Rendimento mensile del fondo: Rp(t)= ln ( q(t)/ q(t-1);

dove: q(t-1)= quota mensile al tempo t-1; q(t)= valore quota al tempo t

Al fine di sintetizzare in un unico indicatore il rendimento e il livello di rischio assunto dal fondo a fronte di tali rendimenti, si è proceduto al calcolo dell‟Alpha di Jensen. Alla decisione di utilizzare l‟Alpha di Jensen si è arrivati dopo aver indagato, con esito negativo, la possibilità di utilizzare l‟indice di Sharpe e l‟indice di Treynor, due indicatori normalmente utilizzati come misure di Risk adjusted performance (RAP). L‟indice di Sharpe non è stato utilizzato perché considera, quale misura di rischio, il rischio complessivo del fondo misurato dallo scarto quadratico medio dei rendimenti e, in presenza di rendimenti negativi, l‟indice perde valore. L‟indice di Treynor è stato ritenuto non idoneo perché i fondi hanno conseguito rendimenti negativi e tale indice, quando assume valore negativo, perde di significato. Quanto più elevato è il valore dell‟indice di Treynor, tanto maggiore è il rendimento del fondo per unità di rischio sistematico sopportata; in altri termini un fondo che presenti un indice di Treynor più elevato è in generale da preferire a un fondo con valori dell‟indice più bassi. Tuttavia, tale indicazione non è più valida quando l‟indice di Treynor assume segno negativo, cioè quando il rendimento conseguito dal fondo è negativo oppure è positivo ma inferiore al tasso risk free (Anolli, Petrella, 2003).

In conclusione, è possibile affermare che, sulla base di numerosi studi e analisi su campioni, sul mercato italiano esistano prodotti in grado di soddisfare le attese espresse dai sottoscrittori di fondi etici di investire il proprio patrimonio in imprese socialmente responsabili. Vi è tuttavia da rilevare che tale analisi si basa su quanto indicato dalle società di gestione nei prospetti informativi e dunque non tiene conto della effettiva accuratezza con cui tali criteri vengono poi applicati per selezionare le imprese. In altri termini nessun riscontro è possibile sulla qualità dei processi interni e sul modo in cui tali criteri vengono effettivamente applicati. L‟effetto dell‟adozione di criteri etici di selezione sul profilo economico dei fondi non sembra essere particolarmente rilevante. La performance potrebbe risentire dei vincoli alla possibilità di diversificazione degli investimenti conseguenti alla applicazione di

(32)

32

criteri etici di selezione, che potrebbero peggiorare le combinazioni di rischio/rendimento a disposizione dell‟investitore. Ma potrebbe anche essere il risultato di una applicazione ancora poco rigorosa dei criteri etici di selezione degli investimenti, che non differenzia effettivamente l‟investimento etico da quello non etico bensì che lega i risultati alla bravura del gestore.

Ad oggi, non è facile una definizione univoca di quelli che sono gli investimenti socialmente responsabili. Ciò è dovuto, in larga parte, alle diverse matrici culturali e alle varie visioni delle imprese che operano nei cinque continenti. In Europa, dove gli SRI hanno avuto una forte crescita, sono nate associazioni che hanno contribuito a a individuare le caratteristiche di base e le metodologie di selezione di questi investimenti e hanno ottenuto il consenso da parte di tutti i maggiori investitori istituzionali del continente. Oggi, queste istituzioni sono punto di riferimento per la crescita degli ISR grazie al lavoro di ricerca e sensibilizzazione sull‟argomento.

(33)

33

1.3 La corporate social responsibility (CSR)

Nella realtà e nell‟operare delle imprese, si sente spesso parlare di responsabilità sociale o, con il termine anglosassone, Corporate Social Responsibility. In generale, la CSR viene definita, dal Libro Verde della Commissione Europea, come “un‟integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”. Riguarda principalmente implicazioni di natura etica all‟interno della visione strategica d‟impresa e si manifesta nella volontà di contribuire al benessere collettivo. Si configura altresì come l‟insieme delle responsabilità che l‟impresa ha nei confronti dei vari soggetti, influenzati dall‟operato della stessa, in quanto, oggi il compito delle aziende non è quello di creare solo profitto ma, anche confrontarsi con i bisogni della società attuale. Gli autori Perrini e Tencati, nel 2008, definirono la corporate social responsibility come un nuovo approccio strategico alla visione dell‟impresa, basato su una visione relazionale della stessa.

Il concetto di responsabilità sociale inizia a instaurarsi nelle organizzazioni aziendali a partire dagli anni ‟30, dopo la crisi di Wall Street. Da questo momento in poi, molti manager si rendono conto che non devono dare conto solo alla banche e agli investitori, ma anche ai dipendenti, clienti e, in generale, a tutta la società in cui operano. La nascita della moderna visione di CSR è ricondotta a Howard Rothmann Bowen che, nel 1953, pubblicò un articolo, dal titolo “Social Responsibilities of the Businessman”, nel quale evidenziò come è importante considerare, oltre i fini economici, anche gli effetti che l‟impresa ha sulla società e sul territorio sul quale è localizzata. Negli anni ‟80, si svilupparono due grandi filoni di letteratura in merito al tema descritto: la teoria degli stakeholder di Freeman e gli studi di Business Ethics. Il primo orientamento introduce una visione globale dell‟impresa, nella quale tutti i portatori di interessi diventano soggetti attivi, nel momento in cui si relazionano con l‟impresa. In tal caso, un‟impresa socialmente responsabile dovrà considerare gli interessi di tutti gli stakeholder, cercando di raggiungere equilibrio e coordinamento nel soddisfacimento degli interessi economici, sociali e ambientali di questi al fine di poter operare con successo. Dall‟altra parte, gli studi di Business Ethics, si concentrarono su un versante “morale” di CSR, facendo emergere due visioni di responsabilità sociale: una visione strategica, che mira ad ottenere un vantaggio economico; una visone etica, che ritiene che l‟agire dell‟impresa deve essere fondato sul rispetto della società.

Riferimenti

Documenti correlati

This fact, together with a known formula for the constant term of the E-characteristic polynomial of f , leads to a closed formula for the product of the E-eigenvalues of f ,

I motivi principali dalla rilevanza dei due standard, che ne giustificano un ragionamento dedicato nelle prossime pagine, ineriscono alla loro diffusione, allo spessore e

Edizione italiana: “Una teoria della storia economica”.. “Opzioni, futures e altri derivati”, titolo

Gioacchino Natoli, magistrato noto per la sua attività nel pool antimafia di Palermo, componente del Consiglio Superiore della Magistratura (breviter CSM), già

en estos tres años que llevamos trabajando so- bre el Valle de Aranguren han sido muchas perso- nas las que han tomado parte colaborando de for- ma voluntaria; entre otros

The basic ingredients to build up the Hamiltonian matrix which determines the time evolution of the system are there- fore: i) the relative energy of the L vibronic ground states

les monastères dans le royaume d’Italie, in La royauté cit., pp.. vano principesse imperiali e le donne dell’alta aristocrazia carolin- gia 301 , svolto