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La gestione della sicurezza e della qualità in azienda. Impatto nella situazione economica.

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Academic year: 2021

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U

NIVERSITÀ DI

P

ISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea Magistrale in Strategia, Management e Controllo

T

ESI DI

L

AUREA

“La gestione della sicurezza e della qualità in azienda. Impatto nella situazione economica”

Candidato Relatore

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Ringraziamenti

E’ difficile scrivere dei ringraziamenti per molti motivi. Il primo, perché tantissime persone hanno contribuito a formare la persona che oggi sono ed `e impossibile elencarli tutti in una paginetta o poco più (ma loro lo sanno...), il secondo perché anche con l’enorme gioia di tagliare un traguardo importante come la laurea, si ha sempre paura di perdere qualcosa, l’ambiente stesso di un’esperienza che costituisce una parte di vita fondamentale. Terzo motivo, meno serio, ad economica si perde un po’ la mano allo ”scrivere bene”, ne potrei elencare altri, ma rischierei di andare fuori tema…

Comunque a questo desiderato momento ci sono arrivata, scrivere i ringraziamenti per la mia tesi di Laurea.

Prima di tutto vorrei ringraziare la Professoressa Talarico Lucia, per avermi ispirato con le sue materie e conoscenza. La ringrazio inoltre per avermi guidata ed aiutata durante questo lavoro di tesi. Spero di aver dato delle conferme e di essere stata all’altezza di quanto mi è stato chiesto di fare, di certo l’impegno e la passione da parte mia non sono mancati. Grazie!

Un grazie sentito va al Dr. Daniele Degl’Innocenti, per non avermi mai fatta sentire sola e per aver cercato di insegnarmi una minima percentuale di tutto il suo immenso sapere. Grazie anche a tutto lo staff della “Pan di Vico Srl”.

Grazie alla “Salvini Impianti Srl”, in particolar modo ad Andrea e Patrizia, per avermi aiutato e consigliato durante questo percorso.

Spero di non aver disturbato troppo nessuno, e spero inoltre di poter continuare in futuro ad applicarmi in tali ambiti e con le stesse persone con le quali ho avuto il piacere e l’onore di lavorare per questa tesi che potrebbe magari sembrare un tantino avventurosa agli occhi di molti...ma `e stata di gran lunga un’enorme soddisfazione che ripeterei fin da subito! Penso che per ”contenere” tutto quello che ho imparato non basterebbero tre corsi interi; è suciente questo per farmi esprimere una profonda gratitudine verso coloro che mi hanno portato a tale risultato.

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Inoltre un enorme Grazie ai miei genitori,a mia sorella e a mia nonna, per avermi sostenuto in questo lungo percorso, fatto di alti e di bassi, sempre pronti a sostenermi in ogni momento di vita, a gioire con me, a piangere con me ed a spronarmi a non arrendermi mai.

Una grazie particolare a mio padre, il mio vero punto di riferimento, il mio modello di uomo. Unico.

Grazie a mia mamma che con la sua dolcezza e concretezza rende tutto migliore.

Grazie a Deborah, mia sorella, che mi ha aiutata a sdrammatizzare qualche momento di difficoltà.

Mamma papà e Deborah non vi preoccupate più: finalmente è finita, almeno l’università!!! Infine, un ultimo ringraziamento va a Massimo che mi ha sempre tenuta per mano e che con il suo aiuto ha facilitato, resa bella e affascinante la parte più difficile di questa tesi e che è stato sempre pronto a tutto. Grazie per avermi aiutato e sostenuto e grazie soprattutto per tutti quei momenti (e vi assicuro che sono stati tanti) in cui ti “stressavo” cercando di spiegarti tutte le contorsioni mentali dei costi sulla sicurezza e i costi sulla qualità di questa tesi! Grazie Amore. (alla fine la paginetta sono diventate ”due paginette”, ma si sa l’uomo non `e fatto solo di numeri..)

Grazie a tutti!

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PREMESSA

Spesso siamo chiamati a parlare delle aziende e delle loro problematiche amministrative, contabili, civilistiche.

Il titolo che sto conseguendo si associa con “automatismo mentale” ad esse. Anzi, proprio perché specializzati nell’esplorare le risultanze dei dati, analizzando i numeri ottenuti, sembrerebbe normale fermarsi ad essi. Così non è: l’azienda non è un bilancio, non è un codice, né tantomeno una giungla di norme da applicare.

Un'azienda, è un'organizzazione di persone e mezzi finalizzata alla soddisfazione di bisogni umani attraverso la produzione, la distribuzione o il consumo di beni economici. E’ proprio qui che mi sono soffermata, sulle persone, le quali poi combinano, organizzano i fattori produttivi per creare l’azienda stessa, ma, le persone rimangono sempre e comunque la sua componente originaria e principale.

Con questo mio lavoro sto incentrando la mia analisi proprio su di esse, allargando i miei ragionamenti all’argomento della sicurezza negli ambienti di lavoro e il controllo della qualità proprio per comprendere che “le persone”, elemento indispensabile delle aziende, operando in sicurezza contribuiscono ad innalzare il valore dei risultati economici e finanziari delle aziende che da loro vengono rappresentati.

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Sommario

INTRODUZIONE ... 9

CAPITOLO 1: PRINCIPALI NOVITA’ DEL DECRETO LEGISLATIVO 626/94... 11

1.1 DALLA LEGGE 626/94 AL D.LGS. 81/08, I CAMBIAMENTI ... 16

1.2. LE PIU’ IMPORTANTI MODIFICHE DEL TESTO UNICO 81 INTRODOTTE CON D.LGS. 106/2009 ... 17

1.3. IL NUOVO SISTEMA ISTITUZIONALE ... 20

CAPITOLO 2: PROCEDIMENTO PER LA CONDUZIONE DELLA VALUTAZIONE DEI RISCHI ... 24

2.1. INDIVIDUAZIONE DELLE AREE OMOGENEE ... 27

2.2 INDIVIDUAZIONE DELLE MANSIONI RAPPRESENTATIVE ... 28

2.3. VERIFICA DELL’EFFETTIVA PRESENZA DI CONDIZIONI DI RISCHIO ... 29

2.4. STRUMENTI DI BASE PER L’ANALISI ... 29

2.5. ANALISI DI RISCHIO PER MANSIONE (JSA) ... 30

2.6. DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE DEI PERICOLI ... 31

CAPITOLO 3: DECRETO LEGISLATIVO 231/2001... 36

3.1. QUADRO NORMATIVO ... 37

3.2. LE LINEE GUIDA DI CONFINDUSTRIA ... 38

3.3. IL CODICE ETIVO O DI COMPORTAMENTO CON RIFERIMENTO AI REATI EC D.LGS. 231/2001 E SISTEMA DISCIPLINARE ... 45

3.4. IL MODELLO 231 IN RELAZIONE ALLA TEMATICA DELLA SALUTE E SICUREZZA SUI LUOGHI DI LAVORO... 48

CAPITOLO 4: SICUREZZA IGIENICO – ALIMENTARE ... 51

4.1. QUADRO NORMATIVO DELLA SICUREZZA IGIENICO – ALIMENTARE ... 51

4.2. REGOLAMENTO CE 852/2004 ... 52

4.3. LA RINTRACCIABILITA’ ... 54

4.4. IL SISTEMA HACCP ( Applicazione e norme di riferimento) ... 56

CAPITOLO 5: LA QUALITA’ ... 62

5.1. NORME DELLE SERIE ISO 9001 ... 64

5.2. ISO 19011 ... 67

5.3. AUDITING ... 68

5.4. ENTE NAZIONALE ITALIANO DI UNIFICAZIONE ... 68

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CAPITOLO 6: PAN DI VICO SRL. ... 76

6.1. POLITICA AZIENDALE ... 77

6.2. STRUTURA AZIENDALE ... 79

6.3. MATRICE DELLE RESPONSABILITA’ ... 80

6.4. ANALISI DEI PERICOLI ED IDENTIFICAZIONE DEI RISCHI ... 88

CAPITOLO 7: SALVINI IMPIANTI SRL ... 95

7.1. LA STORIA ... 95 7.2. LE CERTIFICAZIONI ... 96 7.3. IL MANUALE INTEGRATO ... 98 7.4. IDENTIFICAZIONE PROCESSI ... 100 7.5.POLITICA AZIENDALE ... 100 7.6. ORGANIGRAMMA ... 102

7.7. AUDIT DEL SISTEMA INTEGRATO ... 103

CAPITOLO 8: CASO PRATICO SULLA NORMATIVA ANALIZZATA ... 104

8.1. IMPATTO ECONOMICO IN “PAN DI VICO SRL” ... 104

8.2. IPOTESI 1: MANCATA ADESIONE AL “PACCHETTO IGIENE” E MANCATA MESSA IN ATTO DEI COSTI SULLA SICUREZZA... 114

8.3. IMPATTO ECONOMICO IN “SALVINI IMPIANTI SRL” ... 115

8.4. IPOTESI 2: MANCATA ADESIONE ALLE CERTIFICAZIONI DI QUALITA’ E MANCATA MESSA IN ATTO DEI COSTI SULLA SICUREZZA ... 123

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INTRODUZIONE

La sicurezza del lavoro è uno dei più rilevanti problemi della condizione lavorativa e il suo significato è strettamente collegato ai concetti di pericolo e di rischio, e corrisponde alla condizione in cui il pericolo e/o il rischio sono ridotti a livelli accettabili o eliminati.

Per “Sicurezza sul lavoro” s’intende, infatti, la situazione nella quale il lavoratore è posto nella condizione di lavorare senza esporsi al rischio d’incidenti, e in particolare, il luogo di lavoro è dotato degli accorgimenti e degli strumenti che forniscono un ragionevole grado di protezione contro la possibilità materiale del verificarsi degli stessi.

Le misure di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori hanno il fine di migliorare le condizioni di lavoro, ridurre la possibilità d’infortuni ai dipendenti dell’azienda o nei confronti di chiunque si trovi, anche occasionalmente, all’interno di essa. Misure d’igiene e tutela della salute devono essere quindi necessariamente, ed obbligatoriamente, adottate al fine di proteggere il lavoratore da possibili danni alla salute come infortuni sul lavoro e malattie professionale, e la popolazione generale e l’ambiente.

In Italia, la salute e la sicurezza sul lavoro sono disciplinate dal D.Lgs. 81/2008 (conosciuto come Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro) entrato in vigore il 15 maggio, 2008, e dalle relative Disposizioni correttive, ovvero il D.Lgs. 106/2009. Questo decreto ha avuto molti precedenti normativi storici, alcuni risalenti al 1955 e al 1956, e altri più conosciuti e più recenti come il d.lgs. 626 del 1994.

Il Decreto Legislativo del 19 settembre 1994, n. 626 è un atto normativo della Repubblica Italiana emanato per ordinare la sicurezza sui luoghi di lavoro, in attuazione di alcune direttive dell’Unione Europea. La norma invero non fu la prima a regolare la sicurezza nei luoghi di lavoro, disciplinata sin dagli anni ’50, ma superò alcune leggi precedenti, dando una forma organica alle normative in oggetto, pur non abrogandole formalmente.

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recante disposizioni integrative e correttive. Le norme contenute nel cosiddetto “decreto correttivo” sono entrate in vigore il 20 agosto 2009.

Le prime leggi sulla sicurezza dei luoghi di lavoro furono introdotte in Italia nel 1930 con il codice penale (art. 437) e nel 1942 nel codice civile (art. 2087) mentre le prime leggi specifiche sull’argomento risalgono agli anni 50. Le prime vere e proprie norme furono emanate con:

D.P.R. del 27 aprile 1955, n. 547;

D.P.R. del 7 gennaio 1956, n. 164 (relativo alle costruzioni); D.P.R. del 19 marzo 1956, n. 303

Questi decreti, molto corposi e ben costituiti, sono stati effettivamente tra i meno applicati nella storia dell’Italia repubblicana, dato l’enorme numero d’infortuni sul lavoro registrati sia in fabbrica sia nell’edilizia.

Negli anni 90, dopo l’ingresso in Europa e l’emanazione di direttive europee in materia, sono stati propagati un paio d’importanti decreti legislativi: il n. 626 del 1994 e il n. 494 del 1996, che obbligarono le imprese, i committenti e i datori di lavoro al rispetto dei decreti precedenti, a gestire il miglioramento continuo delle condizioni di lavoro, ad introdurre la formazione e l’informazione sui rischi, per i quali sono state create nuove figure professionali responsabili per la sicurezza. Con l’ aggiornamento annuale, sono seguiti altri decreti di chiarimento e di miglioramento oltre a leggi regionali.

Questa tesi si pone il compito di analizzare due aziende. Una molto attenta ai costi della sicurezza, sia quella sul lavoro, che quella igienico – alimentare, disciplinata dal “Pacchetto Igiene” dove sono racchiuse le principali normative comunitarie. E l’altra azienda che oltre ai suddetti costi della sicurezza, mette in atto tutto il controllo di qualità sostenendo i relativi costi per dimostrare che con la loro attuazione si possono avere dei maggiori ricavi, nonostante i maggiori costi sostenuti

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CAPITOLO 1: PRINCIPALI NOVITA’ DEL DECRETO LEGISLATIVO

626/94

SOMMARIO: PRINCIPALI NOVITA’ DEL DECRETO LEGISLATIVO 626; 1.1. Dalla legge 626/94 al D.Lgs. 81/08, i cambiamenti; 1.2. Le più importanti modifiche del Testo Unico 81 introdotte con il D.Lgs. 106/2009; 1.3. Il nuovo sistema istituzionale.

La principale novità fu, l’emanazione del D.lgs. 626/94, in coerenza con concetti espressi nelle direttive CE in esso recepite, è l’obbligo della valutazione dei rischi (risk assessment) da parte del datore di lavoro.

Tra le novità introdotte dal D.lgs. 626, abbiamo:

Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (art.18) che deve essere eletto dai lavoratori stessi e deve essere consultato preventivamente in tutti i processi di valutazione dei rischi;

Individuazione della figura del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP).

La valutazione del rischio, quindi, è un processo d’individuazione dei pericoli, e in seguito, di tutte le misure di prevenzione e protezione volte a ridurre al minimo sostenibile le probabilità (quindi il rischio) e il danno conseguente a potenziali infortuni e malattie professionali.

Rispetto alla normativa precedente oggi il datore di lavoro non è solo “debitore della sicurezza nei posti di lavoro” ma deve essere partecipe e responsabile di un processo di miglioramento delle condizioni di sicurezza, attraverso una periodica valutazione dei rischi (che viene documentata in un apposito “documento di valutazione dei rischi” in riferimento all’art. 4 comma 2 del D.lgs. 626/94), che non determina solo i requisiti oggettivi di sicurezza, ma considera anche gli aspetti organizzativi e soggettivi associati allo svolgimento dell’attività lavorativa (concetto di gestione aziendale della

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Tutti questi adempimenti devono poi essere affiancati dai disposti dell’art. 41 della Costituzione Italiana e dall’art. 2087 del c.c. che obbligano i datori di lavoro a garantire l’integrità fisica e morale di tutti i lavoratori tenendo conto della miglior tecnologia applicabile, e tutto ciò deve essere fatto per evitare potenziali infortuni.

Il D.lgs. 626 nel corso degli anni è stato più volte modificato, tra i provvedimenti più importanti in questo senso dobbiamo ricordare la legge di delega n. 123 del 2007 che conferisce al Governo il mandato entro maggio 2008 di riformare, introducendo:

Un’armonizzazione delle leggi vigenti;

L’estensione del 626 a tutti i settori, tipologie di rischio e lavoratori autonomi e dipendenti;

Un adeguato sistema sanzionatorio;

L’obbligo di indossare tesserini di riconoscimento, indicanti dati del lavoratore e del datore di lavoro, all’interno dei cantieri e altri luoghi di lavoro, a pena di un’ammenda;

Un rafforzamento degli organici degli ispettori del lavoro.

Giovedì 6 febbraio 2008, il Ministro del Lavoro Cesare Damiamo ha firmato, d’intesa con Cgil, Cisl e Uil, un decreto legge che unifica la giurisprudenza degli ultimi 50 anni in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro.

In data 30 aprile 2008 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il testo definitivo del Decreto Legislativo 09/04/2008 n. 81. La nuova norma, che contiene 306 articoli e 51 allegati, costituisce il Testo unico in materia di sicurezza sul lavoro.

Confindustria non ha sottoscritto il testo finale e ha ottenuto una revisione del sistema sanzionatorio facendo ridurre la pena massima da due anni a un anno e sei mesi di reclusione, trasformabili a un’ammenda se l’azienda si mette in regola dopo un incidente , anche mortale, sul lavoro.

La giurisprudenza ha stabilito che le responsabilità penali del datore di lavoro sussistono anche nei casi di delega di queste a un locatore dei macchinari o attrezzature, in altre parole a un subappaltatore. Il datore di lavoro delegante non è più responsabile nel merito della gestione della sicurezza, ma è perseguibile se non scegli persone

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competenti, fornisce loro strumenti operativi per la responsabilità conferita, vigila e interviene sul loro operato.

Il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) può essere il datore di lavoro stesso per tutte le aziende di cui alla definizione dell’art. 10 del d.lgs. 626.

“1. Il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dai rischi nonché di prevenzione incendi e di evacuazione, nei casi previsti nell'allegato I, dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui ai commi successivi. Esso può avvalersi della facoltà di cui all'art. 8, comma 4.

2. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma 1, deve frequentare apposito corso di formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro, promosso anche dalle associazioni dei datori di lavoro e trasmettere all'organo di vigilanza competente per territorio:

una dichiarazione attestante la capacità di svolgimento dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi;

il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3; (modificato dall'art. 7, comma 1, del decreto legislativo 242/96 - ndr);

una relazione sull'andamento degli infortuni e delle malattie professionali della propria azienda elaborata in base ai dati degli ultimi tre anni del registro infortuni o, in mancanza dello stesso, di analoga documentazione prevista dalla legislazione vigente;

l'attestazione di frequenza del corso di formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro.”

Il datore di lavoro che vuole assumerne l’incarico di RSPP deve frequentare uno specifico corso di formazione della durata di 16 ore presso una qualunque società o soggetto che è in grado di fornire tale servizio attraverso personale qualificato.

Se invece il datore di lavoro non può o non vuole assumersi il suddetto incarico, dovrà rivolgersi a un RSPP interno o esterno all’azienda. In tal caso il RSPP collaborerà con il

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Attenzione però: come detto sopra il datore di lavoro pur interpellando un RSPP interno o esterno, è sempre il responsabile della sua azienda, cioè il primo responsabile in caso d’incidente. Questo perché esso è responsabile sia “in eligendo” che “in vigilando” Il sistema italiano è fortemente sbilanciato a favore delle aziende che non fanno prevenzione. Chi non rispetta la sicurezza sul lavoro rischia pene e sanzioni pesanti, ma non partecipa al costo sociale degli infortuni e delle vittime sul lavoro.

Gli oneri per la prevenzione gravano sulle aziende, mentre quelli della non-sicurezza sono un costo sociale che ricade sull’intera collettività. In questo modo chi rispetta le leggi paga due volte: sostiene dapprima i costi per la prevenzione e paga poi i danni delle aziende inadempienti. Questo trade-off fra costi della prevenzione e costi della non-sicurezza è un aspetto critico per il rispetto delle normative in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro.

Il costo degli infortuni è coperto per la maggior parte da un ente pubblico, l’INAIL, e quindi ribaltato sull’intera collettività. Esistono proposte di legge per la concessione di crediti d’imposta, ammortamenti accelerati e la defiscalizzazione degli oneri della 626, in particolare per le piccole e medie imprese.

La sicurezza dei macchinari e la disponibilità di attrezzature adeguate possono essere insufficienti, se non è garantito il benessere psicofisico del lavoratore nei luoghi in cui opera. Il rischio legato all’errore umano cresce inevitabilmente dove c’è un ricorso massiccio agli straordinari, al lavoro festivo, con turni che superano le otto ore di media. Analogamente, il raggiungimento degli obiettivi di produttività può indurre datori o singoli lavoratori a escludere i dispositivi di sicurezza nei macchinari, perché questi impongono operazioni di attrezzaggio più lunghe e minori ritmi di produzione oraria. Il dirigente può essere indotto a questi comportamenti dai premi di produttività e da controlli inadeguati; il lavoratore dal rischio di un mancato rinnovo del contratto o di licenziamento, perché è obbligato a mantenere determinati livelli di produzione.

Gli adempimenti per il datore di lavoro sono:

designare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione che può essere interno o esterno all'azienda;

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designare i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato; designare i lavoratori incaricati del pronto soccorso e dell'assistenza medica

di emergenza;

in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente, elaborare un documento contenente una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nel quale sono specificati i criteri della valutazione stessa. Il documento è custodito presso l'azienda;

organizzare all'interno dell'azienda il servizio di prevenzione e protezione, o incaricare persone o servizi esterni all'azienda. Per lo svolgimento della funzione di responsabile del servizio prevenzione e protezione é necessario possedere un attestato di frequenza a specifici corsi di formazione in materia di prevenzione e protezione dei rischi, con verifica dell'apprendimento.

Il medico competente collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione, effettua gli accertamenti sanitari, esprime i giudizi di idoneità alla mansione specifica al lavoro, istituisce ed aggiorna, sotto la propria responsabilità, per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, una cartella sanitaria e di rischio da custodire presso il datore di lavoro.

In tutte le aziende, o unità produttive, é eletto o designato il rappresentante per la sicurezza. Nella aziende, o unità produttive, che occupano sino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza é eletto direttamente dai lavoratori al loro interno. Nelle aziende con più di 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza é eletto o designato dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali in azienda.

Il datore di lavoro si deve assicurare che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni.

I luoghi di lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale ed essere dotati di dispositivi che consentono un'illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la

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Il rumore emesso dalle attrezzature appartenenti al posto di lavoro deve essere preso in considerazione al momento della sistemazione del posto di lavoro, in particolare al fine di non perturbare l’attenzione e la comunicazione verbale.

Le attrezzature di lavoro messe a disposizione del dipendente devono soddisfare alle disposizioni legislative e regolamentari.

1.1 DALLA LEGGE 626/94 AL D.LGS. 81/08, I CAMBIAMENTI

Il Legge 626 del 1994 fu la legge che rese più moderna la sicurezza sul lavoro in Italia, venne introdotta sia per abrogare le leggi precedenti, che per recepire tutte le normative europee per ciò che riguarda la salute e la sicurezza dei lavoratori.

Le principali novità introdotte da questo Decreto, abbiamo detto che furono il Servizio di Prevenzione e Protezione, la figura dell’RSPP, suo Responsabile e la figura dell’RLS, il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, che funge da tramite tra lavoratori e datore di lavoro. Rispetto al DPR 547/55 il datore di lavoro con il L. 626/94 diventa responsabile del processo di miglioramento della sicurezza del luogo di lavoro e non più solo “debitore della sicurezza nei posti di lavoro”, per questo viene obbligato dallo stesso decreto a redigere un Documento di Valutazione dei Rischi.

La nuova normativa D.lgs. 81 del 2008 contiene 306 articoli e 51 allegati e:

introduce sanzioni penali per chi trasgredisce alle norme in esso contenute; istituisce la figura dell’RLS, quale rappresentante dei lavoratori che può

ispezionare gli impianti e visionare i documenti aziendali relativi alla sicurezza;

obbliga alla compilazione del DVR da parte del datore di lavoro, come suo obbligo non delegabile;

determina la responsabilità delle aziende appaltatrici nei confronti di quelle subappaltanti;

prevede la sospensione delle attività fino alla messa in regola nei seguenti casi: aziende che non rispettino il TU, aziende che hanno più del 20% dei

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lavoratori in nero, aziende che sottopongono i dipendenti a turni di lavoro maggiori di quelli consentiti dai Contratti Nazionali di categoria.

In aggiunta al testo unico il codice penale fornisce i mezzi per punire atti e comportamenti omissivi che causano l’infortunio o la morte del lavoratore, con i reati di lesioni colpose e omicidio colposo.

Nel 2009 e negli anni successivi sono state effettuate ulteriori modifiche al D.Lgs 81/08, la prima con il D.Lgs 106/09, la più recente con l’Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011, che va a regolare la formazione sulla sicurezza sul lavoro per datori di lavoro che svolgono il ruolo di RSPP, lavoratori, preposti e dirigenti.

1.2. LE PIU’ IMPORTANTI MODIFICHE DEL TESTO UNICO 81 INTRODOTTE CON D.LGS. 106/2009

Il Testo Unico 81 del 2008 ha accorpato la maggior parte delle normative esistenti sul tema della sicurezza del lavoro, sintetizzando e semplificando le varie direttive. A distanza di appena un anno, però, il legislatore ha varato un nuovo Decreto – il n° 106 del 2009.

In realtà si tratta delle Disposizioni integrative e correttive, che rinforzano alcuni concetti del Testo Unico 81 (ad esempio l’obbligo delle aziende di dedicare più attenzione alla prevenzione e formazione sul tema “stress da lavoro correlato”. Ma vediamo alcuni punti più importanti del nuovo D.lgs. 106/2009:

Sospensione delle attività (art. 14) Per combattere il lavoro sommerso, nel caso di impiego di personale irregolare in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, gli organi di vigilanza del Ministero del Lavoro, possono adottare provvedimenti sospensivi dell’attività delle imprese, per un periodo non superiore a 2 anni;

Obblighi connessi ai contratti di appalto o d’opera o somministrazione (artt. 26-28).

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Sistema di qualificazione delle imprese: Patente a punti (art. 27) E’ una novità riferita soprattutto all’edilizia: nasce un sistema di qualificazione degli operatori economici, per verificare la loro idoneità e assicurare vantaggi per la partecipazione ad appalti pubblici e per l’accesso ad agevolazioni, finanziamenti e contributi. Più sicurezza, più punti;

Adeguamento del documento di valutazione dei rischi (art. 29). Viene modificato il comma 3 dell’art. 29 del T.U. 81/09 e si stabilisce che il datore di lavoro deve rielaborare il Documento di valutazione dei rischi, tenendo in considerazione le modifiche al processo produttivo e dell’organizzazione produttiva, al fine di tutelate la salute e sicurezza dei lavoratori;

Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti (art. 37). Dirigenti e lavoratori devono ricevere un’adeguata formazione e un aggiornamento periodico, effettuata da personale esperto sul luogo di lavoro, oppure presso gli organismi paritetici, scuole edili o presso le associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori;

Misure di sicurezza nei cantieri temporanei o mobili (art. 88 segg.) Numerose le modifiche e le integrazioni alla disciplina sulla sicurezza nei cantieri temporanei o mobili, dalla lettera A alla lettera M tutte le novità; Sanzioni

Il D.lgs. 106/2009 modifica il capitolo delle sanzioni previste dal Testo Unico 81 ed ora risulta meno oneroso. In particolare le sanzioni amministrative in materia di sicurezza sul lavoro vengono rivalutate ogni cinque anni in misura pari all’indice Istat dei prezzi di consumo.

Facciamo un esempio: per la mancata valutazione dei rischi ed elaborazione del relativo documento, o in difetto di nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, originariamente punita con l’arresto da 4 a 8 mesi o con l’ammenda da 5.000 a 15.000 euro, la condotta è ora punita con l’arresto da 3 a 6 mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro. Se la violazione coinvolge imprese esposte a particolari rischi (ad esempio quelli biologici) oppure nelle attività edili (Titolo IV) caratterizzate dalla compresenza di più imprese e la cui entità presunta di lavoro non sia inferiore a 200 uomini-giorno, il datore di lavoro è punito con l’arresto da quattro a otto mesi (rispetto all’arresto da 6 a 8 mesi).

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Ammenda, invece, da 2.000 a 4.000 euro se il datore di lavoro elabora il documento della sicurezza in assenza degli elementi essenziali dell’articolo 28 o senza le modalità di cui al successivo articolo 29. L’ammenda si riduce da 1.000 a 2.000 euro se la violazione riguarda la mancata indicazione dei criteri adottati per elaborare il documento e l’individuazione delle mansioni che espongono a particolari rischi.

Quest’ultimo è uno dei punti centrali della riforma, prevede l’inasprimento delle sanzioni come strada per raggiungere l’obiettivo di maggiore sicurezza sul lavoro. La novità dovrebbe sortire l’effetto di dare più tempo all’Inail che potrà agevolmente agire nei confronti del datore di lavoro incolpato di omicidio colposo o di lesioni personali colpose a causa di violazioni a norme sulla sicurezza del lavoro, al fine di ottenere l rimborso di quanto pagato per prestazioni al lavoratore (o agli eredi).

La seconda novità riguarda enti e persone giuridiche e arriva da una modifica al D.Lgs. n. 231/2001. È stato inserito un nuovo articolo: omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione di norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e salute sul lavoro. Quando viene accertato uno dei predetti delitti è prevista l’applicazione di una sanzione pecuniaria in misura non inferiore a mille quote e di alcune sanzioni interdittive per la durata da tre mesi a un anno quali ad esempio:

interdizione dall’esercizio dell’attività;

sospensione o revoca di licenze e/o autorizzazioni; divieto di contrattare con la pubblica amministrazione; esclusione da agevolazioni, finanziamenti e contributi; divieto di pubblicizzare beni e servizi.

Numerose sono anche le novità del Testo Unico sulla sicurezza. Quelle che maggiormente incideranno sulla vita delle imprese e dei lavoratori sono quattro

Ampliamento del campo di applicazione delle disposizioni; La rivisitazione delle attività di vigilanza;

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Quanto alla prima novità, l’ampliamento del campo di applicazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza arrivano a comprendere tutti i lavoratori che operano in ambienti di lavoro, senza alcuna distinzione di tipo formale, inclusi i lavoratori autonomi, in virtù del cosiddetto principio effettività della tutela.

Relativamente alla vigilanza, le norme del TU completano il quadro già modificato dalla legge n. 123/2007 prima richiamato, che ha introdotto la sospensione dell’attività imprenditoriale anche in presenza di violazioni alle norme sulla sicurezza. Le nuove norme provano a migliorare il coordinamento delle attività di vigilanza prevedendo la creazione di un sistema informativo pubblico al quale partecipano anche le parti sociali, per la condivisione e la circolazione delle notizie sugli infortuni, sulle ispezioni e su ogni iniziativa e attività in materia di salute e sicurezza sul lavoro, utile anche a indirizzare le azioni pubbliche.

Quello delle sanzioni è il capitolo più duro dell’intera riforma. In via di principio, il nuovo sistema contempla la pena dell’arresto nei casi più gravi e in caso di sola inadempienza di un ammenda e successiva graduazione delle sanzioni in relazione alle singole violazioni.

Infine il TU provvede a rafforzare le prerogative in materia di sicurezza dei lavoratori in azienda, in particolare con la revisione della figura del rappresentante dei lavoratori, per un coinvolgimento più intenso dei lavoratori, sia in sede di predisposizione che di aggiornamento delle misure di tutela e prevenzione. Questa maggiore consultazione e partecipazione verrà realizzata dal “rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”, figura che il TU aggiorna e divide in tre tipologie: aziendale, territoriale e di sito.

1.3. IL NUOVO SISTEMA ISTITUZIONALE

Il nuovo sistema istituzionale in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro è organizzato sulla base della concorrenza delle azioni di più organismi a livello centrale (statale e territoriale)

Il TU prevede l’istituzione di un COMITATO DI COORDINAMENTO, presso il ministero della salute, con compiti di indirizzo e di valutazione delle politiche e delle

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attività di vigilanza di Stato e Regioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Il comitato è presieduto dal ministro della salute ed è composto da:

due rappresentanti del ministero della salute; due rappresentanti del ministero del lavoro;

un rappresentante del ministero del’interno;

cinque rappresentanti delle regioni e provincie autonome di Trento e di Bolzano. Al comitato partecipano anche, con funzione consuntiva, un rappresentante dell’Inail, uno dell’Ispesl e uno dell'istituto di previdenza per il settore marittimo (Ipsema)

Il TU, ancora, rivisita la composizione e i compiti della COMMISSIONE CONSULTIVA permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, secondo uno schema tripartito, la quale diviene sede di confronto tra Amministrazioni e parti sociali sui temi di fondamentale rilevanza.

Sempre al fine d perseguire un miglioramento del coordinamento dei rispettivi interventi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, il TU prevede ancora che in ogni regione e provincia autonoma operi un COMITATO REGIONALE di coordinamento, costituito ai sensi del Dpcm 21 dicembre 2007.

Ulteriore rilevante novità del TU è la previsione che i dati sugli infortuni e comunque, quelli relativi ad ogni attività in materia di salute e sicurezza sul lavoro, confluiscano in un unico e condiviso SISTEMA INFORMATIVO nazionale per la prevenzione (Sinp), al quale possono accedere anche le parti sociali. In particolare, l’istituzione del SINP nei luoghi di lavoro avviene al fine di fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l’efficacia dell’attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, attraverso l’uso integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite l’integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati unificate.

Il Tu, infine, definisce compiutamente le competenze in materia di salute e sicurezza di Inail, Ispel e Ipsema, inquadrandole in un ottica di sistema. Il Tu stabilisce che tutti e tre gli istituti sono enti pubblici nazionali con competenza in materia di salute e sicurezza sul lavoro che esercitano le proprie attività, anche di consulenza, in una logica di

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L’INAIL svolge, con finalità di ridurre il fenomeno infortunistico e a integrazione delle

proprie competenze quale gestore dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

L’ISPESL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro) è ente di

diritto pubblico, nel settore della ricerca, dotato di autonomia scientifica, organizzativa, patrimoniale, gestionale e tecnica

L’IPSEMA svolge, con finalità di ridurre il fenomeno infortunistico ed ad integrazione

delle proprie competenze quale gestore dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali del settore marittimo.

Il datore di lavoro non può delegare le seguenti attività:

la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del previsto documento;

la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.

Esso dovrà inoltre:

nominare il medico competente per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dal TU;

designare i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di pronto soccorso e comunque, di gestione dell’emergenza; fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale; prendere misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto

adeguate istruzioni e specifico addestramento accedano alle zone che li espongono a un rischio grave e specifico;

richiede l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti;

richiedere al medico competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel TU;

adempiere agli obblighi di informazioni e formazione e addestramento.

In via di principio , il TU prescrive che anche ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo del lavoro, su

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cui ricadono gli effetti delle sue azioni od omissioni, conformerete alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.

L’attuazione delle misure di sicurezza in azienda presuppone il coinvolgimento dei lavoratori, per i quali si tratta di un dovere irrinunciabile. Tra l’altro, il lavoratore non può rifiutare di collaborare alla gestione delle emergenze programmate dal datore di lavoro. Nell’affidare i suddetti compiti il datore di lavoro dovrà tener conto delle capacità e delle condizioni dei lavoratori in rapporto alla loro salute e sicurezza.

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CAPITOLO 2: PROCEDIMENTO PER LA CONDUZIONE DELLA

VALUTAZIONE DEI RISCHI

SOMMARIO: PROCEDIMENTO PER LA CONDUZIONE DELLA VALUTAZIONE DEI RISCHI; 2.1. Individuazione delle aree omogenee; 2.2. Individuazione delle mansioni rappresentative; 2.3. Verifica dell’effettiva presenza di condizioni di rischio; 2.4. Strumenti di base per l’analisi; 2.5. Analisi di rischio per mansione (JSA); 2.6. Definizione e classificazione dei pericoli.

La valutazione dei rischi è la base dell’approccio europeo per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali. Vi sono valide ragioni per questo: se il processo di valutazione dei rischi viene condotto in maniera inadeguata o se tale processo, che costituisce il punto di partenza dell’approccio alla gestione della salute e della sicurezza, non viene realizzato affatto, è poco probabile che siano individuate o messe in atto misure preventive appropriate.

Ogni anno milioni di persone nell'UE sono vittime di infortuni sul lavoro o subiscono gravi danni alla salute. È questo il motivo per cui la valutazione dei rischi è così importante e rappresenta la chiave di volta per luoghi di lavoro salubri. La valutazione dei rischi è un processo dinamico, che consente alle aziende e alle organizzazioni di mettere a punto una politica proattiva di gestione dei rischi sul lavoro.

Per queste ragioni è fondamentale che ogni tipo di azienda, di qualsiasi dimensione, effettui regolarmente valutazioni dei rischi. Un'adeguata valutazione del rischio consiste, tra le altre cose, nell'assicurarsi che siano esaminati tutti rischi pertinenti (non solo quelli ovvi o immediati), verificando l'efficienza delle misure di sicurezza adottate, documentando gli esiti della valutazione e provvedendo regolarmente a una revisione della valutazione per garantire che rimanga aggiornata. A livello comunitario non esistono norme che stabiliscono come effettuare le valutazioni dei rischi (si consiglia pertanto di controllare la normativa nazionale specifica in materia). Tuttavia, in previsione di una valutazione dei rischi, è bene rispettare i seguenti due principi:

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strutturare la valutazione in modo da garantire che tutti i pericoli e i rischi pertinenti siano presi in considerazione (per esempio, non trascurare attività - come le pulizie - che potrebbero essere svolte al di fuori del consueto orario di lavoro o servizi secondari, come lo smaltimento dei rifiuti);

nel momento in cui si individua un rischio, avviare la valutazione partendo dalla questione di base, vale a dire analizzando se il rischio possa essere eliminato

Le linee guida europee sulla valutazione dei rischi sul lavoro propongono un approccio graduale per fasi. Certamente, non si tratta dell'unico modo per svolgere una valutazione dei rischi, sussistendo a tale scopo un'ampia varietà di metodi. In altri termini non esiste il modo "giusto" per effettuare una valutazione dei rischi: a seconda delle circostanze, possono rivelarsi efficaci approcci diversi.

È possibile suddividere la procedura di valutazione dei rischi (che include elementi di gestione dei rischi) in una serie di fasi:

1. Fissare un programma di valutazione dei rischi sul lavoro;

2. Strutturare la valutazione (decidere l'approccio da adottare: geografico/funzionale/basato sul processo/sul flusso);

3. Raccogliere informazioni; 4. Individuare i pericoli;

5. Individuare le persone a rischio;

6. Identificare i modelli di esposizione dei soggetti a rischio;

7. Valutare i rischi (la probabilità di subire un danno/la gravità del danno nelle circostanze attuali);

8. Esaminare le possibilità di eliminare o controllare i rischi;

9. Attribuire un ordine di priorità alle azioni e decidere quali misure di controllo attuare;

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12. Valutare l'efficacia delle azioni attuate;

13. Rivedere le azioni (nel caso in cui vengano apportate delle modifiche o periodicamente);

14. Monitorare il programma di valutazione dei rischi;

Per la maggior parte delle aziende, in particolare le piccole e medie imprese, dovrebbe essere sufficiente un semplice approccio alla valutazione dei rischi in cinque fasi (che Include elementi di gestione del rischio).

Fase 1. Individuare i pericoli e le persone a rischio

Individuare quali fattori sul luogo di lavoro sono potenzialmente in grado di arrecare danno e identificare i lavoratori che possono essere esposti a tali pericoli.

Fase 2. Valutare e attribuire un ordine di priorità ai rischi

Valutare i rischi esistenti (la gravità, il grado di probabilità di eventuali danni ecc.) e

classificarli in ordine di importanza.

Fase 3. Decidere l'azione preventiva

Identificare le misure adeguate per eliminare o controllare i rischi.

Fase 4. Intervenire con azioni concrete

Mettere in atto misure di protezione e di prevenzione attraverso un piano di definizione delle priorità.

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Fase 5. Controllo e riesame

La valutazione dei rischi dovrebbe essere periodicamente rivista per essere mantenuta aggiornata.

Tuttavia, è importante ricordare che esistono metodi diversi, altrettanto idonei, in particolare per quanto concerne rischi e situazioni più complessi. La scelta dell’approccio alla valutazione da adottare dipende da:

la natura del luogo di lavoro (per es., una sede fissa o una transitoria);

il tipo di processo implicato (per es., operazioni ripetitive, processi che si evolvono o che cambiano, lavoro secondo il fabbisogno);

l'attività svolta (per es., attività ripetitive, incarichi occasionali o a elevato rischio);

la complessità tecnica.

In alcuni casi può essere appropriato un unico esercizio di valutazione, che tenga conto di tutti i rischi presenti sul lavoro o caratteristici di un'attività. In altri casi possono essere necessari approcci diversi per aree diverse dell'ambiente di lavoro.

Nei prossimi paragrafi analizzo più nel profondo quelle che secondo me sono i tratti più salienti per una corretta individuazione dei rischi

2.1. INDIVIDUAZIONE DELLE AREE OMOGENEE

Una delle prime azioni da svolgere prima di avviare la valutazione dei rischi è costituita dalla individuazione di aree omogenee in termini di pericolo; in più casi si dovrebbe ottenere una distribuzione dei pericoli sovrapponibili all’area produttiva o funzionale.

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Geo-logistico: sulla base di preesistenti o comunque precisi confini; Funzionale: identifica aspetti di unitarietà organizzativa e funzionale;

Di rischio: si può operare una delimitazione di aree che presentino situazioni omogenee in termini di fattori di rischio o fattori di rischio di rilievo;

Di minimizzazione delle interferenze: le aree selezionate devono, in linea di principio, evitare o minimizzare le interferenze potenziali.

Una volta realizzata la suddivisione in aree dello stabilimento si procede al censimento ed alla mappatura dei pericoli presenti, organizzata nelle cinque categorie: ordinari, specifici, ergonomici, di processo, e organizzativi.

2.2 INDIVIDUAZIONE DELLE MANSIONI RAPPRESENTATIVE

La valutazione dei rischi deve essere estesa a tutti i lavoratori dipendenti e in una tipica struttura aziendale si possono distinguere due diverse tipologie di addetti:

Addetti diretti (operatori o “linea”) che interagiscono direttamente col ciclo tecnologico;

Addetto indiretti (servizi tecnico-amministrativi, ausiliari, logistica ecc) che svolgono principalmente funzioni di supervisione e coordinamento delle attività connesse con il ciclo tecnologico e/o generiche attività di ufficio. Al fine di agevolare l’intero procedimento di valutazione dei rischi, dovrà essere condotta un’analisi dettagliata solamente per le mansioni per le quali le modalità d esposizione ai pericoli sono direttamente collegate ai compiti assegnati (addetti diretti) e che vengono definite rappresentative.

Mentre per la stima del rischio relativo agli addetti indiretti si fa riferimento alle mansioni rappresentative della propria area che, seppure con le dovute differenze sono ad esse riconducibili. In particolare, tenuto conto che gli addetti indiretti sono esposti a fattori di rischio con frequenza e tempi ridotti, è ragionevole ipotizzare che il loro livello di rischio sia inferiore o al massimo uguale a quello stimato per le mansioni rappresentative. Per quanto riguarda la valutazione del rischio connesso alle attività di

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ufficio l’approccio consigliato è quello di individuare una, al massimo due mansioni rappresentative delle attività svolte a cui applicare strumenti di analisi di rischio specifici.

2.3. VERIFICA DELL’EFFETTIVA PRESENZA DI CONDIZIONI DI RISCHIO

Prima di procedere alla quantificazione del rischio si può effettuare un ulteriore azione di screening preventivo sulla effettiva presenza di condizioni di rischio sulla base delle risultanze di analisi e studi pregressi effettuando una sorta di prevalutazione sulla combinazione probabilità/danno.

Di seguito si riportano alcuni esempi.

Per quanto concerne i Rischi Ordinari si può fare riferimento all’analisi degli infortuni nell’ultimo triennio (obbligatoria per legge); questo ad esempio, può essere utile ad escludere dall’analisi incidenti il fattore rischio urto contro mobili o altri ostacoli negli uffici, se non se ne riviene una minima casistica.

Per quanto riguarda i Rischi Specifici, e in particolare le sostanze aerodisperse, si possono usare esiti recenti e storici di campionamenti in aria, al fine di validare, insieme ad altre considerazioni, l’eventuale esclusione dell’analisi di rischio. Analogamente, per il rumore, si può fare riferimento, alla valutazione effettuata sulla esposizione a questo agente di rischio sulla base di quanto indicato dagli artt. 187 e segg. del d.lgs. 81/2008.

2.4. STRUMENTI DI BASE PER L’ANALISI

Una volta attuata la valutazione preliminare, le mansioni rappresentative saranno oggetto della vera e propria valutazione dei rischi, attuata con i seguenti strumenti, selezionati secondo i casi:

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Studi mirati sulla movimentazione manuale dei carichi (come ad es. l’applicazione del metodo (NIOSH);

Classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione in applicazione delle norme CEI;

Studi mirati sull’esplosione (monitoraggi ambientali, biologici, accertamenti sanitari, esami clinici ecc...);

Analisi di rischio per mansione (JSA).

2.5. ANALISI DI RISCHIO PER MANSIONE (JSA)

Uno strumento particolare è l’analisi di rischio per mansione (JSA), che viene applicato per la valutazione di tutte le tipologie di rischio ad eccezione dei rischi di processo e dell’esposizione ambientale agli ACP.

Per ogni area, una volta definite le mansioni rappresentative ed attribuiti i relativi compiti, viene effettuata l’analisi JSA.

Lo sviluppo dell’analisi di rischi di mansione è effettuata con l’ausilio del modulo riportato in tabella. Fatt ore di risc hio Natur a lesion e Sede lesio ne Fatto re causa le Freq. Espos izion e Durata esposizi one Monito raggi Misure adottate Proba bilità/ gravit à Livell o di rischi o Impianto/area:_____________________ Sezione:______________________ Mansione:________________________ Compito:_____________________ Durata:__________________________ Frequenza:____________________

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2.6. DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE DEI PERICOLI

Nella pratica applicativa, la valutazione dei rischi viene condotta con il procedimento sotto elencato:

L’attività in esame viene suddivisa in aree, in modo da rendere più precisa, puntuale e mirata l’analisi dei pericoli e la susseguente valutazione dei rischi; Per ognuna delle aree così individuate si procede al censimento dei pericoli e

delle relative sorgenti, in relazione agli impianti, macchine, attrezzature, ciclo tecnologico e modalità operative adottati. Il censimento prende in considerazione quei pericoli potenziali che l’analisi degli estensori, l’inesperienza degli addetti, i dati storici e l’esame impiantistico indicano come evidenti;

Sono censiti gli addetti presenti nell’unità produttiva considerata, al fine di individuare la popolazione potenziale esposta ai pericoli;

Vengono quindi censite le mansioni e per ciascuna area omogenea vengono individuare quelle mansioni così dette rappresentative alla quali è successivamente applicata l’analisi di rischio per mansione (JSA);

Si procede alla raccolta delle misure tecniche, organizzative e procedurali già predisposte per la prevenzione e protezione degli addetti esposti ai pericoli; nell’inventario vengono anche considerati i dispositivi di protezione individuale e collettiva;

Per le mansioni rappresentative si effettua l’analisi di rischio per mansione per la stima del rischio. Nel corso dell’analisi, mediante interviste dirette, si tiene conto dell’esperienza operativa degli addetti e si procede, ove necessario a verifiche sul campo di quanto raccolto;

Nei casi in cui si rinviene una motivata ed attuabile possibilità di riduzione dei rischi a indicarne le modalità di attuazione (misure definite per il miglioramento); le misure definite sono stata organizzate per tipologia di intervento (misure tecniche, organizzative/procedurali e DPI);

Si provvede infine a stendere il programma di realizzazione delle misure di prevenzione e protezione da secondo le priorità individuate.

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Per Pericolo si intende la proprietà o qualità intrinseca di una determinata entità avente il potenziale di causare danni.

Esistono 5 gruppi principali o categorie di pericolo:

Pericoli ordinari o “generici”: che sono quei pericoli che si trovano

generalmente presenti nella grande maggioranza delle attività produttive, collegati alla struttura fisica produttiva, sia come fabbricati che come impiantistica, e attinenti a possibilità di infortuni inerenti sia agli ambienti di lavoro, sia a macchine, attrezzature ed impianti.

Pericoli ergonomici: che sono quei pericoli evidenziati dalla nuova normativa, collegati a criteri ergonomici errati, che in genere risultano non strettamente correlati in modo specifico al ciclo tecnologico sviluppato.

Pericoli specifici: che sono quei pericoli che risultano maggiormente imputabili e correlati allo specifico procedimento di lavorazione o ciclo tecnologico adottato e che si manifestano durante l’espletamento dei compiti assegnati ai lavoratori, come:

a. Pericoli riconducibili ad agenti chimici pericolosi usati sotto qualunque stato fisico: solido, liquido, gas o vapore;

b. Pericoli riconducibili alla presenza di agenti fisici specifici delle lavorazioni, quali: rumore, vibrazioni, radiazioni ionizzati e non, polveri inerti, microclima;

c. Pericoli riconducibili alla presenza di agenti biologici utilizzati. Pericoli di processo: che sono quei pericoli che risultano strettamente

correlati allo specifico ciclo tecnologico sviluppato, riconducibili alla possibilità di incidenti, anomalie o deviazioni delle normali condizioni operative o di funzionamento. Rientrano in questa categorie i seguenti pericoli:

a. pericolo di rilasci di sostanze tossiche (in quantità considerevoli); b. pericolo di rilasci di energia termica/meccanica;

c. pericolo di incendio; d. pericolo di esplosione.

Pericoli organizzativi: che sono quei pericoli che riguardano quelle situazioni organizzative aventi una potenzialità di generare danni. Quando si parla di organizzazione, si intende l’insieme dei ruoli, delle funzioni e delle relazioni

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fra di essi. I pericoli organizzativi sono quindi collegati a carenze, difetti o improvvise variazioni in uno qualunque di questi elementi costitutivi. Alcuni lati critici dell’organizzazione possono essere individuati sulla base dei seguenti punti:

a. Presenza di personale inesperto, non sufficientemente formato o addestrato;

b. Responsabilità non chiaramente definite, non chiara e precisa; c. Carenza o assenza di un sistema di autorizzazioni;

d. Carenza di documentazione;

e. Verifiche interne insufficienti/inadeguate.

I rischi lavorativi presenti negli ambienti di lavoro, in conseguenza dello svolgimento delle attività lavorative, possono essere divisi in tre grandi categorie:

A) RISCHI PER LA SICUREZZA DOVUTI A: (rischi di natura infortunistica)

- Strutture - Macchine - Impianti elettrici - Sostanze pericolose - Incendio - esplosioni B) RISCHI PER LA SALUTE DOVUTI A:

(rischi di natura igienico - ambientale)

- Agenti chimici - Agenti fisici - Agenti biologici C) RISCHI PER LA SICUREZZA E LA SALUTE

DOVUTI A :

(rischi di tipo cosiddetto trasversale)

- Organizzazione del lavoro - Fattori psicologici

- Fattori ergonomici

- Condizioni di lavoro difficili

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A) Rischi per la sicurezza

I rischi per la sicurezza, o rischi di natura infortunistica, sono quelli responsabili del potenziale verificarsi di incedenti o infortuni, ovvero di danni o menomazioni fisiche subite dalle persone addette alle varie attività lavorative, in conseguenza di un impatto fisico-traumatico di diversa natura. I rischi per la sicurezza si possono suddividere in diverse categorie:

rischi da carenze di strutturali dell’ambiente di lavoro;

rischi da carenze di sicurezza su macchine e apparecchiature; rischi da manipolazione di sostanze pericolose;

rischi da carenza di sicurezza elettrica; rischi da incendio e/o esplosione.

B) Rischi per la salute

i rischi per la salute, o rischi igenico-ambientali, sono quelli responsabili della potenziale compromissione dell’equilibrio biologico del personale addetto ad operazioni o a lavorazioni che comportano l’emissione nell’ambiente di fattori ambientali di rischio, di natura chimica, fisica e biologica, con seguente esposizione del personale addetto. Tali rischi si possono suddividere in rischi derivanti da:

Agenti chimici  rischi di esposizione connessi con l’impiego di sostanze chimiche, tossiche o nocive in relazione a ingestione, contatto cutaneo, inalazione per presenza di inquinanti aereo dispersi sotto forma di polveri, fumi, nebbie, gas, vapori.

Agenti fisici  rischi da esposizione e grandezze fisiche che interagiscono in vari modi con l’organismo umano quali: rumore, vibrazioni, radiazioni non ionizzanti, microclima, illuminazione, radiazioni ionizzanti

Agenti biologici  rischi connessi con l’esposizione a organismi e microrganismi patogeni o non, colture cellulari, endoparassiti umani, presenti nell’ambiente a seguito di emissioni e/o trattamento e manipolazione: sperimentazione “in vitro”, sperimentazione “in vivo”

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C) Rischi per la sicurezza e la salute

Tali rischi, sono individuabili all’interno della complessa articolazione che caratterizza il “rapporto” tra l’operatore e “l’organizzazione del lavoro” cui è inserito. Tali rischi sono essenzialmente dovuti a:

Organizzazione del lavoro  processi di lavoro usuranti, pianificazione degli aspetti attinenti alla sicurezza e la salute, manutenzione degli impianti, procedure adeguate per far fronte agli incidenti e a situazioni di emergenza, movimentazione manuale dei carichi.

Fattori psicologici  intensità, monotonia, solitudine, ripetitività del lavoro; carenze di contributo al processo decisionale e situazioni di conflittualità; complessità delle mansioni e carenza di controllo; reattività anomala a condizioni di emergenza.

Fattori ergonomici  sistemi di sicurezza e affidabilità delle informazioni; conoscenze e capacità del personale; norme di comportamento; soddisfacente comunicazione.

Condizioni di lavoro difficile  lavoro con animali; lavoro in atmosfere a pressione superiore o inferiore al normale; condizioni climatiche esasperate; lavoro in acqua.

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CAPITOLO 3: DECRETO LEGISLATIVO 231/2001

SOMMARIO: DECRETO LEGISLATIVO 231/2001; 3.1. Quadro normativo; 3.2. Le linee guida di Confindustria; 3.3. Il codice etico o di comportamento con riferimento ai reati ex D.Lgs, 231/2001 e sistema disciplinare; 3.4. Il modello 23 in relazione alla tematica della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Una parentesi che voglio aprire nella mia tesi è su un’altra “forma” o disciplina rientrante anch’essa nel grande concetto di sicurezza sul lavoro. Una sicurezza non fisica come può essere quella appena descritta ma, una sicurezza morale degli amministratori.

Il D.lgs. n. 231/2001 ha introdotto la disciplina della responsabilità amministrativa (da reato) delle persone giuridiche. Secondo tale disciplina, gli enti, tra cui le società, possono essere ritenute responsabili – e conseguentemente sanzionati – in relazione a taluni reati commessi o tentati nell’interesse o a vantaggio della Società stessa dagli amministratori o dai dipendenti.

Il Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’art.11 della legge 29 settembre 2000, n.300” ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento la responsabilità in sede penale degli enti, che si aggiunge a quella della persona fisica che ha realizzato materialmente il fatto illecito.

L’ampliamento delle responsabilità mira a coinvolgere nella punizione di taluni illeciti penali il patrimonio degli enti e, in definitiva, gli interessi economici dei soci, quali, fino all’entrate in vigore della legge in esame, non pativano conseguenze dalla realizzazione di reati commessi, con vantaggio della società, da amministratori e/o dipendenti. Il principio di personalità della responsabilità penale li lasciava, infatti, indenni da conseguenze sanzionatorie, diverse dall’eventuale risarcimento del danno, se ed in quanto esistente.

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I soggetti destinatari del citato provvedimento sono gli enti forniti di personalità giuridica, le società e le associazioni, anche prive di personalità giuridica, con la sola esclusione dello Stato, degli enti pubblici territoriali, degli altri enti pubblici non economici, nonché degli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.

3.1. QUADRO NORMATIVO

D.lgs. 231/01 prevede che le Società siano responsabili per quei reati commessi a vantaggio o nell’interesse delle stesse da parte:

Dei soggetti posti in posizione apicale, cioè dei legali rappresentanti, amministratori o dirigenti centrali o a capo di unità organizzative dotate di autonomia finanziaria e funzionale, compresi coloro che esercitano, anche di fatto, poteri di gestione e di controllo;

Dei soggetti sottoposti alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti in posizione apicale, qualora la commissione del reato sia stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza.

Le fattispecie di reato rilevanti dettate dal legislatore sono:

malversazione a danno dello Stato, truffa a danno dello Stato o di un altro ente pubblico;

concussione e corruzione anche nei confronti di funzionari pubblici stranieri; falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di

monete falsificate;

false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori, falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione;

delitti previsti dal codice penale o dalle leggi speciali, caratterizzati dalla finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico e reati commessi in violazione dell’articolo 2 della Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo adottata a New York il 9 dicembre 1999; abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato.

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Le sanzioni previste dal D.lgs. 231/2001 a carico della Società in conseguenza della commissione o tentata commissione dei reati sopra menzionati sono:

Sanzione pecuniaria applicata per quote;

Sanzione interdittive di durata non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni, che, a loro volta, possono consistere in:

- Interdizione dall’esercizio dell’attività;

- Sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’’illecito;

- Divieto di contrattare con la pubblica amministrazione;

- Esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli concessi;

- Divieto di pubblicizzare beni o servizi;

Confisca e sequestro preventivo in sede cautelare; Pubblicazione della sentenza

3.2. LE LINEE GUIDA DI CONFINDUSTRIA

In attuazione a quanto previsti all’art. 6, comma 3, del citato decreto, Confindustria, ha definito le proprie linee guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo nelle quali vengono fornite alle imprese associate indicazioni metodologiche su come individuare le aree di rischio e strutturare il Modello di organizzazione, gestione e controllo. Le linee guida suggeriscono alle Società di utilizzare i processi di Risk assessment e risk management e prevedono le seguenti fasi per la definizione del Modello:

L’identificazione dei rischi;

La predisposizione e/o implementazione di un sistema di controllo idoneo a prevenire il rischio di cui sopra attraverso l’adozione di specifici protocolli.

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No

Si

Un concetto assolutamente nodale nella costruzione di un controllo preventivo è quello di rischio accettabile. Nella progettazione di sistemi di controllo a tutela dei rischi di business, definire il rischio accettabile è un’operazione relativamente semplice, almeno dal punto di vista concettuale. Il rischio è ritenuto accettabile quando i controlli aggiuntivi “costano” più della risorsa da proteggere.

Nel caso del D.lgs. n.231/2001 la logica economica dei costi non può essere un riferimento utilizzabile in via esclusiva. È pertanto importante che ai fini dell’applicazione delle norme del decreto sia definita una soglia effettiva che consenta di porre un limite alla qualità/quantità delle misure di prevenzione da introdurre per evitare la commissione di reati considerati. In assenza di una previa determinazione del rischio accettabile, la qualità/quantità di controlli preventivi istituibili è infatti virtualmente infinita, con le intuibili conseguenze in termini di operatività aziendale.

PROCESSO DI RISK MANAGEMENT

1. Mappatura processi “a rischio”

Rischio accettabile?

2. Elenco rischi potenziali (per processo)

3. Analisi del sistema di controllo preventivo esistente (“protocolli”)

4. Valutazione dei rischi residui

5. Adeguamento sistema di controllo preventivo (“Protocolli”)

RISULTATO SISTEMA di CONTROLLO in grado di PREVENIRE i RISCHI

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Riguardo al sistema di controllo preventivo da costruire in relazione al rischio di commissione delle fattispecie di reato contemplate dal D.lgs. n. 231/2001, la soglia concettuale di accettabilità, nei casi di reati dolosi, è rappresentata da un:

sistema di prevenzione tale da non poter essere aggirato se non fraudolentamente. Premesso quindi che i modelli organizzativi devono essere idonei a prevenire i reati di origine sia dolosa che colposa previsti dal Decreto, primo obiettivo per la costruzione di un modello organizzativo è la procedimentalizzazione delle attività che comportano un rischio di reati al fine di evitarne la commissione, tenendo presente, che gli stessi reati possono comunque essere commessi anche una volta attuato il modello ma, in tal caso, laddove si tratti di reati dolosi, se dall’agente siano realmente voluti sia come condotta che come evento.

Quanto alle modalità operative della gestione dei rischi, soprattutto con riferimento a quali soggetti/funzioni aziendali possono esserne concretamente incaricati, le metodologie possibili sono sostanzialmente due:

Valutazione da parte di un organismo aziendale che svolga questa attività con la collaborazione del management di linea;

Autovalutazione da parte del management operativo con il supporto di un tutore/facilitatore metodologico.

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