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La Diagnosi Energetica negli Impianti di Trattamento Rifiuti, ai sensi dell'articolo 8 del D.lgs. 102/2014.

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(1)

Anno Accademico 2017/2018

Master Universitario di II livello in: Gestione e Controllo dell’Ambiente economia circolare e management efficiente delle risorse

L

A

D

IAGNOSI

E

NERGETICA NEGLI

I

MPIANTI DI

T

RATTAMENTO

R

IFIUTI

ai sensi dell’articolo 8 del D.lgs. 102/2014

Autore

Ing. Bruno De Lorenzo

Tutor Scientifico

Dott. Andrea Sbandati

Tutor Aziendale

(2)

Indice

Lista delle figure ... 3

Lista delle tabelle ... 4

Sommario ... 6

Introduzione ... 8

1. Inquadramento tecnico e normativo sull’efficienza energetica ... 11

1.1 Introduzione alle Politiche Energetiche Europee ... 11

1.2 Misure per l’efficienza energetica a livello europeo ... 14

1.3 La Direttiva 2012/27/UE ... 15

1.4 Quadro Normativo Nazionale il “Decreto Legislativo 102/2014” ... 16

1.5 Chiarimenti per il rispetto degli obblighi dell’art. 8 del D.lgs. 102/2014 ... 18

1.5.1 Individuazione del sito produttivo e imprese “multisito” ... 19

1.5.2 Schema energetico aziendale ... 21

1.5.3 Approfondimento sul piano del monitoraggio ... 23

2. Gli impianti di trattamento dei rifiuti ... 26

2.1 Gli Impianti sul territorio nazionale ... 26

2.2 Impianti di selezione rifiuti da raccolta differenziata ... 27

2.3 Impianti di compostaggio ... 28

2.4 Impianti di digestione anaerobica ... 31

2.5 Impianti di trattamento meccanico-biologico (TMB)... 34

2.6 Discariche controllate ... 36

3. Diagnosi energetica negli impianti di trattamento dei rifiuti ... 38

3.1 Applicazione Diagnosi energetica ... 38

3.2 Dimensione energetica dell’azienda ... 39

3.3 Indicatori prestazionali relativi ai consumi ... 41

3.3.1 Indicatori prestazionali generali relativi ai consumi ... 41

3.3.2 Indicatori prestazionali generali relativi ai consumi per macroaree ... 43

3.3.3 Indicatori prestazionali dei consumi generali e specifici per sezioni ... 44

3.3.3.1 Indicatori prestazionali specifici dei consumi per la macro area “Attività principali” ... 45

3.3.3.2 Indicatori prestazionali specifici dei consumi per la macro area “Servizi ausiliari” ... 47

3.3.3.3 Indicatori prestazionali specifici dei consumi per la macro area “Servizi generali” ... 47

3.4 Indicatori prestazionali relativi alle produzioni ... 48

3.4.1 Indicatori prestazionali generali relativi alle produzioni/recupero di materia ... 49

3.4.2 Indicatori prestazionali specifici relativi alle produzioni/recupero di materia ... 49

3.5 Identificazione degli interventi di efficientamento energetico ... 52

Conclusioni ... 54

Bibliografia ... 58

(3)

Lista delle figure

Figura 1: Schematizzazione della Struttura Energetica Aziendale;

Figura 2: Percentuali di siti da scegliere in funzione delle fasce di consumo per il settore industriale;

Figura 3: Schema aziendale tipo;

Figura 4: Confronto tra RUR raccolto e trattato per area geografica [Anno 2017];

Figura 5: Confronto tra frazione organica raccolta e trattata per area geografica [Anno 2017]; Figura 6: Linee di selezione e selettori ottici;

Figura 7: Trattamento di raffinazione del compost; Figura 8: Impianto di digestione anaerobico; Figura 9: Discarica in coltivazione;

Figura 10: Discarica in gestione post mortem;

Figura 11: Esempio di foglio di calcolo per la “Dimensione Energetica Aziendale”;

Figura 12: Esempio di foglio per il calcolo degli Indicatori prestazionali generali riferiti ai consumi per singolo vettore;

Figura 13: Esempio di foglio per il calcolo degli Indicatori prestazionali generali riferiti ai consumi del j-esimo vettore energetico per macroarea;

Figura 14: Esempio di foglio di calcolo dei consumi per la Diagnosi energetica nel caso di impianto di selezione post R.D;

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Lista delle tabelle

Tabella 1: Livelli minimi di copertura richiesti per il monitoraggio dei consumi; Tabella 2: Numero di Impianti per Area geografica [Anno 2017];

Tabella 3: Attività Principali Impianto di selezione rifiuti da raccolta differenziata; Tabella 4: Attività Principali Impianto di compostaggio;

Tabella 5: Attività Principali Impianto di digestione anaerobica; Tabella 6: Attività Principali Impianto TMB a flusso separato; Tabella 7: Attività Principali Impianto TMB a flusso unico; Tabella 8: Attività Principali discariche controllate;

Tabella 9: Fattori di conversione in tep dei principali vettori energetici;

Tabella 10: Vettori energetici e rispettivi Indicatori prestazionali generali riferiti ai consumi per singolo vettore;

Tabella 11: Indicatori prestazionali generali riferiti ai consumi per macro aree;

Tabella 12: Indicatori prestazionali specifici dei consumi delle attività principali per impianto di selezione post RD;

Tabella 13: Indicatori prestazionali specifici di consumo delle attività principali per impianto di compostaggio;

Tabella 14: Indicatori prestazionali specifici dei consumi delle attività principali per impianto di digestione anaerobica;

Tabella 15: Indicatori prestazionali specifici dei consumi delle attività principali per impianto TMB a flusso separato;

Tabella 16: Indicatori prestazionali specifici dei consumi delle attività principali per impianto TMB a flusso unico;

Tabella 17: Indicatori prestazionali specifici dei consumi delle attività principali per discarica controllata;

Tabella 18: Indicatori prestazionali specifici di consumo dei servizi ausiliari; Tabella 19: Indicatori prestazionali specifici di consumo dei servizi generali;

Tabella 20: Indicatori prestazionali generali delle produzioni per le attività principali;

Tabella 21: Indicatori prestazionali specifici di produzione delle attività principali per impianto di selezione post RD;

Tabella 22: Indicatori prestazionali specifici di produzione delle attività principali per impianto di compostaggio;

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Tabella 23: Indicatori prestazionali specifici di produzione delle attività principali per impianto di digestione anaerobica;

Tabella 24: Indicatori prestazionali specifici di produzione delle attività principali per impianto TMB;

Tabella 25: Indicatori prestazionali specifici di produzione delle attività principali per discarica controllata;

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Sommario

Con l’emanazione della Direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica e successivo recepimento in Italia attraverso il D.lgs. 4 Luglio 2014, n. 102, è stato introdotto l’obbligo per le grandi imprese e le imprese a forte consumo di energia di eseguire ogni quattro anni le diagnosi energetiche. Poiché la maggior parte degli impianti di trattamento rifiuti rientrano nella definizione di grande impresa, per gli stessi vige l’obbligo di esecuzione di tali diagnosi. A seguito di ciò, il presente lavoro di tesi, svolto in collaborazione con Utilitalia, Federazione che riunisce le Aziende operanti nei servizi pubblici dell'Acqua, dell'Ambiente, dell'Energia Elettrica e del Gas, ha lo scopo di analizzare, rappresentare ed interpretare il percorso effettuato per la redazione delle linee guida per le diagnosi energetiche negli impianti di trattamento dei rifiuti (elaborate dal GdL Utilitalia/Enea) ad eccezione degli impianti di incenerimento per i quali è già presente una linea guida specifica.

In tale settore è presenta un’estrema variabilità dei consumi energetici che dipendono fortemente dai diversi processi, dalle diverse tecnologie impiantistiche applicate e dalle diverse gestioni aziendali. Pertanto risulta complesso rispetto ad altri settori industriali il processo di standardizzazione e di conseguenza risulta più complesso l’individuazione di indicatori di performance energetica uniformi sul territorio nazionale.

Per questi motivi le Linee Guida hanno lo scopo di cogliere le caratteristiche dei diversi impianti e di creare un modello standard per ognuno d’essi, per far sì che le diverse aziende operanti nel settore possano assolvere all’obbligo di esecuzione delle diagnosi energetiche, al fine di avviare un processo il cui scopo è la definizione di indicatori prestazionali di settore standardizzati, che possano essere di utilità per la caratterizzazione dello stato dell’arte a livello

nazionale, dei possibili

sviluppi, nonché di eventuali

attività di valutazioni

comparative.

Per quanto esposto per semplificare l’esecuzione di una diagnosi energetica di un impianto può essere utile

rappresentare il sito

Figura 1: Schematizzazione della Struttura Energetica Aziendale (fonte: Guida operativa ENEA su Elementi su come elaborare la documentazione necessaria al rispetto degli obblighi previsti nell’art. 8 del decreto legislativo 102/2014 in tema di diagnosi energetica)

(7)

aziendale secondo lo schema di flusso standard riportato in figura 1 che individua la Struttura Energetica Aziendale.

I livelli di riferimento riportati nella Figura 1 (LA, LB, LC, LD), saranno successivamente trattati. Una volta rappresentato il sito aziendale secondo lo schema, individuati i livelli di riferimento verranno definiti gli indicatori di prestazione energetica generali e specifici.

(8)

Introduzione

“(1) L'Unione si trova di fronte a sfide senza precedenti determinate da una maggiore dipendenza dalle importazioni di energia, dalla scarsità di risorse energetiche, nonché dalla necessità di limitare i cambiamenti climatici e di superare la crisi economica. L'efficienza energetica costituisce un valido strumento per affrontare tali sfide. Essa migliora la sicurezza di approvvigionamento dell'Unione, riducendo il consumo di energia primaria e diminuendo le importazioni di energia. Essa contribuisce a ridurre le emissioni di gas serra in modo efficiente in termini di costi e quindi a ridurre i cambiamenti climatici. Il passaggio a un'economia più efficiente sotto il profilo energetico dovrebbe inoltre accelerare la diffusione di soluzioni tecnologiche innovative e migliorare la competitività dell'industria dell'Unione, rilanciando la crescita economica e la creazione di posti di lavoro di qualità elevata in diversi settori connessi con l'efficienza energetica”. (Estratto della Direttiva sull’Efficienza

Energetica).

Con tali parole si riassume l’importanza dell’efficienza energetica all’interno delle più recenti politiche europee e mondiali, create per contribuire entro il 2030 al raggiungimento degli

obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs)[1].

L’idea di base è quella di comprendere che gli attuali processi di produzione e consumo non sono sostenibili. Infatti gli sforzi tesi ad aumentare la produttività andranno di pari passo con altri obiettivi di miglioramento ambientali, come la riduzione delle emissioni di gas serra, l'uso più efficiente dell'energia, la reindustrializzazione sostenibile e la sicurezza dell'accesso alle materie prime.

Le materie e l'energia costituiscono attualmente per molte imprese le principali voci di costo

tra i fattori di produzione, per tale motivo una migrazione verso un’economia circolare[2] può

dare l’input verso l’abbattimento di tali costi, riducendone il consumo nelle fasi di produzione e di successivo uso e portando i processi a efficienze maggiori. Nella logica dell'economia

circolare, èinteressante notare come rifiuti ed energia sono due aspetti interconnessi, il cerchio

[1] Gli SDGs sono 17 obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile contenuti all’interno del programma d’azione per le

persone, il pianeta e la prosperità “Agenda 2030”, sottoscritto nel settembre 2015 da 139 Paesi membri dell’ONU e partito il 1° Gennaio 2016, al cui interno sono contenuti 169 target. I contenuti dei 17 SDGs possono essere riassunti nelle “5 P”: persone, prosperità, pace, partnership, pianeta.

[2] L’economia circolare è un termine generico per definire un’economia pensata per potersi rigenerare da sola, i

flussi materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera. L’economia circolare è dunque un sistema economico pianificato per riutilizzare i materiali in successivi cicli produttivi, riducendo al massimo gli sprechi.

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infatti si può chiudere con la trasformazione dei rifiuti in risorse intesi come materie prime seconde o energia, stimolando quindi l'innovazione nei settori del riciclaggio e del riutilizzo e limitando gli smaltimenti in discarica. Questo stimolo innovativo si sta avendo anche nel settore impiantistico del trattamento dei rifiuti attraverso l’utilizzo ad esempio delle diagnosi energetiche che permetteranno di individuare i maggior consumi del settore e quindi le varie criticità, con la successiva possibilità di effettuare ricerca nell’efficientamento, portando ad un uso ottimale della risorsa energetica.

La definizione di diagnosi energetica viene riportata al punto 25, art. 2, della Direttiva 2012/27/UE, nel quale si dispone quanto segue: “…una procedura sistematica finalizzata a

ottenere un’adeguata conoscenza del profilo di consumo energetico di un edificio o gruppo di edifici, di un’attività o impianto industriale o commerciale o di servizi pubblici o privati, a individuare e quantificare le opportunità di risparmio energetico sotto il profilo costi – benefici e a riferire in merito ai risultati”, successivamente integrata anche nel D.lgs. 102/2014

attraverso il D.lgs. 141/2016 “Disposizioni integrative al decreto legislativo 4 luglio 2014, n.

102 (articolo 1 comma 1 lettera c)”.

In Italia il tema dell’efficienza energetica entra ufficialmente in contatto con il settore dei rifiuti con il recepimento della Direttiva Europea 2012/27/UE sull’efficienza energetica e successiva emanazione del Decreto Legislativo 4 Luglio 2014, n. 102. In particolare l’articolo 8 di tale decreto dispone “l’obbligo per le grandi imprese di eseguire una diagnosi energetica…nei siti

produttivi localizzati sul territorio nazionale entro il 5 Dicembre, 2015 e successivamente ogni 4 anni…”.

Pertanto, rientrando quasi tutti gli impianti di trattamento di rifiuti nella definizione di grande impresa dettata anch’essa dal D.lgs. 102/2014 articolo 2, comma 2, lettera v “…quando il

requisito occupazionale (più di 250 unità effettive) sussiste congiuntamente a un fatturato superiore a 50 milioni di euro o a un totale di bilancio annuo superiore di 43 milioni” per le

stesse sussiste l’obbligo di eseguire la diagnosi energetica.

Lo scopo del presente lavoro di tesi è quindi quello di analizzare ed interpretare le Linee Guida di tale settore, le quali hanno un taglio operativo e pratico per le aziende del settore, affinché qualsiasi realtà aziendale, che abbia l’obbligo di eseguire una diagnosi energetica, possa assolverlo ottenendo un risultato che sia confrontabile a livello nazionale e che, pertanto, possa portare alla definizione di benchmark di prestazione energetica per il settore.

Tali linee guida vogliono essere quindi un punto di partenza ed allo stesso tempo una base solida per la costruzione di indicatori di prestazione energetica confrontabili e tali da definire

(10)

standard di prestazione energetica a livello nazionale per gestioni caratterizzate da sempre da un’estrema disomogeneità gestionale ed infrastrutturale.

Il corpo della tesi è diviso in tre capitoli.

Nel 1° Capitolo, nella parte iniziale si farà un introduzione alle politiche energetiche europee, in modo tale da fornire un quadro chiaro sulle ragioni che hanno mosso gli Stati Membri ad affrontare il tema dell’efficienza energetica e quindi delle diagnosi energetiche. Nella seconda parte si approfondirà la normativa a livello europeo con le diverse direttive concentrandosi sulla Direttiva 2012/27/UE per poi spostarsi alla normativa nazionale di riferimento e cioè il Decreto Legislativo 102/2014, per poi concludere il capitolo con il documento di chiarimenti necessari per il rispetto degli obblighi previsti nell’art. 8 del D.lgs. 102/2014 per le diagnosi energetiche forniti da MiSE ed ENEA.

Nel 2° capitolo si effettuerà un’analisi sulla localizzazione dei vari impianti trattamento di rifiuti in Italia dandone una breve descrizione e definendone schematicamente le attività principali che li compongono.

Infine, nel 3° capitolo, per ciascuna delle impiantistiche di trattamento individuata, si enunceranno nel concreto le linee guida operative, che sono state redatte nell’ambito delle attività avviate da Utilitalia ed ENEA, per effettuare una specifica analisi dei consumi energetici, che rispetti le indicazioni fornite dal D.lgs. 102/2014, per ottenere degli indicatori prestazionali dei singoli impianti e istituire una banca dati, tale che i risultati dei singoli impianti possano essere confrontati a livello nazionale, per favorire efficentamenti e miglioramenti del settore.

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1. Inquadramento tecnico e normativo sull’efficienza energetica

1.1 Introduzione alle Politiche Energetiche Europee

Articolo 26:

(1) L’Unione adotta le misure destinate all’instaurazione o al funzionamento del mercato interno, conformemente alle disposizioni pertinenti dei trattati.

(2) Il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali secondo le disposizioni dei trattati.

(3) Il Consiglio, su proposta della Commissione, definisce gli orientamenti e le condizioni necessari per garantire un progresso equilibrato nell’insieme dei settori considerati.

Articolo 174:

Per promuovere uno sviluppo armonioso dell’insieme dell’Unione, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica, sociale e territoriale. In particolare l’Unione mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite. Tra le regioni interessate, un’attenzione particolare è rivolta alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna.

Articolo 170:

(1) Per contribuire al raggiungimento degli obiettivi di cui agli articoli 26 e 174 e per consentire ai cittadini dell’Unione, agli operatori economici e alle collettività regionali e locali di beneficiare pienamente dei vantaggi derivanti dall’instaurazione di uno spazio senza frontiere interne, l’Unione concorre alla costituzione e allo sviluppo di reti transeuropee nei settori delle infrastrutture dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell’energia.

(2) Nel quadro di un sistema di mercati aperti e concorrenziali, l’azione dell’Unione mira a favorire l’interconnessione e l’interoperabilità delle reti nazionali, nonché l’accesso a tali reti. Essa tiene conto in particolare della necessità di collegare alle regioni centrali dell’Unione le regioni insulari, prive di sbocchi al mare e periferiche.

Gli articoli sopra riportati sono tratti dal Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, modificato dall'articolo 2 del trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dall'Italia con legge 2 agosto 2008, n. 130. Dagli articoli sopracitati si denota uno spirito di solidarietà e unione tra Stati Membri in tutti i settori. Soffermandoci sul tema dell’energia già citato nell’articolo 170, il trattato esalta tale aspetto nell’articolo 194 comma 1:

(1) Nel quadro dell’instaurazione o del funzionamento del mercato interno e tenendo conto dell’esigenza di preservare e migliorare l’ambiente, la politica dell’Unione nel settore dell’energia è intesa, in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, a:

a) garantire il funzionamento del mercato dell’energia

(12)

c) promuovere il risparmio energetico, l’efficienza energetica e lo sviluppo di energie nuove e rinnovabili

d) promuovere l’interconnessione delle reti energetiche

Proprio in tema di energia l’Unione Europea si trova ad affrontare le maggiori sfide, una domanda energetica crescente, prezzi dell’energia volatili e problemi di approvvigionamento, infatti l’Unione importa il 53% del proprio fabbisogno energetico con un costo di circa 400 miliardi di euro, infine le crescenti minacce poste dai cambiamenti climatici.

Per contrastare questi problemi si è stabilita una strategia di politica energetica che persegue tre obiettivi principali:

 Assicurare l’approvvigionamento energetico.

 Consentire ai fornitori di energia di operare in un mercato competitivo.

 Spingere verso un’energia sostenibile, attraverso la riduzione delle emissioni di gas serra,

dell’inquinamento e della dipendenza da fonti fossili.

L'Unione Europea ha stabilito, in merito al terzo punto di spingere verso un energia sostenibile ed ha autonomamente posto degli obiettivi in materia di clima ed energia per il 2020, il 2030 e il 2050.

Gli obiettivi posti per il 2020 attraverso il “Pacchetto Clima ed Energia 2020” sono stati fissati dai leader dell'UE nel 2007 e adottati nella legislazione nel 2009. Sono anche obiettivi principali della strategia Europa per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Gli obiettivi posti sono:

 Ridurre le emissioni di gas a effetto serra almeno del 20% rispetto ai livelli del 1990.  Ottenere il 20% dell’energia da fonti rinnovabili.

 Migliorare l'efficienza energetica del 20%.

Successivamente nell’Ottobre 2014 con la firma del “Quadro clima ed energia 2030” sono stati innalzati gli obiettivi da raggiungere entro il 2030 e cioè:

 Ridurre le emissioni di gas a effetto serra almeno del 40% rispetto ai livelli del 1990.

 Ottenere almeno il 27% dell'energia da fonti rinnovabili.

 Migliorare l'efficienza energetica del 27-30%.

 Portare il livello di interconnessione elettrica al 15% (vale a dire che il 15% dell’energia

elettrica prodotta nell’Unione può essere trasportato verso altri paesi dell’UE).

Gli obiettivi posti risultano essere coerenti con la tabella di marcia a lungo termine che ha delineato l’Unione Europea per il raggiungimento di un’economia competitiva e a basse emissioni di carbonio entro il 2050. Secondo tale prospettiva entro suddetto anno ci dovrebbe

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essere una riduzione delle emissioni di gas serra compresa tra l’80% e il 95% rispetto ai livelli del 1990.

Inoltre a Bruxelles il 25 Febbraio 2015 per rafforzare l’interesse su tali argomenti è stata emanata la COM(2015) 80 final, chiamata Pacchetto “Unione dell’Energia”, la quale afferma il bisogno di creare “Un'unione dell'energia resiliente, articolata intorno a una politica

ambiziosa per il clima, che consentirebbe di fornire ai consumatori dell'UE - famiglie e imprese - energia sicura, sostenibile e competitiva a prezzi accessibili. Per raggiungere quest'obiettivo occorrerà operare una drastica trasformazione del sistema energetico europeo […]. Auspichiamo un'Unione dell'energia che si concretizzi in un'economia sostenibile, a basse emissioni di carbonio e rispettosa del clima, concepita per durare nel tempo. Vogliamo imprese europee forti, innovative e competitive che sviluppino i prodotti industriali e la tecnologia necessari per conseguire l'efficienza energetica e mettere a punto le tecnologie a basse emissioni di carbonio, all'interno e all'esterno dell'Europa […]”

Nella COM(2015) 80 final, vengono esplicitate anche le dimensioni, strettamente interconnesse e che si rafforzano a vicenda, intese a migliorare la sicurezza, la sostenibilità e la competitività dell'approvvigionamento energetico:

 Sicurezza energetica, solidarietà e fiducia.

 Piena integrazione del mercato europeo dell'energia.  Efficienza energetica per contenere la domanda.  Decarbonizzazione dell'economia.

 Ricerca, innovazione e competitività.

Infine il 4 Dicembre 2018, con il via libera definitivo alle nuove direttive rinnovabili ed efficienza e al regolamento sulla governance dell’Unione energetica, che entreranno in vigore tre giorni dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Ue che avverrà presumibilmente il 21 dicembre 2018, dove sono stati rivisti e innalzati gli obbiettivi del Quadro clima ed energia 2030, al 32% per le rinnovabili e al 32,5% per l’efficienza, mentre il regolamento sulla governance prevedrà la presentazione, entro la fine del 2018, da parte dei 28 Stati dei Piani nazionali energia-clima.

Per quanto riguarda il raggiungimento degli obiettivi in tema di politiche energetiche dell’UE, la situazione risulta essere la seguente:

 Gas serra ridotti del 22% tra il 1990 e il 2015.

 La quota di energie rinnovabili è passata dall'8,5% del 2005 al 17% del 2016.  Si prevede un aumento dell'efficienza energetica del 18–19% entro il 2020.

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1.2 Misure per l’efficienza energetica a livello europeo

Nel corso degli anni un ruolo decisamente rilevante è stato attribuito alla politica in materia di contenimento della domanda energetica e quindi di efficienza energetica in quanto è sicuramente quello grazie al quale è possibile ridurre la dipendenza dagli approvvigionamenti da Paesi terzi, le emissioni inquinanti e contribuire alla crescita e all’occupazione degli Stati membri. La commissione Europea si è fatta portavoce di numerose istanze in tale ambito, favorendo diversi impulsi legislativi volti al miglioramento del risparmio energetico in Europa. Tra i provvedimenti si possono annoverare:

 La direttiva 2004/8/CE sulla promozione della cogenerazione basata su una domanda di calore utile nel mercato interno dell'energia e che modifica la direttiva 92/42/CEE.  La direttiva 2006/32/CE sull'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e

recante abrogazione della direttiva 93/76/CEE.

 La direttiva 2009/125/CE relativa all’istituzione di un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia.

 La direttiva 2010/30/UE sull’indicazione del consumo di energia e di altre risorse dei prodotti connessi all’energia, mediante l’etichettatura ed informazioni uniformi relative ai prodotti.

 La direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia.

Parallelamente alla normativa specifica di settore, si è assistito alla stesura di diversi documenti programmatici, il cui intento era quello di orientare l’operato dei singoli Stati membri verso un migliore utilizzo delle risorse.

Per quanto la legislazione comunitaria fosse stata concepita in modo da migliorare considerevolmente il rendimento energetico nei principali settori di consumo, questa da sola non avrebbe consentito di realizzare risparmi sufficienti per conseguire l’obiettivo della riduzione del 20% dei consumi entro il 2020 come descritto nel Pacchetto per il Clima e l’Energia 2020.

I maggiori ostacoli al miglioramento dell'efficienza energetica venivano individuati:  nella carente attuazione della legislazione vigente da parte dei singoli Stati;  nella mancata consapevolezza dei consumatori;

 nell'assenza di strutture adeguate che incentivassero investimenti fondamentali.

Era necessario, pertanto, un nuovo intervento. Bisognava aggiornare il quadro giuridico dell'Unione con un provvedimento che perseguisse concretamente l'obiettivo del Piano 20-20-20 e che raccogliesse tutti gli aspetti trattati in un’unica direttiva.

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Quest’idea ha portato all’emanazione della Direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE.

1.3 La Direttiva 2012/27/UE

La Direttiva 2012/27/UE è stata emanata il 25 ottobre 2012 e rappresenta il più recente atto europeo recante il quadro generale sull’efficientamento energetico, con questa è stato dato un ulteriore impulso allo sviluppo del mercato dell’efficienza energetica allo scopo di stabilire un quadro di misure comuni per l’attuazione degli interventi di efficienza energetica. La direttiva affronta con diversi livelli le problematiche che investono il settore dell’efficienza energetica, portando in conclusione, all’elaborazione di un quadro normativo vasto ed alla rideterminazione degli strumenti, delle modalità e delle aree di intervento.

Estrapolando le misure più significative introdotte della direttiva in esame si osserva che essa non prevede obiettivi obbligatori al 2020. Infatti ogni Stato membro dovrà fissare un obiettivo nazionale indicativo di efficienza energetica, basato sul consumo di energia o sul risparmio di energia ma pone l’obbligo di comunicarlo alla Commissione UE attraverso il proprio Piano d'azione nazionale.

Ulteriori misure introdotte possono essere raccolte in due gruppi: quelle finalizzate ad incidere sul lato della domanda e quelle che invece intervengono sul lato dell’offerta di energia. Nelle prime si possono far rientrare quelle aventi ad oggetto:

 Ristrutturazione del patrimonio immobiliare pubblico, dal 1° gennaio 2014 ogni Stato Membro dovrà garantire che, per ogni anno, almeno il 3% del parco immobili sia ristrutturato in modo da rispettare i requisiti minimi di prestazione energetica in edilizia, inizialmente verrà applicata agli edifici con una superficie calpestabile superiore ai 500 metri quadri, ma dal 9 luglio 2015, verranno interessati anche quelli con superficie inferiore (a partire dai 250 metri quadri).

 Acquisti da parte delle Pubbliche Amministrazioni esclusivamente di prodotti, servizi ed edifici ad alta efficienza energetica.

 Usi finali efficienti dell’energia da parte del consumatore attraverso l’aumento del livello di informazione, tramite l’etichettatura sulle prestazioni energetiche dei prodotti, attraverso l’installazione di contatori individuali per misurare il consumo di calore o di raffreddamento o di acqua calda e l’installazione di contatori “intelligenti” sia per l'elettricità sia per il gas.

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 Obbligo per le grandi imprese a sottoporsi ad una valutazione delle prestazioni energetiche entro dicembre 2015 e da ripetersi poi ogni 4 anni dalla scadenza. Anche le piccole e medie imprese, possono comunque essere incoraggiate a sottoporsi ad audit energetici.

Nelle seconde, si annoverano:

 Disposizioni volte ad incentivare la cogenerazione ad alto rendimento il teleriscaldamento, attraverso valutazioni globali sulla potenzialità di applicazione di tali tecnologie, con successiva comunicazione alla Commissione dei risultati ottenuti dalle valutazioni.

 Obbligo di efficienza energetica nelle aziende di trasformazione, distribuzione e vendita di energia, attraverso il risparmio energetico, con obiettivo annuale almeno pari all'1,5% del totale dell'energia venduta ai consumatori finali, calcolato sulla base della media dei consumi dei 3 anni precedenti.

 Nascita di società che effettuano interventi finalizzati a migliorare l'efficienza energetica, attraverso lo sviluppo del mercato dei fornitori di servizi energetici (ESCo). 1.4 Quadro Normativo Nazionale il “Decreto Legislativo 102/2014”

Il Decreto Legislativo del 4 luglio 2014, n. 102 di “Attuazione della direttiva 2012/27/UE

sull’efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE” introduce nell’ordinamento nazionale misure innovative

finalizzate a promuovere l’efficienza energetica nella pubblica amministrazione, nelle imprese e nelle famiglie secondo gli obiettivi che concorrono al conseguimento dell'obiettivo nazionale

di risparmio energetico definito all’articolo 3[3] del decreto stesso.

L’articolo 8 di tale decreto introduce le diagnosi energetiche e i sistemi di gestione dell'energia, secondo il quale le grandi imprese e le imprese a forte consumo di energia devono eseguire una prima diagnosi energetica nei siti produttivi localizzati sul territorio nazionale entro il 5 dicembre 2015 e successivamente ogni 4 anni. Tale obbligo non si applica alle Amministrazioni

Pubbliche e alle grandi imprese che hanno adottato sistemi di gestione conformi EMAS[4] o ISO

[3] Riduzione entro l'anno 2020, di 20 milioni di tep dei consumi di energia primaria pari a 15,5 milioni di tep di

energia finale, conteggiati a partire dal 2010, in coerenza con la Strategia Energetica Nazionale.

[4] Eco-Management and Audit Scheme (EMAS) è uno strumento volontario creato dalla Comunità europea al

quale possono aderire volontariamente le organizzazioni (aziende, enti pubblici, ecc.) per valutare e migliorare le proprie prestazioni ambientali e fornire al pubblico e ad altri soggetti interessati informazioni sulla

(17)

50001[5] o EN ISO 14001[6] a condizione che il sistema di gestione in questione includa un audit

energetico realizzato in conformità ai requisiti dettati dall'allegato 2 del D.lgs. 102/2014. La definizione di diagnosi energetica o anche detta audit energetico è presente nel D.lgs. 141/2016, che reca modifiche al D.lgs. 102/2014, che riprende alla lettera la definizione di audit energetico della Direttiva 2012/27/UE, ovvero: “una procedura sistematica finalizzata a

ottenere un’adeguata conoscenza del profilo di consumo energetico di un edificio o gruppo di edifici, di un’attività o impianto industriale o commerciale o di servizi pubblici o privati, a individuare e quantificare le opportunità di risparmio energetico sotto il profilo costi – benefici e a riferire in merito ai risultati.”

Le diagnosi dovranno essere condotte da società di servizi energetici (SSE), esperti in gestione dell'energia (EGE) o auditor energetici. Decorsi 24 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, le diagnosi energetiche saranno eseguite solo da soggetti certificati secondo le norme UNI CEI 11352 (ESCo), UNI CEI 11339 (EGE) o da auditor energetici certificati.

Inoltre, qualora le imprese dovessero essere situate in prossimità di impianti cogenerativi ad alto rendimento, la diagnosi per le stesse dovrà valutare anche la fattibilità tecnica, la convenienza economica e il beneficio ambientale, derivante dall'utilizzo del calore cogenerato o dal collegamento alla rete locale di teleriscaldamento eventualmente presenti nei pressi dell'impresa.

Per il rispetto di tale decreto all’ENEA sono affidati i compiti di:

 Istituire e gestire una banca dati delle imprese soggette a diagnosi energetica nel quale sono riportate almeno l'anagrafica del soggetto obbligato e dell'auditor, la data di esecuzione della diagnosi e il rapporto di diagnosi.

propria gestione ambientale. Esso rientra tra gli strumenti volontari attivati nell'ambito del V Programma d'azione della UE a favore dell'ambiente. Scopo prioritario dell'EMAS è contribuire alla realizzazione di uno sviluppo economico sostenibile, ponendo in rilievo il ruolo e le responsabilità delle imprese.

[5] La norma ISO 50001 "Sistemi di gestione dell'energia - Requisiti e linee guida per l'uso", è una Norma che

specifica i requisiti per creare, avviare, mantenere e migliorare un sistema di gestione dell'energia (SGEn). L'obiettivo di tale sistema è di consentire che un'organizzazione persegua, con un approccio sistematico, il miglioramento continuo della propria prestazione energetica comprendendo in questa l'efficienza energetica nonché il consumo e l'uso dell'energia.

[6] La norma EN ISO 14001 “Sistemi di gestione ambientale - Requisiti e guida per l'uso” è una Norma che

specifica i requisiti di un sistema di gestione ambientale che un'organizzazione può utilizzare per sviluppare le proprie prestazioni ambientali. L'obiettivo di tale sistema è di consentire alle organizzazione di gestire le proprie responsabilità ambientali in un modo sistematico per contribuire al pilastro ambientale della sostenibilità. La norma aiuta un'organizzazione a raggiungere gli esiti attesi dal proprio sistema di gestione ambientale, che forniscono valore aggiunto per l'ambiente, per l'organizzazione stessa e per le parti interessate.

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 Svolgere i controlli che dovranno accertare la conformità delle diagnosi, tramite una selezione annuale di una percentuale statisticamente significativa (almeno pari al 3%) della popolazione delle imprese soggetta all’obbligo secondo l’art. 8 comma 1 “Diagnosi

energetiche obbligatorie per le grandi imprese[7]” e comma 3 “Diagnosi energetiche obbligatorie per le imprese a forte consumo[8] di energia”. Svolgere il controllo su tutte

le imprese le cui diagnosi sono state svolte da auditor interni all'impresa stessa.

 Comunicare al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare, lo stato di attuazione dell'obbligo delle grandi imprese e le imprese a forte consumo di energia e pubblicare un rapporto di sintesi sulle attività diagnostiche complessivamente svolte e sui risultati raggiunti entro il 30 giugno di ogni anno, a partire dall'anno 2016.

1.5 Chiarimenti per il rispetto degli obblighi dell’art. 8 del D.lgs. 102/2014

L’ENEA, nell’ambito della diagnosi energetica, ha svolto un’intensa attività promozionale sia con la partecipazione diretta a campagne di diagnosi energetiche ed all’applicazione delle stesse nell’ambito più impegnativo dei Sistemi di Gestione Ambientale, sia con la diffusione di manuali operativi relativi alla metodologia per l’impostazione di una diagnosi.

L’ENEA per condurre in modo organizzato ed efficace l’istituzione e la gestione dei dati delle imprese soggette a diagnosi energetica e le loro diagnosi energetiche, ha ritenuto opportuno impostare una procedura per la conduzione della diagnosi che potesse:

 realizzare una uniformità di conduzione e di inserimento di dati da parte degli operatori;  garantire alle diagnosi la richiesta conformità all’allegato 2 del D.lgs. 102/2014;

[7] L’articolo 2, comma 2, lettera v del Decreto Legislativo 102/2014 che la individua come “impresa che occupa più di 250 persone, il cui fatturato annuo supera i 50 milioni di euro o il cui totale di bilancio annuo supera i 43

milioni di euro”. In merito è da rilevare quanto riportato nel documento MiSE “Chiarimenti in materia di diagnosi energetica nelle imprese ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo n. 102 del 2014” - edizione novembre 2016 nel quale si afferma: un’impresa è considerata “grande impresa” quando il requisito occupazionale (più di 250 unità effettive) sussiste congiuntamente a un fatturato superiore a 50 milioni di euro o a un totale di bilancio annuo superiore di 43 milioni.

[8] In merito è da rilevare quanto riportato nel documento MiSE “Chiarimenti in materia di diagnosi energetica

nelle imprese ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo n. 102 del 2014” - edizione novembre 2016 nel quale si afferma: le imprese a forte consumo di energia sono le imprese iscritte nell’elenco annuale istituito presso la Cassa Conguaglio per il settore elettrico ai sensi del decreto interministeriale 5 aprile 2013. L’articolo 2 di tale Decreto definisce le imprese a forte consumo di energia anche dette energivore come quelle imprese per le quali, nell’annualità di riferimento, si sono verificate entrambe le seguenti condizioni: abbiano utilizzato, per lo

svolgimento della propria attività, almeno 2,4 gigawattora di energia elettrica oppure almeno 2,4 gigawattora di energia diversa dall’elettrica e il rapporto tra il costo effettivo del quantitativo complessivo dell’energia utilizzata per lo svolgimento della propria attività, determinato ai sensi dell’art. 4, e il valore del fatturato, determinato ai sensi dell’art. 5, non sia risultato inferiore al 3 per cento.

(19)

 realizzare una più organica raccolta e trattamento dei dati.

Per tali motivi l’ENEA ha fornito suggerimenti relativi alle fasi di raccolta ed elaborazione dati ed a quella di redazione del rapporto di diagnosi energetica, attraverso una Guida operativa. La procedura proposta non è obbligatoria né vincolante, ciascun soggetto sarà libero di redigere il rapporto di diagnosi energetica seguendo i propri criteri e la propria metodologia, ma tuttavia, a ciascuno sarà chiesto di compilare un foglio di calcolo riassuntivo secondo uno schema scaricabile dal sito ENEA da allegare al rapporto di diagnosi energetica al momento in cui quest’ultimo verrà inviato, secondo le procedure definite, alla banca dati ENEA. Questo foglio di calcolo allegato dovrà contenere le informazioni più significative derivanti dalla diagnosi energetica e permetterà efficaci analisi preliminari sul percorso attuativo delle attività connesse alle diagnosi energetiche che ricadono nell’ambito dell’art. 8 del D.lgs. 102/2014.

1.5.1 Individuazione del sito produttivo e imprese “multisito”

Per quanto riguarda l’individuazione del sito produttivo dove svolgere la diagnosi energetica, il Ministero dello sviluppo economico nel documento “Chiarimenti in materia di diagnosi

energetica nelle imprese – Novembre 2016” si esprime come segue: “per sito produttivo si intende una località geograficamente definita in cui viene prodotto un bene e/o fornito un servizio”. Nel caso in cui l’azienda sia costituita da più siti, quindi denominata “azienda multisito”, essa dovrà stilare una lista di tutti i propri siti, associando ad essi il loro consumo

energetico annuale, ma la diagnosi verrà effettuata solo su un numero di siti sufficientemente rappresentativo della prestazione energetica globale dell’azienda come discusso nell’Allegato 1 del documento “Chiarimenti in materia di diagnosi energetica nelle imprese – Novembre

2016” che riporta una possibile metodologia da adottare a titolo semplificativo e non

vincolante. Di seguito viene riportata una sintesi della metodologia. Vengono inizialmente definiti:

 n il numero di siti facenti parte di un’unica azienda.

 Ci il consumo energetico annuo ad essi associato.

 Ctot ricavato come ∑𝐧𝐢=𝟏𝐂𝐧 e denominato consumo totale.

 Cobbl pari a 10.000 tep per il settore industriale e 1.000 tep per il terziario.  Cescl pari a 100 tep.

 Cj consumo energetico annuo del j-esimo sito.

La diagnosi dovrà quindi essere effettuata obbligatoriamente su tutti i siti aventi: 𝐶𝑗 > 𝐶𝑜𝑏𝑏𝑙

(20)

Per un ulteriore estrapolazione dei siti da sottoporre a diagnosi energetica, basterà porre i siti in ordine di consumo crescente, e scegliere di non effettuare la diagnosi dei primi m siti con consumi minori e che rispecchino le seguenti caratteristiche:

𝐶𝑗 ≤ 𝐶𝑒𝑠𝑐𝑙𝑒 ∑𝒎𝒋=𝟏𝑪𝒋 ≤ 𝟐𝟎% 𝑪𝒕𝒐𝒕

Per i restanti siti, si potrà scegliere se effettuare la diagnosi energetica di ciascuno oppure procedere ad una clusterizzazione di essi per fasce di consumo e per tipologia omogenea di sito e processo. Nel caso dell’effettuazione della clusterizzazione, all’interno dei cluster creati, l’impresa effettuerà la diagnosi energetica esclusivamente su un campione limitato di siti. Vengono definite 9 fasce di consumo con ampiezza di 100 tep per il settore terziario e 1100 tep per il settore industriale.

Il campione prescelto per la diagnosi sarà così composto:

 la fascia a consumo maggiore dovrà essere rappresentata con il 50% dei siti;

 le fasce successive da una percentuale di siti decrementata via via del 5%, fino ad arrivare al 10% di siti per la fascia più bassa.

Il campione dovrà essere in un numero totale massimo globale di 100 siti di cui almeno uno per ciascuna fascia e tipologia che non risulti insieme vuoto.

Una volta eseguito il calcolo dei siti da sottoporre a diagnosi secondo la procedura indicata, un’azienda multisito può avere la possibilità di scegliere quali siti possano essere oggetto di diagnosi secondo la seguente regola.

Dato n il numero totale di siti derivanti dall’applicazione della clusterizzazione e dall’applicazione delle percentuali previste per ciascuna fascia, un’azienda può scegliere di non effettuare la diagnosi su m, con m minore od uguale ad n, siti appartenenti ad una o più fasce con altrettanti m siti appartenenti a fasce più alte e non già inclusi negli n già individuati. Un’azienda effettua la diagnosi sulla base dei consumi dell’anno n-1 per i siti in proprio possesso nell’anno n. Se l’azienda non possiede i dati del sito A per l’anno n-1 perché in quel periodo il sito non esisteva o era di proprietà di altra azienda non associata o controllata, allora l’azienda non è tenuta alla diagnosi di tale sito. Inoltre tale sito non contribuisce al calcolo dei consumi totali dell’azienda. Analogamente, sono esclusi dalla diagnosi per l’anno n, i siti, anche di natura temporanea, per i quali l’attività all’anno n è variata significativamente rispetto all’anno n-1.

(21)

Figura 2: Percentuali di siti da scegliere in funzione delle fasce di consumo per il settore industriale (fonte: Linee Guida per il Monitoraggio nel settore industriale per le diagnosi energetiche ex art. 8 del d.lgs. 102/2014, ENEA)

1.5.2 Schema energetico aziendale

Una volta individuati i siti su cui effettuare la diagnosi energetica, è possibile costruire per ciascuno di essi uno schema energetico. Per schema energetico si intende la descrizione degli utilizzi di ciascun vettore energetico nell’ambito di specifici confini all’interno dell’oggetto della diagnosi energetica. I dettagli di tale descrizione dipendono dalla disponibilità di misure dirette e dalla rilevanza dell’ambito di interesse.

Lo schema energetico dovrà essere costruito relativamente ad ogni vettore energetico (elettrico, termico, vapore, acqua surriscaldata, ecc.) acquistato, prodotto e utilizzato nel sito in esame ed avrà lo scopo di suddividere i consumi annui del vettore specifico tra le diverse utenze presenti nel sito stesso. In pratica si dovrà realizzare un inventario il più dettagliato possibile delle utenze che consumano quel vettore energetico e nell’associare a ciascuna di esse il relativo consumo. Per facilitare la sua realizzazione e le successive elaborazioni, le utenze possono essere raccolte in funzione del centro di consumo a cui fanno riferimento. Per ogni utenza si dovrà calcolare l’incidenza del suo consumo sui consumi totali.

Può essere utile rappresentare quindi ogni sito aziendale secondo lo schema di flusso avente una struttura ad albero che si sviluppa su quattro livelli: A, B, C, D riportato in Figura 3 che caratterizza la Struttura Energetica Aziendale.

(22)

Figura 3: Schema aziendale tipo (fonte: Elementi su come elaborare la documentazione necessaria al rispetto degli obblighi previsti nell’art. 8, del decreto legislativo 102/2014 in tema di diagnosi energetica, ENEA)

Il primo livello è quello A, di carattere generale in cui si indicano i dati dell’azienda, si individuano i vettori energetici che entrano in azienda in maniera diretta e si specifica la destinazione d’uso generale dell’azienda. Una volta riportati i quantitativi annui di consumo dei vettori energetici presenti, il sistema informatico determinerà la dimensione energetica

dell’azienda, espressa in tep, denominata Vtot.

Il secondo livello B, è il primo livello più specifico, contiene solo un’informazione riguardante

il consumo totale del vettore energetico j-esimo (Vj) con annessa specifica della destinazione

d’uso generale dell’azienda associata a tale vettore (Dgj). Il consumo energetico globale di tale

vettore rapportato alla destinazione d’uso generale rappresenta l’indicatore di prestazione

generale j-esimo (Ipgj)

Il terzo livello C costituisce una prima schematizzazione della struttura energetica dell’azienda,

secondo la quale il vettore energetico Vj deve essere suddiviso in tre macroaree:

 Attività principali: sono il core business dell’azienda, vanno infatti considerate tutte le attività legate all’articolazione della produzione o che caratterizzano il servizio erogato.  Servizi ausiliari: sono le attività a supporto dell’attività principale.

 Servizi generali: sono tutte le attività che sono connesse al processo produttivo, i cui

fabbisogni perònon sono strettamente ad esso correlati.

(23)

h=1 per le attività principali - h =2 per i servizi ausiliari - h=3 per i servizi generali.

Anche in questo caso, associato al consumo energetico del vettore j-esimo per ciascuna

macroarea (Vjh) viene specificata la destinazione d’uso generale (Dgjh), e dal rapporto tra il

consumo energetico e tale destinazione d’uso si determinano gli indici di prestazione generali

per macroarea (Ipgjh).

Il quarto livello D rappresenta quello di massimo dettaglio della struttura aziendale, in quanto permette di individuare le cosiddette aree funzionali k-esime, suddivise per macroarea. Pertanto l’attività principale, i servizi ausiliari e i servizi generali vanno suddivisi in singole sezioni, tali che ogni area sia dedicata ad una precisa fase ben individuabile dal punto di vista dei fabbisogni energetici e della destinazione d’uso. E’ possibile quindi definire le destinazioni

d’uso specifiche dell’utenza (Dsk), per ciascuna delle quali va specificata l’entità, l’unità di

misura e la metodologia di monitoraggio.

Il rapporto tra il consumo energetico del vettore j-esimo, associato alla macroarea h-esima, e

alla corrispondente area funzionale k-esima (Vjhk) e la destinazione d’uso specifica prende il

nome di indice prestazionale specifico (Ipsjhk). Invece il rapporto tra Vjhk e la destinazione d’uso

generale associata al vettore j-esimo e alla relativa macroarea h-esima, Dgjh prende il nome di

indice prestazionale generale Ipgjhk.

1.5.3 Approfondimento sul piano del monitoraggio

Per poter eseguire una diagnosi energetica in grado di fornire un quadro completo in termini di consumi energetici per ciascun sito produttivo è importante prestare attenzione al piano di monitoraggio per le grandezze in questione. Definita la suddivisione in aree funzionali o sezioni, si acquisiscono i dati energetici dai contatori generali di stabilimento e, qualora non siano disponibili misure a mezzo di contatori dedicati, per la prima diagnosi, il calcolo dei dati energetici di ciascuna unità funzionale viene ricavato dai dati disponibili.

Nel caso di non disponibilità dei dati di monitoraggio di dettaglio, la ripartizione dei consumi oppure la determinazione delle grandezze energetiche intermedie sarà fatta in base ai dati tecnici e di utilizzo dei vari impianti e/o attività di monitoraggio con strumentazione portatile o qualora tali dati non fossero disponibili, potranno essere stimati.

Una volta definito l’insieme delle aree funzionali e determinato il peso energetico di ognuna di esse a mezzo di valutazioni progettuali e strumentali, si dovrà definire l’implementazione del piano di monitoraggio permanente in modo sia da tener sotto controllo continuo i dati significativi del contesto aziendale, sia per acquisire informazioni utili al processo gestionale e dare il giusto peso energetico allo specifico prodotto realizzato o al servizio erogato.

(24)

In relazione al fatto che la struttura energetica aziendale permette di individuare le aree funzionali più efficienti o di maggior spreco energetico, la diagnosi si completa con la messa a punto di un percorso virtuoso, in termini di interventi di efficienza energetica, tale da ridurre i fabbisogni energetici a parità di destinazione d’uso, e quindi creare i presupposti per una maggiore competitività dei prodotti e per l’erogazione di servizi migliori.

Un possibile documento di riferimento per definire il piano di monitoraggio è “Linee guida per

il monitoraggio nel settore industriale per le diagnosi energetiche ex art. 8 del d.lgs. 102/2014”

elaborato da ENEA, che essendo di carattere non vincolante e valido per qualsiasi settore, non è in grado di cogliere le specificità derivante dagli impianti di trattamento di rifiuti. Da qui, la necessità di utilizzare tale documento come punto di partenza per poi definire uno specifico piano di monitoraggio. Nel suddetto documento si afferma che, grazie alla possibilità di disporre sia di dati sui consumi energetici, quanto più diffusamente misurati, sia di dati sulla destinazione d’uso generale e specifica più affidabili possibili per ciascun vettore energetico, sarà possibile ottenere indici di prestazione generali e specifici sempre più precisi.

Inoltre per ottenere dati di benchmark affidabili senza gravare troppo sul soggetto che deve adempiere all’obbligo, si definiscono dei livelli di copertura minimi richiesti per i dati misurati decrescenti in funzione dei consumi totali dell’impianto.

In particolare per siti industriali con consumi totali superiori a 10.000 tep/anno, si assume per ogni vettore energetico e relativamente all’anno di riferimento: l’85% di copertura dei dati misurati per la macroarea attività principali, il 50% di copertura dei dati misurati, per la macroarea servizi ausiliari, il 20% di copertura dei dati misurati, per la macroarea servizi generali, per i siti industriali con consumo totale inferiore a 10.000 tep/anno, il livello di copertura dei dati misurati decresce linearmente al decrescere dei consumi via via del 5%, vedi Tabella 1.

Tabella 1: Livelli minimi di copertura richiesti per il monitoraggio dei consumi

Consumi anno di riferimento [tep/anno] Attività Principali Servizi Ausiliari Servizi Generali

> 10.000 85% 50% 20% 8900 10000 80% 45% 20% 7800 8899 75% 40% 20% 6700 7799 70% 35% 20% 5600 6699 65% 30% 20% 4500 5599 60% 25% 10% 3400 4499 55% 20% 10% 2300 3399 50% 15% 10% 1200 2299 45% 10% 5% 100 1199 40% 5% 5%

Fonte ENEA: Percentuali riferite al totale dei consumi delle aree funzionali costituenti l’impianto in esame, assunto come unica installazione presente nel sito. In caso di presenza di altre installazioni e/o impianti i consumi sono quelli complessivi dell’area del sito.

(25)

Infine le modalità di misura possono essenzialmente essere di due tipi:

 Campagne di misura, la cui durata dovrà essere scelta in modo rappresentativo in termini di riproducibilità del dato, significatività e validità temporale, rispetto alla tipologia del processo d’impianto.

 Strumenti di misura ad hoc installati in maniera permanente.

In entrambi i casi è richiesto adottare come riferimento l’anno solare precedente all’anno di obbligo per la redazione della diagnosi energetica o di un periodo equivalente di pari durata.

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2. Gli impianti di trattamento dei rifiuti

2.1 Gli Impianti sul territorio nazionale

Nel Rapporto Rifiuti Urbani 2018 di ISPRA viene riportato che nel 2017 sono stati conferiti circa 37 milioni di tonnellate di rifiuti nelle diverse destinazioni impiantistiche. Sono infatti presenti sul territorio nazionale 644 impianti suddivisi in 340 impianti per il trattamento della frazione organica e 304 per il trattamento dei rifiuti urbani residui.

Analizzando meglio la situazione impiantistica differenziandola tra Nord Centro e Sud si possono osservare i dati sotto riportati in tabella 2:

Tabella 2: Numero di Impianti per Area geografica [Anno 2017]

Tipologia Impiantistica Nord Centro Sud Italia

Compostaggio 178 43 64 285

Trattamento integrato aerobico/anaerobico 25 2 4 31

Digestione anaerobica 22 0 2 24

Trattamento meccanico Biologico (TMB) 40 37 53 130

Inceneritori 26 7 6 39

Coinceneritori 9 1 2 12

Discariche 51 27 45 123

Totale 351 117 176 644

Elaborazione su fonte ISPRA: Rapporto Rifiuti Urbani 2018

Analizzando i numeri della tabella si nota come gli impianti che hanno trattato tali rifiuti non sono equamente distribuiti sul territorio nazionale. Infatti il più alto numero di impianti risulta localizzato al Nord, ad eccezione per gli impianti di trattamento meccanico biologico localizzati maggiormente al Sud. Dal Rapporto Rifiuti Urbani (ISPRA, 2018) sono stati estrapolati i dati inerenti alle quantità di rifiuti urbani residui e frazione organica, raccolti, trattati e il loro delta per macro aree Nord, Centro e Sud rappresentati in figura 4 e figura 5:

Figura 4: Confronto tra RUR raccolto e trattato per area geografica [Anno 2017]

Elaborazione su fonte ISPRA: Rapporto Rifiuti Urbani 2017 4718 3127 5313 5656 2142 4764 -938 985 549 -2000 -1000 0 1000 2000 3000 4000 5000 6000

Nord Centro Sud

t

x

1000

(27)

Figura 5: Confronto tra frazione organica raccolta e trattata per area geografica [Anno 2017]

Elaborazione su fonte ISPRA: Rapporto Rifiuti Urbani 2017

Dai risultati dell’analisi si può dedurre che il Nord sia nel caso dei rifiuti urbani residui sia della frazione organica registra maggiori quantitativi trattati di quelli raccolti, mentre al Centro e Sud i quantitativi di rifiuto urbano residuo e frazione organica raccolte sono maggiori di quelli trattati. Da ciò si conferma la differenza impiantistica e quindi il gap che affligge in particolare le aree del Centro e del Mezzogiorno già delineato nella tabella 1. Si può anche pensare che sussiste una migrazione parziale dei rifiuti dal Centro-Sud verso il Nord che presenta capacità impiantistiche installate maggiori delle necessità o in situazioni peggiori verso l’estero. Questa migrazione del rifiuto porta ad impatti economici, energetici ed ambientali negativi.

2.2 Impianti di selezione rifiuti da raccolta differenziata

I moderni impianti di selezione rappresentano l'anello di congiunzione tra i cittadini (che effettuano la raccolta differenziata) ed i produttori finali che impiegano materie prime seconde. Sono in sostanza dei siti che selezionano e puliscono i rifiuti provenienti da raccolta differenziata e li avviano, privi di frazioni estranee, agli impianti produttivi. Sono fondamentali nel processo di riciclo, poiché il maggior problema nella raccolta differenziata è legato proprio alla presenza di frazioni estranee nelle diverse tipologie di rifiuto dovuta all’errato conferimento da parte del cittadino. Questi impianti possono essere formati da una o più linee in funzione

3531 1375 1714 4052 721 1129 -521 654 585 -1000 0 1000 2000 3000 4000 5000

Nord Centro Sud

t

x

1000

Quantitativi Raccolti Quantitativi Trattati Delta (R-T)

(28)

della tipologia di rifiuto da trattare in ingresso all’impianto. Nelle linee di trattamento, di cui un esempio è riportato in Figura 6, vengono effettuate in serie operazioni di selezione meccanica (tramite lettori ottici, vagli rotanti, vagli balistici, magneti, ecc.) e manuale delle frazioni presenti nei diversi flussi di rifiuti trattati, al fine di garantire un’adeguata omogeneità merceologica per singola frazione recuperata, attraverso l’eliminazione di scarti e materiali non destinabili a riciclo. In coda alle linee di separazione sono installate presse per la riduzione volumetrica e l’imballaggio dei rifiuti da spedire a riciclo presso impianti adeguati. I materiali maggiormente riciclabili in uscita dagli impianti sono: carta e cartone, plastica suddivisa per le diverse famiglie di polimero, ferro, alluminio e vetro.

Risulta evidente che migliore è la qualità della raccolta differenziata (cioè minore è la presenza di frazione estranea), minore sarà la quantità di scarto da avviare a smaltimento in discarica o termovalorizzazione.

L’impianto sopra descritto e i relativi componenti sono riferiti al caso di un impianto in grado di trattare rifiuti provenienti da una raccolta differenziata multimateriale che fa sì che nei flussi in ingresso possa essere presente una combinazione piuttosto variabile delle varie matrici. Tuttavia lo schema di trattamento è applicabile anche al caso di flussi di rifiuti monomateriale. Il funzionamento di tali impianti, per semplicità, può essere schematizzato in tre sezioni nelle quali vengono racchiuse tutte le varie operazioni o componenti che si possono effettuare lungo tutta la linea di trattamento.

Tabella 3: Attività Principali Impianto di selezione rifiuti da raccolta differenziata

Attività Principali Sezioni Componenti Accettazione/Pretrattamenti Cernita manuale Separazione magnetica Sistemi di triturazione Vagliatura Movimentazione

Separazione dei flussi

Separatori densimetrici/in depressione/elettrostatici Separatori magnetici/a correnti indotte

Separatori a lettura ottica Cernita manuale

Movimentazione

Recupero materiali/Smaltimento scarti

Confezionamento in balle

Stoccaggio/spedizione materiali e scarti Movimentazione

2.3 Impianti di compostaggio

Gli impianti di compostaggio sono strutture che trasformano la frazione umida dei rifiuti urbani, scarti di produzione agricola e industriale biodegradabili in compost.

Il trattamento di compostaggio avviene per mezzo di un processo biologico aerobico, cioè in presenza di ossigeno, durante il quale le componenti organiche maggiormente biodegradabili

(29)

subiscono una mineralizzazione per mezzo di organismi come batteri, muffe, funghi e lombrichi.

Il processo inizia con l’arrivo dei rifiuti all’impianto dove subiscono una prima selezione finalizzata alla separazione di corpi estranei o indesiderati eventualmente presenti, una triturazione e infine una miscelazione con materiali ligno-cellulosici, prima di avviare il vero e proprio trattamento di compostaggio, allo scopo di ottenere un’elevata porosità del materiale per consentire un adeguata ed omogenea ossigenazione ed evitare la compattazione del materiale durante il processo. I rifiuti che hanno subito i pretrattamenti vengono depositati in celle o capannoni dove sul fondo possono essere presenti griglie per il riciclo del percolato per mantenere un adeguata umidità solitamente compresa tra il 50-55% e bocche di aerazione per mantenere un tenore di ossigeno maggiore del 10% evitando l’insorgere di condizioni anaerobiche.

Il processo di compostaggio è esotermico e può essere suddiviso in due fasi, la prima inizia in condizioni mesofile dove i composti prontamente biodegradabili (molecole semplici quali zuccheri, acidi organici, aminoacidi) vengono velocemente metabolizzati producendo calore e innalzando la temperatura del cumulo, che può raggiungere i 60°C. Il rilascio di energia sotto forma di calore fa passare il processo da condizioni mesofile a condizioni termofile, portando ad una selezione e riduzione della popolazione batterica presente. In condizioni termofile i batteri degradano i composti intermedi ottenuti e il prodotto che si ottiene al termine di questa fase è il compost fresco, un materiale igienizzato e sufficientemente stabilizzato. L’inattivazione di semi di piante infestanti e organismi patogeni è uno dei più importanti effetti di questa prima fase.

Nella seconda fase le temperature si abbassano tornando in condizioni mesofile e stabilizzandosi poco al di sopra della temperatura ambiente. Viene chiamata anche fase di maturazione, durante la quale i processi metabolici diminuiscono di intensità e accanto ai batteri si attivano gruppi microbici costituiti da funghi e attinomiceti che degradano attivamente amido, cellulosa e lignina. In questa fase la massa viene colonizzata anche da organismi appartenenti alla microfauna, che agiscono attraverso un processo di sminuzzamento e rimescolamento dei composti organici e minerali.

Il processo viene velocizzato e migliorato attraverso l’utilizzo di bracci meccanici, coclee o pale rivoltacumuli per mescolare e rivoltare periodicamente la massa al fine di garantire un trattamento omogeneo.

Il compost maturo ottenuto è un prodotto stabile di colore scuro, con tessitura simile a quella di un terreno ben strutturato, dal caratteristico odore di terriccio di bosco, ricco di carbonio e

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sostanze nutritive come azoto, fosforo e potassio che fanno di esso un prodotto adatto ai più svariati impieghi agronomici, dal florovivaismo alle colture praticate in pieno campo. Il

compost rientra nella normativa sui fertilizzanti[9] e viene distinto nell’Allegato 2 del D.lgs.

75/2010 in più categorie di ammendanti in funzione delle matrici di partenza del processo, nel caso della frazione organica proveniente da raccolta differenziata avremo ammendante

compostato misto (ACM)[10].

Il compost, può essere utilizzato tal quale o subire un ulteriore trattamento di raffinazione (figura 7) come la vagliatura mediante appositi setacci meccanici con maglia vagliante da 6-10 mm o 15-20 mm. Questo permette di eliminare una parte di eventuali corpi estranei come plastiche o vetri e di eliminare parti legnose indecomposte.

Il funzionamento dell’impianto per semplicità può essere schematizzato in tre sezioni nelle quali vengono racchiuse tutte le varie operazioni o componenti che si possono effettuare lungo tutta la linea di trattamento:

[9] Decreto Legislativo 29 aprile 2010 n. 75 “Riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, a norma dell’articolo 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88”

[10] Prodotto ottenuto attraverso un processo controllato di trasformazione e stabilizzazione di: rifiuti domestici,

materiali vegetali, letame effluente da allevamenti, compresi pollina e letame stallatico, effluenti di allevamenti liquidi, deiezioni di vermi e di insetti, prodotti lattiero-caseari, prodotti e sottoprodotti di origine vegetale per la fertilizzazione, segatura, trucioli di legno e corteccia.

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Tabella 4: Attività Principali Impianto di compostaggio

Attività Principali

Sezioni Azioni/Componenti

Alimentazione/Pretrattamenti

Sistema di scarico rifiuti

Sistema di alimentazione (carroponte/pala meccanica) Sistemi di triturazione rifiuti/aggiunta materiale strutturante Deferrizzazione

Vagliatura

Miscelazione flussi

Rimozione dei metalli non ferrosi Movimentazione

Trattamento aerobico /Produzione compost

Bio-ossidazione Maturazione Ventilazione

Vagliatura/Classificazione dimensionale, ecc. Trattamento acque

Movimentazione

Trattamento effluenti gassosi e liquidi

Depolverazione arie esauste (ciclone/filtro a maniche) Rimozione odori/inquinanti arie esauste (biofiltro, colonne di lavaggio, ecc.)

Trattamento acque reflue di processo Altri trattamenti (da specificare)

2.4 Impianti di digestione anaerobica

La digestione anaerobica individua un particolare processo di degradazione biologica, condotto in assenza di ossigeno, di materiale organico di scarto. Nel caso specifico la componente principale è costituita dalla frazione organica dei rifiuti urbani proveniente da raccolta differenziata, alla quale possono essere associati altri flussi quali fanghi di depurazione, colture energetiche dedicate, ecc.

Il processo biologico può essere suddiviso in quattro fasi:

La prima fase è l’idrolisi, dove le macromolecole organiche complesse come zuccheri, grassi e proteine vengono scisse dai batteri idrolitici in composti più semplici in forma solubile come monosaccaridi, acidi grassi e amminoacidi.

La seconda fase è l’acidogenesi, dove monosaccaridi, acidi grassi e amminoacidi vengono scissi dai batteri fermentativi in molecole ancora più semplici come acidi grassi volatili, chetoni, alcoli e piccole percentuali di acido acetico, idrogeno e anidride carbonica.

La terza fase è l’acetogenesi, dove acidi grassi volatili, chetoni e alcoli sono ulteriormente degradati dai batteri acetogeni in anidride carbonica, idrogeno e acido acetico.

L’ultima fase è la metanogenesi, dove si ha la produzione di metano attraverso due diverse reazioni, la prima per via dei batteri acetoclasti i quali degradano l’acido acetico in metano e

Figura

Figura 1: Schematizzazione della Struttura Energetica Aziendale (fonte: Guida  operativa ENEA su Elementi su come elaborare la documentazione necessaria  al rispetto degli obblighi previsti nell’art
Figura 2: Percentuali di siti da scegliere in funzione delle fasce di consumo per  il  settore  industriale  (fonte:  Linee  Guida  per  il  Monitoraggio  nel  settore  industriale per le diagnosi energetiche ex art
Figura 3: Schema aziendale tipo (fonte: Elementi su come elaborare la documentazione necessaria al rispetto degli obblighi  previsti nell’art
Tabella 1: Livelli minimi di copertura richiesti per il monitoraggio dei consumi
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