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Le realtà locali nel mondo greco. Ricerche su poleis ed ethne della Grecia occidentale.

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Academic year: 2021

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Collana diretta da Giovannella CresCi Marrone

ed Enrica Culasso Gastaldi

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I volumi pubblicati nella Collana sono sottoposti a un processo di peer review che ne attesta la validità scientifica.

Giovannella Cresci Marrone Enrica Culasso Gastaldi

Comitato Scientifico / International Advisory Board Lorenzo Calvelli (Università Ca’ Foscari Venezia) Michele Faraguna (Università degli Studi di Milano) Denis Knoepfler (Collège de France)

Stephen Lambert (Cardiff University)

Georgia Malouchou (Archaeological Society of Athens) Daniela Marchiandi (Università degli Studi di Torino) Nicoletta Giovè (Università degli Studi di Padova) Silvia Orlandi (Sapienza Università di Roma) Jonathan Prag (Merton College Oxford)

Alicia Ruiz Gutiérrez (Universidad de Cantabria) Nicolas Tran (Université de Poitiers).

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Le realtà locali nel mondo greco

Ricerche su poleis ed ethne

della Grecia occidentale

Edizioni dell’Orso Alessandria

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© 2019

Copyright by Edizioni dell’Orso s.r.l. via Rattazzi, 47 15121 Alessandria tel. 0131.252349 fax 0131.257567 e-mail: [email protected]

http://www.ediorso.it

Redazione informatica e impaginazione a cura di Francesca Cattina ([email protected])

Grafica della copertina a cura di Paolo Ferrero ([email protected])

È vietata la riproduzione, anche parziale, non autorizzata, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche a uso interno e didattico. L’illecito sarà penalmente perse-guibile a norma dell’art. 171 della Legge n. 633 del 22.04.41

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Prefazione VII Introduzione IX Parte I: Poleis 1. All’ombra di Corinto 3 1.1. Introduzione 3 1.2. Corcira 12 1.3. Ambracia 26 1.4. Epidamnos 41 1.5. Apollonia 50

2. Poleis corinzie e koina locali (post 223 a.C.):

il caso dell’area apolloniate 63

2.1. Introduzione 63

2.2. Dimalla (koinon dei Dimallitai) 64

2.3. Il koinon dei Balaieitai 68

Parte II: Ethne

1. Il koinon degli Acarnani 77

1.1. La nascita dello stato federale degli Acarnani 77

1.2. Gli Acarnani nel V secolo 86

Gli Acarnani in Tucidide 87

Il ruolo di Stratos e il koinon dikasterion di Olpai 93

Osservazioni conclusive 99

1.3. La “prima federazione” acarnana 101

1.4. La “seconda federazione” acarnana 113

2. Il koinon degli Etoli 123

2.1. La nascita dello stato federale degli Etoli 123

2.2. Il koinon degli Etoli nel IV sec. a.C. 132

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L’arbitrato etolico tra Melitaia e Pereia 141 Il problema dei distretti territoriali del koinon etolico 147 La rappresentanza politica delle realtà locali

e la questione dei boularchoi 159

La politeia etolica 164

Conclusioni 181 Mappe 189 Bibliografia 191 Indice delle fonti 209 Indice dei nomi 217

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Nell’introdurre il primo volume della Collana Studi e Testi di Epigrafia, mi è gradito presentare questa circostanza come un importante traguardo raggiunto, dopo un lungo cammino di frequentazione della disciplina epigrafica e di stimo-lante confronto con colleghi italiani e stranieri, i cui nomi compaiono, in parte, anche nel Comitato Scientifico e che ringrazio qui per la loro proficua collabora-zione. Profondamente persuasa del ruolo strutturale che l’epigrafia riveste all’in-terno degli studi di storia antica e della sua insostituibile capacità documentaria, sia in ambito pubblico sia privato, guardo ora con molte aspettative a questa nuova impresa editoriale. In particolare sono interessata a tutte le declinazioni possibili in cui le iscrizioni possano contribuire a delineare la storia, intendo la grande sto-ria, delle comunità antiche e degli uomini che ne furono interpreti e protagonisti.

Il volume di Chiara Lasagni, dedicato alle «realtà locali» della Grecia occiden-tale, pone al centro dell’attenzione un tema e un’area geografica che l’autrice ha potuto investigare solo affidandosi alla lettura e all’interpretazione dei documenti epigrafici, spesso giunti fino a noi in condizioni frammentarie e bisognosi pertan-to di cure specialistiche e di oculata esegesi. Del respertan-to l’autrice ha frequentapertan-to il tema già a partire dagli studi universitari, quando sotto la mia guida ha condotto ricerche sull’organizzazione delle tribù epirote, grazie anche alla preziosa col-laborazione con la professoressa Vassilia Kontorini dell’Università di Ioannina, dove Chiara Lasagni ha trascorso un lungo periodo come studentessa Erasmus. Molte volte, negli anni successivi, la sua ricerca è tornata a investigare temi simili od omologhi, come quando, nel volume La prassi della democrazia ad Atene, da me edito nel 2004, ha indagato le procedure politiche adottate dai demi attici nelle iniziative onorarie. Molte volte ancora, poi, raffinando la propria preparazione e progredendo in consapevolezza e maturità scientifica, grazie anche ad esperienze sempre nuove e formative, ha dedicato importanti contributi agli stati federali e alle organizzazioni territoriali, approdando a una prima monografia nel 2011, già introduttiva sul confronto tra poleis ed ethne, e infine a questo secondo volume che intende verificare le teorie euristiche grazie al vivo confronto con il campo documentario delle iscrizioni.

Vorrei ancora ricordare che tali obiettivi sono stati alla sua portata perché la sua formazione ha sempre incluso l’addestramento epigrafico come profilo

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irrinuncia-bile, che l’ha condotta anche, su un altro versante, a vincere un finanziamento SIR (Scientific Independence of Young Researchers), dedicato a giovani ricercatori, bandito dal MIUR. Il progetto The Epigraphic Landscape of Athens, riconosciuto di elevata qualità scientifica, ha portato alla creazione di un centro di ricerca, che è guidato da Chiara Lasagni nel ruolo di Principal Investigator, e che, con la col-laborazione di altri (cosiddetti) giovani ricercatori, ha già prodotto ottimi risultati nello studio del panorama epigrafico e topografico di Atene.

Rivolgendomi ora ai nostri attuali e futuri lettori, non mi rimane che dare ap-puntamento, dopo questo esordio, alle prossime monografie della Collana, in cui altre declinazioni sul tema saranno presentate al giudizio di chi condivide la nostra scelta metodologica e altri angoli d’osservazione potranno stimolare dibattiti nuo-vi e aprire produttive finestre d’esplorazione sul mondo antico.

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Gli studi raccolti in questo libro sono concepiti in ideale prosecuzione con la monografia Il concetto di realtà locale nel mondo greco. Uno studio introduttivo

nel confronto tra poleis e stati federali (2011). L’intento è quello di illustrare,

attraverso l’esame una serie di casi concreti, le prospettive di indagine allora defi-nite nel loro impianto teorico e metodologico. È in particolare proprio prendendo le mossa tali riflessioni che si è qui determinata la scelta di considerare il tema dell’organizzazione locale degli stati greci non già in relazione a singole strutture istituzionali – come ad esempio le phylai o i distretti territoriali – e nemmeno in rapporto a contesti esclusivamente poleici ovvero federali; la scelta, diversamen-te, è stata quella di affrontare tale tema attraverso l’analisi delle sue varie manife-stazioni e declinazioni, tanto nelle poleis quanto negli ethne, su di un lungo arco temporale e nel contesto di una singola macroregione geografica, qui rappresenta-ta dalla Grecia occidenrappresenta-tale.

I casi di studio qui proposti al lettore, lungi dall’essere esaustivi anche rispetto alla stessa area considerata, sono tuttavia in grado di offrire un ventaglio di espe-rienze istituzionali e di prassi politiche sufficientemente variegato e dimostrativo. Prima di ritornare su quest’ultimo punto, vorrei tuttavia soffermarmi sulla genesi di questa mia prospettiva di ricerca, tenendo conto della quale si potrà meglio valutare il filo rosso che unisce i casi di studio qui raccolti. Nelle mie ricerche precedenti mi sono infatti trovata a raccogliere la sfida di affrontare il tema delle componenti “locali” degli stati greci, nelle loro differenti manifestazioni e funzio-ni istituzionali rispetto ai livelli “centrali” del potere politico, unendo nella mia indagine sia le poleis, intese nella loro manifestazione di comunità statuali, sia gli

ethne, considerati nella loro evoluzione come stati federali. Il mio punto di

parten-za era essenzialmente costituito dal libro di Nicholas F. Jones Public Organiparten-za-

Organiza-tion in Ancient Greece. A Documentary Study, pubblicato nel 1987, il quale aveva

tuttavia confinato l’osservazione delle componenti locali dell’“organizzazione pubblica” all’ambito delle poleis. L’auspicio era quello di ripercorrere tale pro-spettiva, allargando tuttavia il campo di indagine anche ad altre formazioni statua-li, i cosiddetti stati federali appunto, in cui lo sviluppo di forme di organizzazione istituzionale per il raccordo tra componenti locali e governo centrale era altrettan-to importante da osservare.

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Concentrare le proprie ricerche su un soggetto così generico e indefinito come le “realtà locali” negli stati greci presentava al contempo svantaggi e opportunità. Il principale svantaggio era quello di muoversi all’interno di un campo di inda-gine non del tutto delimitato e dove il rischio di introdurre categorie e discrimini arbitrari era sempre in agguato. Uno dei maggiori problemi in questo senso è dato dal fatto che molto dello strumentario terminologico moderno di cui giocoforza ci serviamo nella descrizione di questi fenomeni istituzionali – “stato”, “cittadi-nanza”, “pubblico/privato”, “federalismo”, “sovranità” ecc. – rischia o di essere impiegato senza la giusta consapevolezza circa la sua irriducibilità di contenuto con le realtà istituzionali greche o, al contrario, di catalizzare su di sé ogni sforzo interpretativo, distogliendo la nostra attenzione dall’osservare le prassi politiche antiche nella loro concretezza storica. Stessa cosa si può dire per i termini politici antichi – polis, ethnos, politeia, koinon ecc. – i quali, adombrando realtà estrema-mente sfaccettate e interconnesse, necessitano di essere sempre calati all’interno dei loro contesti d’uso per essere correttamente interpretati, laddove va invece evitata una loro applicazione come concetti giuridici astratti e atemporali. Al-tro problema, come si diceva, è rappresentato dal rischio di delimitare il campo di osservazione attraverso classificazioni eccessivamente artificiali. Ad esempio, molti tra i più recenti studi sulla polis e sulla cittadinanza hanno messo in risalto come il corpo dei politai con piene prerogative si trovasse di fatto immerso in un reticolo di molteplici interconnessioni di ordine sociale, religioso, economico che ne travalicavano i confini e come, pertanto, la stessa nozione di cittadinanza nella prassi antica non possa essere compresa appieno riducendola a mero fatto giuridico1. Riflessioni come queste condizionano ovviamente la stessa indagine

sui raggruppamenti locali poleici nella loro funzione di raccordo istituzionale tra cittadino e governo della polis; esse, infatti, ci sollecitano a interrogarci sull’op-portunità di considerare le suddivisioni civiche, e il loro ruolo rispetto alla defini-zione e organizzadefini-zione del corpo dei politai, in maniera del tutto separata da altri raggruppamenti di natura più propriamente religiosa o privata. Stesso problema di delimitazione del campo di indagine si presenta ovviamente anche nel caso degli ethne sviluppatisi in senso federale. Preliminarmente all’osservazione delle componenti locali degli stati federali, è infatti necessario determinare in base a quali caratteristiche una forma di organizzazione può essere definita come tale. Si tratta quindi ancora una volta di un’operazione di demarcazione non scevra da elementi di artificialità, che si scontra infatti con la realtà di confini assai più sfu-mati, soprattutto guardando ai complessi rapporti esistenti tra etnogenesi e genesi degli stati federali2.

1 Si vedano ad esempio Ismard 2010; Block 2017; Duplouy-Brock (eds.) 2018; e la discussione

in Giangiulio 2017, 33-49.

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L’opportunità data da tale prospettiva di indagine sulle “realtà locali” era in-vece che essa potesse aiutare a evidenziare meccanismi di funzionamento comuni alle formazioni statuali del mondo greco e della cui evoluzione le strutture locali del potere politico costituiscono infatti significativi marcatori: mutamenti di or-dine costituzionale oppure relativi alla composizione e organizzazione territoria-le possono essere infatti ben valorizzati proprio a partire dall’osservazione delterritoria-le componenti locali degli stati greci, nelle trasformazioni che esse eventualmente espressero in termini di cambiamento di struttura, entità numerica o funzioni isti-tuzionali.

È risultato evidente fin dalle prime fasi di queste ricerche che sarebbe stato impossibile circoscrivere in maniera convincente l’ambito della mia analisi sen-za prima affrontare una riflessione teorica, dedicata sostanzialmente a definire il concetto stesso di “realtà locale” e a chiarire i motivi che rendevano opportuna una sua osservazione congiunta nelle poleis e negli ethne. Quali e quanti fenome-ni istituzionali degli stati antichi possono essere compresi sotto questa generica classificazione, presentando elementi in comune? Come osservare il fenomeno dell’organizzazione degli stati greci nelle loro componenti locali, evitando tutta-via di introdurre separazioni di principio tra esperienze statuali – le poleis e gli stati federali – che coabitarono nella realtà storica, dando vita a molteplici connes-sioni e forme di osmosi? Queste erano sostanzialmente le maggiori questioni di metodo che tale ricerca esigeva di affrontare preliminarmente: mi dedicai al pro-blema con la consapevolezza che non si sarebbe trattato semplicemente di fornire un introduttivo status quaestionis basato sulla storia degli studi e con il dubbio di fondo che la visuale proposta, alla prova dei casi di studio, si potesse rivelare poco adatta, o peggio ancora superflua, per descrivere i contesti istituzionali di cui volevo occuparmi.

Il frutto di quella riflessione di metodo è in seguito confluito nella monografia del 2011, mentre alcuni aspetti più specifici, inerenti in particolare all’ambito de-gli ethne e della loro evoluzione come stati federali, sono stati oggetto di ulteriori approfondimenti in alcuni articoli3. L’idea di fondo era sostanzialmente quella

che strutture istituzionali di natura assai diversa (dalle phylai delle poleis ai di-stretti degli stati federali e così via) potessero essere nondimeno tutte identificate come “realtà locali” tout-court e, in quanto tali, potessero quindi essere osservate nel loro insieme, come componenti essenziali al funzionamento degli stati greci. Questa sorta di reductio ad unum, che intendeva esprimersi perlopiù sul piano della metodologia di indagine, era volta a valorizzare l’aspetto sempre composito delle formazioni statuali greche e la costante presenza in esse di una dialettica tra dimensione locale e centrale che informava tutti i maggiori aspetti della prassi po-litica in senso lato, dalla rappresentazione popo-litica dei cittadini all’organizzazione militare e fiscale, al controllo del territorio.

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Come si può comprendere, proprio il fatto di includere nell’osservazione for-mazioni statuali diverse, dalle poleis classiche agli stati federali di età ellenistica, si rivelava così non solo metodologicamente corretto, ma anche essenziale a che questa prospettiva di indagine sulle “realtà locali” potesse esprimere le proprie potenzialità euristiche. In questa riflessione, peraltro, ero stata fin dai primi mo-menti confortata dall’osservazione di contesti specifici come ad esempio quello tessalico, nel quale l’esistenza di istituzioni di livello locale si manifesta con reci-proche influenze tanto in ambito poleico (in una pluralità di suddivisioni civiche costituite da phylai e da altri raggruppamenti di parentela sociale) quanto in ambi-to federale (dove le stesse poleis erano anche le comunità locali componenti il

koi-non dei Tessali, inquadrate nel sistema territoriale costituito da tetrades e kleroi)4.

A rafforzare l’idea che un’osservazione sulle realtà locali, per poter mettere in luce i meccanismi di organizzazione degli stati greci, dovesse spaziare congiun-tamente dall’ambito poleico a quello degli stati federali, vi erano poi i fondamen-tali studi sulla polis condotti dal Copenaghen Polis Center tra la metà degli anni Novanta e Duemila, nei quali era emersa l’opportunità di scorporare la nozione di “autonomia” dai parametri attraverso cui gli antichi riconoscevano l’identità di polis a una comunità politica; formulando di conseguenza il concetto di

“de-pendent polis”, il CPC aveva messo dunque in risalto come le poleis potessero

rivestire non solo il ruolo di “città-stato” indipendenti, ma anche quello di “realtà locali”, pur continuando a essere pienamente riconosciute come poleis a tutti gli effetti5. Lungi dal depotenziare la nozione di polis, queste osservazioni avrebbero

piuttosto fatto emergere chiaramente i limiti del modello giuridico di polis come città-stato e, come conseguenza, anche i limiti stessi dei modelli storiografici im-perniati sull’idea di un declino delle poleis greche tra IV secolo ed età ellenistica. Riguardo a questo ultimo aspetto, altri studi – penso qui, inter alios, alle ricerche promosse nell’ambito del progetto Die hellenistische Polis als Lebensform (M. Zimmermann) – avrebbero dato risalto proprio all’ininterrotta vitalità del modello poleico, successivamente alla presunta crisi della città greca. Pur in un contesto ora dominato dai grandi ethne e dalle monarchie territoriali, l’evoluzione storica del mondo greco avrebbe infatti continuato a imperniarsi sulla polis come ingra-naggio dominante del suo sviluppo. L’incalzante espansione della cultura urba-na al di fuori dei contesti che ne avevano visto l’arcaica genesi e in condizioni geopolitiche profondamente mutate (si pensi ai processi di urbanizzazione che investirono gli ethne della Grecia nordoccidentale) appare strettamente connessa alle capacità adattative del modello poleico, in grado di riplasmare il proprio ruolo all’interno di nuove compagini statuali, al contempo mantenendo intatta la propria riconoscibilità socioculturale.

4 Cf. rispettivamente Lasagni 2007, 385-420 e 2008, 377-385. 5 Su questo concetto, cf. la discussione in Hansen 2015, 863-883.

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L’idea che l’indagine sul rapporto tra dimensione locale e centrale del potere po-litico potesse coinvolgere sia città-stato sia stati federali non come fenomeni giustap-posti, ma assimilabili in un’ottica comparativa, fu anche stimolata dalla discussione circa l’ipotesi, a suo tempo formulata da Adalberto Giovannini (Untersuchungen

über die Natur und die Anfänge der bundesstaatlichen Sympolitie in Griechenland,

1971), di considerare gli ethne greci sviluppatisi in unioni simpolitiche non tanto come “stati federali” – e quindi come organizzazioni di natura in sostanza interpo-leica – ma, al contrario, come formazioni statuali unitarie, di fatto completamente assimilabili nelle loro strutture organizzative essenziali alle stesse città-stato6. Le

posizioni espresse da Giovannini sugli ethne e sul loro rapporto con le poleis – in realtà non del tutto condivisibili, soprattutto nei loro esiti più radicali – sono rimaste tendenzialmente eccentriche rispetto al panorama degli studi sul federalismo antico. Esse, tuttavia, erano l’espressione di un approccio di ricerca verso lo stato greco in cui lo studioso aveva voluto forgiare le proprie ipotesi ricostruttive guardando diret-tamente alle prassi politiche antiche e rinunciando a proiettare sui contesti osservati aprioristiche categorie interpretative, frutto di concezioni giuridiche moderne. Si trattava peraltro del genere di approccio che, mutatis mutandis, mi ero io stessa pro-posta di perseguire e che ancora cerco di perseguire: ossia quello di non indulgere nell’applicazione di rigide classificazioni e di non far uso di una riflessione ecces-sivamente imperniata sull’analisi del lessico politico, ma di dedicare piuttosto la mia osservazione al concreto ruolo delle realtà locali nell’organizzazione degli stati greci, analizzandone i basilari meccanismi di funzionamento e le ricorrenti linee evolutive, come emergenti dalla documentazione.

I casi di studio presentati in questo libro sono organizzati in due sezioni, de-dicate all’osservazione delle realtà locali rispettivamente in contesti poleici e in contesti federali. Tale partizione non intende ovviamente mantenere strettamente separati questi due ambiti d’analisi, sottolineandone gli elementi di irriducibilità e finendo col ripresentare le medesime demarcazioni che si vogliono qui invece sottoporre a discussione. Questa partizione, al contrario, è stata inserita allo scopo di evidenziare la compresenza di queste due tipologie di formazione statuale quali oggetto di un’analisi sulle realtà locali che è stata qui condotta sulla base della contiguità geografica degli ambiti osservati, piuttosto che non su di una loro stretta omogeneità istituzionale. Tra i contesti osservati nell’una e nell’altra sezione non mancano ovviamente né interconnessioni storiche né fenomeni istituzionali su cui poter stabilire terreni di confronto. Riguardo alle prime, si pensi alle poleis che, in una fase avanzata della loro storia, persero il loro originario status di città-stato indipendenti per divenire membri locali di stati federali7; riguardo ai secondi, si

6 Per una discussione di dettaglio, cf. Lasagni 2011, 197-226, con riferimenti.

7 Si considerino ad esempio i casi delle apoikiai corinzie di Leukas, che fu integrata nel koinon

degli Acarnani dopo la morte di Pirro nel 272 a.C., divenendone addirittura la capitale (Liv. XXXIII 17, 1) o di Ambracia, membro del koinon degli Etoli tra il 230/20 al 189 a.C.

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può ad esempio richiamare la ricorrenza, tanto in ambito poleico che federale, di partizioni locali di natura territoriale, delle quali si possono in particolare cogliere funzioni ricollegabili all’ambito dell’organizzazione militare. Oltre a questo, si deve anche richiamare l’attenzione su alcuni specifici contesti, che, pur essendo stati qui analizzati ora sotto il titolo Poleis ora sotto il titolo Ethne, fanno tuttavia emergere dinamiche di interazione tra livelli locali e centrali dell’organizzazione che potremmo definire ibride. Per ciò che concerne la sezione dedicata alle Poleis, mi riferisco in particolare al caso delle comunità ellenizzate dei Dimallitai e dei Balaieitai, la cui analisi costituisce una sorta di appendice rispetto all’esame delle realtà locali nelle città corinzie, e in particolare di Apollonia, come peculiare esito di nuovi equilibri regionali prodottisi nel tardo III sec. a.C. Per ciò che riguarda invece la sezione Ethne, mi riferisco qui soprattutto al caso della città acarnana di Stratos, il cui ruolo di polo regionale sembra poter essere messo convincentemen-te in relazione con le sconvincentemen-tesse tappe di sviluppo del koinon degli Acarnani.

Come ho detto all’inizio, la selezione dei contesti da esaminare in questo libro era volta a riunire studi diversi che potessero comporre un quadro sufficientemen-te esemplificativo di forme organizzative locali, a partire da una specifica macro-area del mondo greco(*). La scelta di includere formazioni statuali originatesi nell’area occidentale della Grecia si mostrava particolarmente idonea in questo senso.

Gli studi qui raccolti comprendono anzitutto le poleis fondate in età arcai-ca come apoikiai corinzie o corinzio-corciresi, per le quali sussistono evidenze di un’organizzazione locale del corpo civico (phylai, phratrai e altre sotto-parti-zioni), ossia Corcira, Ambracia, Epidamnos e Apollonia (Poleis: capp. 1.2-1.5), qui presentate in ordine di cronologia di fondazione. Trattandosi di fondazioni coloniarie di origine corinzia, alla cui matrice le nuove poleis dovettero certa-mente improntare le loro forme di organizzazione locale, si è resa necessaria una preliminare discussione sulle partizioni del corpo civico presenti in madrepatria, nella loro evoluzione dall’epoca bacchiade alle fasi successive alla caduta della tirannide cipselide. Particolarmente importante in tale contesto è la discussione sull’iscrizione SEG 30: 990 (325-275 a.C.), un decreto di cittadinanza di una città dorica per due Ateniesi, rivenuto a Delos; il testo del decreto, che contiene pre-ziosi riferimenti alle partizioni locali del corpo civico in cui i due nuovi politai si sarebbero dovuti iscrivere per implementare la loro naturalizzazione, non fa purtroppo conoscere il nome della polis emanante, nella quale è stato tuttavia possibile riconoscere proprio Corinto. Tale attribuzione, benché ancora del tutto attendibile, non può tuttavia essere comprovata definitivamente e l’esistenza di un’ipotesi alternativa secondo cui il decreto, e quindi le partizioni in esso attestate, fossero piuttosto da ricondurre all’apoikia di Ambracia ha richiesto di essere presa in esame in questo studio.

L’inserimento nella sezione Poleis dei casi esaminati nei capitoli 2.2 e 2.3 ha preso sostanzialmente le mossa dalla discussione circa la presenza di un sistema locale di phylai nella polis illirica ellenizzata di Dimalla; l’ipotetico riferimento

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alla figura del phylarchos riconosciuta in un’iscrizione locale di Dimalla, infatti, aveva fatto sì che quest’ultima fosse inclusa tra le poleis attestanti partizioni del corpo civico raccolte da Jones in Public Organization in Ancient Greece. Se la presenza di tribù civiche a Dimalla non può essere confermata, le stesse fonti lasciano ipotizzare per i Dimallitai uno status di comunità subordinata rispetto a un polo regionale, costituito, nella fattispecie, dalla polis di Apollonia; lo stesso rapporto nei confronti di Apollonia sembrerebbe rilevabile anche per il koinon dei Balaieitai, che, pertanto, è stato anch’esso preso in esame. Riguardo a questi ulti-mi, si noti, il lettore non deve farsi fuorviare dalla presenza di un capitolo dedicato a un “koinon” all’interno della sezione riservata alle realtà locali nei contesti po-leici. In questo caso, la definizione di κοινὸν τῶν Βαλαιειτᾶν (SEG 38: 521) non sembra infatti poter essere propriamente rapportata all’esistenza di una ‘micro-federazione’, ma piuttosto a quella di una comunità politica probabilmente del tutto analoga a quella dei Dimallitai. Si può ipotizzare che si trattasse di comunità tribali che, attraverso processi di urbanizzazione intervenuti in età tardo-classica o ellenistica, poterono sviluppare istituzioni comuni e una comune organizzazio-ne politica; si tratta di formazioni per le quali è in realtà difficile pervenire a una classificazione certa. Nonostante la loro polarizzazione attorno a un principale centro urbano e nonostante la presenza di istituzioni – in primo luogo il prytanis eponimo – chiaramente ispirate al modello delle poleis corinzie8, queste comunità

non si costituirono apparentemente come poleis in senso politico, ma mantennero piuttosto un’identità di ethnos, andando quindi a definirsi come “κοινὸν τῶν…” e, probabilmente, non raggiungendo mai uno status indipendente.

La seconda parte, Ethne, raccoglie due studi dedicati al koinon degli Acarnani e al koinon degli Etoli. Non ritengo necessario anticipare qui i singoli aspetti che verranno affrontati in relazione a ciascuna di queste formazioni, ma vorrei piutto-sto soffermarmi su una questione più generale, che riguarda entrambi questi studi e che ritengo di grande importanza.

Tanto nel caso degli Acarnani quanto in quello degli Etoli è stato necessario riservare una parte della riflessione alla questione della nascita dei rispettivi stati federali; un esame delle strutture dell’organizzazione locale in questi specifici contesti, infatti, non può prescindere dall’esistenza, come contraltare, di un li-vello centrale del potere politico quale espressione di una formazione statuale ‘sovrana’, dotata di una propria politeia e di organi istituzionali permanenti, ol-tre che in grado di esercitare l’autorità di controllo sul proprio territorio, le pro-prie finanze e le propro-prie forze armate. Sono consapevole del fatto che l’impiego di una tale prospettiva finisca giocoforza col non considerare diversi aspetti del panorama interpretativo prodotto nella più recente riflessione sugli stati federali

8 Nella regione apolloniate, il prytanis eponimo è attestato non solo presso i Dimallitai e

Bala-ieitai, ma anche presso gli Amantes (Amantia/Plocë) e i Bylliones (Byllis/Hekal), cf. Crema 2010, 208-209.

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greci, in particolare per ciò che attiene al ripensamento della contrapposizione tra

Stammesstaat (ethnos come “stato-tribale” primitivo) e Bundesstaat (ethnos come

“stato-federale” dotato di una sympoliteia) e all’ampio contributo che i numerosi e recenti studi dedicati alla ethnicity nel mondo greco hanno apportato a tali nuo-ve prospettinuo-ve9. È infatti più che mai chiaro come ognuno degli stati federali che

le fonti storiche ed epigrafiche ci mostrano pienamente funzionanti soprattutto a partire dal IV sec. a.C. siano sempre l’esito di processi evolutivi di lunga durata e di antica origine, basati sul progressivo sviluppo di molteplici forme di coopera-zione regionale, operanti sul piano religioso, economico, militare e così via. Come è stato dimostrato dagli studi, e con un grande apporto da parte dell’indagine archeologica, in tali forme di cooperazione la costruzione dell’identità dell’ethnos giocò certo un ruolo di fondamentale importanza, non precedendo, come uno sta-dio primitivo, ma in certa misura affiancando lo sviluppo dei koina federali. È al-trettanto chiaro, tuttavia, come i fenomeni di costruzione dell’identità dell’ethnos e di relative forme di cooperazione regionale non bastino di per sé a fornire tutte le spiegazioni per il successivo emergere dei koina federali o, in altre parole, di

ethne riconoscibili come entità statuali10. Se la contrapposizione tra Stammesstaat

e Bundesstaat demarcata dalla codifica della sympoliteia appare oggi come ecces-sivamente meccanicistica (oltre che condizionata da un pregiudizio primitivista e

polis-centrico nei confronti delle più antiche unioni etniche), si deve purtuttavia

notare come il passaggio da forme di cooperazione regionale fondate sull’identità dell’ethnos alla creazione di veri e propri “stati federali” non possa essere letto semplicemente come uno sviluppo lineare e progressivo. Si deve infatti ricordare come proprio il ‘passaggio’ dalla prima alla seconda forma di unione giaccia in un terreno nebuloso e ancora rappresenti una delle maggiori sfide esegetiche negli studi sul federalismo antico.

Quando parlo di “nascita” di uno stato federale, e nel presente caso di nascita dello stato federale acarnano e di quello etolico, la mia intenzione non è pertanto quella di ridurre artificialmente a un unico momento fondativo fenomeni evolutivi ben più complessi e stratificati; il mio intento, piuttosto, è quello di individuare nelle fonti una fase a partire dalla quale i processi di istituzionalizzazione e di formalizzazione delle pratiche politiche appaiono essere giunti a uno stadio tale da permetterci di parlare di un vero e proprio “stato”. Parlare della nascita del koinon Acarnano o del koinon Etolico, in altre parole, vuol dire evidenziare il punto di partenza della nostra osservazione sulle “realtà locali” in seno agli ethne, perché è solo a partire da esso che si rendono percepibili le prassi politiche di un rapporto tra comunità locali e koinon oramai pienamente formalizzato e normato da un

nomos federale.

9 Cf. Hall 2015, 30-48. 10 Cf. Mackil 2014a, 270-284.

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Riguardo a quest’ultimo aspetto, si deve però considerare come, nonostante il paradigma della sympoliteia ci abbia molto spesso abituati a ragionare sullo stato federale greco in termini idealtipici, la realtà storica ci ponga di fronte a una grande varietà di strutture organizzative: tale varietà risulta particolarmente apprezzabile proprio se osservata dal punto di vista della morfologia, delle prero-gative e trasformazioni delle realtà locali, e dei loro meccanismi di partecipazione e integrazione nel koinon. Lo stato federale degli Acarnani e quello degli Etoli, ad esempio, pur nella loro prossimità geografica, si formarono ognuno secondo linee di sviluppo peculiari (il primo, a partire da una regione precocemente urbanizzata, il secondo da un’originaria unione tribale), avendo dato vita a forme di raccordo diverse tra koinon e comunità locali membri.

In generale, proprio la valorizzazione delle peculiarità espresse dai singoli con-testi politici e la riflessione sulle possibili concause storiche che ne avrebbero di volta in volta determinato la genesi rappresentano un elemento di centrale impor-tanza nella ricerca sulle strutture locali del potere negli stati greci. Per lavorare in questa direzione, è però più che mai necessario privilegiare alle analisi d’insieme, estensive e sistematizzanti, un’osservazione di dettaglio dei singoli contesti, come mi sono appunto proposta di fare in questo libro, pur considerando i concreti li-miti che ciò può aver determinato; sono infatti consapevole che dall’insieme di questi miei studi non può che scaturire una visione parziale del problema, essendo ancora molti i contesti statuali da esaminare sotto questa particolare prospettiva di ricerca sulle “realtà locali”. Sono tuttavia anche altrettanto certa del fatto che ragionare su questo problema in termini non idealtipici, ma attraverso una con-creta analisi storica necessariamente di dettaglio – rifuggendo da interpretazioni normalizzanti che finiscano con l’oscurare le varietà e ‘irregolarità’ delle prassi e delle strutture politiche emergenti dalle fonti antiche – significhi poter mettere in ogni caso in risalto le inesauribili capacità adattative dello stato greco, nel suo perennemente «instabile equilibrio tra ordine e anarchia», tra forze aggregative e tendenze centripete, tra poteri centrali e realtà locali11.

* Tra i casi presi in esame in relazione alla macro-regione qui considerata, spicca l’assenza dell’Epiro. Il contesto epirota, a wholly non-Aristotelian universe, per usare una felice espressione di J.K. Davies, è costituito da un sostrato locale estremamente sfaccetta-to e da uno sviluppo istituzionale complesso, che va dai mutevoli equilibri egemonici che interessarono i suoi grandi ethne (Thesprotoi, Chaones, Molossoi), a partire dal loro pri-mo emergere nello scacchiere nordoccidentale, sino all’unificazione epirota sotto la pri- mo-narchia molossa, alla trasformazione in koinon ‘repubblicano’ dopo il 232 a.C. e, infine, all’emergere di nuovi soggetti politici scaturiti, all’ombra di Roma, dalla disgregazione successiva al disastro di Pidna. Le questioni che un’analisi delle realtà locali epirote ri-chiede di affrontare sono diverse e di ampia portata. Tra di esse, spiccano anzitutto quelle derivanti dalla pluristratificata compagine tribale dell’Epiro, a partire dall’identificazione

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dei numerosissimi gruppi attestati nelle fonti epigrafiche e letterarie sino alla riflessione sulla loro natura di comunità politiche. La centralità della monarchia molossa nello svi-luppo dell’esperienza federale epirota, inoltre, rappresenta un altro imprescindibile tema, che ci richiederebbe necessariamente di allargare la riflessione sulle “realtà locali” alla questione del rapporto con un potere statuale di tipo monarchico; d’altro canto, anche il ruolo dell’istituto della symmachia come tappa dell’unificazione epirota (συμμαχία τῶν Ἀπειρωτᾶν) ci pone di fronte a problemi interpretativi di non poco conto, questa volta in termini di interrelazione tra “federalismo interstatale” e “federalismo costituzionale” nello sviluppo degli stati greci. A completare il quadro, vi è anche la necessità di misurarsi con il ricchissimo apporto di nuovi dati provenienti dall’epigrafia e soprattutto dall’indagine archeologica (particolarmente importanti, questi, per comprendere la trasformazione in senso urbano delle comunità locali epirote), oltre che con la tendenza della letteratura più recente di mettere in discussione i tradizionali schemi dello sviluppo storico e istituziona-le dell’Epiro antico (cf. Meyer 2013; Pascual 2018). Risulta in conclusione chiaro come un’analisi globale delle strutture locali dell’organizzazione politica nel contesto epirota, che potrebbe trovare migliore collocazione in uno studio monografico a se stante, avrebbe qui richiesto di prendere in esame un campo di indagine eccessivamente ampio (e carat-terizzato da alcuni temi del tutto peculiari) rispetto a quelli affrontati nei casi qui raccolti.

Per ciò che concerne i nomi antichi di luoghi, persone e istituzioni menzionati nel testo ho scelto di ricorrere nella maniera più ampia possibile al criterio della trascrizione, che trovo preferibile per la sua maggiore chiarezza; tale criterio, tuttavia, non ha potuto essere sempre rigorosamente applicato e, nella fattispecie, è stato evitato nei casi in cui la traslitterazione dei termini in oggetto fosse così largamente invalsa nella lingua italiana da rendere artificiosa alla lettura una loro resa in trascrizione dal greco.

Da ultimo desidero ringraziare i Revisori Anonimi per la loro attenta lettura e per le osservazioni che sono risultate preziose nella fase di elaborazione finale del volume.

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1.1. Introduzione

Una raccolta di ricerche sulle realtà locali della Grecia occidentale non può che prendere le mosse da un’analisi delle poleis greche fondate in questo ampio territorio nel corso dell’età arcaica, e per le quali le fonti epigrafiche o lettera-rie attestano l’antica esistenza di sistemi di partizione del corpo civico. In tutti i casi presi in esame, ci troviamo di fronte a fondazioni coloniarie di derivazione corinzia (Ambracia, Corcira) o corinzio-corcirese (Apollonia, Epidamnos), alla cui matrice le nuove deduzioni dovettero essersi necessariamente improntate, a partire dalla struttura del corpo civico. Prima di passare dunque, nei capitoli che seguono, all’analisi dei singoli contesti poleici, ritengo sia necessario soffermar-si preliminarmente su Corinto stessa. Le strutture istituzionali di cui soffermar-si dotò la madrepatria peloponnesiaca nel corso della sua evoluzione storica costituiscono infatti un irrinunciabile terreno di confronto per una migliore comprensione dei casi che andremo a esaminare.

L’organizzazione locale del corpo civico di Corinto è nota da un esiguo e pro-blematico nucleo di fonti1. Tra queste, l’unica a fornirne una descrizione

comples-siva, benché succinta, è il lessico Suda, che alla voce πάντα ὀκτώ (“tutto otto” ovvero “tutto a base otto”) riporta:

1 Sull’organizzazione del corpo civico di Corinto, cf. in part. Jones 1980, 161-193; Stroud 1968,

233-242; Salmon 1984, 413-419; 2003, 219-234; Stanton 1986, 139-153; Jones 1987, 97-103; 1998, 49-56; Ruzé 1997, 297-304; Rieger 2007, 204-209; Stickler 2010, 25-34 e part. 26-27; Grote 2016, 145-161. La più convincente tra le ricostruzioni proposte rimane a mio avviso quella di Jones, che sostanzialmente seguo nella presente analisi; non mi trovano infatti d’accordo l’enfasi sul carattere “clistenico” delle suddivisioni civiche corinzie sostenuta da Stroud, Salmon e Stanton (cf. la discus-sione in Jones 1998, 49-56); l’eccessivo scetticismo, espresso ad es. da Grote 2016, 145-146, sul fatto che l’organizzazione pubblica della polis potesse essersi basata sulla triade dorica degli Hyl-leis, Dymanes e Pamphylioi nella sua fase più antica; la collocazione della riforma delle otto tribù territoriali nel contesto della caduta della tirannide cipselide, come sostenuto da Ruzé 1997, 301, e Grote 2016, 148, invece che in quello della sua instaurazione; ben poco accettabile mi sembra altresì l’ipotesi, formulata recentemente da Grote, di una natura eminentemente personale e non territoriale delle otto phylai corinzie (vd. infra, nota seguente).

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Suda π-225, s.v. πάντα ὀκτώ: […] Ἀλήτης κατὰ χρησμὸν τοὺς Κορινθίους συνοικίζων ὀκτὼ φυλὰς ἐποίησε τοὺς πολίτας καὶ ὀκτὼ μέρη τὴν πόλιν.

«Aletes, avendo unito in sinecismo i Corinzi in base all’oracolo, costituì i cittadini in otto tribù e la città in otto parti».

La presenza di un sistema di otto phylai con base territoriale (può essere così intesa in sostanza la combinazione ὀκτὼ φυλαί / ὀκτὼ μέρη) si connette con la notizia, riportata da Nicola Damasceno, sulla riforma costituzionale che il demos corinzio aveva introdotto dopo la caduta della tirannide cipselide2:

Nic. Dam. FGrHist 90 F 60: […] αὐτὸς δὲ παραχρῆμα † ἐστρατεύσατο (scil. ὁ δῆμος) πολιτείαν τοιάνδε· μίαν μὲν ὀκτάδα προβούλων ἐποίησεν, ἐκ δὲ τῶν λοιπῶν βουλὴν κατέλεξεν ἀνδρῶν † θ´.

«… e subito dopo (il demos) stabilì (?) questa costituzione: costituì un collegio di otto probouloi, e per il resto elesse un consiglio di nove uomini 〈da ciascuna phyle〉».

Se l’attribuzione delle otto phylai all’ecista Aletes corrisponde a null’altro che a un mito eziologico sulla costituzione corinzia, la testimonianza di Nicola Da-masceno sull’introduzione degli otto probuloi e della boule di ottanta membri nel periodo appena successivo la caduta dei Cipselidi non implica d’altro canto che anche la riforma delle tribù territoriali avesse avuto luogo in questa stessa occasione. Nulla vieta infatti di ritenere che le innovazioni istituzionali di epoca oligarchica si fossero conformate alle suddivisioni civiche già in uso nel periodo precedente. Nonostante il silenzio delle fonti al riguardo, è proprio l’instaurazione della tirannide cipselide, più che non il momento della sua caduta, ad apparire come il contesto storico più opportuno per l’introduzione delle otto tribù territo-riali, in quanto riconducibili alla necessità di disgregare le basi di potere delle

anti-2 Cf. Jones 1980, 177-178. A dare particolare enfasi alla differenziazione tra una divisione

dei politai in phylai e della polis in mere, presente in Suda π-225, è invece Grote 2016, 148-153: tale descrizione, secondo l’autore, non sarebbe semplicemente ridondante, ma indicherebbe la presenza di due diversi ordini di raggruppamenti locali, uno, le phylai, a base personale e uno, i

mere, a base territoriale; si tratta tuttavia di un’analisi di questa testimonianza che sembrerebbe

sovrastimare la portata documentaria della semplice e non significativa struttura sintattica im-piegata in Suda π-225 (vd. ibid. 150-151), in mancanza di una più solida disamina dei contesti emergenti dalla documentazione antica. Tuttavia, la ricorrenza del termine meros in riferimento a quella che può forse essere intesa come una realtà locale della polis di Ambracia (Δεξαμεναί: μέρος τῆς Ἀμβρακίας), e a cui dedicherò ampia riflessione nel corrispondente capitolo

(in-fra, cap. 1.3), può però richiamare la necessità di mantenere distinta – e di non considerare

quasi alla stregua di un’espressione endiadica – la divisione dei politai in phylai e della polis in mere.

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che aristocrazie eraclidi per mezzo di un’organizzazione del corpo civico fondata su criteri totalmente nuovi3.

L’organizzazione locale della Corinto di epoca bacchiade è sostanzialmen-te ignota. L’iposostanzialmen-tesi di una presenza, in questa fase più antica, delle tradizionali

phylai doriche degli Hylleis, Dymanes e Pamphylioi troverebbe tuttavia evidenza

indiretta a Corcira, in cui l’attestazione di Ὑλλεῖς in epoca ellenistica può esse-re interpesse-retata quale manifestazione fossile della struttura civica originariamente adottata nell’apoikia bacchiade4. La presenza di un’organizzazione tripartita

ri-corre anche a Siracusa, altra fondazione corinzia di età pre-cipselide5 di cui le

fonti fanno conoscere un’organizzazione militare basata su un sistema tripartito di phylai6, con riscontri anche nelle due subcolonie siracusane di Akrai e Issa7.

3 Cf. Jones 1980, 187-193; 1998, 51; Salmon 1984, 205-209. 4 IG IX 12 4, 798, II sec. a.C. (?). Vd. infra, 14 sgg.

5 Fondata nel 734 o 733 a.C. da Archias (Thuc. VI 3, 2; Strab. VI 2, 4), di stirpe bacchiade (Plut.

mor. [amat. narr.], 772e-773b). Sulla fondazione di Siracusa, cf. Graham 1964, 218-223; Hall 2008,

397-398.

6 Vd. Thuc. VI 72, 4 (quindici strateghi); 73, 1 (tre strateghi); sistema di reclutamento κατὰ

φυλάς: Plut. Nic. 14, 6, vd. anche Thuc. VI 100, 1. Tra le evidenze presentate a favore di questa ri-costruzione, Jones 1987, 174-175, fa anche riferimento a un gruppo di pallottole fittili, recanti nelle loro legende l’indicazione πρώ(τα) / δευτ(έρα) / τρί(τα) φυλά / φυλ(ά) / (φυλά), perlopiù seguita da indicazione della φράτρα; se un primo nucleo (IG XIV 2407.10-20) era stato attribuito da Kaibel alla polis di Siracusa, e datato nel contesto della Seconda Guerra Servile, il riesame complessivo di questa categoria di oggetti, assieme all’apporto di nuovi ritrovamenti concentrati nell’area della Si-cilia centrale, ha portato ad alzarne la cronologia alla prima età ellenistica e, soprattutto, a escluderne un’attribuzione ad ambito siracusano: cf. Lazzarini 1995, 420-425, che interpreta queste ghiande fittili come «contrassegni individuali, destinati all’ambito militare», e sottolinea come le phylai e

phratrai in oggetto siano qui da intendersi non come suddivisioni civiche, ma come unità

dell’eser-cito; la presenza, tra gli individui registrati, di nomi non-sicelioti riconducibili al reclutamento di soldati mercenari (vd. ad es. il nome etrusco ᾽Υβέννας-Vibenna in IG XIV 2407.18, cf. Manganaro 1999, 30-31) rafforza tale ricostruzione.

7 La polis siceliota di Akrai (cf. Inventory nr. 10) venne fondata da Siracusa nel 664 a.C. (Thuc.

VI 5, 2); la presenza di un’originaria organizzazione basata sulle tre phylai doriche, e mutuata dalla madrepatria, può essere forse suggerita in base a flebili tracce della permanenza di un criterio di suddivisione a base tre, deducibile da alcune dediche pubbliche a Era e Afrodite, databili al III o II sec. a.C.: IG XIV 208 (sei prostatai); IG XIV 209, 211, 212 (nove triakadarchoi), cf. Jones 1987, 172-173. L’interpretazione di queste evidenze è però estremamente problematica; l’istituto della

triakas, da intendersi come raggruppamento costituito da trenta unità (divisioni militari? famiglie?),

è possibilmente presente anche a Corinto, dove appare tuttavia connesso a suddivisioni denominate

hemiogdoai e, indirettamente, al sistema delle otto phylai introdotte in epoca cipselide (ma vd. infra, 6 sgg., per la discussione sull’attribuzione di questi raggruppamenti, attestati nell’iscrizione SEG 30: 990 da Delos). L’unico elemento per suggerire l’esistenza ad Akrai di

un’organizzazio-ne di matrice bacchiade-siracusana basata sulla triade dorica rimaun’organizzazio-ne pertanto il fatto che i collegi magistratuali dei prostatai e dei triakadarchoi fossero composti secondo multipli di tre, mancando peraltro la certezza che tali figure fossero nominate in funzione delle phylai civiche di Akrai, e non in base a diversi criteri. Un’esplicita attestazione delle tre phylai doriche ricorre infine nel decreto di Issa (cf. Inventory nr. 81) per la fondazione di una colonia militare a Kerkyra Melaina Syll. 3 141 =

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Bisogna ammettere come, tuttavia, l’attestazione di un collegio di sei probouloi ad Akrai e l’organizzazione della colonia issea di Kerkyra Melaina nelle tre phylai dei Hylleis, Dymanes e Pamphylioi8 costituiscano di per sé indizi più significativi

di quelli provenienti dallo stretto ambito siracusano, dove le evidenze in oggetto, essendo strettamente confinate all’ambito militare, potrebbero non avere corri-spondenza con la struttura adottata per il corpo civico.

Notoriamente, il corpus epigrafico di Corinto è estremamente esiguo e la co-noscenza dell’organizzazione civica della polis per tutta l’epoca successiva – dal-la tirannide cipselide, all’instaurarsi dell’oligarchia sino aldal-la distruzione del 146 a.C. – si fonda purtroppo su un pugno di iscrizioni, di difficile interpretazione. La testimonianza cardine è costituita da un decreto onorifico, databile alla prima età ellenistica (325-275 a.C.) e proveniente da Delos, in cui due Ateniesi vengono insigniti della politeia da una non altrimenti nota città e vengono iscritti in quattro diversi ordini di raggruppamenti locali, scelti per sorteggio: hemiogdoa, triakas,

phyla, phatra. SEG 30: 990, ll. 20-26: 20 τὰν δὲ βουλὰν διακλαρῶσαι εἰς ἡμιόγδοον καὶ τριακάδα καὶ φυλὰν καὶ φάτραν· ρώθην· ἡμιογδόου vv ΑΣ vv Ϝ, 25 [ἀ]ρχαίας vv φυλᾶς vv Ἀορέων, [φ]άτρας vv Ομακχιάδας.

Diversi argomenti supportano l’attribuzione di questo decreto alla polis di Co-rinto9, primo tra tutti il fatto che l’abbreviazione della hemiogdoa e triakas ΑΣ-F

trovi diretto parallelo in altre quattro iscrizioni corinzie di età classica: tre horoi databili alla metà del V secolo (SEG 25: 331a, 331b, 332) e una lista di caduti risalente alla seconda metà del IV secolo (Dow 1942, 90-106 = SEG 11: 60)10.

Staatsver. III, nr. 451 (ca. 300-250 a.C., cf. Lombardo 1993, 161-188; Fraser 1993, 167-174), in cui

i nomi dei nuovi coloni, incisi in calce al provvedimento, sono registrati su tre colonne sotto i titoli: [Δυμᾶ] νες – [Ὑλλεῖς] – Πάμφυλοι (l. 18); tale evidenza porta a ritenere che la medesima struttura fosse in vigore anche nella stessa Issa, cf. Jones 1987, 55.

8 Vd. supra, nota precedente.

9 Cf. Jones 1980, 165-172; Louis Robert (1948, 5-15; 1960, 562-569) aveva invece attribuito il

decreto alla polis di Phlious, sostanzialmente in base alla derivazione degli Aoreis da un eroe locale Aoris, menzionato da Paus. II 12, 5: su questo punto vd. tuttavia infra, 8.

10 Sull’insieme di queste iscrizioni, cf. Stroud 1968, 233-242, con foto. Appare difficilmente

riconducibile a questo insieme il cippo pubblicato da Wiseman in «Hesperia» 41, 1972, 33-38 (cf. inoltre Stanton 1986, 141-142), rinvenuto presso l’epistilio del ginnasio di Corinto e recante sui quattro lati le seguenti iscrizioni: lato A: ΦΙΛΗΣAΙ̣, ossia φυλὴ Σα(- - -) ϝ(- - -) secondo Stanton 1986, 141; lato B: Θ[ - - -] δυ̣ο; lato C: ΑΦ; lato D: ΦΑ; la paleografia suggerisce di datare

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l’iscri-A partire dai documenti appena richiamati in discussione, questo risulta dun-que essere l’insieme delle abbreviazioni a oggi attestate, che la testimonianza del decreto SEG 30: 990 – sempre se confermata la sua attribuzione a Corinto – ci impone di interpretare come sigle composte dal riferimento a una hemiogdoa in unione con una delle tre triakades11:

ΑΣ-F (SEG 30: 990) KY-F (Dow)

ΛΕ-Ε (Dow) / ΛΕ-Π (SEG 25: 331a - Dow) ΣΙ-Π (SEG 25: 331b - Dow)

ΣY-F (SEG 25: 332)

Le partizioni denominate hemiogdoai dovevano corrispondere alla ‘metà’ di raggruppamenti a base otto; si potrebbe pensare a una bipartizione delle otto

phy-lai territoriali, per un totale di sedici raggruppamenti12. Il rapporto tra hemiogdoai

e otto phylai non è tuttavia meglio precisabile; in altre parole, non possiamo essere certi che la hemiogdoa rappresentasse una metà della phyla e sono anzi propensa a ritenere che si trattasse di due insiemi di raggruppamenti indipendenti, benché ba-sati su un comune criterio numerico13. Le hemiogdoai erano a loro volta ripartite

in tre sezioni (triakades) rispettivamente abbreviate con le lettere E, F e Π nell’e-pigrafia corinzia. Non sappiamo a quali termini si riferissero questi tre acronimi, benché l’interpretazione delle triakades (e forse delle stesse hemiogdoai) come suddivisioni caratterizzate da funzioni militari appare l’ipotesi più sensata14.

Il decreto onorifico SEG 30: 990 sembra fornirci anche un’altra informazione molto importante, ossia che, a partire da una certa epoca in avanti,

l’organiz-zione tra la fine del II e il III sec. d.C.: di conseguenza, nonostante le innegabili affinità di contenuto con i documenti di cui sopra, rimane arduo giustificare come, in quest’epoca così tarda, si fosse presentata la necessità di eseguire una nuova copia di un’antica iscrizione, relativa a suddivisioni civiche in vigore secoli prima (ante 146 a.C.) e non più esistenti.

11 Cf. in part. Jones 1998, 50. Mentre non vi è dubbio che le tre sub-partizioni di volta in volta

indicate attraverso una delle lettere E, F o Π corrispondessero alle triakades, la natura degli altri raggruppamenti presenti in queste abbreviazioni è invece dibattuta. L’interpretazione di questi ultimi come phylai, sostenuta da diversi studiosi (ad es. Salmon, Stanton, Ruzé), è ispirata sostanzialmente dalla possibilità di integrare l’abbreviazione KY della lista di caduti in base a una glossa di Esichio (Lex. 4620, s.v. κυνόφαλοι· Κορίνθιοι φυλή), e, inoltre, dalla lettura φυλὴ Σα(- - -) ϝ(- - -) nell’iscri-zione di età romana di cui si è detto alla nota precedente; tale solunell’iscri-zione, tuttavia, complica enor-memente un’interpretazione congiunta e lineare dei dati provenienti dalle iscrizioni di età classica in unione con quelli del decreto SEG 30: 990, che, non a caso, Stanton 1986, 143-153, continua ad attribuire a Phlious sulla scorta del primo parere di Robert (vd. supra, n. 9).

12 Come suggerisce Jones 1987, 192-193.

13 In fondo, non è nella semplice presenza di otto phylai con ulteriori partizioni, ma piuttosto

nella riproposizione dello schema a base otto in più settori dell’organizzazione della polis che si può meglio comprendere il proverbiale πάντα ὀκτώ di Corinto, ricordato dal lessico Suda, π-225.

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zazione locale di Corinto sarebbe stata caratterizzata dalla compresenza di rag-gruppamenti introdotti in fasi successive. Sembra infatti potersi così intendere l’inquadramento dei nuovi cittadini corinzi sia nella hemiogdoa ΑΣ(- - -?) e nel-la triakas F(- - -?), sia nelnel-la archaia phynel-la degli Aoreis e nelnel-la phratra degli (H)omakchiadai. Benché la mancanza di confronti renda difficile giungere a un’interpretazione definitiva di questo testo, mi sembra preferibile ritenere che gli Aoreis fossero una delle otto phylai territoriali. Se si accetta l’idea che la ri-forma delle tribù corinzie fosse stata introdotta già in epoca arcaica, col passag-gio dall’aristocrazia dei Bacchiadi alla tirannide dei Cipselidi, la definizione di “antica tribù” nel decreto ellenistico parrebbe già abbastanza logica. Non si può però del tutto escludere che la definizione di archaia andasse a designare speci-ficatamente la phyle degli Aoreis e non altre tribù; una tale peculiarità sarebbe stata esplicitata nel testo epigrafico, forse per sottolineare l’ancestrale prestigio della tribù sorteggiata per iscrivere gli onorati. Se infatti l’attributo ufficiale di ‘antichità’ avesse riguardato tutte le phylai indistintamente, ci si sarebbe aspettati di trovarlo piuttosto nella prima parte della formula (τὰν δὲ βουλὰν διακλαρῶσαι κτλ.). A questo proposito, Salmon suggeriva infatti che gli Aoreis corrispondesse-ro a una quarta tribù di origine non-dorica aggiunta alla triade dorica degli Hylleis, Dymanes, Pamphylioi, e che a queste specifiche phylai fosse attribuito l’epiteto di “antiche”15. La natura non-dorica degli Aoreis non può attualmente essere più

sostenuta, dopo che Claudia Antonetti ha potuto dimostrare che l’eponimo tribale non deve essere identificato nell’eroe di Phlious Aoris (cf. Hom. Il. II 571; Paus. II 12, 5), ma piuttosto nel licio Aor, suocero del fondatore di Corinto Aletes (cf. SEG 38: 1476, l. 29, Xanthos 206/5 a, C.)16. Ciò non esclude tuttavia la possibilità che

gli Aoreis fossero stati introdotti già in epoca antica per motivazioni a noi ignote e che siano stati inglobati e conservati dalle successive riforme, forse mantenendo specifiche prerogative di ordine religioso e sociale17.

Come ho detto all’inizio, la presentazione dei dati relativi alle realtà locali della madrepatria corinzia costituiva qui un passaggio obbligato per una disamina delle corrispondenti strutture organizzative all’interno delle sue colonie dell’area nordoccidentale. La testimonianza dell’iscrizione delia SEG 30: 990 ci porta però a dover affrontare un’ulteriore e cruciale questione. Dal momento che si parte qui dall’assunto, più che legittimo, che la matrice di Corinto abbia fortemente confor-mato le strutture istituzionali delle poleis oggetto della presente analisi, possiamo conseguentemente essere del tutto sicuri che il decreto onorifico di Delos, col suo portato di preziosissime informazioni sulle realtà locali della città dorica ema-nante, sia da attribuire proprio a Corinto, piuttosto che non a una di queste sue fondazioni nordoccidentali?

15 Salmon 1984, 415-416. 16 Antonetti 1999, 367-369.

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La risposta è no, e per il momento non posso che limitarmi a ridiscutere alcuni punti significativi che, di fatto, non ostano né all’una né all’altra di queste due ipotesi. Nella sua recente monografia Ambracia dai Cipselidi ad Augusto, Ugo Fantasia segnala la possibilità alternativa che il decreto SEG 30: 990 potesse es-sere stato emanato da Ambracia e non da Corinto. Pur evitando prudenzialmente di prendere una posizione definitiva al riguardo, lo studioso, tuttavia, elenca in sintesi una serie di elementi presenti nell’iscrizione, i quali non solo affievoli-scono nettamente la plausibilità di una sua attribuzione a Phlious, ma, nel quadro dell’‘ipotesi corinzia’, sembrano anche suggerire per la polis in oggetto una col-locazione nordoccidentale18: il nome della archaia phyle, Aoreis, attestata anche

a Corcira (nella forma Ἀϝορεῖς); quello della phratra, (H)omakchiadai, ricondu-cibile a raggruppamenti locali attestati ad Apollonia (Μαχιάδαι), e nella stessa Corcira (Μαχχίδαι); la menzione nel prescritto del mese Γαμίλιος, attestato in area epirotica (l. 3: [Γ]α̣μιλίου). A suggerire specificatamente una possibile provenien-za dalla polis di Ambracia ci sarebbe poi la figura del grammatistas eponimo (l. 2: il decreto si apre con [ἐπ]ὶ γραμματιστᾶ Εὐθέα·), menzionato anche nel prescritto del regolamento frontaliero tra Ambracia e Charadros (ca. 160 a.C.)19.

Riguardo ai nomi dei raggruppamenti locali, particolarmente indicativo è il caso degli Aoreis: l’attestazione della forma conservativa Ἀϝορεῖς nella fondazio-ne bacchiade di Corcira e la definiziofondazio-ne degli Ἀορεῖς come tribù ἀρχαῖα in SEG 30: 990 – considerando anche quanto abbiamo sopra osservato riguardo alla pos-sibile valenza di questo attributo – può far sembrare preferibile un collegamento con il contesto in cui questi raggruppamenti videro la loro originaria genesi, ossia con la madrepatria corinzia, piuttosto che non con la colonia cipselide di Ambra-cia. Tale osservazione non ha però nulla di dirimente, dal momento che i nomi di questi raggruppamenti potrebbero ben essere appartenuti a un comune patrimonio di riferimenti mitici e istituzionali circolante tra le varie fondazioni corinzie della Grecia nordoccidentale.

Il nome del mese citato nel prescritto del decreto delio, Gamilios, è ampia-mente attestato in area epirota, in iscrizioni dei koina dei Thesprotoi, degli Epiroti e dei Prasaiboi20. Il Gamilios apparteneva a un calendario di matrice corinzia, la

cui intera successione è oggi riconoscibile sulla spirale metonica del cosiddetto meccanismo di Antikythera21. In un brillante articolo pubblicato sul fascicolo di

18 Fantasia 2017, 210.

19 SEG 35: 665. A l. 1: [ἐ]πὶ γραμ[ματιστ]ᾶ̣ Διοφάνεος τοῦ Δαιμάχου, cf. ll. 4-5; τὰ γραφέντα

ὑπὸ [Ἀμ|βρ]ακι[ωτᾶν μὲν ἐπὶ] τοῦ τε γραμματιστᾶ Διοφάνεος τοῦ Δαιμάχου). Su questo documento epigrafico, vd. infra, 35 n. 114.

20 Thesprotoi: Cabanes 1976, 576 nr. 49 (Gitana m. IV sec. a.C.); Epiroti: SEG 37: 511 (Dodona

ca. 175-170 a.C.); Prasaiboi: in molti atti di affrancamento provenienti da Bouthrotos, vd. ad es. I.

Bouthrotos 45 (post 163 a.C.)

21 1. Φοινικαῖος, 2. Κράνειος, 3. Λανοτρόπιος, 4. Μαχανεύς, 5. Δωδεκατεύς, 6. Εὔκλειος, 7.

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gennaio-marzo 2017 di Hesperia, Paul A. Iversen ha riesaminato l’insieme dei calendari del ceppo corinzio in relazione con la sequenza adottata nel calcolatore, disamina che lo ha portato, tra le molte altre cose, a escludere precedenti ipotesi di una matrice occidentale della committenza (Tauromenion, Siracusa22) e a

ri-discutere convincentemente la ricostruzione del calendario corinzio adottato in area epirota proposta da Pierre Cabanes, evidenziandone alcune incongruenze23.

A conclusione di queste osservazioni, Iversen ha messo in evidenza come, diffe-rentemente dalle colonie corinzie di Sicilia, appartenenti a un sottogruppo definito da varianti proprie, il calendario adottato nella Grecia nordoccidentale, e attesta-to sia in città di fondazione corinzia o corcirese (Ambracia, Corcira, Apollonia, Epidamnos) sia in centri epiroti (Charadros, Dodona, Gitana, Byllis, Bouthrotos), presentava una stretta coerenza con quello di Corinto24. Secondo Iversen, è

par-ticolarmente probabile che il committente del calcolatore astronomico vivesse in una città dell’area epirota, forse nella stessa Ambracia; questo, tuttavia, non tanto sulla base della sola sequenza dei mesi adottata nel meccanismo (tale sequenza, trasmessa alle colonie della Grecia nordoccidentale e fatta propria anche dalle popolazioni epirote, doveva essere parimenti presente anche nella stessa Corinto), quanto piuttosto a causa della sorprendente presenza, nel quadrante delle festività cicliche, accanto ai maggiori agoni panellenici, delle locali Na(i)a di Dodona/ Ambracia25.

Ho voluto riportare qui alcuni dei risultati di questo recente studio per mettere in evidenza come la presenza del mese Gamilios nel prescritto del decreto SEG

stata possibile grazie all’analisi dei frammenti del meccanismo tramite tomografia computerizzata ai raggi-X condotta alla fine del 2005 dall’Antikythera Mechanism Research Project (AMRP), cf. http://www.antikythera-mechanism.gr/.

22 Iversen 2017, 130-148.

23 Cabanes 2003, 83-102; 2011, 249-260; cf. Iversen 2017, 148-159.

24 Iversen 2017, 159-162 (cit. a pagina 160): «The most economical explanation of this

re-markable consistency, with a total of at least 125 individual attestations, is that all the colonies of Corinth in northwest Greece retained the calendar of Corinth with very few changes, which was the same or very similar to that on the Antikythera Mechanism».

25 Ibid., 162-164, cf. 141-148; tra le più probabili sedi per la committenza del calcolatore

astro-nomico, Iversen elenca: Corinto, Ambracia, Dodona ed Epidamnos. La seconda e la terza, sono preferite per via della menzione delle feste Naa di Dodona, di cui un’iscrizione del II sec. a.C. (SEG 58: 816, post 182 a.C., ma verosimilmente successiva a Pidna) sembra attestare lo spostamento di sede ad Ambracia (vd. in part. la l. 10 integrata come Νᾶα ἐν Ἀμ[βρακίαι] da Iversen). Quest’ultima città, inoltre, è l’unica in cui sia attestata la grafia Ἀρτεμίσιος (benché nel contesto tardo del trattato con Charadros SEG 35: 665, ca. 160 a.C.), al posto del dorico Ἀρτεμίτιος. Tuttavia, gli unici motivi per preferire queste scartando recisamente Corinto sarebbero, secondo l’autore, i seguenti due: una datazione del meccanismo successiva al 146 a.C. (un’eventualità che lo studioso prende tuttavia in considerazione); la possibilità, in realtà più remota anche da un punto di vista storico, che il calendario in uso a Corcira-Apollonia-Bouthrotos, caratterizzato da alcune varianti peculiari che lo differenziavano da quello adottato nel meccanismo di Antikythera, fosse stato in realtà originato a Corinto stessa e non invece nell’area di influenza corcirese, come le fonti lascerebbero intendere.

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30: 990 non costituisca di per sé un argomento dirimente per preferire un’attribu-zione dello stesso a una delle fondazioni corinzie di area nordoccidentale, e per scartare di conseguenza l’ipotesi di una sua provenienza da Corinto.

La presenza del grammatistas eponimo nel decreto SEG 30: 990 costituisce un indizio di notevole interesse, dal momento che, come si è detto sopra, l’unica attestazione certa della formula ἐπὶ γραμματιστᾶ ricorre nel regolamento fron-taliero con Charadros SEG 35: 665 in riferimento alla parte ambraciota26. Come

nel caso del calendario, anche questa particolare denominazione del segretario può probabilmente essere annoverata tra gli elementi di influenza corinzia sul-le popolazioni dell’Epiro: la figura del γραμματιστάς appare infatti in due iscri-zioni tra le cariche di vertice del koinon dei Molossi27. Non si tratta tuttavia di

una peculiarità della Grecia nordoccidentale; nel Peloponneso, in particolare, è attestato come magistratura locale a Dyme28, e la specifica formula del

gramma-tistas eponimo ἐπὶ γραμματιστᾶ potrebbe essere stata presente nel prescritto del

decreto onorifico frammentario di età ellenistica Corinth VIII. 1, 8, l. 1, integrato come [ἐπὶ γρ]αμμα[τέος – – (nomen) – –] nell’edizione di Meritt, ma corretto in [ἐπὶ γρ]αμμα[τιστᾶ – – da Louis Robert29.

C’è un ulteriore particolare che deve essere notato. La città in questione, anzi-tutto, possedeva un’ekklesia, come è attestato dalla formula di approvazione del decreto SEG 30: 990 (ἔδοξε τᾶι ἐκκλησίαι, ll. 3-4). Questo dato porterebbe dun-que a escludere Corcira, dove i decreti attestano una halia, così come Epidamnos, dove la stessa denominazione dell’assemblea è attestata da Aristotele e dove i decreti registrano piuttosto la formula ἔδοξε τῶι δάμωι30. Stessa cosa, infine, vale

forse anche per Leukas, se si accetta l’integrazione della l. 30 del decreto onorifico per Damophon di Messene IG IX 12 4, 1475 (200-190 a.C.) proposta da

Thone-26 Vd. supra, n. 19.

27 Cabanes 1976, 540 nr. 4 = I. Apollonia T 308: questo decreto di isopoliteia, emanato

βασ[ι]-λεύοντος Ἀλεξάνδρου, è generalmente assegnato al regno di Alessandro I figlio di Neottolemo (343-331 a.C.), ma fa eccezione Meyer 2013, 22-37 e passim, che preferisce piuttosto un’identificazione del basileus con Alessandro II figlio di Pirro (272-242 a.C.); Cabanes 1976, 539 nr. 3: si tratta del cosiddetto “decreto degli hieromnamones” emanato dal koinon dei Molossoi e datato da Cabanes al 330-328 a.C., ma da Meyer 2013, 79-81, al 300 a.C. ca.

28 Rizakis, Achaïe III 2, l. 2 (190-146 a.C.); ibid. 3, l. 27 (III sec. a.C.); ibid. 4, ll. 4-5:

γραμματιστᾶ δαμοσιοφυλάκων (219/8 a.C.).

29 Robert 1960, 568 n. 3, segnalato anche da Fantasia 2017, 210. Lo stesso può valere anche

per il frammento di decreto Corinth VIII. 1, 7, l. 1: [ - - -]ας γρ̣α[μματιστᾶς - - -], integrato come γρ̣α[μματέυς (?) - - -] nell’edizione di Meritt.

30 Corcira: ad es. IG IX 12 4, 789, l. 1: ἔδοξε τᾶι ἁλίαι (III sec. a.C.). Epidamnos: Arist. Pol.

1301b 21-23 (ἡλιαία); e, ad es., I. Epidamnos T 514, l. 2 [ἔ]δ[οξε τῶι δάμωι ἐπ’ ἄρχοντος Φ] αλακρ[ίωνος], cf. l. 23: [ἔ]δ̣οξε τᾶι βουλᾶι καὶ τῶι δάμωι τῶι Ἐπιδαμνίων (Magnesia al Meandro,

post 208/7 a.C.). Anche Apollonia rientra forse nella stessa casistica, ma mancano informazioni;

tut-tavia, vd. il coevo decreto di Apollonia per il riconoscimento degli agoni di Artemide Leukophryene

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