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Analisi e modellistica di una bicicletta equipaggiata con sospensione elettromeccanica

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria dell'Automazione

Analisi e modellistica di una bicicletta

equipaggiata con sospensione elettromeccanica

Relatore:

Sergio Matteo Savaresi

Correlatori: Matteo Corno

Davide Todeschini

Giulio Panzani

Candidato: Stefano Alloi

Matr. 876630

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Ringraziamenti

Desidero ringraziare in primo luogo il Politecnico di Milano per il percorso di studi altamente formativo che mi ha fornito. In particolare vorrei citare: il professor Sergio Savaresi, per aver creduto nelle mie potenzialità ed avermi consentito di lavorare a questo progetto; il professor Matteo Corno, per i preziosi consigli e per il suo supporto, ogni volta che ne avessi bisogno; Da-vide Todeschini, per avermi indirizzato durante tutto il lavoro di questa tesi. Vorrei inoltre ringraziare l'azienda E-Shock per il materiale e le informazioni tecniche che mi ha fornito.

Un grazie di cuore va ai miei genitori, Ivana e Ugo, che hanno sempre creduto in me, talvolta assecondando le mie scelte, a volte facendomene fare di migliori; un altro è riservato a mia sorella Chiara, perché la complicità tra fratelli è qualcosa che non si può replicare con altre persone; grazie ai miei nonni, Lorenza e Vittorio, che mi ricordano le mie origini e mi fanno venire nostalgia di casa; grazie a mio cugino Daniele e a tutti i miei zii, Nadia, Paola, Marco, Toni e Leonardo, per farmi sentire sempre ben voluto.

Grazie a Francesca, che nonostante la distanza rende ogni giorno la mia vita più leggera, e con la quale posso condividere la mia quotidianità. Grazie inne a tutti i miei amici, quelli di una vita e quelli più recenti, senza i quali non sarebbe la stessa cosa.

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Indice

Abstract 1

1 Introduzione 5

1.1 Motivi dello studio . . . 5

1.2 Stato dell'arte . . . 6

1.3 Contributi innovativi . . . 8

1.4 Struttura della tesi . . . 14

2 Caratterizzazione del motore 15 2.1 Introduzione . . . 15

2.2 Descrizione dei parametri . . . 16

2.2.1 Coppie polari . . . 16

2.2.2 Angolo a tensione costante . . . 17

2.2.3 Resistenza di fase . . . 18

2.2.4 Auto e mutue induttanze di fase . . . 18

2.2.5 Costante di velocità . . . 18

2.2.6 Costante di coppia . . . 19

2.2.7 Inerzie ed attriti . . . 20

2.3 Descrizione del banco prova . . . 20

(6)

2.4.1 Setup . . . 22

2.4.2 Angolo a tensione di fase costante . . . 22

2.4.3 Costante di velocità . . . 29

2.4.4 Resistenza di fase . . . 31

2.4.5 Auto e mutue induttanze . . . 35

2.4.6 Costante di coppia . . . 40

2.5 Conclusione . . . 44

3 Caratterizzazione del circuito elettrico 47 3.1 Introduzione . . . 47

3.2 Topologia . . . 48

3.3 Criticità riscontrata . . . 50

3.4 Caratterizzazione del diodo . . . 53

3.5 Caratterizzazione del resto del circuito . . . 56

3.5.1 Resistenza del cavo tra motore e raddrizzatore . . . 59

3.5.2 Resistenza del cavo del DCbus . . . 60

3.5.3 Confronto dei risultati e discussione . . . 61

3.6 Miglioramento delle performance . . . 64

3.6.1 Caratterizzazione del nuovo diodo . . . 65

3.7 Conclusione . . . 66

4 Modello completo della sospensione 69 4.1 Introduzione . . . 69

4.2 Modello dell'ammortizzatore . . . 70

4.2.1 Validazione del modello . . . 74

4.2.2 Simulazione della nuova componentistica . . . 76

4.2.3 Variazione del carico elettrico . . . 80

(7)

4.3 Modello della molla . . . 90

4.4 Assemblaggio . . . 91

4.5 Semplicazione del modello dell'ammortizzatore . . . 94

4.6 Conclusione . . . 95

5 Modello multibody della bicicletta con ciclista 99 5.1 Introduzione . . . 99

5.2 Disegno CAD dei componenti . . . 101

5.3 Punti di ancoraggio . . . 103

5.4 Gradi di libertà . . . 106

5.5 Modello del ciclista . . . 110

5.5.1 Limitazione dei movimenti . . . 112

5.5.2 Azione ltrante degli arti . . . 113

5.5.3 Contatto tra piede e pedale . . . 113

5.5.4 Contatto tra sella e sedere . . . 117

5.6 Modello della bicicletta . . . 119

5.6.1 Telaio . . . 119 5.6.2 Ruote . . . 121 5.6.3 Sospensione anteriore . . . 124 5.6.4 Sospensione posteriore . . . 127 5.7 Terreno . . . 131 5.8 Funzioni di input . . . 132

5.8.1 Relazione tra movimento anteriore e posteriore . . . 132

5.8.2 Scalino . . . 133

5.8.3 Sweep logaritmico . . . 136

5.8.4 Ingresso nullo . . . 137

(8)

6 Risultati 139

6.1 Introduzione . . . 139

6.2 Posizione in sella del ciclista . . . 140

6.2.1 Posizione in piedi . . . 140

6.2.2 Posizione seduta . . . 145

6.3 Discesa dello scalino . . . 147

6.3.1 Tempi di caduta e contatto tra ruota e terreno . . . 148

6.3.2 Accelerazioni e stroke . . . 151

6.3.3 Pitch rate . . . 158

6.3.4 Sospensione elettromeccanica . . . 158

6.4 Risposte in frequenza . . . 162

7 Conclusioni e sviluppi futuri 171

(9)

Elenco delle gure

1.1 Confronto tra grandezze sperimentali e simulate durante la discesa di uno scalino. Sospensione tradizionale. . . 10 1.2 Confronto tra grandezze sperimentali e simulate durante la

discesa di uno scalino. Sospensione elettromeccanica. . . 11 1.3 Validazione del modello dell'ammortizzatore. . . 12 1.4 Mappa forza smorzante - velocità di stroke

dell'ammortizza-tore elettromeccanico. . . 13 2.1 Relazione tra tensione concatenata e tensioni di fase. . . 23 2.2 Eetto di un angolo a tensione di fase costante troppo piccolo. 25 2.3 Tensioni concatenate acquisite per l'identicazione dell'angolo

a tensione costante. . . 27 2.4 Confronto tra un singolo periodo delle tensioni concatenate. . 28 2.5 Valore medio dell'angolo meccanico a tensione costante. . . 29

2.6 Valore medio della costante di velocità kv. . . 30

2.7 Confronto tra tensione, corrente e resistenza nel test per l'i-denticazione di Rph . . . 33

2.8 Ottenimento del valore medio di della resistenza di fase Rph. . 35

2.9 Circuito equivalente per l'identicazione delle induttanze. . . . 37

(10)

2.11 Identicazione sperimentale della costante di coppia kt. . . 45 3.1 Topologia del circuito elettrico. . . 48 3.2 Congurazione eettiva del circuito elettrico. . . 51 3.3 Correnti circolanti nel circuito elettrico con ponte a diodi

in-serito e bypassato. . . 52 3.4 Caratteristica teorica tensione - corrente del diodo B240/A. . 54 3.5 Confronto tra le caratteristiche teoriche e simulate del diodo

B240/A. . . 55 3.6 Confronto tra le correnti di fase ottenute sperimentalmente in

diverse condizioni. . . 57 3.7 Setup per l'identicazione delle resistenze dei cavi di

collega-mento. . . 58 3.8 Forme d'onda acquisite per il calcolo della resistena del cavo

tra motore e ponte. . . 60 3.9 Confronto tra i contributi alla resistenza totale del circuito. . . 62 3.10 Confronto tra le caratteristiche teoriche e simulate del diodo

19TQ015S. . . 67 4.1 Modello dell'ammortizzatore. . . 73 4.2 Modelli dell'ammortizzatore per la simulazione delle correnti

di fase. . . 75 4.3 Confronto tra le correnti di fase sperimentali e quelle simulate. 75 4.4 Sensitività della corrente di fase alla resistenza parassita.

Dio-do B240/A. . . 77 4.5 Sensitività della corrente di fase alla resistenza parassita.

(11)

4.6 Modello utilizzato per l'ottenimento delle caratteristiche forza

- velocità di stroke. . . 82

4.7 Caratteristiche di smorzamento dell'ammortizzatore tradizio-nale. . . 84

4.8 Sensitività della forza espressa dall'ammortizzatore alla varia-zione del carico elettrico e confronto con sospensione tradizio-nale. . . 86

4.9 Sensitività della forza espressa dall'ammortizzatore alla varia-zione del carico elettrico e confronto con sospensione tradizio-nale. . . 87

4.10 Modello della parte elastica della sospensione. . . 91

4.11 Modello per la simulazione dell'intera sospensione elettromec-canica. . . 92

4.12 Risultati della simulazione dell'intera sospensione elettromec-canica. . . 93

4.13 Rappresentazione della lookup table dell'ammortizzatore. . . . 96

4.14 Inserimento della lookup table nel modello della sospensione. . 96

5.1 Dimensioni e peso standard di un uomo. . . 102

5.2 Dimensioni della bicicletta. . . 102

5.3 Rendering della bici con ciclista. . . 104

5.4 Esempi di elementi bidimensionali inseriti nei CAD per il settaggio dei sistemi di riferimento. . . 107

5.5 Blocco Simscape con tutte le porte siche impostate. . . 108

5.6 Modello del ciclista. . . 111

5.7 Esempio di distaccamento tra piede e pedale. . . 114

5.8 Modellizzazione del contatto tra piede e pedale. . . 116

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5.10 Modellizzazione del contatto tra sella e sedere. . . 119

5.11 Modello del telaio. . . 120

5.12 Modello delle ruote. . . 124

5.13 Modello della sospensione anteriore. . . 126

5.14 Modello della parte 3D della sospensione posteriore. . . 128

5.15 Modello della sospensione posteriore tradizionale. . . 129

5.16 Modello semplicato della sospensione posteriore elettromec-canica. . . 130

5.17 Modello completo della sospensione posteriore elettromeccanica.130 5.18 Traiettoria del punto più basso della ruota durante la discesa di uno scalino. . . 134

5.19 Posizione del punto più basso della ruota durante la discesa di uno scalino. . . 136

5.20 Andamento nel tempo di frequenza ed ampiezza dello sweep. . 138

6.1 Sistema in steady state con ciclista in piedi. . . 143

6.2 Eetto di una taratura del ciclista troppo morbida. . . 145

6.3 Sistema in steady state con ciclista seduto. . . 147

6.4 Confronto tra gli stroke anteriori di una prova da seduto in cui le ruote del sistema reale non si sono staccate. . . 150

6.5 Confronto tra gli stroke anteriori di una prova in piedi in cui le ruote del sistema reale si sono staccate. . . 152

6.6 Confronto complessivo tra due prove eseguite da in piedi. . . . 153

6.7 Confronto complessivo tra due prove eseguite da in piedi - bis. 156 6.8 Confronto complessivo tra due prove eseguite da seduto. . . . 157

6.9 Confronto complessivo tra due prove eseguite da seduto - bis. . 159

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6.11 Simulazione di uno scalino percorso in piedi con sospensione elettromeccanica. Sensitività alla variazione della RDCbus. . . . 161 6.12 Simulazione di uno scalino percorso da seduto con sospensione

elettromeccanica. Sensitività alla variazione della RDCbus. . . . 163 6.13 Risposte in frequenza del modello full bike a tre masse. . . 164 6.14 Risposte in frequenza del sistema con sospensione tradizionale.

Sensitività al comportamento del ciclista. . . 166 6.15 Risposte in frequenza del sistema con sospensione

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Elenco delle tabelle

3.1 Cifre di merito del diodo B240/A . . . 53 3.2 Cifre di merito del diodo 19TQ015S . . . 66 4.1 Parametri di congurazione del motore in ambiente Simscape. 71 4.2 Parametri di congurazione del diodo in ambiente Simscape. . 72 4.3 Parametri identicati per la sospensione tradizionale. . . 83 6.1 Parametri di congurazione della posizione in sella del ciclista. 141 6.2 Scelta dei parametri per la posizione in piedi del ciclista. . . . 146

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Abstract

Nowadays, semi-active suspensions represent a technology only available on four-wheeled vehicles or, more recently, on high-level motorbikes. They provide major advantages in terms of road handling and passengers comfort. The main issues that prevent the spread of these components also in the eld of bicycles are related to their weight, dimensions, power demand and their price. Thanks to the introduction of a motor in place of the classical hydraulic damper, this project aims at bringing the bicycle driving experience to a new level.

In this thesis, the motor chosen in order to be substituted to the traditional damper has been characterized; during this procedure, some issues related to the electrical circuit to which it is connected have been solved. Once this task was completed, a model of the entire bicycle, also provided with the cyclist, has been developed. The result is a multibody model that allows the simulation of the bicycle behaviour under various set-ups and conditions. For instance, it is possible to mount the traditional suspension as well as the electromechanical one. Moreover, the rider can be asked to proceed seated or standing on the pedals, rigidly or softly. The simulations that can be performed provide quite accurate results, so that the model represents a tool useful for the development and tuning of the control strategies of the damping characteristics.

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Sommario

Le sospensioni semi-attive rappresentano una tecnologia ad oggi applicata uni-camente a mezzi a quattro ruote o, recentemente, anche ad alcune motociclette di alto livello. Esse sono in grado di fornire grandi vantaggi in termini di tenuta di strada e di comfort. Le problematiche principali che impediscono il diondersi di tali componenti anche nel settore delle biciclette sono legate al peso, all'ingombro, alle potenze in gioco e anche al loro prezzo. Attraverso l'introduzione di un motore al posto del classico smorzatore idraulico si vuole tentare, con questo progetto, di aprire nuove strade nell'ambito dell'esperienza di guida di una bicicletta.

In questo lavoro è stato dapprima caratterizzato il motore scelto per assumere il ruolo di smorzatore, risolvendo anche alcune problematiche che erano state ri-scontrate relativamente al circuito elettrico ad esso collegato. Successivamente si è passati ad una fase di modellizzazione che ha coinvolto l'intera bicicletta, com-prensiva di ciclista. Il risultato è un modello multibody che consente di simulare il comportamento della bicicletta in diversi allestimenti e situazioni. In particolare è possibile sostituire la sospensione posteriore e montare quella tradizionale o quella elettromeccanica. É inoltre possibile richiedere al ciclista di procedere da seduto o in piedi sui pedali, rigido o molleggiato.

Il modello risulta essere abbastanza accurato e rappresenta uno strumento uti-le per lo sviluppo e la taratura di strategie di controllo della caratteristica di smorzamento.

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Capitolo 1

Introduzione

1.1 Motivi dello studio

Il mercato delle biciclette sta conoscendo uno sviluppo ed un'espansione senza precedenti; essa è in parte dovuta alla maggiore consapevolezza che si ha sui beneci in termini di salute ed ambientali, ed in parte all'introduzione della pedalata assistita.

Il processo di elettricazione delle biciclette ore la possibilità di introdur-re sistemi di sicuintrodur-rezza e comfort che no ad ora erano riservati esclusivamente all'ambito automobilistico o motociclistico, come ad esempio le sospensioni elettroniche: sono sempre più frequenti le proposte di sospensioni semi-attive, capaci, quindi, di variare ad alta frequenza la caratteristica di smorzamen-to. Questo si traduce in un miglior comfort per i passeggeri e una maggiore tenuta di strada, a seconda del tipo di logica di controllo implementata.

L'applicazione di questo tipo di sospensione su una bicicletta è un ambito ancora inesplorato, ma che potrebbe rivelarsi rivoluzionario in termini di esperienza di guida.

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idraulico della sospensione posteriore con un motore, usato in congurazione di generatore. Ciò consentirebbe di controllare a piacere la caratteristica di smorzamento, nonché di recuperare energia con lo scopo di alimentare il sistema stesso, che non avrebbe quindi la necessità di venir collegato alla rete elettrica per essere ricaricato.

In questa tesi ci si è concentrati sulla modellizzazione dell'intera biciclet-ta, ponendo particolare enfasi sulla sospensione posteriore; lo scopo è stato quello di fornire uno strumento innovativo e utile all'ottenimento di dati non provenienti da prove sperimentali eettuate sul sistema reale.

1.2 Stato dell'arte

In campo automobilistico le sospensioni semi-attive sono conosciute da diversi anni; la letteratura esistente ha accertato inequivocabilmente il mi-glioramento che una tale tecnologia sia in grado di introdurre in termini di tenuta di strada e comfort di guida ([3]). Il principio di funzionamento è quello di variare la caratteristica di smorzamento ad una frequenza di molto superiore alla dinamica del veicolo. Questa variazione può essere ottenuta in diversi modi, ma ad oggi quelli presenti sul mercato si basano sulla modi-cazione della viscosità di particolari uidi attraverso l'applimodi-cazione di campi elettrici (ammortizzatori elettroreologici, [8]) o magnetici (ammortizzatori magnetoreologici, [9]).

In [6] è stato dimostrato che quest'ultima tecnologia potrebbe ecace-mente sostituire la sospensione tradizionale di una bicicletta; tuttavia in quello studio sono state messe a confronto unicamente le performance ot-tenute, in termini di accelerazione di ruota e di cassa. I motivi principali per i quali i uidi magnetoreologici siano connati prevalentemente

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all'am-bito automobilistico sono però legati al peso, all'ingombro, alle potenze in gioco e al prezzo degli ammortizzatori. Per quanto riguarda le due ruote, infatti, recenti sviluppi hanno portato all'introduzione di questa tecnologia su motociclette di alto livello, mentre non è mai stata realizzata una bici-cletta che possa vantare tale componentistica. Il livello attuale di sviluppo delle sospensioni per bicicletta consente di variare, anche piuttosto nemen-te, le caratteristiche di smorzamento sia in compressione che in estensione di entrambe le sospensioni; tuttavia, queste regolazioni sono sempre com-piute manualmente dal ciclista, tramite un selettore elettronico situato sul manubrio in grado di comandare l'apertura o la chiusura delle valvole poste sul pistone dell'ammortizzatore. Data la lentezza con cui questa regolazione avviene, l'inserimento di una logica di controllo che renda tali sospensioni semi-attive sarebbe impossibile: risulta necessario cambiare l'hardware in gioco, e una possibile soluzione è quella di introdurre un motore al posto del circuito idraulico.

Per quanto riguarda la modellistica, in campo automobilistico il modello di riferimento è il quarter car, che permette di studiare unicamente la dinami-ca vertidinami-cale dell'automobile ma ha il pregio di essere estremamente semplice. Se invece si fosse interessati a studiare anche dinamiche rotazionali, come il beccheggio o il rollio, si potrebbe fare adamento a una sua estensione: il modello half car ([3, Savaresi]). É stato però dimostrato in [1, Todeschini] che tali modelli siano inecaci nel riprodurre le dinamiche di una bicicletta, e nello stesso lavoro è stata quindi fatta una nuova proposta che prende il nome di modello half bike a tre masse. La dierenza sostanziale è che in questo nuovo modello ciclista e telaio non sono più considerati come un cor-po unico, ma piuttosto come due masse interconnesse attraverso un sistema molla - smorzatore, che rappresenta l'azione ltrante di gambe e braccia.

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Come per il quarter car, però, con questo nuovo modello è possibile stu-diare unicamente la dinamica verticale della bicicletta, quando invece il mo-vimento di beccheggio gioca un ruolo fondamentale (molto più che in un'au-tomobile) nel comportamento globale del veicolo. In [2, Nobili] è stata quindi introdotta un'estensione di questo modello, ovvero il modello full bike a tre masse, in cui la massa del ciclista è ancora separata da quella della bicicletta ma vi è ancorata in due punti, uno anteriore e uno posteriore. In questo mo-do le azioni di braccia e gambe sono state separate. Le simulazioni di questo modello mostrano un miglioramento rispetto al precedente modello half bike, ma risultano ancora problematiche nella riproduzione di certe dinamiche.

Il passo successivo nell'anamento del modello consiste nel rappresentare in maniera più dettagliata il ciclista e la bicicletta, scomponendoli nelle loro componenti principali e descrivendo le relazioni esistenti tra esse. In lette-ratura esistono già riferimenti (si veda ad esempio [7]) che hanno fatto passi avanti in questo senso, creando un modello multibody del sistema bicicletta. Tuttavia, le principali limitazioni di questi modelli sono legati alla mancanza di una caratterizzazione non lineare delle sospensioni, e all'assenza di studi di sensitività al comportamento del ciclista.

1.3 Contributi innovativi

Il principale contributo innovativo di questa tesi consiste nell'introduzio-ne di un modello completo di una bicicletta equipaggiata con una sospen-sione elettromeccanica. Il modello considera sia gli aspetti di dinamica della bicicletta con ciclista che quelli energetici della sospensione.

Esso rappresenta un passo avanti nella modellizzazione di questo tipo di veicoli, in quanto consente di descrivere il comportamento di qualunque

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elemento presente nel sistema, nonché le relazioni esistenti tra essi. A titolo di esempio, si considerino i foderi orizzontali e verticali, nel cui punto di giunzione è presente un grado di libertà rotazionale che consente alla ruota posteriore di essere ammortizzata. Se si fosse in grado di misurare la coppia d'attrito esistente in tale giunto, essa potrebbe essere implementata molto semplicemente anche nel modello.

Il livello di accuratezza che può essere raggiunto è superiore a qualunque modello n'ora presentato; il rovescio della medaglia è rappresentato dalla dicoltà decisamente più elevata nella sua taratura: se prima i parametri in gioco erano una manciata (i valori delle tre masse e due coecienti per ogni sospensione), ora sono diventati qualche decina. Se a tutto ciò si aggiunge il fatto che sono state riprodotte anche molte delle non linearità presenti nelle sospensioni, è facile comprendere come la messa a punto del modello sia un'o-perazione tutt'altro che banale. Nelle gure 1.1 e 1.2 è possibile osservare il confronto tra alcune grandezze sperimentali e simulate durante la discesa di uno scalino. Nel primo caso la sospensione montata è la tradizionale, nel secondo la simulazione è stata fatta con la sospensione elettromeccanica ed è stata riportata la sensitività alla variazione della caratteristica di smorza-mento. L'aderenza tra le curve dei graci dipende fortemente dalla prova analizzata, in quanto l'inuenza del comportamento in sella del ciclista reale gioca un ruolo fondamentale.

L'altro aspetto su cui si è posta grande attenzione è la caratterizzazione del motore scelto in [1, Todeschini] per il ruolo di ammortizzatore, e del cir-cuito elettrico a lui collegato. In particolare, il motore in questione nasce per tipi di utilizzo completamente diversi da quelli che sarà chiamato a svolgere sulla bicicletta, e ha necessitato di numerosi test al ne di accertarne le ca-ratteristiche. Inoltre, è stata analizzata a fondo una problematica riscontrata

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0 0.2 0.4 0.6 0.8 0 20 40 60 80 Position (mm)

Front suspension stroke, cyclist standing Exper Sim Bottom reached 0 0.2 0.4 0.6 0.8 -5 0 5 10 15 20 25 30

35 Rear suspension stroke, cyclist standing

0 0.2 0.4 0.6 0.8 -100 -50 0 50 100 150 Acceleration (m/s 2)

Front wheel z acceleration, cyclist standing

0 0.2 0.4 0.6 0.8 -150 -100 -50 0 50 100 150

Rear wheel z acceleration, cyclist standing

0 0.2 0.4 0.6 0.8 Time (s) -50 0 50 100 Acceleration (m/s 2)

Handlebars z acceleration, cyclist standing

0 0.2 0.4 0.6 0.8 Time (s) -20 0 20 40 60 80

100 Saddle z acceleration, cyclist standing

Figura 1.1: Confronto tra grandezze sperimentali e simulate durante la discesa di uno sca-lino col ciclista in piedi. La sospensione montata è quella tradizionale. Le linee tratteggiate verticali identicano gli istanti in cui le ruote hanno raggiunto la base dello scalino.

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-0.1 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0 20 40 60 80 Position (mm)

Front suspension stroke, cyclist standing Exper RDCbus =0 RDCbus =0.01 RDCbus =0.025 RDCbus =0.05 RDCbus =0.1 RDCbus =0.25 RDCbus =0.5 -0.1 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 -5 0 5 10 15 20 25 30

35 Rear suspension stroke, cyclist standing

-0.1 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 -100 -50 0 50 100 150 Acceleration (m/s 2)

Front wheel z acceleration, cyclist standing

-0.1 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 -100 -50 0 50 100 150

Rear wheel z acceleration, cyclist standing

-0.1 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 Time (s) -50 0 50 100 Acceleration (m/s 2)

Handlebars z acceleration, cyclist standing

-0.1 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6

Time (s)

-50 0 50

100 Saddle z acceleration, cyclist standing

Figura 1.2: Confronto tra grandezze sperimentali e simulate durante la discesa di uno scalino col ciclista in piedi. La sospensione montata è quella elettromeccanica. Le linee tratteggiate verticali identicano gli istanti in cui le ruote hanno raggiunto la base dello scalino. Le curve dal blu al rosso corrispondono a un settaggio della sospensione sempre meno smorzato.

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0 100 200 300 400 500 600 700 800 900 1000 motor speed (rpm) 0 5 10 15 20 25 30 35 current (A)

PoliMi test,motor phases in SC PoliMi test,DCbus in SC PoliMi test,bridge bypassed E-Shock test,DCbus in SC E-Shock test,bridge bypassed Simulation,motor phases in SC Simulation,DCbus in SC Simulation,bridge bypassed

Figura 1.3: Validazione del modello dell'ammortizzatore. É visibile il confronto tra le correnti di fase ottenute in varie congurazioni. Le linee continue sono le correnti simulate, quelle tratteggiate derivano da prove sperimentali.

all'interno del circuito, e si è giunti alla sua risoluzione tramite l'introduzione di nuova componentistica.

Il modello creato per la simulazione dell'ammortizzatore elettromeccanico è un altro dei contributi importanti di questo lavoro. Come si può osservare dall'immagine 1.3, esso risulta essere molto accurato nella riproduzione delle correnti circolanti e ha consentito di accertare che la componentistica scelta sia adeguata a fare da sostituta all'ammortizzatore tradizionale. Lo studio condotto su tutta la parte elettrica del sistema ha consentito la creazione di una mappa forza smorzante - velocità di stroke al variare del carico equiva-lente presente nel circuito (visibile in gura 1.4), che risulterà utile in fase di sviluppo della strategia di controllo della caratteristica di damping. Dato che il modello implementato è orientato al controllo, quando tale logica sarà stata sviluppata risulterà semplice introdurla e testarla.

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-200 -150 -100 -50 0 50 100 150 200 Stroke speed [mm/s] -2000 -1500 -1000 -500 0 500 1000 1500 2000 Damping force [N]

Comparison between traditional and EM dampers' characteristics

Motor max performances R DCbus = 0m R DCbus = 10m R DCbus = 25m R DCbus = 50m R DCbus = 100m R DCbus = 250m R DCbus = 500m EM damper Rp = 0% of Rptot : Rp1 Rp2 Rebound set to 1 Rebound set to 9 Rebound set to 12 Compression set to open Compression set to close

Traditional damper

Figura 1.4: Mappa forza smorzante - velocità di stroke dell'ammortizzatore

elettromecca-nico. Sensitività all'incremento del valore di resistenza RDCbus(linee dalla blu alla rossa).

La resistenza parassita data dai cavi di collegamento è annullata. In verde le prestazioni del motore a morsetti cortocircuitati. In nero e in magenta il confronto con la caratteristica della sospensione tradizionale in varie congurazioni.

(30)

1.4 Struttura della tesi

Lo studio svolto in questa tesi ha seguito un approccio bottom-up. Nel-la fattispecie, si è partiti dal basso, nel capitolo 2, con Nel-la caratterizzazione accurata del motore scelto in [1, Todeschini] per essere sostituito all'ammor-tizzatore tradizionale della bicicletta.

Nel capitolo 3 viene descritto lo studio eettuato sul circuito raddrizza-tore: quali erano le problematiche già note all'inizio della tesi e cosa è stato fatto per risolverle.

Nel capitolo 4 si è passati alla creazione e validazione di un modello completo della sospensione elettromeccanica, e se ne sono confrontate le caratteristiche di smorzamento con quelle della sospensione tradizionale.

Una volta completata questa prima fase in cui il focus è sempre stato connato unicamente alla sospensione posteriore, nel capitolo 5 è stato am-pliato il punto di vista in modo da includere l'intera bicicletta. Essa è stata inizialmente modellata ed assemblata con un software CAD, per poi essere importata a sua volta nell'ambiente di simulazione in modo da descriverne il comportamento. Nello stesso capitolo vengono inoltre descritte le varie funzioni di input utilizzate per le simulazioni.

Nel capitolo 6 vengono riportati tutti i risultati ottenuti dalle simulazioni del modello multibody, eettuate sia con la sospensione tradizionale che con quella elettromeccanica.

Inne, nel capitolo 7 vengono riportate le conclusioni che si sono potute trarre una volta giunti al termine di questo lavoro, assieme ai possibili sviluppi futuri.

(31)

Capitolo 2

Caratterizzazione del motore

2.1 Introduzione

Il motore utilizzato è quello scelto a seguito del dimensionamento eettua-to in [1, Todeschini]. Si tratta del Turnigy Aerodrive SK3 - 5055-280kv([12]), un motore trifase, sincrono DC brushless ed outrunner.

Quest'ultimo nome viene attribuito a quei motori nei quali il rotore è costruito esternamente allo statore, anziché esservi contenuto al suo interno. La dicitura DC brushless, invece, viene attribuita ai motori sincroni a ma-gneti permanenti dove gli avvolgimenti di statore sono quanto più possibile concentrati. Questo fa sì che, se venisse alimentato con tensione continua uno degli avvolgimenti, l'andamento del modulo del campo di induzione ma-gnetica al variare dell'angolo meccanico nell'intervallo [0, 2π]rad sarebbe ad onda quadra. Questo fatto si traduce in una forza elettromotrice (FEM ) indotta di forma trapezoidale anziché sinusoidale, dove quindi esiste un certo angolo meccanico di rotazione del rotore entro cui la FEM generata risulti essere costante.

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tre, corrispondenti ognuno ad una delle tre fasi del motore. Nella fattispecie, manca il collegamento esterno con il neutro, rendendo quindi impossibile l'applicazione o la lettura di grandezze di fase: le uniche grandezze disponibili sono quelle concatenate. Questo, come si vedrà, comporterà dei limiti in fase di identicazione dei parametri.

Il campo di applicazione per il quale questo motore è stato specicata-mente progettato e costruito è quello dell'aeromodellismo: in normali condi-zioni di utilizzo esso viene accoppiato ad un'elica in modo da trasformare la potenza elettrica, derivante dalle batterie, in moto longitudinale dell'aereo.

Forse proprio a causa dell'ambito e del modo in cui il motore viene nor-malmente utilizzato, che risulta essere piuttosto amatoriale, ne consegue che la documentazione tecnica esistente sia quantomeno incompleta se non, come si vedrà nel prosieguo, addirittura errata.

Nella prossima sezione verranno analizzati i parametri più importanti da conoscere riguardo al motore, distinguendo tra quali sono già noti per-ché forniti dall'azienda costruttrice, e quali invece hanno bisogno di essere determinati in quanto ignoti.

2.2 Descrizione dei parametri

2.2.1 Coppie polari

Il parametro forse più importante e caratterizzante, in quanto deciso n dalla prima fase di progetto del motore, è il numero di coppie polari np. Per un motore sincrono brushless, esso è pari alla metà del numero di poli ma-gnetici positivi e negativi che si incontrano durante una rotazione completa del rotore. Nel caso in esame, il numero di coppie polari è pari a sette.

(33)

Tale parametro determina una sorta di rapporto di riduzione tra la frequenza delle grandezze elettriche e quelle meccaniche. Nella fattispecie, il

valore np = 7signica che, nell'arco di una rotazione (meccanica) completa

del rotore, le variabili elettriche hanno compiuto sette cicli. Dunque, se un motore sincrono di questo tipo si trovasse in rotazione in regime stazionario e fosse alimentato alla frequenza della rete elettrica, ovvero a 50Hz, il suo rotore starebbe ruotando ad un settimo di quella velocità, ovvero a poco più di 7Hz. Come è noto, questa perdita in velocità è compensata da un corrispondente guadagno in termini di coppia erogata, in modo che il bilancio delle potenze, a meno di perdite interne, venga rispettato.

2.2.2 Angolo a tensione costante

Come brevemente esposto nella sezione 2.1, le tensioni di fase del motore in esame hanno forma trapezoidale. Esiste dunque un angolo di rotazione meccanico ed elettrico all'interno del quale la tensione risulta essere costante. Se il numero di coppie polari fosse pari ad uno, non ci sarebbe distinzione tra angolo elettrico ed angolo meccanico: ad ogni rotazione meccanica del rotore corrisponderebbe un ciclo completo della terna di tensioni trifase. Si è appena visto, però, che in generale la relazione tra angoli elettrici e meccanici è

αmech = npαel

Esiste però una seconda conversione che è necessario specicare: data l'assenza del terminale di neutro è possibile unicamente misurare tensioni concatenate, che sono la dierenza tra due tensioni di fase: VAB = VA − VB. Ne consegue che sia necessario studiare quale sia il risultato di una tale com-posizione di due onde trapezoidali, e come poter ricavare l'angolo a tensione di fase costante dall'analisi di una tensione concatenata.

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2.2.3 Resistenza di fase

La resistenza elettrica di ognuna delle tre fasi di alimentazione, dovuta principalmente alla grande lunghezza (e sottigliezza) del lo in rame utilizza-to per gli avvolgimenti, è un altro parametro molutilizza-to importante da conoscere con precisione, almeno nell'ottica del tipo di utilizzo che si intende fare di

questo motore. Il valore riportato nel datasheet corrisponde a Rph = 31mΩ,

valore che verrà smentito dagli esperimenti eseguiti nel paragrafo 2.4.4.

2.2.4 Auto e mutue induttanze di fase

I valori di induttanza non sono presenti nei documenti tecnici forniti assie-me al motore ma, dal moassie-mento che essi inuenzano unicaassie-mente la dinamica dei transitori delle grandezze elettriche (e non i loro valori di regime), se tale dinamica risultasse essere molto più veloce della frequenza di transizio-ne delle grandezze stesse, potrebbe venir trascurata senza introdurre errori signicativi. Come si vedrà in seguito nel paragrafo 2.4.5, l'identicazione delle induttanze del motore in esame risulta essere dicoltosa ma, se si riu-scisse almeno a dimostrare che i valori di induttanza fossero talmente piccoli da non inuenzare signicativamente la dinamica delle grandezze elettriche, non sarebbe importante conoscerne il valore preciso: basterebbe determinare un loro limite superiore.

2.2.5 Costante di velocità

La costante di velocità kv rappresenta il coeciente di proporzionalità tra la FEM indotta e la velocità di rotazione del motore. Normalmente è espresso in rpm

(35)

la velocità di rotazione raggiunta dal motore a parità di tensione fornita ai suoi terminali (ma minore sarà la coppia motrice).

Il valore di kv per il motore in esame è fornito dai datasheet e si attesta a 280rpmV , come peraltro specicato anche dalla sigle dal motore; come si vedrà nel paragrafo 2.4.3, grazie ad esperimenti eettuati per altri scopi risulterà molto semplice fare un controllo della sua accuratezza.

2.2.6 Costante di coppia

La costante di coppia kt è la grandezza che lega in mondo elettrico al

mondo meccanico, in quanto esprime la proporzionalità esistente tra la cor-rente circolante nelle varie fasi del motore e la coppia resistente o motrice (a seconda dell'utilizzo) espressa dal motore. Le unità di misura sono, di

conseguenza, Nm

A .

Il suo valore teorico è facilmente ricavabile da un bilancio di potenze tra il mondo elettrico e meccanico, che risulta essere, trascurando le perdite parassite intermedie: Pm = Pe T ωm = V I T I = V ωm kt= 1 kv

A meno di fattori di conversione dovuti alle unità di misura, dunque, la costante di coppia è l'inverso della costante di velocità.

Data la delicatezza di questo parametro, da cui dipendono fortemente le performance meccaniche della sospensione, si è tentato di controllare che tale valore fosse rispettato con suciente precisione.

(36)

2.2.7 Inerzie ed attriti

Nonostante sia stata denita una procedura sperimentale atta all'identi-cazione dell'inerzia del rotore e degli attriti meccanici interni, essa non è mai stata messa in atto per due motivi. In primo luogo, il setup del ban-co prova non era già predisposto per la sua realizzazione: lo spostamento e la taratura dei sensori necessari sarebbe potuta essere dicoltosa e avrebbe potuto compromettere il funzionamento del banco; secondariamente, l'identi-cazione avrebbe riguardato unicamente il motore, quando poi l'intero blocco sospensione sarebbe stato composto da numerosi altri elementi (peraltro di peso e dimensioni superiori ad esso) per i quali non è presente alcun valore numerico circa le grandezze sotto esame, ma che verosimilmente avrebbero potuto rappresentare il contributo dominante.

Si consideri inoltre che l'intero movimento della sospensione è dovuto ad un manovellismo che nasce dal contatto tra la ruota posteriore e il terreno e passa attraverso la rotazione di numerose parti attorno ad altrettanti fulcri: la catena di contributi all'attrito e all'inerzia totale è molto lunga ed è facile che il termine dovuto al solo rotore sia assolutamente ininuente.

2.3 Descrizione del banco prova

Tutte le prove sperimentali eseguite in questo lavoro sono state fatte grazie all'ausilio di un banco prova messo a nostra disposizione dall'azienda E-Shock. Esso consiste in una piastra quadrata di acciaio di circa trenta centimetri di lato su cui sono montati coassialmente due motori, un azionamento e una serie di sensori.

Dei due motori, il primo è quello descritto nelle sezioni precedenti men-tre il secondo è il suo fratello minore, il Turnigy Aerodrive SK3 -

(37)

5045-500kv ([12]). Essi sono accoppiati tramite un giunto meccanico che vincola il movimento dei due assi rotorici.

L'azionamento è l'EPOS 4 Compact 50/15 CAN ([13]), specicatamen-te progettato per il controllo di motori in correnspecicatamen-te continua e sincroni DC brushless. Esso è direttamente collegato ai tre morsetti elettrici del secon-do motore, in mosecon-do che possa metterlo in rotazione; questa rotazione è poi trasferita, grazie al giunto meccanico, anche al motore sotto esame, i cui morsetti elettrici sono invece lasciati liberi anché possano essere eettuate, all'occorrenza, misure elettriche.

Data questa congurazione di base, nel prosieguo ci si riferirà al motore collegato all'azionamento con il termine motore forzante, mentre si identi-cherà il secondo motore, cioè quello sotto esame, con la locuzione motore forzato.

Il banco è inoltre fornito di una serie di sensori. Alcuni sono intrinse-camente presenti all'interno dell'azionamento, come ad esempio i sensori di corrente e di tensione; altri sono invece stati montati in un secondo momento e sono, nella fattispecie, un sensore ad eetto Hall ed un encoder rotativo. Essi sono entrambi montati sul motore forzante; il primo dei due è necessario al corretto funzionamento dell'azionamento, in quanto grazie ad esso è pos-sibile determinare la posizione esatta dei poli del rotore e, di conseguenza, commutare l'alimentazione tra le tre fasi. Il secondo, invece, è stato solo montato e cablato ma non è mai stato utilizzato durante questo lavoro.

(38)

2.4 Prove sperimentali per l'identicazione

2.4.1 Setup

L'azionamento è stato completamente gestito tramite il software EPOS Studio ([13]), fornito dalla stessa casa produttrice. Una volta settato per il funzionamento con l'azionamento e il motore ad esso accoppiati, permette di seguire dei riferimenti costanti di posizione, velocità o coppia; durante tutti gli esperimenti eseguiti, l'input è sempre stato un riferimento di velocità.

Le misure sono state eseguite sul motore forzato tramite un oscilloscopio da 50MHz di banda, provvisto di sonde con guadagno 1X e 10X. Questa combinazione consente una risoluzione nel tempo di gran lunga superiore rispetto alle frequenze in gioco in qualunque esperimento (dicilmente ver-ranno mai raggiunte frequenze dell'ordine del kilohertz), ed una risoluzione in tensione pari a 2 o 20mV rispettivamente, a seconda della sonda utilizzata. L'oscilloscopio è provvisto di un'uscita USB grazie alla quale è possibile salvare su chiavetta i segnali acquisiti con le sonde. In questo modo risulta molto semplice trasferire i dati su un calcolatore per una successiva analisi approfondita.

2.4.2 Angolo a tensione di fase costante

Come brevemente accennato nel paragrafo 2.2.2, l'assenza del terminale di neutro rende necessario studiare la relazione esistente tra la forma d'onda di una tensione concatenata e le due rispettive tensioni di fase. A tal ne, si prenda in considerazione l'immagine 2.1, dove l'asse delle ordinate è, in entrambe le sottogure, normalizzato alla massima tensione di fase.

Come si può notare dal confronto tra le due gure, in entrambe le forme d'onda esiste un angolo all'interno del quale la tensione è costante. Essi,

(39)

0 50 100 150 200 250 300 350

Electrical degrees (deg)

-2 -1 0 1 2 Normalized voltage Phase voltages A D B C Va Vb 0 50 100 150 200 250 300 350

Electrical degrees (deg)

-2 -1 0 1 2 Normalized voltage

Line to line voltages

A D

Vab

Figura 2.1: Relazione esistente tra una tensione concatenata e le due rispettive tensioni

di fase. Si noti che l'asse delle ascisse è espresso in gradi elettrici: ogni 360◦ viene sempre

compiuto un intero ciclo delle grandezze in esame.

però, non hanno la stessa ampiezza ed è importante poter convertire l'angolo

(D − A) della tensione concatenata, misurabile tramite l'oscilloscopio, nel

corrispondente angolo (B − A) della tensione di fase.

Per fare ciò, si denisca innanzitutto con αell'ampiezza dell'angolo (B − A), che rappresenta proprio l'angolo di interesse. 1

Di conseguenza, la zona di transizione tra due tratti a tensione di fase costante, come ad esempio il tratto della tensione VB compreso tra gli angoli

D e C, ha ampiezza transel= 360◦− 2αel 2 = 180 ◦− α el

Inoltre, data la simmetria del sistema trifase, ogni coppia di punti ana-loghi ma appartenenti a due fasi distinte ha uno sfasamento relativo di

1Il pedice el sta ad indicare che l'angolo a cui è susso è calcolato in gradi elettrici,

(40)

120 .

Da tutte queste considerazioni si ricava che il punto C corrisponde all'a-scissa

C = A + 120◦

mentre il punto D all'ascissa

D = C − transel = A + 120◦ − (180◦− αel) = A − 60◦ + αel

Se ora si passa ad osservare il secondo graco della gura in esame, si può notare che la tensione concatenata è costante tra gli angoli A e D, la cui ampiezza è quindi

βel = D − A = A − 60◦+ αel− A = αel− 60◦

Dato che β è proprio l'angolo misurabile tramite l'oscilloscopio, la pre-cedente relazione va invertita per α. Inoltre, sia la grandezza misurata che quella che si vuole ricavare vanno espresse in gradi meccanici: come si era vi-sto nella sezione 2.2.2, il fattore di conversione tra angoli elettrici e meccanici è np. Si ottiene, inne: αmech = αel np = 60 ◦+ β el np = 60 ◦ np + βmech (2.1)

Ci sono dei limiti di applicabilità di tale approccio, che è stato ricavato basandosi sulla sovrapposizione di due zone a tensione costante appartenenti a due tensioni di fase distinte. Se ciò non dovesse avvenire, a causa di un

angolo αel troppo piccolo, allora la 2.1 cesserebbe di essere valida. Ciò si

tradurrebbe, in termini graci, allo spostamento del punto D alla sinistra del punto A. La condizione matematica che ne deriva è, quindi, che

D > A → A − 60◦+ αel > A → αel > 60◦ → αmech > 60◦ np ≈ 8.57◦ (2.2)

(41)

0 50 100 150 200 250 300 350

Electrical degrees (deg)

-2 -1 0 1 2 Normalized voltage Phase voltages A B C D Va Vb 0 50 100 150 200 250 300 350

Electrical degrees (deg)

-2 -1 0 1 2 Normalized voltage

Line to line voltages

A D

Vab

Figura 2.2: Relazione esistente tra una tensione concatenata e le due rispettive tensioni di fase nel caso in cui l'angolo a tensione di fase costante sia al di sotto del limite imposto dall'equazione 2.2.

C'è però una problematica su cui porre attenzione: se questo vincolo non dovesse venir rispettato, non sarebbe così banale accorgersene. Guardando sempre la gura 2.1, ci si potrebbe aspettare che al calare dell'angolo αel la zona a tensione concatenata costante diminuisse in ampiezza no ad annul-larsi al raggiungimento del limite imposto dall'equazione 2.2. Tuttavia, ad un successivo decremento dell'angolo a tensione di fase costante, nasce una nuova zona a tensione concatenata costante (come mostrato dalla gura 2.2 dove, si noti, il punto D si trova alla sinistra del punto A), che nulla ha a che fare col precedente ma che potrebbe rendere dicoltosa la distinzione tra i due casi dalla sola analisi di una singola tensione concatenata.

Tuttavia, normalmente i motori di questo tipo sono costruiti in modo da

avere un angolo elettrico a tensione costante di almeno 120◦, valore che si

(42)

Ora che tutta la parte matematica è stata analizzata in dettaglio, è pos-sibile introdurre la procedura sperimentale che è stata adottata. Essa risulta essere molto semplice e consiste nello sfruttare l'azionamento e il motore for-zante del banco prova per far girare a velocità costante il motore forzato. I suoi morsetti sono lasciati in circuito aperto e, tramite l'oscilloscopio, sono state acquisite le forme d'onda di una delle tre tensioni concatenate. Il tutto è stato ripetuto per una moltitudine di velocità di rotazione, le quali hanno potuto spaziare in un intervallo piuttosto ampio proprio in virtù del fatto che i morsetti fossero lasciati aperti e, quindi:

• non ci fosse alcuna corrente circolante negli avvolgimenti del motore

forzato;

• la coppia resistente fornita dal motore forzato nei confronti di quello

forzante fosse minima (essa è infatti proporzionale alla corrente cir-colante), mantenendo quindi molto bassa anche la corrente circolante negli avvolgimenti del motore forzante.

I risultati delle acquisizioni sono visibili in gura 2.3, dove sono state messe a confronto le tensioni concatenate acquisite per quattro velocità. Sic-come l'oscilloscopio è in grado di salvare solo 4000 campioni alla volta, se la risoluzione temporale viene modicata tra un'acquisizione e la successiva l'in-tervallo di tempo acquisito varia di conseguenza. Nella fattispecie, siccome all'aumentare della velocità di rotazione il periodo della tensione concatena-ta diminuisce, risulconcatena-ta necessario aumenconcatena-tare la risoluzione temporale (ovvero diminuire il tempo che intercorre tra due campioni successivi) per continuare ad acquisire le forme d'onda con una suciente precisione. É per questo motivo che nel quarto graco l'onda si interrompe a circa la metà del tempo delle altre tre.

(43)

0 0.05 0.1 0.15 0.2 -0.4 -0.2 0 0.2 0.4 voltage (V) Line voltage @70rpm Raw data Filtered Zero cross 0 0.05 0.1 0.15 0.2 -0.6 -0.4 -0.2 0 0.2 0.4 0.6 Line voltage @150rpm Raw data Filtered Zero cross 0 0.05 0.1 0.15 0.2 time (s) -1.5 -1 -0.5 0 0.5 1 1.5 voltage (V) Line voltage @300rpm Raw data Filtered Zero cross 0 0.05 0.1 0.15 0.2 time (s) -4 -2 0 2 4 Line voltage @1000rpm Raw data Filtered Zero cross

Figura 2.3: Confronto tra le intere forme d'onda acquisite, a diverse velocità, per l'identi-cazione dell'angolo a tensione di fase costante. In blu i dati grezzi, in rosso i dati ltrati con un ltro passa basso. Le croci identicano le intersezioni con l'asse temporale.

Come ci si può facilmente aspettare, all'aumentare della velocità il periodo dell'onda diminuisce mentre l'ampiezza aumenta (essa è infatti proporzionale alla velocità secondo un fattore dipendente da kv).2

Una seconda osservazione, inerente allo scopo per cui questo test è stato eettuato, è che mentre per basse velocità il comportamento trapezoidale è evidente, esso tende a scomparire man mano che la velocità aumenta; come si vedrà nel paragrafo 2.4.3, tuttavia, il valore di regime viene sempre e comunque raggiunto.

Al ne di ricavare l'angolo a tensione costante, è utile mettere a confronto, per ogni velocità, un singolo periodo della tensione concatenata. In gura 2.4 essa viene anche normalizzata a uno, in modo da rendere più chiaro il

2Il coeciente di proporzionalità non è propriamente k

vin quanto esso lega la tensione

(44)

0 50 100 150 200 250 300 350

electrical degrees (deg)

-1 -0.5 0 0.5 1

normalized line voltage

70rpm 1200rpm Constant voltage approximation

Figura 2.4: Confronto tra un singolo periodo delle tensioni concatenate acquisite, a diverse velocità, per l'identicazione dell'angolo a tensione di fase costante. Dal blu al rosso la ve-locità varia da un minimo di 70rpm ad un massimo di 1200rpm. In nero l'approssimazione del tratto a tensione costante.

paragone.

Grazie a quest'immagine è possibile notare che nonostante il tratto a tensione costante risulti sempre meno evidente, portando a pensare che l'on-da possa avere forma sinusoil'on-dale anziché trapezoil'on-dale, il tratto obliquo di transizione continua invece ad essere ben approssimabile ad una retta.

Calcolando l'angolo sotteso dalle intersezioni di ogni onda con la retta tratteggiata, che rappresenta l'approssimazione del tratto a tensione costante, ed applicando la conversione data dall'equazione 2.1, si ottiene nalmente il valore dell'angolo a tensione di fase costante, il cui valore medio, come mostrato in gura 2.5, è di αmech= αel np ≈ 149 ◦ 7 ≈ 21.3 ◦

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0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 test number 0 5 10 15 20 25

mechanical degrees (deg)

Motor's mechanical angle at constant phase voltage

Figura 2.5: Valori ottenuti dalle varie prove per l'angolo meccanico a tensione costante e loro valore medio.

2.4.3 Costante di velocità

Il valore kv della costante di velocità è fornito dai datasheet e fa anche parte della sigla del motore stesso. Ci si aspetterebbe quindi un'accuratezza tale da non metterne in dubbio il valore. Tuttavia, grazie alla serie di test eettuati nel paragrafo 2.4.2 è possibile eseguire un rapido controllo.

Dalla gura 2.1 si può notare che, date due tensioni di fase che rispettano il vincolo dato dall'equazione 2.2, la corrispondente tensione concatenata ha ampiezza doppia.

Ne consegue che, nell'ipotesi che a qualunque velocità testata la tensione

raggiunga il valore di regime, kv sia ottenibile semplicemente dividendo la

velocità di rotazione del motore per la metà dell'ampiezza della tensione concatenata misurata: kv = ωrpm Vph,max = Vline,maxωrpm 2

Il fatto che l'ipotesi appena citata sia eettivamente rispettata (si ricordi infatti, dal paragrafo 2.4.2, che all'aumentare della velocità di rotazione le forme d'onda tendono ad essere sempre più smussate a causa dell'inusso

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0 200 400 600 800 1000 1200 motor speed (rpm) 0 100 200 300 400 500 600 Kv (rpm/V)

Figura 2.6: Valori ottenuti dalle varie prove per la costante di velocità kv e loro valore

medio.

dell'induttanza di fase) è facilmente vericabile proprio dal valore di kv che si otterrà per le velocità più elevate: se esso dovesse tendere ad aumentare signicherebbe che la tensione non stia riuscendo a raggiungere il valore di regime.

Il risultato di questo calcolo è visualizzabile nella gura 2.6, dove si nota

che, eettivamente, il valore di kv risulta rimanere assolutamente costante

anche oltre i 1000rpm.

Sembra però che il valore ottenuto, seppur costante, sia completamente errato: il datasheet riporta infatti

kv,teor = 280 rpm

V mentre il valore medio ottenuto dai test è

kv,sper = 550 rpm

V

La soluzione di questo problema sta nel fatto che la costante di velocità fornita dall'azienda costruttrice sia riferita alla tensione concatenata, scelta probabilmente motivata dal fatto che le tensioni di fase non sono accessibili

(47)

data l'assenza del morsetto di neutro. Il valore trovato dai test, invece, è la costante di velocità riferita alla tensione di fase, che risulta essere giusta-mente doppia rispetto a quella fornita dalle speciche. I motivi per cui si è interessati ad utilizzare il valore di kv riferito alla tensione di fase sono due: • da un punto di vista della teoria del motori elettrici, il valore di kv è

denito proprio sulla tensione di fase;

• il modello che verrà costruito nel capitolo 4 farà uso di un blocco motore preesistente che necessita del valore di kv ricavato in questo modo. Nonostante i calcoli eettuati abbiano confermato il valore teorico, il test ha comunque avuto la sua utilità nel chiarire questa dierenza nella convenzione adottata.

2.4.4 Resistenza di fase

La resistenza di fase è un altro dei parametri forniti dai datasheet del motore. Anche in questo caso, tuttavia, gli esperimenti da eseguire per un suo controllo sono piuttosto semplici e vale la pena quindi spendere del tempo in tal senso.

La resistenza in questione può essere facilmente determinata facendo gi-rare il motore a velocità costante ed eseguendo il rapporto tra la tensione concatenata misurata tra due morsetti del motore lasciati in circuito aperto e la corrente che vi circola quando gli stessi morsetti sono messi in corto circuito. Esiste inoltre un fattore due dovuto al fatto che la tensione coin-volta sia quella concatenata, la cui ampiezza, come già visto in precedenza, è doppia rispetto a quella di fase.

Rph= Vph Iph = 1 2 Vline Iph

(48)

Sebbene possa sembrare che, almeno per quanto riguarda le tensioni, possano essere sfruttati gli stessi dati acquisiti nei test precedenti, in real-tà bisogna eseguirne di nuovi. Il motivo risiede nel fatto che, per le stesse velocità di rotazione per le quali si misura la tensione in circuito aperto, biso-gna anche misurare la corrente di corto circuito, che risulta essere piuttosto elevata anche per basse velocità di rotazione.

Con delle semplici prove è facile rendersi conto che già a 100rpm la cor-rente circolante nelle fasi si avvicina ai 30A, che è un valore piuttosto elevato che è bene non superare per lunghi periodi di tempo. Tra le prove eseguite in precedenza, però, quelle eettuate a velocità inferiori ai 100rpm sono state solo tre, un valore troppo basso su cui poter basare l'identicazione della resistenza di fase. Sono state dunque eseguite otto nuove prove per tutte le velocità multiple di 10rpm nell'intervallo ω ∈ [30, 100]rpm.

Per quanto riguarda la tensione, la procedura è stata la stessa adottata nei test descritti nel paragrafo 2.4.2; la corrente, invece, è stata acquisita indirettamente misurando la caduta di tensione ai capi di una resistenza di shunt da 1mΩ posta in serie ad uno dei due morsetti chiusi in corto circui-to. Una volta acquisita la caduta ai suoi capi, dividendola per il valore di resistenza si è potuta ottenere la forma d'onda della corrente.

In gura 2.7 è mostrata la sovrapposizione tra le forme d'onda normaliz-zate della tensione di fase (in rosso) e della corrente (in blu) per una delle otto velocità analizzate. Inoltre, è presente il rapporto tra i due segnali non normalizzati (in arancio), ovvero il valore istantaneo della resistenza, e il suo valore medio (in nero tratteggiato).

Alcune considerazioni sul metodo utilizzato per l'elaborazione dei dati acquisiti meritano di essere fatte:

(49)

0 0.05 0.1 0.15 0.2 0.25 0.3 0.35 time (s) -1 -0.5 0 0.5 1

normalized voltage & current

Phase resistance Voltage Current 0 0.05 0.1 0.15 0.2 0.25 0.3 0.35 time (s) 0 5 10 15 20 Resistance Resistance mean

Figura 2.7: Confronto tra le forme d'onda normalizzate di tensione di circuito aperto e corrente di corto circuito acquisite per l'identicazione della resistenza di fase. In arancio è visibile il rapporto tra le due, ovvero il valore istantaneo della resistenza di fase, mentre in nero il suo valore medio.

valori di picco di tensione e corrente, ma come rapporto delle intere forme d'onda. Questo assicura un notevole miglioramento della preci-sione del valore ottenuto, che si basa quindi non solo su una manciata di valori (uno per ogni istante in cui tensione e corrente raggiungono un picco o un ventre) ma su diverse migliaia. Anche durante i fronti di salita e discesa, infatti, il rapporto tra le due onde dovrebbe essere idealmente costante.

• nella parte iniziale dei graci di tensione e corrente è possibile notare un comportamento anomalo. Esso è la conseguenza di un'elaborazione svolta a posteriori (non è quindi un problema di acquisizione), ed è dovuto al fatto che i segnali di tensione e corrente sono stati misurati, per forza di cose, in istanti temporali distinti: si ricordi infatti che la

(50)

prima è una misura a circuito aperto mentre la seconda in corto circuito. Per poter fare il rapporto tra le due intere forme d'onda come spiegato al punto precedente, si è rivelato necessario sincronizzare i due segnali; una volta trovato il lasso temporale del quale traslare l'uno o l'altro segnale, è stato eseguito uno shift circolare che ne ha perturbato la parte iniziale. Tale parte è stata poi esclusa dal calcolo della resistenza: si noti infatti, sempre in gura 2.7, che le linee arancione e nera iniziano solo una volta che gli altri due segnali sono ben sincronizzati;

• il valore istantaneo della resistenza, in arancio, sore di forti picchi

presenti con periodicità. Essi compaiono in concomitanza con ogni attraversamento dello zero delle altre due onde di cui lei è glia: no-nostante la procedura di sincronizzazione, infatti, permangono piccoli sfasamenti che, quando il valore di corrente si avvicina a zero, fanno schizzare verso innito il rapporto calcolato per l'ottenimento della re-sistenza. Tutte queste regioni dal comportamento anomalo sono state escluse dal calcolo del valore medio.

Prendendo ora il valore medio della resistenza di fase calcolato per ogni velocità, e calcolandone ancora una volta il valore medio, si ottiene un valore molto diverso dalla resistenza di fase fornita dai datasheet, come testimonia l'immagine 2.8.

Rph,teor= 31mΩ

Rph,sper = 7.8mΩ

(2.3) Purtroppo in questo caso non è possibile giusticare la discrepanza sulla base di ragionamenti analoghi a quelli fatti per la costante di velocità: an-che se l'azienda produttrice del motore avesse fornito il valore di resistenza concatenata, ovvero quella misurabile semplicemente tra due morsetti del

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30 40 50 60 70 80 90 100 motor speed (rpm) 0 2 4 6 8 10

motor phases' resistance

Figura 2.8: Valori medi della resistenza di fase ottenuti per varie velocità di rotazione del motore (croci rosse), e valore medio complessivo (in nero).

motore, il rapporto tra il valore teorico e quello sperimentale dovrebbe essere circa pari a due, mentre dai risultati appena presentati si riscontra un fattore pari a quattro.

Ci sono due motivi per cui darsi dei risultati di questi esperimenti anziché del valore teorico: in primo luogo, i valori ottenuti per ogni velocità (le croci rosse della gura 2.8) hanno una varianza molto limitata (la retta che li approssima è sempre molto vicina ad ognuno di essi), a testimonianza della precisione con cui i test sono stati eseguiti; secondariamente, i risultati delle simulazioni di cui si discuterà nel capitolo 4 confermeranno quanto ottenuto in questi test.

2.4.5 Auto e mutue induttanze

Se fosse accessibile il morsetto del neutro, sarebbe possibile identicare un set di misurazioni per la determinazione delle auto e mutue induttanze. Purtroppo, però, con i soli tre morsetti delle fasi è impossibile trovare un insieme di test da eettuare per misurare separatamente i due valori.

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Tuttavia ciò non è strettamente necessario al ne della modellazione del motore, che è lo scopo ultimo di questa identicazione di parametri: tramite la trasformata di Park è possibile passare dalla rappresentazione classica in cui è necessario conoscere la coppia di valori Ls ed Ms, ovvero l'auto e mutua induttanza, alla rappresentazione fasoriale dove invece è necessario conoscere la coppia di valori Ld ed Lq, che sono rispettivamente l'induttanza diretta e in quadratura: Ld= Ls+ Ms+ 3 2Lm Lq = Ls+ Ms− 3 2Lm

dove Lm rappresenta l'ampiezza della uttuazione dell'auto e mutua

indut-tanza dovuta alla posizione del rotore. In particolare, dato che la macchina che si sta studiando è isotropa, tale uttuazione è inesistente (o comunque molto contenuta) e ne consegue che i due valori di induttanza appena descritti siano uguali.

Grazie alla rappresentazione fasoriale data dalla trasformata di Park, quindi, non è più necessario tentare di identicare i due valori di auto e mutua induttanza separatamente: identicando la loro somma, che è proprio quello che si riesce facilmente a fare grazie a delle semplici misure su due dei tre morsetti del motore, si ottengono proprio i due valori di induttanza diretta e in quadratura.

I test che sono stati svolti hanno avuto la necessità di introdurre della strumentazione che n'ora non era mai stata usata; in particolare, si è reso necessario applicare delle tensioni dal lato del motore forzato mantenendo il rotore bloccato (in modo da eliminare dal circuito elettrico la componente di forza elettromotrice indotta), e di misurare il corrispondente transitorio di corrente. Ciò è stato possibile grazie all'impiego di un driver che permette,

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Figura 2.9: Circuito equivalente per la determinazione delle induttanze diretta e in quadratura. Siccome il rotore è mantenuto bloccato, non sono presenti i generatori di FEM.

tra le varie funzionalità, di applicare delle tensioni e di leggere con un'ottima precisione le correnti erogate.

L'idea alla base degli esperimenti eseguiti grazie all'utilizzo di questa ap-parecchiatura è stata quella di approssimare i transitori di corrente, dovuti all'applicazione di uno scalino di tensione, con una funzione di trasferimento del prim'ordine. La topologia del circuito in esame è quella visualizzata in gura 2.9, dove la combinazione di auto e mutue induttanze è stata sostituita con l'induttanza diretta Ld. Si noti che la schematizzazione di questo circuito è valida solo in combinazione col modo in cui viene alimentato: è possibi-le introdurre l'induttanza diretta al posto dell'auto e mutua induttanza solo perché la corrente circolante nelle due fasi considerate è la stessa e nella terza è nulla. Scrivendo l'equazione di Kirchho alle maglie si ottiene:

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Passando ora al dominio delle trasformate di Laplace si ha: Vstep = 2(Rph+ Lds)I → → I = 1 2 Rph+ Lds Vstep = 1 2Rph 1 + RphLd sVstep = 1 2Rph 1 + τ sVstep, τ = Ld Rph (2.5)

dove è stata messa in evidenza la costante di tempo τ. Si noti che dalla conoscenza di una singola funzione di trasferimento è possibile ricavare sia la resistenza di fase (grazie al numeratore) che l'induttanza (grazie alla costante di tempo). Per quanto riguarda la resistenza di fase, dunque, si possono usare questi risultati per un controllo incrociato del valore ottenuto tramite i test descritti nel paragrafo 2.4.4.

Eseguendo una moltitudine di acquisizioni sono state ottenute altrettan-te funzioni di trasferimento che approssimassero gli andamenti della cor-rente; l'elaborazione eseguita è stata piuttosto articolata ed ha portato ad ottimi risultati, come testimonia l'aderenza delle funzioni di tting ai dati sperimentali mostrata nell'immagine 2.10. La funzione media risulta essere:

G(s) ≈ 6.91

1 + 10−3s

Se ora si sfrutta l'equazione 2.5 per ottenere i valori di resistenza e induttanza, si ha: 1 2Rph = 6.91 → Rph= 72mΩ τ = Ld Rph = 10−3 → Ld= 72µH (2.6) Risulta evidente che il valore di resistenza sia un ordine di grandezza più grande di quello identicato nel paragrafo a lei dedicato. Nel tentativo

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0 2 4 6 8 10 12 -0.2 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1

normalized current & voltage

Current data Voltage data data fitting mean data fitting

0 2 4 6 8 10 12 -0.2 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 Current data Voltage data data fitting mean data fitting

0 2 4 6 8 10 12 time (ms) -0.2 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1

normalized current & voltage

Current data Voltage data data fitting mean data fitting

0 2 4 6 8 10 12 time (ms) -0.2 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 Current data Voltage data data fitting mean data fitting

Figura 2.10: Data tting con funzione di trasferimento del prim'ordine per l'identicazione

dell'induttanza diretta Ld del motore. Le croci identicano i dati sperimentali, la linea

magenta il tting dei dati di quello specico esperimento, la linea tratteggiata il tting dato dalla funzione di trasferimento media tra tutte le prove.

di spiegare il perché di questo risultato anomalo ci si è resi conto che la frequenza di taglio della funzione di trasferimento,

fc= ωc

2π =

1

2πτ ≈ 160Hz

sia molto simile a quella del ltro anti-aliasing della strumentazione di misura. Questo fatto suggerisce che tale strumentazione non fosse ininuente al comportamento del circuito, ma che ne stabilisse, al contrario, persino la dinamica più lenta. La resistenza e l'induttanza introdotte dal setup di mi-surazione rappresentano il contributo maggiore all'interno dell'intero circuito, rendendo impossibile la determinazione dell'induttanza intrinseca del motore. Questo fatto, unito alla consapevolezza, già discussa nel paragrafo 2.4.3, che alle velocità di rotazione di interesse le grandezze elettriche raggiungono sempre il valore di regime, ha fatto sì che si sia potuto considerare

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trascura-bile il valore dell'induttanza del motore, avendo cura poi, nella costruzione del modello per la simulazione, di inserire un valore sucientemente picco-lo (almeno di un ordine di grandezza inferiore rispetto a quelpicco-lo identicato grazie a questi test).

2.4.6 Costante di coppia

Lo studio descritto in questo paragrafo ha come obiettivo la conferma o la smentita del valore della costante di coppia teorica del motore. Come si era detto infatti nel paragrafo 2.2.6, il valore teorico è, a meno di fattori di conversione delle unità di misura, l'inverso della costante di velocità kv. Il

fattore di conversione menzionato è determinato in modo che la kv venga

espressa in unità del sistema internazionale, ovvero in rad

sV. Essa, invece,

attualmente viene espressa in rpm

V , e quindi va moltiplicata per il fattore di

conversione da rpm a rad s 1rad s = 2π 60rpm

Di conseguenza, i valori teorici della costante di coppia dei due motori sono: • Motore forzante: kt= 1 kv,SI = 1 60kv = 19.1 · 10−3Nm A • Motore forzato: kt= 1 kv,SI = 1 60kv = 34.1 · 10−3Nm A

L'idea alla base dell'identicazione sperimentale della costante di coppia

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corrente necessaria a farlo continuare a ruotare a velocità costante. Il rap-porto tra la coppia applicata e la corrente misurata fornisce il valore della costante di coppia.

Se si conoscesse il valore kt0 della costante di coppia del motore forzante del banco prova, l'identicazione sarebbe semplice in quanto basterebbe far girare il motore forzato e misurare sia la sua corrente che quella de motore forzante. Di conseguenza, uguagliando le due coppie (motrice da un lato (Tm) e resistente dall'altro (Tr)): Tm = Tr kt0I0 = ktI kt= kt0 I0 I (2.7)

Di fatto, però, così come non si conosce la costante di coppia del motore forzato, allo stesso modo non si conosce quella del motore forzante. La coppia motrice quindi non è nota, e bisogna intraprendere un'altra via.

Essa potrebbe essere quella di generare una coppia nota, di origine mec-canica anziché elettrica, grazie ad una forza applicata all'estremità di un braccio, in grado di opporsi al moto del motore. Il problema nel fare ciò è che il motore sotto esame dovrebbe essere messo in rotazione senza l'ausilio di quello forzante: occorrerebbe quindi ri-allestire il banco prova spostando l'azionamento e parte dei sensori sull'altro lato. Prima di compiere un'azio-ne delicata come questa, si è tentato di identicare la costante di coppia del motore forzante, in quanto il banco prova è già allestito per un'attività di questo tipo; siccome i due motori sono parenti molto stretti, se la costante di coppia sperimentale dell'uno risultasse essere molto vicina al suo valore teorico, si potrebbe concludere che anche il corrispondente valore dell'altro motore possa essere altrettanto preciso, evitando così di apportare modiche pesanti al banco prova: si prenderebbe per buono il valore teorico.

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L'unico intervento da eettuare è quello di scollegare sicamente gli assi dei due motori, azione semplice da compiere in quanto è suciente allenta-re le viti del giunto meccanico ed allontanaallenta-re il motoallenta-re forzato. Il giunto, però, viene lasciato saldamente collegato al motore forzante, in quanto la sua sezione circolare risulta essere molto utile per l'applicazione della coppia esterna. Infatti, essa viene generata grazie all'ausilio di una lenza legata ad un'estremità proprio al giunto meccanico; all'altra terminazione, invece, è stata legata una massa di un chilogrammo.

Sfruttando un foro presente sulla piastra del banco prova, posizionato proprio sulla verticale di un'estremità del giunto, è possibile far penzolare la massa al di sotto del banco prova, il quale, per la riuscita dell'esperimento, non viene appoggiato su un tavolo ma su dei supporti che ne lascino libera la parte inferiore.

Il motivo di questo allestimento è che, una volta che il motore viene messo in rotazione, la coppia resistente generata dalla massa penzolante rimane sempre la stessa, in quanto la lenza si avvolge sul giunto meccanico facendo in modo che la massa resti sempre sulla sua verticale e sempre alla stessa distanza dall'asse di rotazione. Il braccio della forza, quindi, è proprio il raggio del giunto meccanico che, come detto in precedenza, ha una sezione circolare e fa quindi in modo che il braccio resti costante anche se il motore ruota.

La lunghezza della lenza determina il numero di giri massimo che può eettuare il motore prima che la massa, salendo, vada a sbattere contro la piastra del banco prova. La velocità di rotazione del motore, inoltre, inuisce sul tempo a disposizione per eseguire ogni prova del test, in quanto più velocemente esso ruota, meno tempo impiegherà la massa a percorrere lo spazio a sua disposizione.

Figura

Figura 1.4: Mappa forza smorzante - velocità di stroke dell'ammortizzatore elettromecca- elettromecca-nico
Figura 2.3: Confronto tra le intere forme d'onda acquisite, a diverse velocità, per l'identi-
Figura 2.5: Valori ottenuti dalle varie prove per l'angolo meccanico a tensione costante e loro valore medio.
Figura 2.6: Valori ottenuti dalle varie prove per la costante di velocità k v e loro valore medio.
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