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PREVENZIONE PER OBESITÀ E DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE: ELABORAZIONE DI UN PROGETTO DI EDUCAZIONE ALIMENTARE PER LA SCUOLA PRIMARIA

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in

Scienze della Nutrizione Umana

TESI DI LAUREA

PREVENZIONE PER OBESITÀ E DISTURBI DEL

COMPORTAMENTO ALIMENTARE: ELABORAZIONE DI

UN PROGETTO DI EDUCAZIONE ALIMENTARE

PER LA SCUOLA PRIMARIA

Relatore

Prof. Dr. Giovanni GRAVINA

Candidata

Dr.ssa Martina FRANCESCONI

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SOMMARIO I

INTRODUZIONE II

IL SOVRAPPESO E L’OBESITÀ INFANTILE 1

1.1EPIDEMIOLOGIA 1

1.1.1 La situazione a livello mondiale 1

1.1.2 La situazione italiana: le rilevazioni di “OKkio alla Salute” 3

1.1.3 La situazione a livello regionale 6

1.1.4 Le abitudini alimentari e l’attività fisica dei bambini toscani 9

1.2EZIOPATOGENESI: AMBIENTE OBESOGENICO ED ALTRE CAUSE 17

1.2.1 Le forme di obesità 21

1.3LE CONSEGUENZE DELL’OBESITÀ 23

RELAZIONE TRA OBESITÀ E DCA 26

2.1COSA SONO I DCA 26

2.2CLASSIFICAZIONE: IL DSM-5 28

2.3LE FORME PIÙ FREQUENTI DI DCA 29

2.3.1 Anoressia 29

2.3.2 Bulimia 30

2.3.3 BED 32

PREVENZIONE: UNA SFIDA POSSIBILE 33

3.1FATTORI PREDISPONENTI 33

3.2LA PREVENZIONE E LE SUE FORME 35

3.3INTERVENTI DI PREVENZIONE 37

3.4UNA PREVENZIONE EFFICACE 39

IL PROGETTO: “IMPARIAMO INSIEME A MANGIARE” 43

4.1IL TEMA DELLA CORRETTA ALIMENTAZIONE 43

4.2IDENTIFICAZIONE DEI DESTINATARI 44

4.3FINALITÀ EDUCATIVA E OBIETTIVI DEL PROGETTO 45

4.4SELEZIONE DEI CONTENUTI E METODI 46

4.5PROGRAMMA DEGLI INCONTRI 48

4.6DEFINIZIONE DELLE RISORSE NECESSARIE E DEI VINCOLI 51

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ALLEGATI 68

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i La tesi descrive un’esperienza di prevenzione dell’Obesità e dei Disturbi Alimentari, nata dalla collaborazione tra il Dipartimento di Farmacia e l’Istituto scolastico, Scuola Elementare F. Gasparini Musicista del comune di Camaiore provincia di Lucca.

L’obiettivo del lavoro consiste nell’elaborazione e nella realizzazione di un progetto di educazione alimentare efficace, per sensibilizzare rispetto al problema dell’eccesso ponderale infantile, fornire corrette informazioni sul valore nutrizionale degli alimenti e sulla corretta ripartizione degli apporti energetici nell’arco della giornata, e per fornire delle linee guida per un’alimentazione sana, varia ed equilibrata.

La tesi, a partire dall’epidemiologia e dall’eziopatogenesi della obesità e dal ruolo dell’eccesso ponderale come fattore di rischio per l’insorgenza di patologie in età evolutiva ed in età adulta, analizza il ruolo della prevenzione, anche attraverso lo studio delle misure di intervento che sono già state messe in atto come azioni.

Il progetto viene sviluppato seguendo un piano di intervento a più livelli che, tramite lezioni frontali didattiche, coinvolge sia i bambini che gli adulti di riferimento, genitori ed insegnanti. Inoltre, per coinvolgere maggiormente gli alunni della scuola al programma di educazione alimentare sono stati realizzati dei laboratori sensoriali. Questi laboratori hanno permesso ai bambini di approcciarsi al tema dell’alimentazione come risposta al fabbisogno energetico, ma anche per i suoi significati edonici ed emotivi attraverso l’utilizzo dei sensi (vista, tatto, olfatto e gusto).

Per verificare l’efficacia dell’intervento sono stati somministrati agli alunni dei questionari validati che indagavano abitudini alimentari, attività fisica svolta e comportamenti sedentari (TV e videogiochi).

La partecipazione al progetto è risultata molto favorevole da parte sia della scuola che dei ragazzi, e il lavoro svolto può rappresentare un punto di partenza per la realizzazione di un piano di intervento di prevenzione più ampio, coinvolgendo le famiglie quali primo esempio per i bambini per seguire un corretto stile di vita basato su una sana alimentazione e una regolare attività fisica.

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ii

Introduzione

Sempre più merendine, fast-food e bibite giganti, sempre più ore seduti davanti ad uno schermo o al volante di un’automobile, tutti sintomi di un mondo che si sta ammalando di una gravissima malattia: l’obesità.

Una vera e propria epidemia della modernità, come è stata definita da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha coniato il neologismo “globesità” per sottolinearne l’importanza a livello di tutti i Paesi del mondo.

Negli ultimi 50 anni, il progresso tecnologico che si è avuto in molti Paesi, ha comportato il miglioramento delle condizioni di vita e l'aumento dello stato di benessere, la sovrabbondanza di cibo però associata ad uno stile di vita sedentario ha posto le basi per l’instaurarsi di un ambiente obesogenico.

Se in passato una condizione di sovrappeso/obesità, per quanto poco diffusa, era ritenuta indice di uno stato di benessere sia fisico che economico, oggi per le mutate condizioni socio-economiche, obesità e sovrappeso sono riconosciuti come veri e propri problemi di sanità pubblica, e considerati tra le principali cause di morte del XXI secolo.

Il numero di soggetti colpiti è in preoccupate aumento, soprattutto per quanto riguarda le fasce giovanili della popolazione, per l’obesità infantile negli ultimi due decenni si è avuto un incremento della prevalenza pari al 60%. Sempre più numerosi sono i casi di bambini che in età pediatrica presentano una condizione di eccesso ponderale, che porta con sé complicanze sia di tipo medico, che di tipo psicologico a cui può seguire l’insorgenza in età evolutiva di veri e propri Disturbi Alimentari: anoressia, bulimia e disturbo da alimentazione incontrollata le forme più rappresentate.

L’importanza e l’urgenza del tema spingono ad indagare le cause del fenomeno, nonché le conseguenze e le eventuali misure di intervento che possono essere realizzate ed attuate per arginare il fenomeno.

Nel corso degli ultimi anni si sono moltiplicate le iniziative, le proposte di attività e i progetti di educazione alimentare rivolti alle scuole, riconosciute come ambiente d’elezione in cui sollecitare studenti, docenti e famiglie alla consapevolezza del problema dell’obesità, e diffondere corrette informazioni e stili di vita.

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iii Alla base di ogni intervento la promozione di una corretta alimentazione, che insieme alla pratica quotidiana dell'attività fisica, rappresenta uno dei fattori fondamentali per il mantenimento di un buono stato di salute. Una dieta varia ed equilibrata, infatti, è alla base del buon funzionamento dell'organismo e risulta determinante per un sano sviluppo fisico e mentale. Al contrario, un’alimentazione scorretta rappresenta un fattore di rischio modificabile responsabile dell’insorgenza delle principali malattie croniche (diabete e patologie cardiovascolari).

Nella presente tesi ho voluto prendere in considerazione alcuni fattori che influiscono sulla genesi, sullo sviluppo e sul mantenimento della condizione di obesità in età evolutiva e sulle conseguenze ad essa legate.

La trattazione si può considerare suddivisa in due parti: una iniziale di carattere più generale di approfondimento dei temi esposti, ed una seconda parte relativa alla presentazione del progetto di educazione alimentare elaborato, nonché alla descrizione della sua realizzazione e alla valutazione dei risultati.

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Capitolo 1

Il Sovrappeso e l’Obesità Infantile

1.1 Epidemiologia

Per l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) l’obesità rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica a livello mondiale. Siamo infatti di fronte a una vera e propria epidemia globale, che si sta diffondendo in molti Paesi (EpiCentro a cura di CNaPPS, 2017).

Dai dati emerge che il numero di persone obese nel mondo è raddoppiato a partire dal 1980, questa condizione negli anni è andata aumentando anche nella fascia più giovane della popolazione. Sono 1,8 miliardi le persone in sovrappeso e 600 milioni quelle obese che in totale rappresentano circa 1/3 dell’intera popolazione mondiale costituita da 7,5 miliardi di persone. Il peso corporeo in eccesso rappresenta una delle sfide di sanità pubblica più serie di questo secolo (Ministero della Salute, 2014).

1.1.1 La situazione a livello mondiale

La prevalenza dell’obesità infantile e adolescenziale sta crescendo in tutto il mondo con dati preoccupanti, in occasione del secondo World Obesity Day, Nazioni Unite e FAO (organizzazione dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura) hanno diffuso gli ultimi dati disponibili: secondo uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità il numero di bambini e adolescenti obesi tra i 5 e 19 anni è aumentato di 10 volte negli ultimi 40 anni.

A livello globale, il numero di bambini obesi o in sovrappeso, con meno di 5 anni di età, è passato da 31 milioni nel 1990 a 41 milioni nel 2014, con un aumento della prevalenza dal 4,8% al 6,1%. Di questi, quasi la metà vive in Asia. Anche in Africa, il numero di bambini in sovrappeso o obesità è quasi raddoppiato dai 5,4 milioni del 1990 ai 10,6 milioni nel 2014 (WHO, World Health Organization, 2016).

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2 Obesità e sovrappeso, che fino a poco tempo fa erano considerati problemi dei soli Paesi ricchi, sono in aumento anche nei Paesi a basso e medio reddito in particolare Asia ma anche Medio Oriente e in Nord Africa (Figura 1) (Imperial College di Londra & Organizzazione mondiale della sanità (Oms), 2017).

Figura 1: Obesity prevalence in girls (A); Obesity prevalence in boys (B) (Imperial College di Londra & Organizzazione mondiale della sanità (Oms), 2017).

I bambini e gli adolescenti sono rapidamente passati da sottopeso a sovrappeso nei Paesi in via di sviluppo, tuttavia non bisogna ignorare che soprattutto nei Paesi più poveri del mondo permane ancora un elevato numero di ragazzi che presentano una condizione di moderato o grave sottopeso (Figura2). Ciò riflette paradossalmente la duplice minaccia della malnutrizione, con giovani sottopeso e in sovrappeso nelle stesse comunità (EpiCentro a cura di CNaPPS, 2017).

Si tratta di persone che vivono una condizione disagiata dal punto di vista della qualità della vita, e a rischio di patologie croniche con alta probabilità di riduzione delle aspettative di vita (Barilla Center for Food & Nutrition (BCFN), 2012).

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Figura 2: Moderate and severe underweight prevalence in girls (C); Moderate and severe underweight prevalence in boys (D) (Imperial College di Londra & Organizzazione mondiale della sanità (Oms), 2017).

1.1.2 La situazione italiana: le rilevazioni di “OKkio alla

Salute”

“OKkio alla SALUTE” è un sistema di sorveglianza nazionale nato nel 2007, promosso e finanziato nel nostro Paese dal Ministero della Salute/CCM, coordinato dal Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute (CNESPS) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e condotto in collaborazione con tutte le Regioni italiane e il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca MIUR.

Questo sistema ha una periodicità di raccolta dati biennale e viene utilizzato con l’obiettivo di descrivere la variabilità geografica e l’evoluzione nel tempo dello stato ponderale nei bambini delle scuole primarie (6-10 anni) e i fattori di rischio correlati.

OKkio alla Salute attraverso l’utilizzo di metodologie e strumenti standardizzati (questionari e misurazioni dirette), ha permesso di raccogliere numerose informazioni relative ad abitudini alimentari, livelli di attività fisica e sedentarietà di un campione di bambini, partecipanti alla rilevazione (EpiCentro a cura di CNaPPS, 2017).

A livello nazionale nell’ultima raccolta dati del 2016 hanno partecipato 2.604 classi, 45.902 bambini e 48.464 genitori, distribuiti in tutte le regioni italiane.

Dall’indagine emerge che: i bambini in sovrappeso sono il 21,3% [IC95% 20,8-21,8] e i bambini obesi sono il 9,3% [IC95% 8,9-9,6], compresi i bambini gravemente

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4 obesi che da soli sono il 2,1% [IC95% 1,9-2,3] (Ministero della Salute/Centro per la prevenzione ed il Controllo delle Malattie, 2016).

L’Italia è tra i Paesi con il più alto livello di sovrappeso e obesità; dalla raccolta dati promossa dall’OMS Europea, COSI1 (Childhood Obesity Surveillance Initiative)

con il coinvolgimento di OKkio alla Salute, emerge da un confronto quanto il dato italiano rimanga elevato, rispetto a quello di altri Paesi europei (Figura 3) (EpiCentro a cura di CNaPPS, 2017).

Figura 3: Sovrappeso e obesità tra bambini e adulti nei diversi Paesi europei (Barilla Center for Food & Nutrition (BCFN), 2012).

Ciononostante, si evidenzia nel Paese (Figura 4), come già osservato nelle rilevazioni degli anni precedenti, una leggera e progressiva diminuzione del fenomeno, che nel 2016 si assesta con una certa stabilità, sebbene l’obesità continui a mostrare un trend in diminuzione.

1 COSI, è un’iniziativa di sorveglianza dell'obesità infantile dell'OMS europea. Rappresenta un sistema unico che misura le tendenze di sovrappeso e obesità tra i bambini in età scolare nella Regione, permettendo un confronto tra i Paesi (più di 30, tra cui anche l’Italia) che vi partecipano (WHO, World Health Organization, 2007).

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Figura 4: Andamento nel tempo di sovrappeso e obesità tra i bambini di 8-9 anni (EpiCentro a cura di CNaPPS, 2017).

Si riscontra inoltre, nel Paese una variabilità nella prevalenza del fenomeno con valori più alti tra le regioni meridionali rispetto alle regioni settentrionali in linea con quanto emerso nelle precedenti indagini (Figura 5) (EpiCentro a cura di CNaPPS, 2017).

Figura 5: Bambini di 8-9 anni in sovrappeso e obesi, per Regione (EpiCentro a cura di CNaPPS, 2017).

Per quanto concerne le abitudini alimentari, dai dati del 2016 è emerso che l’8% dei bambini salta la prima colazione, il 33% fa una colazione non adeguata (ossia sbilanciata in termini di carboidrati e proteine) e il 53% consuma una merenda di metà mattina abbondante.

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6 Il 20% dei genitori dichiara che i propri figli non consumano quotidianamente frutta e/o verdura, ed il 36% afferma il consumo quotidiano di bevande zuccherate e/o gassate (valori per cui si è registrato un miglioramento/diminuzione rispetto alla precedente rilevazione del 2014).

Permangono piuttosto invariati rispetto al passato anche gli aspetti relativi all’inattività fisica e alla sedentarietà: soltanto il 34% dei bambini pratica attività sportiva strutturata per non più di un’ora a settimana, il 18% non ha fatto attività fisica il giorno precedente l’indagine e solo un bambino su 4 si reca a scuola a piedi o in bicicletta. Rimane stabile al 44% il dato dei bambini che possiede una TV nella propria camera, aumenta invece e passa da 35% nel 2014 al 41% nel 2016 la percentuale dei bambini che guarda la TV e/o gioca con i videogiochi/tablet/cellulare per più di 2 ore al giorno.

Per quanto riguarda l’errata percezione dei genitori relativa allo stato ponderale e all’attività motoria dei propri figli, i dati si confermano come nel passato, ed emerge che, tra le madri di bambini in sovrappeso o obesi, il 38% ritiene che il proprio figlio sia sotto-normopeso e solo il 30% pensa che la quantità di cibo da lui assunta sia eccessiva (EpiCentro a cura di CNaPPS, 2017).

Inoltre, grazie alla somministrazione di questionari rivolti anche ai dirigenti scolastici e agli insegnanti, è stato possibile raccogliere informazioni sulla struttura degli impianti e sui programmi didattici degli alunni nelle scuole primarie italiane partecipanti. Dai risultati si evidenzia che il 72% delle scuole possiede una mensa; il 51% prevede la distribuzione per la merenda di metà mattina di alimenti salutari (frutta, yogurt ecc.); il 54% delle classi svolge almeno due ore di attività motoria a settimana. Si evidenzia infine che poco più di 1 scuola su 3 ha coinvolto i genitori in iniziative favorenti una sana alimentazione e attività motoria (Ministero della Salute/Centro per la prevenzione ed il Controllo delle Malattie, 2016).

1.1.3 La situazione a livello regionale

In Toscana, nel 2016 sono state campionate 90 classi e i dati sono stati rilevati su 1903 bambini di età compresa fra 8 e 9 anni.

Nel momento della rilevazione i bambini partecipanti sono stati 1.718, dalle misurazioni emerge che di essi, il 21,5% sono risultati sovrappeso e il 4,5% obesi, di cui

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7 l’1,1% severamente obesi. Complessivamente, il 27% dei bambini presenta quindi un eccesso ponderale che comprende sia sovrappeso che obesità.

Figura 6: Stato ponderale dei bambini di 8 e 9 anni (%) (Ministero della Salute/Centro per la prevenzione ed il Controllo delle Malattie, 2016).

Nella regione la prevalenza di sovrappeso e di obesità risulta simile tra i bambini di 8 e 9 anni mentre si ha una differenza significativa in base al sesso. I maschi hanno una prevalenza di obesità maggiore rispetto alle femmine, con un valore percentuale di 6,7 contro 4,3. La situazione di contro si inverte nella prevalenza del sovrappeso, dove sono le bambine a risultare più sovrappeso dei bambini, con un valore percentuale di 21,4 contro 19,3.

Si evidenzia inoltre come il rischio di obesità diminuisca con il crescere del livello di istruzione della madre, si passa da 8,9% per titolo di scuola elementare o media, a 4,6% per diploma di scuola superiore, a 3,9% per la laurea.

Confrontando infine il BMI del bambino con quello dei genitori si riscontra che: quando almeno uno dei due genitori è in sovrappeso il 21,8% dei bambini risulta in sovrappeso e il 6,6% obeso. Quando almeno un genitore è obeso il 32,3% dei bambini è in sovrappeso e il 13,2% obeso.

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Figura 7: % Stato ponderale dei bambini rispetto a quello dei genitori (Ministero della Salute/Centro per la prevenzione ed il Controllo delle Malattie, 2016).

Tutti questi valori confermano quanto già detto in precedenza, nella nostra regione dopo un lieve decremento avvenuto negli anni 2010 e 2012 si assiste ad un leggero accrescimento della prevalenza di bambini in sovrappeso mentre la prevalenza di bambini obesi è sostanzialmente stabile nel tempo (Ministero della Salute/Centro per la prevenzione ed il Controllo delle Malattie, 2016).

Figura 8: Trend sovrappeso e obesità nella Regione Toscana (Ministero della Salute/Centro per la prevenzione ed il Controllo delle Malattie, 2016).

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1.1.4 Le abitudini alimentari e l’attività fisica dei bambini

toscani

• La prima colazione e la merenda

La prima colazione ha un significato nutrizionale (apporto di nutrienti), funzionale (rifornimento delle riserve energetiche depauperate durante il digiuno notturno) e metabolico (miglioramento di parametri metabolici, effetti favorevoli sul profilo lipidico, sulla tolleranza al glucosio e sul sovrappeso/obesità).

Dall’esame complessivo di un ampio numero di studi osservazionali, si rileva come l’abitudine a consumare regolarmente la prima colazione sia associata ad un migliore stato di salute e di benessere a tutte le età (Rampersaud, Pereira, L. Girard, Adams, & Metzl, 2005).

Un effetto diretto dell’omissione del primo pasto nei bambini si manifesta con peggioramento delle performance cognitive legate alla memoria, e fisiche.

Un numero crescente di evidenze scientifiche raccolte in differenti Paesi, documenta che, nonostante una buona percentuale della popolazione dichiari di “fare la prima colazione”, coloro che in realtà consumano un pasto adeguato sono in numero limitato. Si osserva inoltre sempre più la tendenza a consumare la colazione al di fuori del contesto domestico (bar e caffetterie), in piedi e frettolosamente, ed a curare sempre meno la qualità degli ingredienti che la compongono, con il consumo soprattutto di merende confezionate (NFY, Nutrition Foundation of Italy, 2009).

Nel 2016 nella nostra regione la percentuale di bambini che consuma una colazione qualitativamente e quantitativamente adeguata2 è risultata essere solo del 63,6%, il 7% non fa colazione (più nelle bambine rispetto ai bambini, 7,1% vs. 6,9%) e 29,4% è la percentuale di chi assume una colazione non adeguata.

2 In accordo con quanto indicato dall’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (CREA-NUT), le vecchie linee guida italiane per una corretta alimentazione (INRAN) suggeriscono di assumere con la prima colazione circa il 15-20% delle calorie giornaliere.

Per considerare una colazione adeguata, che sia sana ed equilibrata è importante ripartire questo apporto calorico tra carboidrati (frutta e cereali) e proteine (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN), 2003) (SINU - Società Italiana di Nutrizione Umana, 2014).

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Figura 9: Adeguatezza della colazione consumata dai bambini (%) (Ministero della Salute/Centro per la prevenzione ed il Controllo delle Malattie, 2016).

Se è stata assunta una colazione adeguata, oggigiorno viene raccomandato di consumare a metà mattina una merenda contenente circa 100 -130 calorie, che corrispondono in pratica a uno yogurt o a un frutto o a un succo di frutta senza zuccheri aggiunti. Molto spesso invece i bambini consumano merende abbondanti e troppo ricche sotto il profilo calorico. L’intake eccessivo di zuccheri contenuti nelle merende causa un senso di sazietà che si ripercuote su un ridotto intake a pranzo.

A partire dalla colazione e dall’alterazione dei pasti successivi (merenda e pranzo) si arriva ad uno squilibrio generale degli apporti calorici dell’intera giornata che si traduce in un aumentato senso di fame soprattutto durante i pasti serali, che risultano essere in genere troppo abbondanti (Dubois, Girard, Potvin Kent, Farmer, & Tatone-Tokuda, 2009) (Ministero della Salute/Centro per la prevenzione ed il Controllo delle Malattie, 2016).

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Figura 10: Adeguatezza della merenda di metà mattina consumata dai bambini (%) (Ministero della Salute/Centro per la prevenzione ed il Controllo delle Malattie, 2016).

La percentuale di bambini che consuma una merenda adeguata è risultata essere il 50,5%, con un aumento del 20% rispetto ai dati del 2014. Tuttavia, ancora il 47% dei bambini assume una merenda non adeguata ed aumenta dello 0.6% il numero di bambini che rispetto alla precedente indagine non fa merenda (Ministero della Salute/Centro per la prevenzione ed il Controllo delle Malattie, 2016).

• Frutta e verdura

Le linee guida sulla sana alimentazione prevedono l’assunzione di almeno cinque porzioni al giorno di frutta o verdura, questo consumo nell’arco della giornata garantisce un adeguato apporto di fibre e sali minerali e consente di limitare la quantità di calorie introdotte. La fibra contenuta, soprattutto, nella frutta e nella verdura contribuisce al senso di sazietà e rallenta l’assorbimento di nutrienti che si prolunga per un arco temporale maggiore dopo il consumo di un pasto. La Società Italiana di Nutrizione Umana-SINU nel 2014 ha pubblicato la quarta revisione dei LARN-Livelli di assunzione di riferimento per la popolazione italiana, i quali stabiliscono che in età evolutiva il consumo di fibra alimentare deve essere 8,4 g/1000 kcal.

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Figura 11: Consumo di frutta nell'arco della settimana (%) (Ministero della Salute/Centro per la prevenzione ed il Controllo delle Malattie, 2016).

Dai dati emerge, secondo quanto dichiarato dai genitori, che solo il 37,6% dei bambini consuma frutta 2-3 volte al giorno, mentre il 34,8% la mangia una volta al giorno e il 25,6% dei bambini mangia frutta meno di una volta al giorno o mai nell’intera settimana con una significativa differenza tra maschi e femmine (le femmine mangiano frutta almeno una volta al giorno più dei maschi).

Figura 12: Consumo di verdura nell'arco della settimana (%) (Ministero della Salute/Centro per la prevenzione ed il Controllo delle Malattie, 2016).

Il 27,4% dei bambini assume verdura 2-3 volte al giorno, il 30,8% la consuma una volta al giorno e il 40,4% mangia verdura meno di una volta al giorno o mai nell’intera settimana, ed anche in questo caso si ripresenta una differenza significativa tra maschi e

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13 femmine (come per la frutta) (Ministero della Salute/Centro per la prevenzione ed il Controllo delle Malattie, 2016).

• Bibite zuccherate e bibite gassate

Particolare attenzione va posta anche al consumo di bibite zuccherate bibite gasate e succhi di frutta. Mediamente in una lattina di bevanda zuccherata (33 cc) è contenuta una quantità di zuccheri aggiunti pari a 40-50 grammi, i LARN stabiliscono di limitare il consumo di zuccheri a meno del 15% dell’apporto energetico totale della dieta (circa 75 grammi). Nei bambini il consumo di questi prodotti immediatamente prima o durante un pasto, provoca un rapido innalzamento dei valori di glicemia, determinando una momentanea sensazione di sazietà, che favorisce una cattiva alimentazione.

Il bambino dopo l’assunzione di bibite smette di mangiare ma dopo poco tempo, la sensazione della fame ritorna e lontano dal pasto il bambino risponde al recidivo stimolo della fame consumando "cibi spazzatura" (es. merendine, biscotti) che contribuiscono a sovrappeso/obesità.

Figura 13: Consumo di bevande zuccherate al giorno (% (Ministero della Salute/Centro per la prevenzione ed il Controllo delle Malattie, 2016)).

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Figura 14: Consumo di bevande gassate al giorno (%) (Ministero della Salute/Centro per la prevenzione ed il Controllo delle Malattie, 2016).

A livello regionale il 72,1% dei bambini consuma meno di una volta al giorno o mai delle bevande zuccherate e con la stessa frequenza il 94,5% consuma invece bevande gassate. Il 21,7% dei bambini assume bevande zuccherate una volta al giorno e il 6,2% più volte al giorno, mentre per le bevande gassate i valori percentuale sono rispettivamente del 3,5% e del 2% e questi dati sostanzialmente sono rimasti pressoché invariati rispetto alla rilevazione del 2014 (Ministero della Salute/Centro per la prevenzione ed il Controllo delle Malattie, 2016).

• Attività fisica

L’attività fisica è definita dall’OMS come qualsiasi movimento corporeo prodotto dai muscoli scheletrici che richiede un dispendio energetico. Una regolare attività fisica, anche moderata, è un fattore determinante che contribuisce a migliorare la qualità della vita e aiuta a prevenire e ad alleviare molte patologie croniche.

Un’adeguata attività fisica, associata ad una corretta alimentazione, può prevenire il rischio di insorgenza del sovrappeso nei bambini. Si consiglia che i bambini facciano attività fisica moderata o intensa ogni giorno per almeno 1 ora. Questa attività non deve essere necessariamente continua ed include tutte le attività motorie quotidiane, è quindi molto importante sia il gioco all’aperto che lo sport strutturato.

Il 9,9% dei bambini è risultato non attivo il giorno antecedente all’indagine. Le femmine non attive (10,7%) sono in percentuale maggiore rispetto ai maschi (9%). Le

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15 aree geografiche dove c’è una più alta percentuale di bambini attivi risultano essere quelle dove la popolazione è inferiore a 10000 abitanti.

Figura 15: Bambini che hanno giocato all'aperto e/o fatto sport il giorno precedente le rilevazioni (%) (Ministero della Salute/Centro per la prevenzione ed il Controllo delle Malattie, 2016).

Il 76,7% dei bambini aveva giocato all’aperto mentre il 49,4% aveva fatto attività sportiva strutturata il giorno precedente all’indagine, in entrambi i casi i maschi risultano in percentuale maggiore rispetto alle femmine.

Secondo i loro genitori, nella nostra Regione, circa 4 bambini su 10 (44,5%) fanno almeno un’ora di attività sportiva strutturata per 2 giorni la settimana, il 18% nemmeno un giorno e soltanto l’1,7% da 5 a 7 giorni. Mentre invece, per quanto riguarda i giochi di movimento, circa 2 bambini su 10 (21,6%) fanno almeno un’ora di attività per 2 giorni la settimana, il 6,4% neanche un giorno e solo il 30,1% da 5 a 7 giorni.

Percorrere il tragitto casa-scuola a piedi o in bicicletta potrebbe essere una modalità da impiegare per rendere fisicamente attivi i bambini. Dall’analisi di questo aspetto risulta che soltanto il 24% dei bambini, nella mattina dell’indagine, si è recato a scuola a piedi o in bicicletta, mentre, invece, il 73,5% ha utilizzato un mezzo di trasporto pubblico o privato.

Complessivamente appena poco più di 3 bambini su 10 hanno un livello di attività fisica raccomandato per la loro età, anche per ragioni legate al recarsi a scuola con mezzi motorizzati, giocare poco all’aperto e non fare sufficienti attività sportive

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16 strutturate (Ministero della Salute/Centro per la prevenzione ed il Controllo delle Malattie, 2016).

• Le attività sedentarie

Generalmente si ritiene che ci sia una correlazione fra le attività sedentarie e la tendenza al sovrappeso/obesità, per questo la quantità di tempo che i bambini di età maggiore ai 2 anni, trascorrono davanti alla televisione o ai videogiochi/tablet/cellulare non dovrebbe superare le 2 ore quotidiane.

Figura 16: Ore trascorse davanti alla TV7videogiochi/tablet/cellulare (%) (Ministero della Salute/Centro per la prevenzione ed il Controllo delle Malattie, 2016).

I dati riferiscono che, nonostante le raccomandazioni, molti bambini eccedono ampiamente nell’uso di apparecchi tecnologici. Nella nostra Regione tali abitudini sono molto diffuse: poco più di 1 bambino su 3, per un valore percentuale del 35,3%, trascorre un tempo superiore alle due ore davanti a TV/videogiochi/tablet/cellulare.

Questo dato è sicuramente favorito all’evidenza che complessivamente quasi la metà dei bambini, 42,4%, ha un televisore nella propria camera e l’esposizione prolungata a più di 2 ore di TV al giorno è più alta proprio tra questi bambini che hanno una TV nella loro camera, 12,8% vs 9,9% di coloro che non ce l’hanno.

Pur costituendo un’opportunità di divertimento e talvolta di sviluppo educativo e culturale del bambino, il tempo passato davanti alla televisione si associa spesso all’assunzione di cibi fuori pasto. Evidenze scientifiche mostrano che la diminuzione del tempo di esposizione alla televisione da parte dei bambini si associa ad una riduzione del rischio di sovrappeso/obesità a causa, prevalentemente, del mancato introito di calorie legate ai cibi e alle bevande di natura ipercalorica assunti durante tali

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17 momenti (Ministero della Salute/Centro per la prevenzione ed il Controllo delle Malattie, 2016).

1.2 Eziopatogenesi: ambiente obesogenico ed altre

cause

L’obesità ha una genesi multifattoriale, questa condizione colpisce praticamente tutte le età, i sessi e i gruppi socioeconomici di tutti i Paesi del mondo sia quelli sviluppati che quelli in via di sviluppo, le cause principali risultano essere:

• PREDISPOSIZIONE GENETICA

Nella preistoria e per buona parte della storia della civiltà, l’uomo si è trovato a dover sopravvivere in condizioni ambientali sfavorevoli e con lunghi periodi di carestia. La funzione base del grasso corporeo è l’accumulo delle riserve energetiche e questa caratteristica è stata sostenuta, nel corso dell’evoluzione della specie umana, da processi di selezione naturale. Il tessuto adiposo risulta geneticamente predisposto all’autoconservazione, opponendosi ad ogni forma di depauperamento (Dini, 2014).

Diversamente da quello che si può pensare l’obesità non è soltanto il frutto di scorrette abitudini negli stili di vita.

Come per molte altre condizioni mediche l’obesità nasce da una combinazione tra esposizione del bambino ad un determinato ambiente che lo circonda e predisposizione genetica. La risposta biologica e comportamentale all’ambiente è soggettiva e specifica di ogni bambino/individuo e risulta essere fortemente influenzata da fattori dello sviluppo e fattori di vita (WHO, World Health Organization, 2016).

Sebbene la predisposizione genetica, da sola, non sia una causa in grado di spiegare il sovrappeso e l’obesità, essa può rappresentare un elemento di maggiore sensibilità a situazioni di sbilanciamento energetico (Università degli studi di Milano, 2016).

• AMBIENTE

Il luogo in cui si vive può condizionare fortemente lo sviluppo della malattia (Università degli studi di Milano, 2016).

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18 Molti bambini oggi nel mondo crescono in un ambiente malsano, spesso chiamato ambiente obesogenico che favorisce l’aumento di peso e l’obesità. Con la globalizzazione l’esposizione a questo tipo di ambiente è crescente anche nei Paesi a basso e medio reddito (WHO, World Health Organization, 2016).

Determinati gruppi sociali sono particolarmente vulnerabili a fattori ambientali sfavorevoli, i soggetti di basso livello socioeconomico si trovano ad affrontare limiti strutturali, sociali, organizzativi, finanziari e di altro genere per poter adottare scelte di stile di vita sane. I costi, la disponibilità degli alimenti e la cultura della società, con i suoi modelli e messaggi pubblicitari, influenzano significativamente le nostre abitudini e le nostre scelte alimentari.

I bambini sono sensibili al marketing commerciale degli alimenti che include, oltre alla pubblicità televisiva, un'ampia gamma di canali che possono sfuggire al controllo dei genitori e raggiungerli direttamente, ad esempio le inserzioni sui trasporti pubblici e i cartelli pubblicitari (Branca, Nikogosian, & Lobstein, 2008).

I ritmi della vita moderna ci costringono spesso a mangiare in modo frettoloso e disordinato e a dedicare poco tempo alle scelte alimentari ed al cibo di buona qualità. Frequentemente per necessità, si consumano pasti fuori casa con il supporto di mense scolastiche o aziendali, e troppo spesso, fast food, take away etc. dove l’offerta economica va a discapito della qualità del cibo e dove le porzioni di un pasto sono abbondanti ed apportano un intake di nutrienti superiore ai normali fabbisogni.

• ALIMENTAZIONE

Una scorretta alimentazione rappresenta una delle cause principali dell’eccesso ponderale che origina da uno squilibrio energetico, quando la quantità di calorie introdotte con l’alimentazione supera il consumo di energia in uscita per attività fisica. Il corpo immagazzina l’eccessivo introito calorico sotto forma di grasso e si verifica un aumento di peso che porta dapprima ad una condizione di sovrappeso e poi ad una vera e propria obesità (Dehghan, Akhtar-Danesh, & Merchant, 2005).

Una dieta quantitativamente equilibrata, in termini di bilancio fra glucidi, grassi e proteine, e un’adeguata distribuzione dei pasti nell’arco della giornata contribuiscono a determinare e mantenere un corretto stato nutrizionale (E, ME, J, PH, & LO, 1994).

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19 I Paesi mediterranei in passato sono sempre stati caratterizzati da un elevato consumo di alimenti vegetali, cereali, olio di oliva e pesce, ma queste tradizioni stanno scomparendo, soprattutto tra i giovani (Branca, Nikogosian, & Lobstein, 2008).

Le abitudini dietetiche differiscono tra i vari Paesi, ma le tendenze temporali mostrano che queste differenze si stanno affievolendo soprattutto ad opera dalla globalizzazione. I bambini oggi sono esposti ad un’offerta sovrabbondante di cibi preconfezionati, alimenti molto elaborati ad alto contenuto energetico che risultano economici e prontamente disponibili (WHO, World Health Organization, 2016).

Questi cibi spazzatura conosciuti anche con il termine “junk food3” risultano essere

altamente palatabili a causa generalmente di un alto contenuto di grassi ed inducono in chi li assume una forma di dipendenza che porta ad un loro eccessivo consumo. A definire le necessità energetiche non sono più così i segnali fisiologici di fame e sazietà, provenienti dal sistema gastrointestinale, ma a determinare le abitudini alimentari risultano essere la stimolazione dei fattori gusto-sensoriali e l’ampia varietà di cibi iperpalatabili e ad alta densità calorica disponibili.

Il consumo di cibo è guidato principalmente dal piacere, derivante dalle proprietà sensoriali/organolettiche degli alimenti e dunque da ciò che è definito palatabilità4 che rappresenta un fattore chiave in grado di determinare le nostre scelte alimentari.

Molti studi hanno osservato inoltre come l’abitudine a saltare la prima colazione sia un fattore che gioca un ruolo importante nell’insorgenza della condizione di sovrappeso/obesità. Un altro fattore di rischio è rappresentato anche dal consumo di bevande gassate e zuccherate che spesso si accompagna all’assunzione di cibi fuori casa (James & Kerr, 2005).

• CAMBIAMENTI URBANISTICI E SEDENTARIETÀ

L’utilizzo di mezzi motorizzati autonomi e pubblici ha contribuito alla riduzione della mobilità fisica delle persone e anche dei bambini, che camminano sempre più raramente anche per spostarsi nelle brevi distanze.

L’esercizio fisico è invece molto importante, non solo per evitare l’aumento eccessivo di peso ma anche per lo sviluppo psico-fisico del bambino, in quanto

3 Il termine “junk food” fu introdotto nel mondo alimentare intorno agli anni 70 in riferimento ad alimenti o bevande ad alto contenuto calorico ma scarso valore nutrizionale.

4 Con il termine palatabile intendiamo un alimento che sia “buono al palato” saporito, di consistenza gradevole e che dà particolare soddisfazione nel mangiarlo (Barzanò, 2016).

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20 promuove e aiuta a mantenere l’adeguata proporzione tra massa magra e massa grassa (Barilla Center for Food & Nutrition (BCFN), 2012).

La possibilità di movimento nelle aree urbane è sempre più limitata dalle nuove costruzioni che occupano spazio per sentieri ciclabili, parchi e campi da gioco. Anche lo sviluppo tecnologico, insieme all’urbanizzazione ha contribuito a ridurre ulteriormente ogni forma di attività, con l’avvento di smartphone, tablet, computer e videogame. I bambini, soprattutto quando i genitori sono occupati a lavoro fino alle ore serali, si ritrovano ad impegnare il loro tempo nell’utilizzo di questi dispositivi a discapito di occupazioni più salutari, come i giochi di movimento all’aperto o attività relazionali con i coetanei.

Bisogna sottolineare che il “momento della televisione” si associa spesso anche all’assunzione di cibi fuori pasto, guardare la TV si accompagna all’abitudine diffusa di consumare snack e merendine. Per descrivere questo aspetto sono stati condotti vari studi relativi all’influenza della pubblicità nelle scelte alimentari; i risultati emersi evidenziano che i bambini quando guardano la televisione sono stimolati da numerosi spot ogni ora, ed un terzo delle pubblicità che scorre sul piccolo schermo è dedicata al cibo (ACSI, Associazione consumatrici e consumatori della Svizzera Italiana, 2012).

Ad avere più visibilità nelle fasce orarie dedicate al piccolo pubblico, sono soprattutto le pubblicità che sponsorizzano ed inducono al consumo di cereali, biscotti, merendine, snacks, cioccolato e confetture, in particolare anche, pasti preconfezionati e cibo da fast food.

• IL NUCLEO FAMILIARE

Un fattore determinante tra le cause dell’eccesso ponderale infantile è rappresentato dallo stile alimentare e dalle abitudini di vita del bambino e della famiglia condizionati spesso da una disinformazione nutrizionale sugli alimenti da consumare.

L’ambiente familiare svolge un ruolo determinante nell’insorgenza dell’obesità infantile strettamente correlata con lo status socio‐economico e il livello di scolarità dei genitori (Gruppo di lavoro regionale “Prevenzione dell’obesità”, 2017).

Il bambino, oltre alla possibilità di ereditare dal corredo genetico dei genitori la predisposizione all’obesità, apprende fin dalla nascita dal loro esempio le abitudini alimentari, comportamentali e motorie che, se corrette, consentono di bilanciare al

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21 meglio l’apporto energetico ed il consumo calorico lungo tutto l’arco della sua vita, nonché l’acquisizione di un sano e naturale rapporto con il cibo. Non si può pretendere che il bambino adotti delle abitudini alimentari corrette se sono i genitori per primi a non seguirle.

I genitori influenzano i gusti dei bambini attraverso l’esposizione dei cibi fin dalla nascita. (Barzanò, 2016).

Le influenze familiari oltre ad essere di tipo sociale e genetico sono anche di tipo biologico; diversi meccanismi di tipo epigenetico che si verificano durante la gravidanza possono condizionare il rischio futuro di obesità infantile (e adulta) (Della Bella, Mauri, Terraneo, & Tognetti, 2015).

Questo periodo è cruciale nel determinare la salute del bambino, lo stato di eccesso ponderale e le anomalie metaboliche presenti nella madre prima del concepimento o sviluppate in gravidanza, possono predisporlo dopo la nascita a sviluppare sovrappeso e obesità. Le scelte sul cibo durante la gestazione, così come situazioni di malnutrizione, influenzeranno le preferenze alimentari del bambino in crescita.

La correlazione fra stato nutrizionale materno durante la gravidanza e rischio di sovrappeso nel bambino potrebbe essere spiegata, almeno in parte, dalla «programmazione biologica» del feto durante il suo sviluppo, associata a trasformazioni strutturali di organi e tessuti, insieme a modificazioni funzionali di cellule.

Studi più recenti tuttavia, non ancora confermati, indicano come anche una condizione di obesità nel padre potrebbe determinare un aumentato rischio di insorgenza della medesima condizione nel figlio in crescita, sempre attraverso meccanismi di carattere epigenetico (Gruppo di lavoro regionale “Prevenzione dell’obesità”, 2017).

1.2.1 Le forme di obesità

Da un punto di vista eziologico, si distinguono due tipologie di obesità: • OBESITÀ SECONDARIA

Le obesità secondarie rappresentano la forma meno comune di obesità conseguente a cause specifiche e riguarda circa il 5% delle forme di obesità nella popolazione generale. Rientrano all’interno di questa tipologia:

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22 Forme genetiche: l’obesità è determinata dalla presenza di una mutazione genetica che può avvenire a livello di un singolo gene, queste forme monogeniche però sono estremamente rare; e nella maggior parte dei casi, infatti l’eccesso ponderale consegue all’azione di più geni, in differenti cromosomi, che agiscono in maniera sinergica a costituire vere e proprie sindromi complesse, come la Sindrome di Down, la Sindrome di Praeder-Willi e la Sindrome di Bardet-Biedl;

Forme endocrine: dovute a lesioni encefaliche, specie a carico dell’area ipotalamo-ipofisaria, come tumori, emorragie, o le lesioni causate da interventi chirurgici, che influiscono sulla regolazione neuroendocrina del metabolismo. Rientrano all’interno di questo gruppo anche disfunzioni ipofisarie che comportano alterazioni ormonali a cui segue la condizione di obesità, esempi sono la Sindrome di Cushing, la Sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), l’ipopituitarismo, l’ipotiroidismo, l’ipogonadismo e l’insulinoma;

Forme dovute alla somministrazione di farmaci: esistono molti farmaci impiegati per il trattamento di forme patologiche che possono comportare come effetto collaterale l’aumento del peso corporeo (Dini, 2014).

Ad esempio, alcuni farmaci psicotropi contribuiscono in modo importante allo sviluppo dell’obesità (APA, American Psychiatric Association, 2013).

• OBESTITÀ ESSENZIALE

Nella maggior parte dei casi invece (circa 95%) l’obesità viene definita essenziale e alla sua insorgenza concorrono fattori ambientali, genetici (geni risparmiatori), comportamentali e psicologici.

Quando si parla di fattori genetici non si parla di modificazioni a livello del genotipo, ma si fa riferimento a degli elementi che hanno influito tramite modificazione epigenetiche sul profilo fenotipico dell’individuo, risultando in una maggiore predisposizione del soggetto all’insorgenza della condizione di obesità.

L’obesità è una condizione medica caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso corporeo che può portare all’insorgenza di effetti negativi sulla salute della persona con una conseguente riduzione dell’aspettativa di vita (Università degli studi di Milano, 2016).

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23 Si tratta di una patologia con andamento cronico che rappresenta il risultato di uno squilibrio tra introito calorico e spesa energetica. È una condizione dismetabolica in favore di un bilancio energetico positivo protratto nel tempo; in pratica si introducono più calorie di quante se ne consumano e questo porta ad un aumento eccessivo di peso corporeo.

In genere questo accumulo di tessuto adiposo può essere causato sia da un aumento del numero degli adipociti (componente iperplastica, tipica dell’infanzia) che da un aumento nel contenuto di trigliceridi (componente ipertrofica, tipica dell’età adulta) contenuti principalmente nelle cellule adipose ma anche nelle cellule di altri tessuti (fegato, muscolo scheletrico, cuore etc.) (Dini, 2014).

Questo aumento di adiposità è determinato principalmente da un’alimentazione scorretta e da uno stile di vita sedentario che risultano essere comportamenti fortemente influenzati da condizioni sociali, economiche e culturali (Università degli studi di Milano, 2016) (EpiCentro a cura di CNaPPS, 2017).

1.3 Le conseguenze dell’obesità

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’obesità possiede tutti i criteri per essere considerata una patologia vera e propria che va ad influenzare la morbilità e la mortalità.

L’impatto su questi indici è così elevato che questa condizione oggi viene considerata uno dei maggiori problemi di salute pubblica. L’obesità è una malattia e di essa si possono conoscere l’eziologia, i sintomi e gli esiti (outcome) (Università degli studi di Milano, 2016).

Le conseguenze dell’eccesso ponderale si possono suddividere in: • PRECOCI (si manifestano nel bambino)

• TARDIVE (si manifestano in età adulta)

Nei bambini, obesità e sovrappeso possono determinare una serie di conseguenze precoci sia di carattere fisico che psichico.

Numerose complicanze associate all’obesità, un tempo ritenute peculiari degli adulti, vengono oggi osservate nei bambini e con frequenza sempre maggiore, aumenta il rischio di sviluppare, anche precocemente: patologie cardiovascolari (ipertensione), malattie a carico del sistema muscoloscheletrico (insorgenza precoce di artrosi),

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24 malattie metaboliche (diabete di tipo II e dislipidemie), problemi di tipo respiratorio e disturbi dell'apparato digerente.

Numerose evidenze presenti nella letteratura scientifica supportano l’associazione tra l’obesità infantile e l’obesità adulta. Questa associazione è accompagnata da una forte persistenza dell’obesità infantile, in età adulta.

I bambini con obesità, e in particolare gli adolescenti con obesità, rischiano di essere ancora obesi da adulti. Analizzando alcune percentuali, circa la metà di questi bambini con obesità continua ad esserlo nell'adolescenza e circa l'80% di questi adolescenti con obesità, rimangono ancora in questa condizione in età adulta (Simmonds, Llewellyn, Owen, & Woolacott, 2015).

Il rischio relativo per un bambino con obesità di diventare un adulto obeso aumenta con l'età ed è direttamente proporzionale alla gravità dell'eccesso ponderale (Istituto Miller, 2017).

I bambini che aumentano troppo di peso nel periodo precedente allo sviluppo oltre ad avere un aumento di volume delle cellule adipose, lo hanno anche nel loro numero e questo comporta una successiva difficoltà a perdere peso o a mantenerlo nei limiti.

Il periodo più a rischio risulta essere proprio quello pre-adolescenziale, quando si comincia ad avere una gestione più autonoma dell’alimentazione e i ragazzi cominciano a mangiare quello che più gli piace spesso costituito da alimenti iper-zuccherati e pieni di grassi (Ministero della Salute, 2013).

Tuttavia, bisogna sottolineare che la maggior parte degli adulti con obesità non lo erano durante l'infanzia, quindi l'obesità dell'adulto in generale non è determinata principalmente da obesità infantile (Simmonds, Llewellyn, Owen, & Woolacott, 2015).

Le complicanze descritte per l’obesità infantile si ritrovano poi anche nell’adulto, oltre ad altre complicanze come: steatoepatite non alcolica, apnee ostruttive, asma, cataratta, problemi cutanei, compromissione della funzionalità riproduttiva e tumori.

Nello specifico il diabete mellito e le malattie cardiovascolari, come l’infarto miocardico e l’ictus ischemico, rappresentano le due più importanti comorbidità dell’obesità soprattutto nell’età adulta.

Frequente in età adulta è poi l’insorgenza di una condizione patologica definita con il termine "sindrome metabolica" descritta dalla particolare associazione dell’obesità addominale con ipertensione arteriosa, dislipidemia e insulino-resistenza.

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25 Il sovrappeso e l’obesità rappresentano quindi fattori di rischio determinanti per l’insorgenza di diverse patologie croniche (responsabili del 60% delle morti a livello mondiale) e conseguente riduzione delle aspettative di vita (Barilla Center for Food & Nutrition (BCFN), 2012).

Negli ultimi anni, inoltre, si sta facendo molta attenzione alle implicazioni psicologiche dell’obesità, soprattutto quella infantile.

Spesso infatti i bambini che soffrono di questa condizione sono derisi e vittime di scherzi da parte dei coetanei, fino a veri e propri episodi di bullismo. Questo può contribuire ad uno sviluppo precoce di senso di insicurezza, inadeguatezza e perdita di autostima, a cui si possono seguire manifestazioni più marcate di ansia e depressione che confluiscono nell’isolamento sociale e nell’emarginazione del bambino (Gruppo Regionale Tecnico Multidisciplinare sui DCA, 2013).

L’obesità è decisamente stigmatizzata, specie nelle società occidentali che seguendo gli ideali estetici preposti dalla società, valorizzano la magrezza e l’essere in forma (Università degli studi di Milano, 2016).

La conseguenza più grave è quella che dal piano psicologico il disagio passi poi ad un piano psicopatologico: l’evidenza che sta emergendo sempre più è che l’obesità infantile rappresenta un forte fattore di rischio per i Disturbi del Comportamento Alimentare (Gruppo Regionale Tecnico Multidisciplinare sui DCA, 2013).

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26

Capitolo 2

Relazione tra Obesità e DCA

2.1 Cosa sono i DCA

I Disturbi del Comportamento Alimentare, conosciuti anche con l’acronimo DCA,

sono un gruppo eterogeneo di gravi e complesse patologie, ad eziologia multifattoriale

accumunate da una molteplicità di sintomi che si manifestano attraverso un un’alterazione delle abitudini alimentari. Questi disturbi raccolgono nella loro definizione tutte quelle problematiche psicologiche che concernono il rapporto tra gli individui, il cibo, il peso e le forme corporee.

Un fattore importante nello sviluppo dei disturbi dell’alimentazione è associato all’ideale estetico di magrezza promosso e diffuso dall’industria della moda e dalla pubblicità, negli ultimi 50 anni. Soprattutto nei Paesi occidentali, l’incidenza di tali disturbi è notevolmente aumentata fino ad arrivare a parlare ormai, anche in questo caso, di una vera e propria epidemia sociale (Gordon, 1991).

Questo ideale di bellezza promosso dalla società si scontra tuttavia con un ambiente obesogenico dove uno stile di vita errato ha favorito il diffondersi dell’obesità ma nello stesso tempo anche dei DCA.(Ministero della Salute, 2013).

La pressione sul corpo favorita dai nuovi canoni estetici ha comportato nei soggetti più predisposti l’insorgenza di questi Disturbi Alimentari, caratterizzati da un pensiero ossessivo verso il cibo, e da un’eccessiva preoccupazione per il peso, abbinata a quella per le forme del corpo.

Questi disturbi esprimono un forte disagio interiore e sono legati ad una valutazione disfunzionale5 che la persona fa di sé stessa.

I soggetti affetti da DCA hanno una percezione alterata della propria immagine corporea, hanno una bassa stima di sé e una profonda insicurezza, si sentono di valere o

5 si parla di valutazione disfunzionale quando il valore percepito della persona è fortemente connesso all'ideale di magrezza, al peso e al controllo della propria forma corporea.

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27 non valere, come essere umani, in relazione alla loro immagine ed al peso indicato dalla bilancia che, come conseguenza, influenza negativamente, il loro rapporto con il cibo.

Queste condizioni cliniche compromettono sia il piano fisico, che quello psichico, nonché le relazioni sociali, riducendo la qualità della vita della persona che ne è affetta.

I Disturbi Alimentari presentano inoltre la caratteristica di essere egosintonici6 ossia la sintomatologia viene percepita dal paziente come la soluzione più vantaggiosa rispetto al proprio disagio corporeo e alle proprie difficoltà emotive e relazionali, di cui ha spesso scarsa consapevolezza.

Ad esempio, nell’anoressia il perdere peso dà un senso di gratificazione, di autocontrollo, di capacità di gestire la situazione, il raggiungimento dell’obiettivo di essere magri e quindi conformi ai canoni della società. Nella bulimia invece è l’abbuffata che rappresenta un modo per sedare l’ansia e la tensione mentre le condotte di eliminazione permettono di agire un controllo (Bracci, 2015).

Proprio per queste caratteristiche, oltre che per complicanze mediche che possono interessare tutti gli organi ed apparati e le frequenti comorbidità psichiatriche (disturbi d’ansia, depressione, dipendenze) la cura la cura dei Disturbi Alimentari e quindi la remissione dei sintomi è difficile e richiede interventi complessi e multidisciplinari integrati.

Frequentemente questi disturbi si manifestano nel periodo adolescenziale caratterizzato da forti cambiamenti nell’aspetto fisico, e nella formazione della propria immagine corporea che rappresentano un processo complesso, soggetto ad influenze da parte della famiglia, dei coetanei, e dei media che condizionano verso un ideale estetico di magrezza.

Bambini e adolescenti che istaurano una preoccupazione per il corpo, sono maggiormente soggetti ad intraprendere delle terapie dietetiche restrittive volte alla perdita di peso e questo induce spesso emozioni negative che, a loro volta, aumentano il rischio di Binge Eating ed in alcuni casi il conseguente uso di comportamenti

6 In psicologia si dice egosintonico un qualsiasi comportamento, sentimento o idea che sia in armonia con i bisogni e desideri dell'Io, o coerente con l'immagine di sé del soggetto. In genere i sintomi dei disturbi di personalità sono egosintonici (la persona si sente in sintonia coi sintomi, quindi non prova disagio, e sono ritenuti da essa coerenti col resto della personalità).

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28 compensatori come il purging7 (Gruppo Regionale Tecnico Multidisciplinare sui DCA, 2013).

2.2 Classificazione: il DSM-5

La sigla DSM-5 (derivante dall’acronimo del titolo dell’edizione statunitense Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) indica la quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, pubblicato da parte dell’American Psychiatric Association (APA) nella sua ultima revisione il 18 maggio 2013. Questo manuale rappresenta uno dei sistemi nosografici per disturbi mentali più utilizzato a livello mondiale sia nella clinica che nella ricerca.

I disturbi dell’alimentazione rientrano in questo manuale classificatorio e sono raggruppati all’interno di un'unica categoria diagnostica chiamata Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione.

Per definizione “I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono caratterizzati da un persistente disturbo dell’alimentazione o da comportamenti collegati con l’alimentazione che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale” (Dalle Grave R. , 2013).

Nella sezione «Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione» (feeding and eating

disorders) il DSM-5 presenta una nuova classificazione che elenca ora sei categorie

diagnostiche principali più due residue, destinate ad accogliere le sindromi parziali o più correttamente definite subcliniche8 ed altre forme di rapporto problematico con il cibo, ed indica i criteri che devono essere soddisfatti per poter applicare le varie diagnosi:

1. Pica

2. Disturbo da ruminazione

3. Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo 4. Anoressia nervosa

7 Purging è un termine generico che fa riferimento a tutte le tecniche di purga/svuotamento (vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici o clisteri) che vengono messe in atto da un soggetto con Disturbo Alimentare in seguito, ma non esclusivamente, ad episodi di abbuffata, per controllare il peso.

8 Con il termine “subcliniche” o “subliminali” si fa riferimento a quelle configurazioni che manifestano solo uno dei sintomi dei DCA o un sintomo che non assume un’importanza clinica. In queste due categorie sono presenti alcuni ma non tutti i sintomi che classificano le tre categorie diagnostiche più frequenti, AN, BN e BED.

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29 5. Bulimia nervosa

6. Disturbo di alimentazione incontrollata (disturbo da Binge-Eating) 7. Disturbo della nutrizione o dell’alimentazione con altra specificazione 8. Disturbo della nutrizione o dell’alimentazione senza specificazione

L’obesità (eccesso di grasso corporeo) non è inclusa nel DSM-5. Una serie di fattori genetici, fisiologici, comportamentali ed ambientali che variano tra gli individui contribuisce all’insorgenza e allo sviluppo dell’obesità, quindi non è considerata un disturbo mentale. Esistono, tuttavia, forti associazioni tra l’obesità e un certo numero di disturbi mentali (APA, American Psychiatric Association, 2013).

La classificazione di un Disturbo del Comportamento Alimentare risulta essere molto difficoltosa, inoltre sempre più difficile diventa oggi fare rientrare le forme davvero mutevoli di questi Disturbi, all’interno di questi criteri condivisi, le sindromi più frequenti sono, infatti, ormai molto lontane dai quadri classici cosiddetti puri (Milos, Spindler, Ulrich, & Fairburn, 2005).

2.3 Le Forme più Frequenti di DCA

Il DSM-5 classifica 8 differenti tipologie di disturbi alimentari, tuttavia le più frequenti come prevalenza all’interno della popolazione risultano essere: Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa e Disturbo da alimentazione incontrollata (BED). Le altre si possono considerare delle forme atipiche che hanno alcune delle caratteristiche tipiche di questi tre disturbi più comuni.

2.3.1 Anoressia

L’anoressia nervosa (AN) si caratterizza per:

- restrizione dell’apporto energetico che conduce ad una consistente perdita di peso corporeo;

- intensa paura di ingrassare anche se si è sottopeso; - disturbi della propria immagine corporea.

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30 L’anoressia nervosa si manifesta comunemente durante l’adolescenza o prima dell’età adulta, tuttavia alcune osservazioni cliniche recenti hanno evidenziato un progressivo abbassamento dell’età di insorgenza.

L’esordio di questo disturbo è graduale ed insidioso ed è spesso associato ad un evento stressante. Il fattore scatenante è in genere una dieta con una progressiva diminuzione dell’introito alimentare, con una riduzione delle porzioni o attraverso l’esclusione di alcuni cibi e il salto dei pasti.

Come abbiamo detto questi disturbi alimentari sono egosintocini, nel periodo iniziale dell’anoressia si osserva una fase di benessere soggettivo, un senso di gratificazione dovuto alla perdita di peso, al miglioramento della propria immagine e anche al sentimento di onnipotenza prodotto dalla capacità di controllare la fame. Il soggetto si trova nella cosiddetta “luna di miele” con il disturbo, in questa fase la consapevolezza del problema è scarsa e manca una richiesta di aiuto (Bracci, 2015).

In seguito, le preoccupazioni riguardo alla forma del corpo e al peso diventano persistenti e marcate e la paura di ingrassare non diminuisce con la perdita di peso.

Diventano comuni alcuni atteggiamenti ossessivi, come: il ricorso a un esercizio fisico intenso ed eccessivo, la misurazione frequente del peso e il confronto continuo con lo specchio, con la taglia dei vestiti, con la bilancia e con il corpo delle altre persone. Comuni sono alcuni rituali alimentari, come tagliare il cibo in piccoli pezzetti e mangiare lentamente, ma anche collezionare ricette e contare le calorie.

Con il tempo le pazienti diventano più irritabili, depresse e isolate socialmente e nella maggior parte dei casi i sintomi ossessivo-compulsivi conseguenti alla riduzione dell’apporto calorico e del peso tendono ad aggravarsi.

Il rapporto con i familiari può diventare teso e difficile, talvolta ostile, e i commenti critici da parte dei familiari possono influenzare negativamente il decorso del disturbo contribuendo al suo mantenimento (Ministero della Salute, 2013) (Nizzoli & Barozzi, 2012).

2.3.2 Bulimia

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31 - ricorrenti episodi di abbuffate9 alimentari;

- comportamenti di compenso volti ad evitare l’aumento di peso;

- stima di sé eccessivamente influenzata dalla forma e dal peso del corpo.

L’esordio della bulimia nervosa, come per l’anoressia nervosa è più frequente in età adolescenziale o nella prima età adulta. Le abbuffate iniziano in genere durante o dopo un periodo di restrizioni dietetiche ma possono precipitare l’esordio anche molteplici eventi stressanti, difficoltà personali ed emotive, e rappresentano un modo per sedare l’ansia e la tensione (Bracci, 2015).

L’antecedente più comune dell’abbuffata è un’emozione negativa. Altri fattori scatenanti comprendono la rottura delle regole dietetiche rigide ed estreme, stati di umore disforico, sentimenti negativi, conflitti, eventi stressanti, sentimenti di vuoto e di solitudine ma anche la noia.

Gli individui con bulimia nervosa tipicamente si vergognano dei loro problemi con l’alimentazione e tentano di nascondere i loro sintomi. Le abbuffate avvengono in solitudine, quanto più segretamente possibile (APA, American Psychiatric Association, 2013).

La maggior parte dei soggetti, per riprendere il controllo e compensare il disagio seguente all’abbuffata, e la paura di prendere peso, utilizza pratiche di compenso collettivamente denominate “condotte di eliminazione”. Il vomito rappresenta la condotta compensatoria inappropriata più frequentemente utilizzata, ma altre condotte comprendono l’uso di lassativi e diuretici, l’attività fisica eccessiva e il digiuno.

In un sottogruppo di persone affette da bulimia, sono presenti comportamenti autolesivi, talvolta finalizzati ad allontanare il disagio seguente alla crisi bulimica o come forma di punizione.

Alla persistente attenzione per il peso e la forma del corpo si aggiunge un’alimentazione molto irregolare, che alterna pratiche dietetiche estreme e rigide e abbuffate con o senza vomito autoindotto, seguite da sentimenti di autosvalutazione per la mancata capacità di auto controllo e di vergogna (Ministero della Salute, 2013) (Nizzoli & Barozzi, 2012).

9 Un episodio di abbuffata è caratterizzato: dall’ingestione di una quantità di cibo significativamente superiore a quella che la maggior parte degli individui assumerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili e dalla sensazione di perdita di controllo (APA, American Psychiatric Association, 2013).

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2.3.3 BED

Il Disturbo da Alimentazione Incontrollata o Binge Eating Disorder (BED) viene definitivamente riconosciuto dal DSM-5 come categoria diagnostica distinta dei disturbi dell'alimentazione, dai quali si differenzia nettamente per l’epidemiologia e per il suo rapporto peculiare con l’obesità e i disturbi dell’umore.

Si tratta di una condizione caratterizzata da ricorrenti episodi di discontrollo alimentare causata da fattori psicologici in assenza di cause mediche o genetiche, spesso associata a grave sovrappeso.

Questa condizione condivide con la bulimia nervosa gli episodi di abbuffata ma si caratterizza per l’assenza di regolari comportamenti di compensazione volti al controllo del peso, per questo motivo i soggetti con disturbo da BED hanno mediamente un peso maggiore e una maggiore frequenza di sovrappeso o obesità.

I soggetti con BED, nelle abbuffate, mangiano grandi quantità di cibo, molto rapidamente fino a sentirsi spiacevolmente pieni anche se non hanno la sensazione di fame. Le abbuffate accadono in situazioni in cui è presente una tendenza generale a mangiare in eccesso piuttosto che di restrizione dietetica e ciò spiega la forte associazione di questo disturbo con l'obesità.

La frequenza del BED nei soggetti che si rivolgono ai servizi sanitari dedicati all’obesità è tanto maggiore quanto maggiore è il grado di obesità.

Inoltre, i soggetti che soffrono di questo tipo di disturbo hanno un’età di esordio più varia, dall’infanzia all’età avanzata (a differenza di anoressia nervosa e bulimia nervosa in cui l’età di insorgenza è soprattutto quella adolescenziale) e la prevalenza è maggiore nelle persone di sesso maschile (circa il 30-40% dei casi).

Nei pazienti con BED alle abbuffate si associa in genere un senso di colpa, di imbarazzo, di inadeguatezza e di disgusto per se stessi derivanti dalla perdita di controllo che si verifica nell’episodio. Un tratto ampiamente diffuso tra questi pazienti è la bassa autostima, con tendenza all’umore depresso e spesso coesistono con la malattia altri disturbi mentali, come i disturbi dell'umore, di ansia e da uso di sostanze (Ministero della Salute, 2013) (Nizzoli & Barozzi, 2012).

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Capitolo 3

Prevenzione: una sfida possibile

“La corpulenza non è solo una malattia in sé, ma il presagio di altre, la sua cura necessita della giusta dose di nutrimento e di esercizio fisico.” (Ippocrate, 460-377 a.C.)

3.1 Fattori predisponenti

L’eccesso ponderale riguarda indistintamente adulti e bambini. Questo fenomeno, oltre a fattori genetici, è imputabile all’azione di un ambiente obesogeno che influisce sull’acquisizione di scorretti stili di vita (cattiva alimentazione, sedentarietà, inattività fisica) (Lee, 2009).

L’industrializzazione ed il progresso tecnologico hanno comportato una maggiore disponibilità e varietà dei generi alimentari. L’azione di mangiare non risponde più al segnale fisiologico della fame, che riflette una riduzione delle riserve energetiche. La regolazione dei pasti è scandita dalla scelta di un certo alimento rispetto ad un altro e dal piacere che se ne ricava nel consumarlo (Korner & Leibel, 2003).

Esiste infatti, un complesso ed intricato rapporto tra cibo e piacere, la sensazione di benessere e gratificazione che si prova dopo l’assunzione di un pasto è generata dall’attivazione del centro della ricompensa o del reward situato all’interno dell’area mesolimbica del cervello.

L’attivazione di questo sistema (che può essere generata anche da altri stimoli naturali) determina la messa in atto di comportamenti finalizzati a ricreare la stessa esperienza per provare nuovamente lo stesso stato di appagamento. Tuttavia, una eccessiva sollecitazione di questo centro induce un potente incremento del food-intake, soprattutto di cibi saporiti e palatabili, aprendo la strada a comportamenti di tipo compulsivo analoghi a quelli delle dipendenze, per cui il cibo diventa come una vera e propria droga, soprattutto nelle condizioni di stress (Marucci, 2012).

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