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Le crisi bancarie

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea Magistrale in

Banca, Finanza Aziendale e Mercati Finanziari

Tesi di Laurea

LE CRISI BANCARIE

Relatrice: Candidata:

Prof.ssa Ferretti Paola Conti Gemma

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LE CRISI BANCARIE

INDICE: Introduzione

CAPITOLO PRIMO: LA DISCIPLINA EUROPEA DELLE CRISI

1.1. L’Unione Bancaria Europea

1.1.1 Il Meccanismo Unico di Vigilanza 1.1.2 Il Meccanismo Unico di Risoluzione 1.1.3 Il Comitato Unico di Risoluzione 1.2. Il quadro normativo di riferimento, la BRRD

1.2.1 “Key Attributes of Effective Resolution Regimes for financial institutions” 1.2.2 BRRD: la “resolution” degli intermediari in crisi

1.2.2.1 Strumenti di prevenzione 1.2.2.2 Strumenti di intervento precoce

1.2.2.3 Strumenti di risoluzione e l’attività di risoluzione 1.2.2.4 Strumenti pubblici di stabilizzazione finanziaria 1.3. Il Fondo di Risoluzione Unico

CAPITOLO SECONDO: IL BAIL-IN COME SOLUZIONE DI GOING

CONCERN

2.1. Bail-in come strumento di risoluzione 2.1.1 Il funzionamento del bail-in 2.1.2 Le passività bail-inable 2.1.3 Le passività non bail-inable

2.1.4 Il piano di riorganizzazione aziendale

2.2. Minum Requirement of Own Funds and Eligible Liabilities, MREL 2.3. Riconoscimento contrattuale del Bail-in

2.4 Aspetti problematici

2.4.1 Bail-in e la costituzione Italiana 2.4.1.1 Il caso Austriaco

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CAPITOLO TERZO: LE CRISI BANCARIE: ALCUNI ASPETTI

TECNICO-OPERATIVI

3.1. Il bail-in, la cancellazione delle azioni e la conversione o svalutazione degli strumenti di capitale

3.1.1 Trattamento degli azionisti nel bail-in o nella svalutazione o conversione degli

strumenti di capitale

3.1.2 Ordine di riduzione e conversione nel contesto del bail-in e in relazione alle

norme CRR/CRD IV

3.2. Tasso di conversione del debito in capitale

3.3 Prove generali di bail-in: il caso delle banche Italiane

3.3.1 Crisi di Veneto Banca S.p.a e Banca Popolare di Vicenza S.p.a 3.3.2 Il salvataggio del Monte dei Paschi di Siena

3.4 Tutela del risparmio

3.4.1 L’informativa al pubblico, adeguatezza e appropriatezza

CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA SITOGRAFIA RINGRAZIAMENTI

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INTRODUZIONE

Il fulcro di questo lavoro è l’analisi del nuovo istituto giuridico, il bail-in, introdotto dalla direttiva Europea 2014/59/UE denominata Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD), recepita in Italia dal D.lgs n. 180/2015 e D.lgs n.181/2015. Tale direttiva appresta procedure di risoluzione di dissesti degli istituti creditizi e inderogabili criteri cui devono essere ispirati tutti gli interventi di risoluzione delle crisi bancarie in modo da assicurare la continuità delle funzioni essenziali dell’ente ed, in alternativa, a predisporre tempestivamente le misure applicabili in caso di insolvenza. Nell’ambito della procedura denominata «risoluzione», il bail-in è uno degli strumenti a disposizione delle Autorità di risoluzione per affrontare la situazione di crisi.

La grande crisi cominciata nel 2008 ha dimostrato che, per il bene pubblico e per evitare un danno all’economia reale, le istituzioni finanziarie non possono essere lasciate fallire come una qualsiasi altra impresa, ma richiedono procedure particolari e spesso un’iniezione di nuovo capitale; in mancanza di strumenti ad hoc e data la tempestività di intervento, spesso questi capitali sono stati forniti dagli Stati attraverso fondi pubblici (ricapitalizzazioni, garanzie, creazioni di bad banks), il così detto « Bail-out». Tuttavia, l’elevato costo dei salvataggi bancari è ricaduto sui Governi e in alcuni casi ha compromesso gli equilibri di finanza pubblica, costringendo i Paesi a costosi programmi di aggiustamento. È apparsa quindi l’urgenza di attuare una riforma del sistema di gestione delle crisi degli intermediari per evitare che i Governi si trovino ancora una volta di fronte alla scelta fra due sole opzioni: lasciar fallire le grandi banche, al costo di innescare gravi fenomeni di instabilità finanziaria, o intervenire per il salvataggio con aiuti pubblici con costi elevati per i contribuenti. Questo è il “perché” dell’introduzione del bail-in, uno strumento innovativo di risoluzione che

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permette di far gravare il peso della ripresa dell’attività bancaria sugli azionisti e sui creditori dell’istituto in difficoltà piuttosto che sui contribuenti; la sua innovazione è da ricondurre Punto di partenza dell’analisi è l’inquadramento dell’istituto in esame nell’ambito dell’Unione Bancaria cioè dell’ambizioso progetto susseguito alla crisi di uniformare la disciplina bancaria o quanto meno di aumentarne l’armonizzazione nell’ambito dell’Unione. L’Unione Bancaria è basata su un sistema di supervisione unico, Single Supervisory

Mechanims (SSM), un sistema unico di risoluzione della crisi, Single Resolution Mechanims (SRM), un sistema integrato di assicurazione dei depositi, Single Deposit Guarantee Scheme.

L’istituto del bail-in si colloca nell’ambito del sistema unico di risoluzione della crisi. Per rafforzare l’Unione Economica Europea gli Stati membri dell’area dell’euro hanno rinunciato all’esercizio delle sovranità nel settore bancario, che riveste un’importanza cruciale per il finanziamento all’economia reale, e alla discrezionalità che caratterizza la gestione delle crisi bancarie. In pochi mesi sono stati adottati il Regolamento SSM, il Regolamento SRM, la direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche (BRRD) e la direttiva sui sistemi di garanzia dei depositanti DGS. Si tratta di un cambiamento significativo che cerca di rendere più efficaci e armonizzare gli strumenti per la gestione della crisi, i quali si sono rilevati del tutto inappropriati e inadeguati nel corso della crisi finanziaria globale.

Sempre nel primo capitolo analizzeremo la Banking Recovery and Resolution Directive. La Direttiva dà attuazione in Europa a principi e criteri concordati in ambito internazionale, gli

FSB Key Attributes for Effective Resolution Regimes for Financial Institutions approvati per

definire meccanismi di risoluzione delle banche capaci di ì ridurre il rischio di moral hazard nella fase di going concern e, una volta conclamata la crisi dell’istituto, di ridurne il “costo sociale”.

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Principio portante di questo nuovo regime è costituito dall’assunto che le banche in crisi irreversibile debbano poter essere soggette ad “un’ordinata risoluzione”, vale a dire ad una liquidazione e/o ristrutturazione senza che la stabilità finanziaria ed economica del sistema sia posta in pericolo, e senza che il costo della crisi debba essere sopportato da risorse pubbliche. Naturale portato di questo principio è che la procedura di risoluzione debba essere sostenuta in primis attraverso risorse private (azionisti, creditori, fondi mutualistici alimentati con risorse private), e solo in via eventuale e residuale con capitali pubblici. La BRRD a tal fine, individua e impone l’introduzione in ciascuno Stato membro di (almeno) quattro strumenti per la risoluzione delle banche: sale of assets, bridge bank, bail-in, asset

separation tool.

Dopo un’analisi su strumenti e modifiche introdotti dalla BRRD la mia attenzione si focalizza su quello che reputo lo strumento principe, Il bail-in. Si tratta di una procedura di ricapitalizzazione interna che scatta quando l’ente creditizio raggiunge il c.d. point of

non-viability ossia quando sono soddisfatti i due presupposti per l’applicazione delle misure di

risoluzione: (a) l’ente creditizio è in dissesto o a rischio di dissesto (b) non vi sono prospettive di superare la situazione di dissesto o di rischio di dissesto in tempi adeguati. Attraverso il bail-in le perdite dell’ente sono imposte agli azionisti e ad alcuni creditori dell’ente mediante un processo che si sostanzia nella riduzione del valore nominale delle poste del passivo o nella conversione di strumenti di debito in strumenti di capitale. L’obiettivo di tale strumento è quello di ricapitalizzare l’ente in tutto o in parte in modo da rendere la sua situazione patrimoniale stabile in un orizzonte di lungo periodo.

Nell’ultimo capitolo di questo lavoro analizzo gli aspetti più tecnici e il possibile impatto su azionisti e creditori del bail-in attraverso l’analisi di alcune delle linee guida e dei regulatory

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Infine accenno i casi Italiani di Mps e delle Banche Venete alle prese con tali nuove normative e con il fine ultimo di evitare l’applicazione del bail-in.

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CAPITOLO PRIMO:

LA DISCIPLINA EUROPEA DELLE CRISI

1.1 Unione Bancaria Europea

Se prima della crisi era già sentita l’esigenza di costituire un set unico di regole di vigilanza in Europa per tenere il passo del crescente consolidamento del mercato unico europeo dei servizi finanziari, dopo la crisi tale esigenza è cresciuta; la mera emanazione di norme comunitarie e la creazione di autorità sovranazionali non era più sufficiente.

L’Unione Bancaria nasce da un accordo raggiunto il 29 Giugno 2012 dai Capi di Stato e di Governo dell’Area Euro1. L’Accordo si articolava in tre elementi: una dichiarazione di

principio nella quale veniva sottolineata l’importanza di interrompere il circuito perverso tra crisi bancarie e crisi del debito sovrano; l’impegno a porre in essere rapidamente un meccanismo unico di supervisione bancaria incentrato sul ruolo della Banca centrale europea, BCE; la possibilità di ricapitalizzare direttamente le banche in difficoltà attraverso l’accordo sul Meccanismo europeo di stabilità, ESM2, successivamente all’entrata in vigore

del meccanismo unico di supervisione bancaria.

1 Disponibile su: http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/fr/ec/131360.pdf. Al

documento ha fatto seguito una dichiarazione del 5 dicembre 2012 firmata dal Presidente del Consiglio europeo Van Rompuy, disponibile su: http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata -/it/ec/134190.pdf

2 Decisione del Consiglio Europeo del 25 marzo 2011 che modifica l’articolo136 del trattato sul

funzionamento dell’Unione europea relativamente a un meccanismo di stabilità per gli Stati membri la cui moneta è l’euro (2011/199/Ue).

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L’accordo dei Capi di Stato e di Governo è stato tradotto in una serie di strumenti nel corso del 2013 e 2014: il Regolamento sulla supervisione unica, Single Supervisory Mechanism3; la decisione di estendere l’accordo sull’ESM alla ricapitalizzazione diretta delle banche in difficoltà4; il Regolamento sulla risoluzione degli enti creditizi, Single Resolution Mechanism5, che si basa sulla direttiva Bank Recovery and Resolution Directive, BRRD6;

la nuova versione della direttiva sugli schemi di garanzia dei depositi, Single Deposit Guarantee scheme, DGS7. Il quadro regolamentare è completato dalle linee guida della Commissione Europea in materia di aiuti di Stato al settore bancario in vigore dal 1° agosto 2013.

L’Unione Bancaria si fonda su tre pilastri: il sistema unico di vigilanza, il sistema unico di risoluzione delle crisi, il sistema di garanzia dei depositi.

1.1.1 Il Meccanismo Unico di Vigilanza

Con riferimento al primo pilastro, il regolamento Single Supervisory Mechanism-SSM, attribuisce alla Banca Centrale Europea la supervisione unica al fine di conseguire tre obiettivi fondamentali: reagire alla frammentazione del mercato unico in seguito alla crisi

3 Regolamento (Ue) n. 1024/2013 del Consiglio del 15 ottobre 2013 che attribuisce alla Banca Centrale

Europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi

4 Vedi http://www.esm.europa.eu/press/releases/esm-direct-bank-recapitalisation-instrument-adopted.htm. 5 Regolamento (Ue) n. 806/2014 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 luglio 2014 che fissa norme

e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (Ue) n. 1093/2010.

6 Direttiva 2014/59/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 che istituisce un quadro

di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/Cee del Consiglio, e le direttive 2001/24/Ce, 2002/47/CE, 2004/25/Ce, 2005/56/Ce, 2007/36/Ce, 2011/35/Ue, 2012/30/Ue e 2013/36/Ue e i regolamenti (Ue) n. 1093/2010 e (Ue) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio.

7 Direttiva 2014/49/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014 relativa ai sistemi di

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finanziaria; garantire la supervisione efficiente dei gruppi bancari europei; evitare che la supervisione bancaria sia influenzata da considerazioni di natura non prudenziale (ad esempio mettere in atto misure nazionali che alterano la parità concorrenziale tra banche).

La nuova architettura di vigilanza Europea è entrata in vigore il 4 novembre 2014; La BCE ha acquisito i suoi poteri diretti di supervisione su 123 gruppi bancari dell’Eurozona, banche definite dal regolamento “significative”. Le banche considerate “meno significative” sono sottoposte alla supervisione delle autorità di supervisione nazionale. Al fine di garantire l’applicazione coerente di standard di vigilanza elevati, alla BCE è attribuita la possibilità di decidere, caso per caso, di esercitare direttamente tutti i poteri di vigilanza sulle banche “meno significative”, anche su istanza delle autorità nazionali8. Gli Stati membri non

appartenenti all’Area Euro possono aderire al sistema di supervisione unico su base volontaria.

I principali compiti dell’Autorità di vigilanza sono:

• Vigilare sulla conformità degli enti creditizi ai requisiti prudenziali; • Individuare carenze in fase precoce;

• Assicurare che si intervenga per superare tali carenze al fine di evitare che la situazione si trasformi in una minaccia per la stabilità finanziaria globale;

8 Art 6, par 5, lett b, del Regolamento SSM.

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La BCE nello svolgere la propria attività di supervisione applica la legislazione Europea sui requisiti di capitale (il Regolamento CRR9 e la Direttiva CRD IV10), con la quale è stato recepito nell’ordinamento comunitario l’Accordo di Basilea, Basilea 311. Applica anche

norme tecniche vincolanti e linee guida adottate dall’ European Banking Autority, EBA, le quali garantiscono convergenza e uniformità nell’applicazione della normativa consentendo di mantenere condizioni di parità di concorrenza nell’Unione12.

1.1.2 Il Meccanismo Unico di Risoluzione

Il Consiglio europeo del 13 e 14 dicembre 2012 ha affermato che "[i]n un contesto in cui la

vigilanza bancaria è trasferita effettivamente ad un meccanismo di vigilanza unico sarà necessario un meccanismo di risoluzione unico, dotato dei poteri atti ad assicurare che qualsiasi banca in uno Stato membro partecipante possa essere assoggettata a risoluzione mediante gli strumenti opportuni”.

Ha inoltre dichiarato che "[i]l meccanismo di risoluzione unico dovrebbe basarsi sui

contributi dello stesso settore finanziario e comprendere adeguate ed efficaci misure di sostegno. Queste ultime non dovrebbero avere implicazioni di bilancio nel medio termine assicurando che gli aiuti pubblici siano recuperati attraverso prelievi ex post nel settore finanziario".

9 Regolamento (Ue) n. 575/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 relativo ai

requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (Ue) n. 648/2012.

10 Direttiva 2013/36/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 sull’accesso all’attività

degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/Ce e abroga le direttive 2006/48/Ce e 2006/49/Ce.

11 Il testo dell’accordo Basilea 3 è disponibile all’indirizzo http://www.bis.org/-publ/bcbs189.pdf.

12 Sulle competenze dell’Eba rispetto all’Unione bancaria, vedi Stefano Cappiello, «The Eba and the Banking

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In tale contesto l'Unione ha adottato il regolamento Single Resolution Mechanism, che crea un sistema centralizzato di adozione delle decisioni per la risoluzione, dotato di mezzi finanziari adeguati attraverso l'istituzione del Fondo.

Cosi come il Meccanismo Unico di Vigilanza accentra la supervisione delle banche dell’Eurozona in capo alla BCE, il Meccanismo Unico di Risoluzione,Single Resolution

Mechanism-SRM, accentra il processo di risoluzione delle medesime banche in una nuova

autorità Europea, il Comitato Unico di Risoluzione, Single Resolution Board-SRB o

Comitato.

Il Regolamento SRM (Regolamento UE 806/2014, del 15 luglio 2014) istituisce il Comitato e le relative regole di funzionamento, ne definisce i compiti e le funzioni attuando per gli Stati aderenti le disposizioni contenute nella BRRD relative sia alla fase di preparazione della risoluzione, sia all’attuazione della risoluzione, sia infine al finanziamento delle operazioni di risoluzione; il Regolamento istituisce infatti un Fondo Unico di Risoluzione,

Single Resolution Fund, alimentato da contributi annuali versati da tutte le banche

dell’Eurozona.

Il SRM ha diverse finalità:

Garantisce un regime unico di risoluzione per affiancare la supervisione unica in modo da allineare le responsabilità di vigilanza a quelle di gestione della crisi; Rafforzare la fiducia nel settore bancario;

Mira ad allentare il legame pericoloso fra banche e Stati che si realizza quando il

funding per la soluzione delle crisi bancarie deriva da fondi esclusivamente nazionali;

Tende a ridurre la frammentazione dei mercati che si verifica quando gli investitori stabiliscono condizioni di prestito basate sulla forza finanziaria dello Stato in cui l’intermediario è localizzato invece che sul suo profilo di rischio;

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Impedire la corsa agli sportelli e il contagio;

Eliminare la frammentazione del mercato interno dei servizi finanziari;

L’applicazione degli stessi strumenti di risoluzione da parte di un’unica autorità per tutte le banche dell’Eurozona tende ad assicurare l’omogeneità delle strategie e politiche di risoluzione attuate nei diversi Paesi e un trattamento uniforme dei creditori.

Il Meccanismo di Risoluzione Unico prevede le fasi seguenti:

1. La BCE, ovvero l'autorità di vigilanza, comunica al Comitato di risoluzione unico che una banca è in dissesto o a rischio di dissesto.

Tale decisione può essere presa anche dalla sessione esecutiva del Comitato di risoluzione unico di propria iniziativa se, dopo essere stata informata, la BCE non reagisce nell'arco di 3 giorni.

2. La sessione esecutiva decide se una soluzione mutuata dal settore privato è possibile e se la risoluzione è necessaria nell'interesse pubblico.

3. Se non vengono soddisfatte le condizioni per la risoluzione, la banca è posta in liquidazione conformemente al diritto nazionale.

4. Se vengono soddisfatte le condizioni per la risoluzione, il Comitato di risoluzione unico adotta un programma di risoluzione. Il programma stabilisce gli strumenti di risoluzione e l'utilizzo del Fondo di risoluzione unico. Il Comitato trasmette il programma di risoluzione alla Commissione Europea13 subito dopo averlo adottato.

13 Spetterà alla Commissione Europea approvare il programma di risoluzione o obiettare agli aspetti

discrezionali dei programmi di risoluzione adottati dal Comitato di risoluzione unico. Può inoltre proporre che il Consiglio Europeo obietti ad un programma di risoluzione qualora non venga rispettato il criterio dell'interesse pubblico o laddove vi sia stata una modifica significativa dell'importo che deve essere utilizzato dal Fondo di risoluzione unico.

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5. Il programma entra in vigore entro 24 ore dalla sua approvazione da parte del Comitato. In questo arco di tempo la Commissione Europea può adottare il programma oppure:

• obiettare agli aspetti discrezionali del programma di risoluzione adottato dal Comitato di risoluzione unico

• proporre al Consiglio Europea14 di obiettare al programma perché la risoluzione non è necessaria nell'interesse pubblico. In questo caso il Consiglio delibera a maggioranza semplice

• proporre al Consiglio Europeo di approvare una modifica significativa all'importo del Fondo di cui al programma di risoluzione oppure di obiettare a tale modifica (è considerata significativa una modifica pari al 5% o più dell'importo del Fondo proposto dal Comitato)

Se la Commissione decide di proporre che il Consiglio muova obiezioni, essa deve agire in tal senso entro 12 ore dall'approvazione, da parte del Comitato, del programma di risoluzione, consentendo così al Consiglio di prendere una decisione entro le successive 12 ore. Se il Consiglio obietta alla risoluzione di un ente creditizio, questo è posto in liquidazione conformemente al diritto nazionale.

6. Il Comitato garantisce quindi che la necessaria azione di risoluzione sia presa dalle autorità nazionali di risoluzione competenti15.

14 Le principali funzioni del Consiglio Europeo sono: la nomina dei membri del Comitato di risoluzione

unico; determina in che modo i contributi ex ante al Fondo di risoluzione unico devono essere forniti dal settore bancario (adottando un atto di esecuzione); può, in certi casi, obiettare ad un determinato programma di risoluzione.

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L’ambito di applicazione del SRM coincide con quello del SSM e include tutte le banche e tutti i gruppi bancari dell’Eurozona e degli Stati Membri che avviano una stretta cooperazione con l’SSM; comprende inoltre le società appartenenti ai gruppi bancari soggetti alla vigilanza consolidata della BCE, pur se non soggette alla vigilanza individuale diretta della BCE, affinché sia possibile pianificare e gestire la risoluzione di un gruppo in modo unitario così da preservare il valore del gruppo nel suo insieme e conseguire il migliore risultato per tutte le società del gruppo.

1.1.3 Il Comitato Unico di Risoluzione

Il regolamento SRM attribuisce al Comitato il ruolo di “Autorità di Risoluzione” competente per i Paesi aderenti, ai sensi della direttiva BRRD. Come previsto anche per il SSM, è stabilita una ripartizione di competenze fra Autorità di Risoluzione Nazionale e il Comitato basata sulla tipologia di intermediari.

In particolare, il Comitato adotta le decisioni di risoluzione per:

i) Le banche «significative» ai sensi del Regolamento SSM;

ii) Le banche non significative la cui vigilanza sia avocata dalla BCE; iii) I gruppi transfrontalieri16.

Pertanto, rispetto al Regolamento SSM, sono accentrate non soltanto le banche più grandi ma anche quelle aventi un’operatività cross-border, ovvero quelle banche per le quali il beneficio di un accentramento delle responsabilità di risoluzione è significativo in quanto

16 Il Regolamento SRM definisce gruppi transfrontalieri quelli che possiedono filiazioni che siano banche,

imprese di investimento o società finanziarie stabilite in uno Stato Membro dell’Eurozona o in uno Stato Membro che ha avviato una stretta cooperazione con l’SSM.

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consente di superare un eventuale disaccordo fra le autorità home e le autorità host che potrebbe condurre ad azioni unilaterali pregiudizievoli per la stabilità finanziaria dell’area. Il Comitato avvia e gestisce la risoluzione decidendo quali strumenti applicare e in che misura utilizzare il fondo di risoluzione, previa approvazione della Commissione e, in alcuni casi, del Consiglio. Per le banche accentrate, le Autorità di Risoluzione Nazionale svolgono attività istruttoria di supporto al Comitato, possono predisporre una versione preliminare del piano di risoluzione e curano l’attuazione del programma di risoluzione utilizzando i poteri a esse attribuiti dalle leggi nazionali di recepimento della BRRD.

Per le banche non accentrate, l’esercizio dei poteri di risoluzione spetta alle Autorità di Risoluzione Nazionale sotto la vigilanza e nel rispetto delle istruzioni e linee guida dettate dal Comitato. Tuttavia, la competenza a predisporre il programma di risoluzione viene trasferita al Comitato anche per le banche non accentrate ove sia previsto l’intervento del Fondo Unico di Risoluzione. Le Autorità di Risoluzione Nazionale applicheranno le stesse disposizioni del Regolamento SRM che riproducono le norme della BRRD e le disposizioni nazionali di recepimento della direttiva sui poteri delle autorità di risoluzione, al fine di garantire l’unità e la coerenza del sistema. Responsabile del funzionamento efficace e coerente del sistema è il Comitato.

Il Comitato, Single Resolution Board, insediatosi 1° gennaio 2015, è composto dal Presidente, assistito da un Vice Presidente che però non ha diritto di voto, da quattro membri a tempo pieno, i quali rappresentano l’elemento sovranazionale, e da un membro per ciascuno Stato membro partecipante in rappresentanza delle autorità nazionali di risoluzione;

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esso di riunisce in sessione planetaria17 o nella sessione esecutiva18 in relazione alle diverse decisioni da assumere. In entrambi i casi alle riunioni sono presenti due osservatori permanenti, uno in rappresentanza della BCE e uno della Commissione.

Il Comitato:

• decide in merito ai programmi di risoluzione per le banche in dissesto (che includono l'applicazione di strumenti di risoluzione e l'utilizzo del Fondo di risoluzione unico)

• è direttamente responsabile delle fasi di pianificazione e risoluzione delle banche transfrontaliere e delle grandi banche dell'Unione bancaria, soggette alla vigilanza diretta della Banca centrale europea

• è responsabile di tutti i casi di risoluzione, indipendentemente dalle dimensioni della banca, qualora per la risoluzione si debba ricorrere al Fondo di risoluzione unico

• ha la responsabilità ultima per tutte le banche dell'Unione bancaria e può quindi decidere in qualsiasi momento di esercitare i suoi poteri nei confronti di qualunque banca19; Per poter esercitare le sue funzioni, il Comitato ha ampi poteri informativi e di indagine20: Può chiedere informazioni agli enti, ai singoli dipendenti o a terzi, previa verifica che l’informazione non sia già disponibile presso l’autorità di vigilanza nazionale; Può effettuare

17 Convocata per decidere su questioni di carattere generale e decisioni specifiche riguardanti le risorse del

fondo di risoluzione. Le decisioni sono assunte a maggioranza semplice che rappresenti una percentuale minima di contribuzioni al fondo.

18 Convocata per decisioni che riguardano i singoli intermediari, partecipano-oltre che al Presidente e i

quattro membri permanenti-solo i rappresentanti delle autorità di risoluzione dei Paesi in cui è insediato l’intermediario. Le decisioni sono assunte per consenso, se tale consenso non è raggiunto entro un termine stabilito dal Presidente, deliberano a maggioranza semplice.

19www.consilium.europa.eu.

20 Tali poteri sono strumentali all’esercizio delle funzioni del Comitato, per questo dovrebbero, in via

generale, essere riferiti alle sole banche accentrate; tuttavia tra le modalità previste per assicurare la coerenza del sistema è previsto che il Board possa esercitare in ogni momento i suddetti poteri. Sebbene non

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indagini generali attraverso la richiesta di documenti, l’esame di documenti contabili e la richiesta di spiegazioni; Può condurre ispezioni, sia in via diretta, previa notifica alla ARN e all’autorità di vigilanza competente, o in cooperazione con esse.

Tali poteri devono essere svolti in cooperazione con la BCE e le Autorità di Risoluzione Nazionale, in modo da evitare duplicazioni nello scambio informativo e con le attività svolte dalle stesse.

1.2 Il quadro normativo di riferimento, la BRRD

L’architettura della normativa che si va delineando deriva dalle dure lezioni impartite dalla crisi dei mutui subprime del 2007/2008 e parzialmente dalla successiva crisi del 2011/201221, detta crisi dei debiti sovrani.

In moltissimi Stati, per evitare contagi sistemici, sono stati posti in essere interventi urgenti di salvataggio, ciò in assenza di un quadro normativo chiaro e senza avvalersi di procedure di insolvenza ordinarie. Infatti, tali interventi, sono stati effettuati dagli Stati con l’utilizzo di fondi pubblici e hanno assunto sia la forma di prestiti urgenti22, erogati senza chiedere alcun previo sacrificio agli azionisti e ai creditori, sia la forma di vere e proprie ricapitalizzazioni23, effettuate senza la preventiva cancellazione delle azioni esistenti.

21 Per una visione completa: G. Boccuzzi, Towards a new framework for banking crisis management. The

international debate and the Italian model, in Quaderni di Ricerca Giuridica della Consulenza Legale, n. 71 e Cronologia della Crisi, 2007-2012. E. Galanti, Quaderni di ricerca giuridica della consulenza legale, n. 72

22 Vantaggio diretto per gli azionisti grazie all’estensione dell’opzione “call” sul patrimonio dell’impresa di

cui essi sono di fatto titolari (beneficio derivante da eventuali incrementi dell’attivo) vd. Caso “Northern Rock”.

23 Il vantaggio derivante dall’immissione, in una SPA insolvente, di capitale di rischio risiede nella

sostanziale inalterazione della condizione dei precedenti azionisti. Quest’ultimi rimangono titolari, benché in forma minore, di una pretesa sul patrimonio.

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Il risultato netto è stato un imponente trasferimento di risorse dai contribuenti agli azionisti e ai creditori delle banche in difficoltà. Inoltre ogni Stato, ha proceduto ad un trattamento diverso degli investitori e creditori, alcuni li hanno colpiti meno, mentre altri li hanno colpiti chiedendone l’intervento forzato sotto forma di sopportazione delle perdite24.

In estrema sintesi tali crisi hanno evidenziato:

Una rilevante difficoltà di gestione delle crisi bancarie, sia durante il loro serrato evolversi, sia a cose fatte;

Una diffusa consapevolezza che i bilanci pubblici siano stati gravati di perdite in misura eccessiva, dato che il salvataggio pubblico non di rado è stato effettuato senza la previa sopportazione delle perdite da parte di coloro che avevano investito negli intermediari salvati;

Elementi di distorsione nella concorrenza bancaria a causa dell’atteggiamento atteso dalle autorità dei diversi paesi in caso di crisi di banche poste nel loro territorio, con possibile svantaggio delle banche collocate in paesi incapaci (o divenuti incapaci) di sopportare le loro perdite in caso di crisi.

Inoltre, il supporto implicito dello Stato, di cui hanno beneficiato in particolar modo gli intermediari più grandi, quelli c.d too big to fail25, accresce il rischio di moral hazard, ovvero

di una assunzione eccessiva di rischi da parte degli intermediari nel presupposto che, in caso di dissesto, gli oneri della crisi saranno addossati ai contribuenti. Per superare tale grave problema, è necessario dotare le autorità di strumenti adeguati, non ad escludere la possibilità

24 Si veda, per tutti, la “Lectio magistralis” tenuta dal Presidente della European Banking Authority A. Enria,

La crisi in Europa, l’impatto sulle banche e la risposta delle autorità, Università di Trento,20 febbraio 2013

25 «too big to fail» è un’espressione entrata nell'uso comune nel linguaggio politico durante la crisi

economica globale scoppiata nel 2008 a proposito di banche, istituti creditizi o aziende considerate troppo grandi all'interno delle rispettive economie perché possano essere privati dell'intervento pubblico in caso di rischio di bancarotta.

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di fallimento ma a far sì che questo avvenga in modo ordinato, senza danni sistemici né oneri per i taxpayers.

Il superamento di questa pesante eredità appare il principale scopo del complessivo intervento sul sistema bancario Europeo, il quale è di straordinaria ampiezza e problematicità.

1.2.1“Key Attributes of Effective Resolution Regimes for financial institutions”

La normativa europea di gestione e risoluzione delle crisi a livello bancario nasce in ossequio a principi e criteri stabiliti a livello internazionale dal Financial Stability Board.

Nel novembre 2011 (e aggiornati nel 2014) sono stati pubblicati gli standard internazionali in tema di risoluzione, i Key Attributes of Effective Resolution Regimes26. Si tratta1 di principi (successivamente implementati all’interno della BRRD ed in generale nella Banking Union) che tutte le giurisdizioni sono chiamate a recepire27 e individuano strumenti e tecniche di risoluzione più efficaci tali da garantire un’ordinata risoluzione degli istituti creditizi, priva di conseguenze a livello sistemico.

Il principio cardine è che ogni banca deve poter essere liquidata limitando l’impatto sulla stabilità sistemica, attraverso una «risoluzione».

Altro aspetto fondamentale è che le perdite devono essere sopportate non dai contribuenti ma dal settore privato, in particolare dagli azionisti e da alcune categorie di creditori,

26 Financial Stability Board, Key Attributes of Effective Resolution Regimes for Financial Institutions, ottobre

2011.

27 Sebbene i principi dell’FSB non siano giuridicamente vincolanti gli Stati aderenti al G20 sono impegnati

ad attuarli. L’FSB effettua un monitoraggio periodico dello stato di attuazione dei principi con effetti reputazionali per i paesi che non vi si conformino.

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attraverso l’utilizzo di un nuovo strumento, il bail-in, che consente di svalutare e convertire crediti in azioni; ove necessario, dovranno intervenire fondi di risoluzione finanziati dagli intermediari.

Stabiliscono poi che per le maggiori banche a livello globale, le così dette G-SIBs, devono essere predisposti piani di recovery e di risoluzione ed effettuata una valutazione della loro «risolvibilità» diretta a creare le condizioni per potere applicare, in caso di dissesto, gli strumenti di risoluzione in un tempo molto breve, per non interrompere la continuità dei servizi finanziari essenziali e per preservare la stabilità sistemica.

Per meglio specificare le G-SIBs, «Globally Systemically Important Banks», sono banche che per dimensione e profilo possono dare origine in caso di difficoltà a fenomeni di instabilità economico-finanziaria a livello mondiale. Dal 2011, ogni novembre, il FSB e il Comitato di Basilea aggiornano l’elenco di tali banche che a novembre 2016 risultano essere 30 e fra le italiane figura solo Unicredit. La classificazione delle banche è fatta in “5 fasce”: la fascia più bassa richiede un surplus di capitale solo dell’1%, che aumenta al 2,5% nella fascia 4 ed al 3,5% nella fascia 5

Tale nuovo regime impone agli intermediari e alle autorità di pensare alla crisi ben prima che se ne intravedano i presupposti, thinking the unthinkable: le banche devono prefigurare scenari di difficoltà, valutarne gli impatti e individuare azioni di risposta efficaci; le autorità devono individuare in anticipo gli ostacoli nell’applicazione degli strumenti di risoluzione e definire tutte le azioni da porre in essere per gestire in modo ordinato la crisi dell’intermediario.

I principi contenuti nei Key Attributes sono stati recepiti in Europa dalla direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche, Bank Recovery and Resolution Directive, la quale ha introdotto strumenti comuni per prevenire, gestire e risolvere le crisi, meccanismi di

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cooperazione rafforzati per gestire le crisi dei gruppi cross-border e strumenti diretti ad assicurare che il settore privato contribuisca in modo equo ai costi delle crisi.

1.2.2 BRRD: la “resolution” degli intermediari in crisi

“La crisi finanziaria ha evidenziato una mancanza significativa di strumenti adeguati a

livello di Unione per gestire con efficacia gli enti creditizi e le imprese di investimento («enti») in crisi o in dissesto. Tali strumenti sono necessari, in particolare, per prevenire stati di insolvenza o, in caso di insolvenza, per ridurre al minimo le ripercussioni negative preservando le funzioni dell’ente interessato aventi rilevanza sistemica. Durante la crisi, queste sfide sono state un fattore determinante che ha costretto gli Stati membri a procedere al salvataggio degli enti utilizzando il denaro dei contribuenti. L’obiettivo di un quadro credibile di risanamento e di risoluzione è quello di ovviare quanto più possibile alla necessità di un’azione di questo tipo”.28

La Direttiva 2014/59/UE, Bank Recovery and Resolution Directive, BRRD, pur concepita prima del progetto di Unione Bancaria ne costituisce una componente essenziale e risulta essere il testo di maggior importanza in materia di risanamento e risoluzione delle crisi bancarie e delle imprese di investimento. Essa si aggiunge e modifica la Direttiva 2001/24/CE del 4 aprile 2001 “in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi”29.

“Con l’adozione della direttiva 2014/59/UE, le autorità europee intendono realizzare l’obiettivo di un quadro giuridico di maggiore certezza da applicare per la ristrutturazione

28 L. 173/190 Direttiva del Parlamento e del Consiglio Europeo n. 59 del 15 maggio 2014. Considerando (1). 29 Attuata in Italia con d.lgs. 9 Luglio 2004, n. 197, che ha inserito nel TUB vari articoli, fra cui gli art. 95-bis

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24 delle banche in crisi, il mantenimento delle funzioni vitali svolte dalle banche al servizio dell’economia reale, l’allocazione dei costi e delle perdite tra azionisti e creditori. Perfezionando cosi un sistema di regole più efficiente sia nel trattamento delle crisi a livello nazionale sia in caso di insolvenze di banche operanti cross-border”30.

La BRRD non è una mera normativa di coordinamento di procedure aperte in Stati diversi, regolate da legislazioni diverse, ma costituisce una normativa di armonizzazione sostanziale delle relative legislazioni necessaria per assicurare che tutti gli Stati aderenti al SRM dispongano dei medesimi strumenti, oltre che per consentire il coordinamento fra le autorità nelle crisi che coinvolgono intermediari cross-border operanti anche negli Stati non aderenti.

A partire dal 1 Gennaio del 2015 il “single rulebook”, che reca tutti i contenuti previsti dalla Direttiva, è stato adottato dai singoli Stati, che con la legge delega 1758 del 5 Febbraio 2015 in Gazzetta Ufficiale come LEGGE 9 luglio 2015 n. 114, hanno provveduto all’implementazione dei contenuti nella speciale disciplina nazionale.

L’ambito di applicazione della direttiva è esteso a tutte le banche e alle imprese di investimento soggette a requisiti prudenziali. L’esperienza della crisi ha infatti dimostrato che anche l’insolvenza di banche minori può generare fenomeni di instabilità sistemica se, per effetto di un contagio, l’instabilità si estende a molti intermediari con modelli di business simili. È inoltre possibile sottoporre a risoluzione la società capogruppo e le entità del gruppo controllate da una banca, da una SIM o da una società finanziaria, soggette a vigilanza consolidata ai sensi del regolamento UE n. 575/2013. La società capogruppo potrà essere soggetta a risoluzione non soltanto quando essa stessa sia in dissesto o a rischio di dissesto (failing or likely to fail) ma anche quando la crisi di una società del gruppo sia tale da

30 G. Boccuzzi, L’Unione Bancaria Europea - La riforma europea delle regole di gestione delle crisi

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minacciare la stabilità del gruppo e sia necessario attuare la risoluzione coordinata del gruppo nel suo insieme.31

Le funzioni e i poteri di risoluzione, come detta l’Art. 3 della BRRD, sono conferiti a una o più autorità di risoluzione, costituite sotto forma di autorità pubblica, a cui sono conferiti poteri amministrativi pubblici, già esistente o di nuova costituzione. Possono essere autorità di risoluzione le banche centrali nazionali i sistemi di garanzia dei depositi o ministeri delle finanze o, in via eccezionale, alle autorità di vigilanza.

I Key Attributes prevedono che tutti paesi devono designare una autorità pubblica cui è attribuito l’esercizio delle funzioni di risoluzione, che sia operativamente indipendente nel perseguimento degli obiettivi ad essa assegnati dalla legge, ovvero non soggetta a pressioni politiche o dell’industria bancaria. Mentre la BRRD introduce il requisito di separazione fra le due funzioni, i Key Attributes non contengono tuttavia alcun riferimento alla necessità di separare le funzioni di vigilanza da quelle di risoluzione; attività che pur condividendo l’obiettivo della salvaguardia della stabilità finanziaria e della tutela dei depositanti hanno obiettivi intermedi diversi. La funzione di vigilanza deve assicurare la stabilità degli intermediari attraverso un monitoraggio dell’attività volta a verificare che questi non assumano rischi eccessivi e operino nel rispetto di regole e condizioni di sana e prudente

31 Vedi Direttiva 2014/59/UE Art. 1 Par.1 “1. La presente direttiva stabilisce norme e procedure per il

risanamento e la risoluzione delle entità seguenti: a) enti stabiliti nell’Unione;

b) enti finanziari stabiliti nell’Unione come filiazioni di un ente creditizio o di un’impresa di investimento o di una società di cui alle lettere c) o d), soggetti alla vigilanza dell’impresa madre su base consolidata in conformità degli art. da 6 a 17 del regolamento (UE) n. 575/2013;

c) società di partecipazione finanziaria, società di partecipazione finanziaria mista e società di partecipazione mista stabilite nell’Unione;

d) società di partecipazione finanziaria madri in uno Stato membro, società di partecipazione finanziaria madri nell’Unione, società di partecipazione finanziaria mista madri in uno Stato membro, società di partecipazione finanziaria mista madri nell’Unione;

e) succursali di enti stabiliti o ubicati al di fuori dell’Unione secondo le specifiche condizioni previste nella presente direttiva”.

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gestione. La funzione di risoluzione ha il compito di minimizzare l’impatto sistemico di una crisi, attuare in tempi brevi una transazione che assicuri la continuità dei servizi finanziari essenziali e precostituire le risorse finanziarie necessarie ad assorbire le perdite e a ricapitalizzare l’intermediario senza oneri per i contribuenti.

Nel caso in cui l’autorità di risoluzione coincida con l’autorità di vigilanza, è necessario predisporre presidi organizzativi per evitare conflitti d’interesse, assicurare l’indipendenza operativa fra le due funzioni, pur garantendo un efficiente scambio informativo, e ridurre il rischio di forbearance. In tale rischio può incorrere l’autorità di vigilanza quando, temendo che la crisi di un intermediario possa condurre ad un giudizio negativo sulla qualità del proprio operato, potrebbe decidere di posporre l’avvio della risoluzione sperando in un miglioramento spontaneo delle difficoltà. Ciò potrebbe comportare maggiori perdite e distruzione di ricchezza per tutti gli agenti economici coinvolti. Un assetto istituzionale che attribuisca a un’autorità diversa da quella di supervisione il potere di attuare la risoluzione dovrebbe spezzare questo meccanismo.

“Gli Stati membri provvedono a che ogni autorità di risoluzione disponga delle competenze,

risorse e capacità operative atte ad applicare le azioni di risoluzione e sia in grado di esercitare i suoi poteri con la rapidità e flessibilità necessarie per conseguire gli obiettivi della risoluzione32”.

Il corpo della direttiva è composto da tre parti fondamentali e ben distinte: quella dedicata alla prevenzione della crisi33, quella dedicata agli interventi precoci34 e quella dedicata alla

“resolution” degli intermediari in crisi35.

32 Art. 3 Par. 8, BRRD.

33 Tit. II. PREPARAZIONE, Art. da 4 a 26, BRRD.

34 Tit. III. INTERVENTO PRECOCE, Art. da 27 a 30, BRRD. 35 Tit. IV. RISOLUZIONE, Art 31 e ss, BRRD.

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1.2.2.1 Strumenti di prevenzione

Garantiscono la pianificazione, da parte delle banche e delle autorità, delle attività da svolgere in caso di difficoltà o di vera e propri crisi.

Sotto al titolo di “preparazione” vanno tre istituti alquanto diversi: il piano di risanamento, “recovery plan”, il piano di risoluzione, “resolution plan” e i trasferimenti infragruppo.

I RECOVERY PLANS (Art. 5-9, BRRD)

Ogni Ente deve dotarsi di un piano di risanamento redatto secondo standard tecnici previsti dall’EBA36, rivisto ogni anno e aggiornato all’occorrenza. Il fine è di imporre

all’intermediario di effettuare un’adeguata preparazione per l’eventualità di una crisi, al fine di mantenere la liquidità e la continuità delle funzioni essenziali per la sua operatività e la stabilità finanziaria di lungo periodo (long term stability).

Il piano deve indicare atti e politiche da intraprendere per accedere a finanziamenti d’emergenza, per effettuare ricapitalizzazioni, per cedere rapidamente rami d’azienda o

asset. In nessun caso potrà prevedere il sostegno finanziario pubblico. Prevede inoltre,

gli indicatori al cui verificarsi è previsto che scattino le diverse misure tese a consentire il superamento della crisi; tali indicatori, che devono essere di agevole accertamento, possono avere carattere quantitativo o qualitativo.

L’adeguatezza del piano è giudicata dall’autorità di vigilanza che può imporre modifiche organizzative e altre misure dirette a rimuovere possibili impedimenti all’eventuale

36 Si vedano all’indirizzo www.eba.europa.eu/regulation-and-policy/recovery-and-resolution. I consultation

papers pubblicati il 20 maggio 2013 dall’EBA in vista della redazione dei technical standards relativi agli

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futura attuazione del piano e a ridurre, così, il profilo di rischio dell’intermediario. Per gli intermediari strutturati in un gruppo sarà la capogruppo a redigere un solo piano, finalizzato alla stabilizzazione della situazione finanziaria dell’intero gruppo.

I RESOLUTION PLANS (Art. 10-14, BRRD)

I piani di risoluzione, che trovano un efficace descrizione nei Key Attributes37, vengono redatti dall’Autorità di risoluzione in cooperazione con l’Autorità di Vigilanza (talvolta con la collaborazione degli stessi istituti), sono elaborati nel corso dell’ordinaria attività delle banche o dei gruppi bancari e si pongono come obiettivo un’ordinata gestione della eventuale crisi, in modo da evitare, o quantomeno ridurre, i rischi sistemici e le perdite; inoltre facilitano il futuro ed eventuale uso dei poteri di “resolution”.

I piani contengono le misure da applicare tempestivamente qualora siano soddisfatte le condizioni per la risoluzione.

In particolare, il resolution plan deve contenere, a norma dell’Art. 10 Par. 7, i seguenti elementi:

• Modalità di separazione economica e giuridica delle funzioni essenziali e delle linee di businness principali che permetta la continuità in caso di insolvenza della banca;

• Tempistiche di esecuzione dei contenuti del piano;

• Descrizione delle possibilità di “resolvability” dell’istituto;

37 Key Attributes, Annex III – 1.8: “The resolution plan should facilitate the effective use of the resolution

authority’s powers with the aim of making feasible the resolution of any firm without severe systemic disruption and without exposing taxpayers to loss while protecting systemically important functions. It should serve as a guide to the authorities for achieving an orderly resolution, in the event that recovery measures are not feasible or have proven ineffective”.

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• Varie modalità di finanziamento della risoluzione senza il ricorso al sostegno pubblico;

• Requisito minimo di fondi propri e passività assoggettabili a bail-in; • Opzioni per il mantenimento dell’accesso ai servizi di pagamento;

Preliminare alla stesura del piano è l’identificazione di una appropriata strategia di risoluzione; il piano conterrà i dettagli operativi di tale strategia scelta.

L’intermediario deve fornire tutte le informazioni necessarie all’Autorità al fine di consentile di redigere il piano e prestare assistenza quando viene richiesta. Il piano deve essere rivisto con cadenza annuale e ogni volta si verificano cambiamenti significativi.

Nell’elaborazione del piano le Autorità devono individuare preventivamente gli ostacoli alla possibilità di applicare la strategia e gli strumenti di risoluzione e definire tutte le azioni da porre in essere per gestire efficacemente la crisi dell’intermediario, senza effetti negativi per la stabilità sistemica e preservando la continuità dei servizi finanziari essenziali.

Si tratta della c.d. valutazione della “resolvability”38 dell’intermediario, nell’ambito della

quale le Autorità di risoluzione devono valutare l’effettiva realizzabilità della strategia di risoluzione scelta. Le Autorità disporranno di ampi poteri per migliorare la risolvibilità degli intermediari, tra i quali la possibilità di chiedere modifiche della struttura legale e operativa dei gruppi per ridurne la complessità e per isolare e separare le funzioni critiche svolte dall’intermediario, e l’emissione di passività che possono essere soggette a bail-in.

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I TRASFERIMENTI INFRAGRUPPO (Art. 19-26, BRRD)

La Direttiva prevede espressamente la liceità di accordi di sostegno finanziario infragruppo, destinati a scattare quando una delle entità del gruppo rientri nei presupposti dell’intervento precoce ai sensi dell’articolo 27, purché siano soddisfatte altresì le condizioni stabilite nel capo in esame.

L’accordo deve essere approvato dalle Autorità dei vari paesi membri interessati e dagli azionisti di ogni singola società coinvolta.

Il sostegno finanziario può essere concesso solo se vi siano ragionevoli prospettive che esso sia risolutivo e fornito nell’interesse della stabilità del gruppo, che esso può essere restituito o compensato dall’ente che lo riceve, e solo se consti che non vi è pericolo per la stabilità dell’entità che lo fornisce, la quale deve rispettare i requisiti della direttiva 2013/36/UE, CRD IV, in ordine a capitale o liquidità e altri requisiti imposti dalla stessa.

1.2.2.2 Strumenti di intervento precoce

Le misure di intervento precoce vengono utilizzate per rimediare ai problemi prima che questi compromettano la permanenza dell’intermediario sul mercato (viability). Si tratta di un rafforzamento dei poteri delle Autorità di vigilanza.

Sotto al titolo “intervento precoce” troviamo: gli ordini agli amministratori e i poteri di ispezione; la rimozione dell’alta dirigenza e dell’organo amministrativo; il temporary

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GLI ORDINI AGLI AMMINISTRATORI E IL POTERE DI ISPEZIONE (Art 27, BRRD)

Qualora un ente violi, a causa di una situazione in rapido deterioramento (un

peggioramento della situazione di liquidità, rapido aumento dei livelli di leva finanziaria, dei crediti in sofferenza o della concentrazione di esposizioni) o stia per violare uno qualsiasi dei requisiti previsti39, la Direttiva prevede che gli Stati membri consentano all’Autorità di vigilanza di avere a disposizione una serie di strumenti di intervento sugli amministratori dell’intermediario. Essa potrà richiedere all’organo di amministrazione dell’ente di:

• Attuare uno o più dei dispositivi o delle misure previsti nel piano di risanamento o di aggiornare tale piano quando le condizioni che hanno portato all’intervento precoce divergono rispetto alle ipotesi ivi contemplate iniziale;

• Esaminare la situazione, indicare le misure atte a superare i problemi individuati e preparare un programma d’azione a tal fine, indicandone i tempi di attuazione; • Convocare un’assemblea degli azionisti fissandone l’ordine del giorno;

• Richiedere la rimozione o la sostituzione di uno o più membri dell’organo di amministrazione qualora non siano ritenuti idonei a svolgere i loro compiti; • Effettuare cambiamenti nella strategia aziendale, alle strutture giuridiche o

operative dell’ente;

• Adottare un piano di ristrutturazione del debito.

39 Requisiti del Regolamento (UE) n. 575/2013, CRR, della Direttiva 2013/36/UE, CRD IV, del Titolo II

della Direttiva 2014/65/UE, MiFID II, o di uno degli articoli da 3 a 7, da 14 a 17, e 24, 25 e 26 del Regolamento (UE) n. 600/2014, MiFIR.

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L’Autorità può, inoltre, eseguire ispezioni al fine di aggiornare i resolution plan o prepararsi alla resolution dell’intermediario.

LA RIMOZIONE DELL’ALTA DIRIGENZA E DELL’ORGANO DI AMMINISTRAZIONE (Art. 28, BRRD)

La gestione dell’intermediario, a prescindere dalla sua situazione finanziaria, potrebbe essere afflitta da gravi violazioni di legge, regolamenti o statuto, o potrebbero essere state commesse gravi irregolarità gestionali. In tutte queste ipotesi di allarme di natura finanziaria o gestionale, e nel caso le misure elencate sopra non risultino sufficienti, l’autorità di vigilanza può rimuovere (no sostituire) tutti o parte degli amministratori, singoli manager apicali o tutto il management. La nomina di nuovi esponenti in sostituzione di quelli rimossi avverrà secondo le modalità ordinarie, ma dovrà essere approvata dall’Autorità.

In questi interventi è riflessa la constatazione che vi è storicamente una stretta correlazione fra cattiva governance e crisi dell’intermediario, correlazione confermata anche in occasione della crisi finanziaria40.

TEMPORARY ADMINISTRATOR (Art. 29, BRRD)

Qualora l’Autorità ritenga che le misure sopra elencate non siano sufficienti per porre rimedio alla situazione, essa ha la possibilità di nominare uno o più amministratori temporanei con poteri di sostituzione o anche solo di affiancamento rispetto al management dell’intermediario.

40 Per approfondimenti L. Donato, M. Cossa, Giocare d’anticipo: crisi bancarie e strumenti preventivi

dell’Autorità di Vigilanza, in Banca impresa società, 2011, p. 339 ss.: “la crisi generale ha inciso in modo

particolarmente penetrante sugli intermediari già afflitti da prassi irregolari e caratterizzati da un’operatività non sana e prudente, rendendo più rapida e impietosa l’emersione di squilibri nella struttura economica” (p. 346).

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I poteri e gli obiettivi dell’amministratore temporaneo41 sono stabiliti dall’Autorità

all’atto della nomina; possono comprendere l’accertamento dell’effettiva situazione finanziaria dell’ente, la gestione dell’attività di questo in toto o in parte al fine di preservare o risanare la sua situazione finanziaria, l’adozione di misure per ripristinare una gestione sana e prudente dell’attività. Può inoltre, previa approvazione dell’Autorità, convocare l’assemblea degli azionisti fissandone l’ordine del giorno. L’incarico dura massimo un anno, può essere rinnovato in via eccezionale solo se sussistono le condizioni per la designazione di un amministratore temporaneo.

Molto importante è non confondere la figura del temporary administrator con quella dello

special manager42 disciplinata nella BRRD. Quest’ultimo è il soggetto che può essere incaricato dall’Autorità di risoluzione ad attuare gli strumenti di risoluzione, adottare tutte le misure necessarie per promuovere gli obiettivi della risoluzione, e assume tutti i poteri degli amministratori e degli azionisti.

1.2.2.3 Strumenti di risoluzione e l’attività di risoluzione

La risoluzione, come già detto, mira a salvaguardare la continuità dei servizi finanziari essenziali: ciò ha luogo attraverso il rapido trasferimento di attività e passività ad altri intermediari o a veicoli costituiti dalle autorità, o attraverso la ristrutturazione dell’intermediario tramite uno strumento del tutto innovativo, il bail-in o «salvataggio interno».

41 Tale istituto richiama la gestione provvisoria di cui all’Art. 76 TUB e l’amministrazione straordinaria di

cui agli Art. 70 ss. TUB, anche per il fatto di poter scattare anche a fronte di violazioni che prescindono dal deterioramento della situazione finanziaria.

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Nella BRRD, sotto al titolo “risoluzione” troviamo un set minimo di strumenti di risoluzione di cui tutte le Autorità devono disporre: la vendita di attività e passività dell’intermediario ad un acquirente privato “sale of business”; la creazione di una “bridge bank” cui trasferire attività e passività dell’intermediario in vista di una futura vendita sul mercato; la costituzione di una “bad bank” cui trasferire crediti anomali e attività di difficile valutazione,

asset separation tool; il bail-in.

SALES OF BUSINESS (Art. 38-39 BRRD)

La vendita delle attività e passività a un acquirente privato43 può riguardare tutte o parte delle attività, diritti, passività, azioni o altri titoli della banca in risoluzione. Caratteristica essenziale è che essa è disposta dall’Autorità e non richiede il consenso degli azionisti né di soggetti terzi. La vendita deve avvenire possibilmente a condizioni di mercato, tenuto conto delle circostanze deve essere: trasparente; compatibile con l’obiettivo di preservare la stabilità finanziaria; non deve determinare conflitti di interesse o discriminazioni tra potenziali cessionari; né conferire vantaggi competitivi.

Il corrispettivo della cessione, al netto dei costi eventualmente sostenuti dal fondo di risoluzione, deve essere conferito alla banca in risoluzione. Le attività non trasferite, tendenzialmente quelle deteriorate, dovranno essere liquidate secondo le leggi nazionali applicabili entro un periodo di tempo appropriato.

43 Non è uno strumento nuovo per l nostra giurisdizione; In Italia è lo strumento tipico utilizzato per

assicurare la continuità dei servizi essenziali degli intermediari sottoposti a liquidazione coatta

amministrativa e massimizzare il valore dei recuperi di liquidazione, ovvero la cessione di attività e passività ex art. 90 TUB.

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BRIDGE BANK (Art.40-41, BRRD)

Le attività, passività, azioni della banca in risoluzione possono essere trasferite, senza consenso da parte degli azionisti né di soggetti terzi, in tutto o in parte, a una bridge

bank, o ente-ponte, temporanea costituita dalle autorità al fine di gestire le attività della

banca in risoluzione in vista della loro successiva cessione ad acquirenti privati; questo consente di mantenere la continuità delle funzioni essenziali.

La bridge bank deve essere totalmente o parzialmente posseduta da soggetti pubblici, inclusa l’Autorità di risoluzione, o dal fondo di risoluzione; deve essere autorizzata a svolgere le attività derivanti dal trasferimento ai sensi della vigente normativa; è soggetta a vigilanza e al rispetto delle norme prudenziali. Tuttavia, ove necessario per conseguire gli obiettivi della risoluzione, può essere autorizzata temporaneamente a esercitare l’attività bancaria o a prestare servizi e attività di investimento anche se non soddisfa inizialmente i requisiti prudenziali stabiliti dalla normativa applicabile. La durata della bridge bank è limitata a 2 anni, rinnovabili per uno o più periodi della durata di un anno; dopo la cessione delle attività sul mercato o alla scadenza verrà sottoposta a liquidazione, i proventi derivanti dalla cessione finale dell’attività dell’ente ponte, al netto dei costi sostenti dall’Autorità o dal fondo di risoluzione, andranno a beneficio dei suoi azionisti (le autorità pubbliche, il fondo o anche i creditori convertiti in capitale a seguito del bail-in, ove gli strumenti siano usati congiuntamente). La bridge bank rappresenta uno strumento particolarmente utile quando non sia immediatamente individuabile un acquirente privato disponibile a subentrare nelle attività e passività dell’intermediario in crisi. Tale strumento si presta ad essere utilizzato quando sia possibile individuare e separare le attività critiche e sane da quelle deteriorate e non essenziali (la direttiva non esclude il trasferimento in blocco); le prime saranno trasferite

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alla bridge bank mentre le altre resteranno alla banca in risoluzione e verranno liquidate secondo la procedura ordinaria.

BAD BANK (Art. 42, BRRD)

La Bad Bank permette di separare le attività deteriorate e di difficile valutazione da quelle sane. Trattasi di una società veicolo costituita per amministrare i beni e i rapporti giuridici a essa ceduti dalla banca in risoluzione e consente di massimizzarne il valore attraverso la gestione con un orizzonte temporale adeguato e successiva cessione.

Il capitale della bad bank è detenuto dal fondo di risoluzione o da Autorità pubbliche, come nel caso della bridge bank l’Autorità di risoluzione nomina o approva gli organi amministrativi e di controllo, l’atto costitutivo, lo statuto, la strategia e il profilo di rischio.

Poiché consente di liberare il bilancio della banca in risoluzione dalle attività deteriorate, la BRRD prevede che sia utilizzata sempre in combinazione con gli altri strumenti di risoluzione per impedire che ne derivi un indebito vantaggio competitivo a favore dell’intermediario in dissesto44.

BAIL-IN (Art. 43-56, BRRD)

Il bail-in, strumento più innovativo e centro del mio studio, consiste nella riduzione del valore delle azioni e di alcuni crediti e nella conversione dei crediti in azioni disposta dalle Autorità al ricorrere delle condizioni si risoluzione. Tale strumento non fornisce di per sé liquidità all’intermediario, ma permette di ripristinarne la consistenza patrimoniale in tempi brevissimi, creando così le condizioni perché l’intermediario possa reperire sia

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sul mercato, sia mediante interventi di Emergency Liquidity Assistance, la liquidità di cui eventualmente difetta45.

L’attività di risoluzione risponde a obiettivi stabiliti dalla BRRD Art. 31, Par. 2: • Assicurare la continuità dei servizi essenziali;

• Proteggere la stabilità finanziaria, prevenendo il contagio e mantenendo la disciplina di mercato;

• Salvaguardare i fondi pubblici minimizzando il ricorso a forme straordinarie di sostegno pubblico;

• Tutelare i depositanti, i fondi e le attività della clientela;

Nel perseguire tali obiettivi l’autorità di risoluzione cerca di minimizzare i costi della risoluzione e di evitare distruzione di valore.

Affinché si attivino gli strumenti di risoluzione, è necessario che si verifichino tre condizioni, art. 32, BRRD.

In primo luogo, l’intermediario deve trovarsi in una situazione di difficoltà avanzata, deve essere in dissesto o a rischio dissesto.

L’ente è considerato in dissesto o a rischio dissesto in uno o più delle seguenti situazioni46:

a) l’ente viola, o vi sono elementi oggettivi a sostegno della convinzione che nel prossimo futuro violerà, i requisiti per il mantenimento dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria;

45 Per approfondimenti vedi cfr. infra Cap. 2. 46 BRRD, Art. 32, par. 4.

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b) le attività dell’ente sono, o vi sono elementi oggettivi a sostegno della convinzione che nel prossimo futuro saranno, inferiori alle passività;

c) l’ente non è, o vi sono elementi oggettivi a sostegno della convinzione che nel prossimo futuro non sarà, in grado di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza;

d) l’ente necessita di un sostegno finanziario pubblico straordinario47, ad eccezione di:

garanzie statali a sostegno delle passività di nuova emissione e di operazioni di credito di ultima istanza dalle banche centrali e le misure di ricapitalizzazione precauzionale purché effettuate a favore di banche solvibili per porre rimedio a gravi turbolenze dell’economia. La valutazione del rischio di dissesto dell’intermediario è assegnata all’Autorità di vigilanza, la BCE nella veste si supervisore unico che ne e dà comunicazione al Comitato, SRB, e alla Commissione. Dovrà avere a riferimento sia elementi quantitativi che qualitativi, poiché l’Autorità può intervenire anche quando l’insolvenza non si è già manifestata ma sia probabile nel futuro.

In secondo luogo, l’Autorità deve poter ragionevolmente escludere che altri interventi di vigilanza o soluzioni di mercato, inclusa la svalutazione o la conversione in azioni degli strumenti di capitale, siano in grado di evitare il fallimento dell’intermediario.

In terzo luogo, l’utilizzo degli strumenti di risoluzione è ammesso solo per finalità di interesse pubblico ovvero quando la risoluzione è necessaria per raggiungere uno o più degli

47 «Sostegno finanziario pubblico straordinario»: aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE o

qualsiasi altro sostegno finanziario pubblico a livello sovranazionale che se erogato a livello nazionale configurerebbe un aiuto di stato, forniti per mantenere o ripristinare la solidità, la liquidità o la solvibilità di un ente o entità [..], o di un gruppo di cui tale ente o entità fa parte. BRRD, Art. 2 Par. 1, (28)

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obiettivi stabiliti dalla Direttiva, di cui sopra, che le ordinarie procedure di liquidazione non permetterebbero di conseguire48.

Mentre la prima condizione è sempre verificata dalla BCE, le altre due condizioni, per le banche accentrate sono verificate dal SRB, mentre per le banche non accentrate dalle Autorità di risoluzione nazionali.

Nell’attuare la risoluzione, le Autorità devono rispettare alcuni principi elencati nell’ art.34 BRRD. Si tratta di principi che, in parte, intendono assicurare che la salvaguardia della continuità delle funzioni essenziali non impedisca il funzionamento dei meccanismi di

punishment nei confronti degli azionisti e del management che normalmente operano quando

viene avviata una procedura di insolvenza. In particolare:

• Gli azionisti e i creditori devono assorbire le perdite in coerenza con la gerarchia dei crediti prevista dalla legge fallimentare (gli azionisti sopportano le perdite per primi, i creditori successivamente secondo l’ordine di priorità delle loro pretese), salvo ove non sia diversamente disposto dalla direttiva;

• I creditori della stessa classe devono essere trattati allo stesso modo, se non è previsto diversamente;

• Il management deve essere in linea di principio sostituito e deve sostenere le perdite provocate per effetto delle proprie azioni;

48 “[..]In linea di principio, un ente in dissesto dovrebbe essere liquidato con procedura ordinaria di

insolvenza. Tale procedura, tuttavia, potrebbe compromettere la stabilità finanziaria, interrompere la prestazione di funzioni essenziali e pregiudicare la tutela dei depositanti. In tal caso, è altamente probabile che sarebbe di pubblico interesse sottoporre l’ente a risoluzione e applicare strumenti di risoluzione anziché avvalersi della procedura ordinaria di insolvenza, con l’obiettivo quindi di garantire la continuità delle funzioni essenziali, di evitare effetti negativi sulla stabilità finanziaria, di tutelare i fondi pubblici riducendo al minimo il ricorso al sostegno finanziario pubblico straordinario per gli enti in dissesto e di tutelare i depositanti e gli investitori protetti, i fondi e le attività dei clienti”. Considerando 45 della BRRD.

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