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Bail-in e la Costituzione Italiana

Nel documento Le crisi bancarie (pagine 82-89)

DI GOING CONCERN

2.4 Aspetti problematic

2.4.1 Bail-in e la Costituzione Italiana

La direttiva comunitaria 2014/59/UE del 15 maggio 2014 è stata recepita in Italia dal Decreto legislativo 16 novembre 2015 n. 180 e n. 181, emanato dal Governo in attuazione della delega legislativa di cui alla legge 9 luglio 2015 n. 114. Il recepimento è avvenuto sottolineando che, al manifestarsi di un dissesto, o anche solo di un “rischio” dissesto della singola banca, non si perviene al suo fallimento o alla sua liquidazione coatta amministrativa, bensì alla sua risoluzione.

La risoluzione, come visto, è un meccanismo gestito da un’Autorità di risoluzione, in Italia la Banca d’Italia, la quale attraverso l’utilizzo di tecniche, poteri e strumenti, mira ad evitare interruzioni nella prestazione dei servizi essenziali offerti dalla banca, a ripristinare condizioni di sostenibilità economica della parte sana della banca e a liquidare le parti restanti. Tra le tecniche ed i poteri offerti dalla Direttiva vi è il bail-in, per tale procedura vengono utilizzate risorse private, ma non dell’intero settore bancario bensì solo di quella parte di esso che, nella veste di azionista, obbligazionista o depositante, si trova ad essere coinvolto nelle sorti della singola banca in difficoltà. In pratica in questa procedura si estingue il diritto di credito per alcune categorie di creditori.

Visto il cambio di prospettiva della nuova disciplina è naturale che ci si interroghi sulla stessa legittimità, anche costituzionale, di soluzioni che implicano un intervento autoritativo su rapporti di diritto privato, modificandone radicalmente i tratti. Sussistono profili di antigiuridicità del bail-in, con riferimento alla natura ed ai contenuti dei rapporti che legano alla banca i diversi soggetti coinvolgibili dall’applicazione della risoluzione della stessa banca. Lo strumento in questione si pone, rispetto alla normativa nazionale, civilistico- commerciale e/o amministrativa da cui in precedenza traevano fondamento tali rapporti, come un “actus principis”, cioè come una norma che irrompe, in nome di nuovi e prevalenti

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interessi, su assetti di interessi di natura privatistica in atto, sopprimendone, modificandone, o anche sospendendone, la preesistente normativa di riferimento. L’inserzione automatica di una nuova norma che costringe le parti di un rapporto a comportarsi in modo diverso, se non addirittura opposto, a quello previsto nell’assetto originario, dovrebbe avere carattere di eccezionalità e non di rimedio cui si possa fare normalmente ricorso, quale invece risulta essere il bail-in nella disciplina nazionale ed in quella comunitaria112.

Lo strumento del bail-in è suscettibile di valutazione in termini di legittimità costituzionale, soprattutto con riferimento agli obbligazionisti e ai titolari di depositi in conto corrente, in rapporto all’art. 47, comma 1 della Costituzione, in base al quale “La Repubblica incoraggia

e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito”. È evidente che una norma che impone, ai possessori di azioni o di obbligazioni non

rischiose, la conversione forzosa in azioni di minor valore e, ai titolari di conti correnti che superano i 100.000 euro, un prelievo forzoso addirittura senza contropartita, né incoraggia né tutela il risparmio.

Sotto quest’ultimo aspetto, è palese anche la lesione del principio di eguaglianza, art. 3 della Costituzione; la normativa prevede che ad azionisti e obbligazionisti vengano azzerati, ed eventualmente convertiti, i relativi strumenti e riemessi nuovi titoli con un diverso valore. Qualora le risorse derivanti da tali strumenti non siano sufficienti, è disposto il prelievo forzoso sui conti correnti per la parte eccedente i 100.00 euro, senza alcun indennizzo. Esiste quindi una disparità di trattamento tra depositanti, che non hanno nessun indennizzo, e azionisti e obbligazionisti, che almeno una contropartita, sia pure in perdita, ce l’hanno. Ciò

112 C. De Rose, Il bail-in è incostituzionale. Parola di magistrato della Corte dei Conti, 31 gennaio 2016

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può essere sindacato anche sotto il profilo della ragionevolezza considerando il fatto che il correntista, a differenza dell’azionista, non partecipa al rischio d’impresa.

Si tratta quindi di un vero e proprio esproprio senza indennizzo e non motivato da un interesse generale ma al dichiarato fine di soccorrere specifici soggetti privati, per cui risulta chiaro anche il contrasto con l’art. 42113 della Costituzione, in base al quale la proprietà

privata può essere espropriata salvo indennizzo e solo per motivi di interesse generale.

La Banca d’Italia, contestualmente al recepimento, aveva posto il problema se la direttiva BRRD, così detta “Direttiva bail-in”, nella parte in cui colpisce gli investitori che al momento dell’acquisto delle obbligazioni subordinate, non potevano, in alcun modo, conoscere i rischi insiti in tali strumenti, fosse o meno contraria all’art. 47 della Costituzione. La stessa Banca d’Italia aveva però concluso che, quanto all’applicabilità del bail-in anche agli strumenti già in circolazione, le valutazioni di costituzionalità spettano “ovviamente” alla Corte Costituzionale.

C’è anche chi, d’altro canto, asserisce che le argomentazioni a sostegno dell’incostituzionalità del bail-in siano prive di fondamento. “L’interpretazione secondo cui

dall’articolo 47 della Costituzione, che tutela il risparmio, discenderebbe l’incostituzionalità del bail-in, perché i “risparmiatori” devono essere tutelati, è bizzarra. La Costituzione incentiva il risparmio, ovvero l’accantonamento di una porzione del proprio reddito; ma non può certo spingersi a tutelare qualsiasi forma di investimento fatto con quel risparmio. È risparmio anche quello investito in azioni o in obbligazioni non bancarie:

113 “La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono alla Stato, ad enti o a privati. La

proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi d’acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurare la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale. La legge stabilisce le norme e i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità”, art.42 Costituzione.

85 perché non garantire anche quelli? [..] Alquanto famoso è l’argomento basato sull’articolo 42 della Costituzione, che, come la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, tutela il diritto di proprietà: nel caso di bail-in, le azioni, le obbligazioni e i crediti che vengono toccai sarebbero comunque perduti se la banca fallisse. Sarebbe strano sostenere che è legittimo dare zero a un creditore con il fallimento e, invece, incostituzionale fare lo stesso con il bail-in”114.

Il punto d’incontro tra i due pensieri è che occorre fare i conti con il contesto istituzionale. Il problema del sistema bancario italiano non è il bail-in, ma una situazione in cui le obbligazioni subordinate e le azioni delle banche, ovvero i primi livelli finanziari a essere azzerati in caso di crisi, sono troppo spesso in mano a risparmiatori sprovveduti, mal consigliati o addirittura frodati dalle banche stesse. Molte volte chi ha perso, non avrebbe mai dovuto avere in portafoglio, e soprattutto in elevata concentrazione, quei titoli. Soltanto in presenza di un mercato che rifletta correttamente l’andamento degli indici azionari, le cui attività siano facilmente individuabili e di quasi immediata percezione si può giungere ad una tutela effettiva di tutti i risparmiatori ed investitori. E’, quindi, compito del legislatore, visti i contenuti del secondo comma dell’art. 47115, provvedere alla predisposizione di tutti

gli strumenti funzionali alla protezione dei risparmiatori.

114 L. Stranghellini, A. Zorzi, Perché il bail-in è costituzionale, 6 settembre 2016. Visibile

http://www.lavoce.info/archives/42682/perche-il-bail-in-e-costituzionale/.

115 “La Repubblica […] favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla

proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”, art.47, comma 2, Costituzione.

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2.4.1.1 il caso Austriaco

I dubbi di costituzionalità sollevati con riguardo ai recenti interventi di “risoluzione delle banche”, trovano piena conferma nell’ordinamento di un Paese UE; si fa riferimento alla sentenza del 3 luglio 2015 della Corte Costituzionale Austriaca116. Secondo tale Corte, una legge che, in caso di crisi, estingua il diritto degli obbligazionisti subordinati di una banca o azzeri le garanzie prestate in loro favore è contraria ai fondamentali principi costituzionali, nazionali e comunitari, e deve perciò essere abrogata. In conseguenza è stata dichiarata incostituzionale e integralmente abrogata la legge sulle misure di risanamento della Hypo

Alpe Adria Bank International AG (HaaSanG), che decretava l’azzeramento del valore delle

obbligazioni subordinate e l’estinzione della garanzia fideiussoria prestata dal Land della Carinzia in loro favore. Per meglio comprendere le decisioni della Corte Costituzionale Austriaca ricordo brevemente la vicenda.

Hypo Alpe Hadria era una banca controllata dal Land tedesco della Baviera e partecipata

anche da quello Austriaco della Carinzia. Nel corso del 2009 la banca era stata chiamata a fronteggiare una gravissima situazione di difficoltà finanziaria, determinata da politiche di credito non corrette. Al fine di evitare l’apertura di una procedura di insolvenza, il governo austriaco aveva proceduto, dapprima, alla nazionalizzazione117 della banca e

successivamente, nel 2014, ad un’opera di riorganizzazione societaria che, da un lato aveva separato le attività ancora reddituali, allocandole nella nuova Alpe Hadria e, dall’altro, creato una società veicolo, denominata Heta Asset Resolution AG, nella quale far confluire oltre

116 G.239/ 2014ua, V14/2015ua, http://www.ris.bka.gv.at/.

117M. Monti, la “lezione” dei salvataggi europei, il sole 24 ore, 10 dicembre 2016. In Austria gli aiuti di stato

sono stati di dimensioni minori, ma hanno portato a un intervento di Vienna per 5,5 miliardi di euro per la nazionalizzazione della Hypo Alpe Adria e la costituzione di Heta una bad bank per fare fronte ai crediti deteriorati oltre alla forte espansione verso i Paesi dell’Europa occidentale. In

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-12-10/la-lezionelsalvataggi-europei- 081015.shtml?uuid=ADoK5EBC.

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alle passività della vecchia banca, tutta la componente non performing dell’attivo. Quest’opera di riorganizzazione aveva richiesto un complesso intervento normativo, con conseguenti provvedimenti attuativi adottati dall’autorità di vigilanza austriaca (FMA). Dopo aver scoperto un buco da 8,7 miliardi di euro nella Heta Asset Resolution, il Governo austriaco ha deciso di non supportare la bad bank ma applicare l’innovativo strumento del

bail-in. In particolare, il governo austriaco, che aveva conservato il controllo di Heta Asset Resolution nella prospettiva liquidatoria, aveva imposto anche ai possessori di obbligazioni

subordinate l’onere di concorrere all’assorbimento delle perdite di 1, sancendo, per tutti coloro che avessero sottoscritto tali titoli, con scadenza anteriore al 30 giugno 2019, l’azzeramento del diritto di rimborso, sopprimendo altresì per costoro anche la garanzia rilasciata dal Land della Carinzia di ammontare di 11 miliardi di euro. L’istanza di regolamentazione bancaria ha annullato altresì il 53,98% dei debiti senior di Heta Asset

Reslution e rinviato il pagamento del rimanente 46% al 31 dicembre 2023. Tutti i pagamenti

degli interessi sono stati annullati con effetto retroattivo al 1 marzo 2015. Inoltre tutte le scadenze sono state armonizzate e rinviate al 31 dicembre 2023. Di conseguenza erano sorti molti dubbi sulla legittimità costituzionale di siffatte norme, in quanto ritenute in contrasto con la Carta costituzionale austriaca, con la Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (carta di Nizza) all’art. 17 in tema di tutela della proprietà, nonché, più in generale per violazione del principio di uguaglianza. In risposta a tali dubbi, la Corte Costituzionale austriaca non solo ha cesurato la scelta del legislatore di differenziare il trattamento tra creditori appartenenti ad un’unica classe, quella subordinata, unicamente su un dato estrinseco, quale la circostanza che i crediti fossero destinati a scadere prima o dopo il 30 giugno 2019, ma ha ritenuto anche irragionevole la limitazione del diritto del creditore, contrario alle norme che tutelano costituzionalmente la proprietà.

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Tale decisione stimola alcune riflessioni; anche nel nostro ordinamento sia gli azionisti che gli stessi possessori di strumenti finanziari di tipo obbligazionario possono ambire a invocare la protezione di rango costituzionale riconosciuta al diritto di proprietà. Da ciò l’irriducibile tensione tra un principio costituzionale che vuole tutelare la proprietà ammettendone l’espropriazione per motivi di interesse pubblico e previo indennizzo, ed una disposizione che, nell’impianto normativo del bail-in, ammette che simili interventi possano essere realizzati senza indennizzo. Ai fini della loro legittimità costituzionale sarà necessario che, anche nel nostro ordinamento, l’applicazione delle misure in tema di bail-in avvenga nell’effettivo rispetto del principio di uguaglianza. Ed ancora occorrerà che nessuno dei destinatari di quelle norme subisca un trattamento deteriore rispetto quello che subirebbe se l’ente in dissesto fosse liquidato- principio NWCO.

Appare la delicatezza e la complessità delle problematiche suscitate dal recepimento domestico della BRRD.

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CAPITOLO TERZO:

LE CRISI BANCARIE: ALCUNI ASPETTI TECNICO

Nel documento Le crisi bancarie (pagine 82-89)