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Tutela del risparmio

Nel documento Le crisi bancarie (pagine 124-139)

LE CRISI BANCARIE: ALCUNI ASPETTI TECNICO OPERAT

3.4 Tutela del risparmio

La nuova disciplina della risoluzione bancaria ha un impatto evidente sul grande tema della tutela del risparmio.

La premessa per questa analisi di impatto non può che muovere da un dato di realismo: la possibilità che l’autorità di risoluzione azzeri azioni, obbligazioni, altri strumenti finanziari e “passività” (compresi i depositi, salva la c.d. depositor preference) è legge e non ha senso cercare tardivamente di rimetterla in discussione, dimenticando che il nostro Paese ha concorso all’approvazione della nuova disciplina141.

Sul piano della tutela del risparmio possiamo asserire che: da un lato, “l’ignoranza” di questa legge non scusa necessariamente il risparmiatore che sia stato “tradito” dopo il 1 gennaio 2016; dall’altro, non è detto che non si possa scusare il risparmiatore che aveva concluso il contratto nella vigenza della disciplina precedente cioè prima del 1 gennaio 2016 (che avrebbe consentito al risparmiatore non azionista di insinuarsi al passivo di un’ipotetica liquidazione coatta amministrativa). Nella prospettiva dei risparmiatori, infatti, il credito verso la banca risolta, sorto prima dell’introduzione della BRRD, viene azzerato perdendo sia il diritto di credito, sia la possibilità di agire in sede concorsuale per soddisfarsi su attivi residui; aggirando così il principio della responsabilità patrimoniale previsto dall’art. 2740 c.c142.

141 R. Lener, Profili problematici del bail-in, Intervento al Convegno del Fondo Interbancario di Tutela dei

Depositi, 22 Gennaio 2016.

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La risoluzione bancaria, dalla visuale della tutela del risparmio, pone questioni di educazione finanziaria, di correttezza delle pratiche commerciali bancarie e di adeguata informazione della clientela cui i servizi – bancari o finanziari– sono offerti. Infatti143:

(i) L’educazione finanziaria si afferma come un obiettivo centrale da perseguire,

anche se essa non rappresenta una soluzione concreta alle questioni di breve periodo, né aiuta a trovare soluzioni a questioni già emerse (caso delle note quattro banche “gemellate” nel recente salvataggio);

(ii) È necessario un controllo più rigoroso in ordine alla correttezza delle comunicazioni, soprattutto pubblicitarie, che le banche offrono non solo al singolo cliente, ma al “mercato dei potenziali clienti”;

(iii) Acquista sempre maggiore rilievo il tema dell’applicabilità delle regole di condotta al collocamento effettuato dalle banche, non solo quando collocano prodotti finanziari (le obbligazioni subordinate), anche quando vendono prodotti tipicamente bancari (depositi, conti correnti).

Esigenze di trasparenza e correttezza si impongono, innanzi tutto, con riguardo alla diffusione delle informazioni al pubblico. Si fa riferimento a quelle informazioni che vengono prima ancora dell’informativa precontrattuale che dovrebbe trovar spazio nella fase di formazione del contratto bancario o di investimento. Si tratta della comunicazione pubblicitaria, del marketing, di quei flussi di informazione che non si rivolgono al singolo risparmiatore ma al mercato nel complesso. Nella più recente pubblicità delle banche si parla di coefficienti di patrimonializzazione e di Common Equity Tier 1.

143 R. Lener, Bail-in: una questione di regole di condotta? Scritto per il Convegno «Salvataggio bancario e

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Quel che vuole sapere oggi il risparmiatore “medio”, a prescindere dalla natura bancaria o finanziaria del servizio o del prodotto che sottoscrive, è se la banca è solida. Le banche che possono vantare buoni coefficienti di patrimonializzazione hanno compreso che questa leva pubblicitaria può essere vincente; così tentano di spiegare che prima di “investire” in una banca è bene verificare se è stabile.

Come si pubblicizza la stabilità? Le strategie osservate puntano a confrontare i parametri generali con le qualità della singola banca che invita i risparmiatori a investire nei suoi “prodotti” spiegando, ad esempio:

- che cosa è l’indice di solidità patrimoniale (CET1: il rapporto tra il patrimonio della banca e l’insieme delle sue attività ponderato per il rischio);

-che l’indice medio delle banche italiane si attesta intorno al 10-11%;

-che l’indice delle banca che “si promuove” con il messaggio pubblicitario supera, ovviamente, quello della media italiana. È una nuova frontiera pubblicitaria che, se usata con correttezza, potrebbe anche contribuire a una corretta informazione.

Restano, tuttavia, aperte alcune questioni. In particolare144:

- Se queste iniziative siano sufficienti a fare chiarezza o se il mercato, anche pubblicitario, vada regolato per evitare che un uso distorto di questi messaggi possa condurre a effetti perversi;

- Se, e in che misura, si possano rendere “comparabili” messaggi di questo tipo - Quale sia l’Autorità competente a intervenire in caso di abusi o violazioni: se questo

tipo di vigilanza spetti comunque all’Autorità Garante della Concorrenza e del

144 R. Lener, bail-in: una questione di regole di condotta? Scritto per il Convegno «Salvataggio bancario e

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Mercato, che deve vigilare sulla forma della pubblicità, o se invece spetti alla Banca d’Italia che potrebbe entrare nel merito delle informazioni (e che potrebbe forse meglio dare impulso a eventuali procedimenti sanzionatori o quanto meno istruttori sui contenuti del messaggio)145.

Nel corso degli ultimi anni si è registrata una progressiva estensione alla clientela al dettaglio di prodotti di investimento prima, di fatto, riservati a clienti istituzionali o professionali (processo c.d. di “retailisation”). La distribuzione di prodotti finanziari connotati da profili di elevata complessità rappresenta un’area di particolare attenzione per la tutela degli investitori in quanto accrescono le difficoltà di comprensione delle caratteristiche degli investimenti proposti e sono dunque idonei a pregiudicare la capacità di assumere consapevoli decisioni di investimento. La Direttiva 2004/39/CE MiFID, disegnando un quadro operativo centrato sul cliente, esige dagli operatori una costante valutazione dell’interesse dell’investitore in ogni fase del processo di intermediazione

3.5.1 l’informativa al pubblico, adeguatezza e appropriatezza.

L’intermediazione finanziaria avviene in un contesto di asimmetrie informative. Complessità, costi dell’informazione e grado di cultura finanziaria determinano un deficit informativo in capo alla clientela degli intermediari, la cui intensità è direttamente legata alla tipologia dell’operazione ed alla natura del cliente medesimo.

145 È noto come l’art. 27, co. 1-bis del d.lgs. 206/2005 “Disciplina delle pratiche commerciali scorrette nei

rapporti tra imprenditori e consumatori”, stabilisca che anche nei settori regolati la competenza esclusiva in materia di pratiche commerciali scorrette spetti all’AGCM «Che la esercita in base ai [propri] poteri [U]

acquisito il parere dell’Autorità di regolazione competente. Resta ferma la competenza delle Autorità di regolazione ad esercitare i propri poteri nelle ipotesi di violazione della regolazione che non integrino gli estremi di una pratica commerciale scorretta». Si veda sul punto il Protocollo di intesa tra le due autorità in

materia di tutela dei consumatori nel mercato bancario e finanziario del 14 ottobre 2014 e in particolare l’art. 3.

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In una comunicazione146, adottata all’indomani della risoluzione delle quattro banche Italiane, l’Autorità di vigilanza competente in materia di correttezza, la CONSOB, ha invitato le banche a prestare la massima attenzione alla nuova disciplina della risoluzione avvertendole della «necessità di valutare gli eventuali impatti delle modifiche normative

sopra richiamate sulle proprie procedure interne per la valutazione dell’adeguatezza e dell’appropriatezza, tenendo conto delle specificità di ogni tipologia di strumento finanziario interessato dalle modifiche medesime».

L’autorità chiede alle banche di informare i propri azionisti, obbligazionisti subordinati e non, creditori senior e junior, depositanti (con depositor preference o meno) dei rischi collegati al recepimento della direttiva sulla risoluzione bancaria. L’informazione sui rischi – riduzione e conversione – deve essere offerta secondo i criteri di cui al 21 ss. TUF, perché la sottoscrizione di strumenti bail-inable comporta un rischio che non può essere compreso, valutato dagli investitori se non facendo ricorso alle regole generali. Devono pertanto comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti, acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati e per evitare conflitto d’interessi, utilizzare comunicazioni pubblicitarie e promozionali corrette, chiare e non fuorvianti infine devono disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi e delle attività.

Per quanto concerne l’operatività sui titoli soggetti alla procedura di riduzione o conversione di strumenti di capitale ovvero sugli ulteriori titoli (nonché sui contratti derivati) soggetti a

bail–in «gli intermediari forniscono ai clienti o potenziali clienti una descrizione generale

146 Comunicazione n. 0090430 del 24-11-2015, recante «Decreti legislativi nn. 180 e 181 del 16 novembre

2015 di recepimento della direttiva 2014/59/UE. Prestazione dei servizi e delle attività di investimento, nonché dei servizi accessori»

129 della natura e dei rischi degli strumenti finanziari trattati, tenendo conto in particolare della classificazione del cliente come cliente al dettaglio o cliente professionale. La descrizione illustra le caratteristiche del tipo specifico di strumento interessato, nonché i rischi propri di tale tipo di strumento, in modo sufficientemente dettagliato da consentire al cliente di adottare decisioni di investimento informate»147.

Gli intermediari dovranno produrre, in occasione delle singole operazioni di investimento, un’appropriata informativa ai clienti, graduata in funzione delle caratteristiche dei medesimi (retail piuttosto che professionali). In particolare, è opportuno sia fornito un set minimo di informazioni inerenti ai singoli prodotti oggetto della transazione tramite un documento sintetico (scheda prodotto) predisposto dall’intermediario, come raccomandato nella Comunicazione, o comunque per mezzo di documenti parimenti predisposti dall’intermediario, consegnati ai clienti nella fase di pre-negoziazione dei titoli, che siano in grado di soddisfare efficacemente il requisito, posto dalla CONSOB, di un’informativa unitaria ed organica e contestualmente l’onere della prova di aver adempiuto agli obblighi di trasparenza.

Gli investitori dovranno essere ulteriormente informati del fatto che sono state introdotte limitazioni all’intervento pubblico a sostegno di un intermediario che versi in una situazione di crisi; l’informativa dovrà altresì riguardare la gerarchia secondo cui l’importo, determinato ai fini delle misure in esame, dovrà essere allocato. E’ rimessa a ciascun intermediario l’individuazione dello strumento da utilizzare per veicolare le suddette informazioni e dell’effettivo contenuto della comunicazione. Al fine di contenere i rischi di

compliance, dovranno essere adottate soluzioni procedurali che pongano l’intermediario in

condizione di dimostrare l’effettiva ricezione da parte dell’investitore delle informazioni

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sopra richiamate. Gli intermediari che svolgono per il proprio cliente il servizio accessorio di "custodia e amministrazione” di strumenti finanziari e di gestione di portafogli dovranno fornire le informazioni sopra richiamate.

Ciò in forza del dovere di «operare in modo che [i clienti] siano sempre adeguatamente

informati»148.

Gli intermediari devono, altresì, assicurare che la specifica operazione consigliata o realizzata nel quadro della prestazione del servizio di gestione di portafogli soddisfi i seguenti criteri: «a) corrisponda agli obiettivi di investimento del cliente; b) sia di natura

tale che il cliente sia finanziariamente in grado di sopportare qualsiasi rischio connesso all’investimento compatibilmente con i suoi obiettivi di investimento; c) sia di natura tale per cui il cliente possieda la necessaria esperienza e conoscenza per comprendere i rischi inerenti all’operazione o alla gestione del suo portafoglio»149.

Nella prestazione dei servizi di investimento diversi dalla consulenza in materia di investimenti e dalla gestione di portafogli, gli intermediari devono verificare «che il cliente

abbia il livello di esperienza e conoscenza necessario per comprendere i rischi che lo strumento o il servizio di investimento offerto o richiesto comporta»150. Ciò è necessario per valutare l’appropriatezza e l’adeguatezza degli investimenti. L’appropriatezza attiene alla verifica della capacità del cliente di comprendere la natura e le caratteristiche del prodotto e gli effetti connessi anche in termini di rischio. Nella valutazione di appropriatezza a fronte di prodotti scarsamente liquidi, l’intermediario dovrà dotarsi di strumenti, modalità e procedure che siano in grado di discriminare i prodotti finanziari sulla base dei differenti

148 Art 21, comma 1, lett. b) del Testo Unico della Finanza e Comunicazione n. DIN/DCG/DSR/11085708

del 20-10-2011 in tema di “Offerte di scambio non assistite da prospetto e dovere degli intermediari di

informare i propri clienti”.

149 Art. 40, comma 1, del regolamento Consob n. 16190 del 29 ottobre 2007. 150 Art. 42, comma 1, del regolamento Consob n. 16190 del 29 ottobre 2007.

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livelli di complessità degli stessi. La valutazione di adeguatezza viene tipicamente eseguita tenendo conto del grado di rischio (definito dagli intermediari in base alle rispettive metodologie) del prodotto finanziario oggetto dell’operazione.

Nella medesima comunicazione, la CONSOB ricorda che «restano in ogni caso ferme,

laddove applicabili, le indicazioni fornite dall’Autorità di vigilanza in tema di prodotti illiquidi e di prodotti complessi». Si tratta, come è noto della comunicazione n. 9019104 del

2 marzo 2009 «Il dovere dell’intermediario di comportarsi con correttezza e trasparenza in

sede di distribuzione di prodotti finanziari illiquidi» e della comunicazione n. 97996/14 del

22 dicembre 2014 «Sulla distribuzione di prodotti finanziari complessi ai clienti retail»151. Molti dei prodotti collocabili dalle banche assoggettabili a risoluzione sono qualificabili prodotti finanziari illiquidi e/o complessi; per tali si intendono quei prodotti che determinano per l’investitore ostacoli o limitazioni allo smobilizzo entro un lasso di tempo ragionevole, a condizioni di prezzo significative, ossia tali da riflettere, direttamente o indirettamente, una pluralità di interessi in acquisto e in vendita.

La CONSOB ritiene che, fra le tipologie di prodotti a complessità molto elevata, quelle di seguito riportate non siano normalmente adatte alla clientela al dettaglio e di conseguenza non devono né essere consigliate né distribuite in via diretta (nell’ambito di servizi esecutivi, assistiti o meno da quello di consulenza) dagli intermediari:

a. Prodotti finanziari derivanti da operazioni di cartolarizzazione di crediti o di altre attività;

151 L’ABI, dopo la comunicazione CONSOB, ha elaborato una tabella nella quale reca un elenco di

«strumenti e prodotti finanziari a maggiore diffusione e connotati da caratteristiche di potenziale

illiquidità». Nella circolare si legge che sono (potenzialmente) illiquidi alcune categorie di titoli di debito

(obbligazioni senior, obbligazioni subordinate), alcuni strumenti finanziari derivati (OTC, Covered Warrant, Certificates) e prodotti assicurativi (ramo III e ramo V). Tra essi vi sono anche le oramai tristemente note obbligazioni subordinate. Circolare ABI 7 agosto 2009, n. 39, pag. 7.

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b. Prodotti finanziari per i quali, al verificarsi di determinate condizioni o su iniziativa dell’emittente, sia prevista la conversione in azioni o la decurtazione del valore nominale;

c. Prodotti finanziari credit linked;

d. Strumenti finanziari derivati di cui all’art. 1, comma 2, lettere da d) a j) del TUF non negoziati in trading venues, con finalità diverse da quelle di copertura;

e. Prodotti finanziari strutturati, non negoziati in trading venues, il cui pay-off non rende certa l’integrale restituzione a scadenza del capitale investito dal cliente. Nei prodotti finanziari di cui alla lettera b. rientrano le obbligazioni subordinate, che troppo spesso, sono finite nelle mani di investitori che non erano al corrente del rischio che correvano, soprattutto in caso di bail-in.

In conclusione, la clientela c.d. “al dettaglio”, ossia quella con minore esperienza e conoscenza finanziaria, si trova così a dover riporre massimo affidamento nell’assistenza dell’intermediario, con particolare riferimento alla valutazione di adeguatezza/appropriatezza della transazione ed alla definizione delle condizioni economiche da applicare alla medesima, di cui non è in grado di giudicare la congruità, spesso neppure in un momento successivo alla conclusione dell’operazione. Resta fermo il dovere per gli intermediari di agire “in modo onesto, equo e professionale per servire al

meglio gli interessi dei loro clienti”152.

133

CONCLUSIONI

Dalle prime applicazioni della normativa di recepimento della Direttiva BRRD si evincono alcune problematiche delicate e complesse, anche a livello costituzionale, e una diffusa esigenza di revisione delle nuove regole; Non solo il Governatore della Banca d'Italia ha evidenziato che la normativa sul bail in “è da rivedere”, ma anche la Consob ha mosso critiche con particolare riguardo alla scelta delle autorità europee di adottare una regola che si applica in modo retroattivo anziché esplicare i propri effetti per il futuro e a partire dal momento della sua entrata in vigore: “l’elemento della retroattività si è subito rivelato un

fattore di instabilità per il mercato finanziario e, in particolare, per il comparto bancario. La nuova disciplina ha mutato di colpo il profilo di rischio dei titoli in portafoglio ai risparmiatori, peggiorandone la posizione rispetto al momento in cui i titoli sono stati sottoscritti o acquistati. Il risultato è che uno strumento finanziario emesso e collocato anni fa in condizioni di mercato e in un contesto del tutto diverso rispetto a quello attuale (talvolta addirittura pre-Lehman Brothers) può, con un tratto di penna, trasformarsi repentinamente da prodotto finanziario a rischio basso o medio-basso a prodotto finanziario a rischio alto o medio-alto”.

Abbiamo visto che la ratio ispiratrice di questa disciplina è volta ad alleggerire i bilanci pubblici dal fardello dei numerosi salvataggi bancari, eliminare il bail out, cercando da un lato di responsabilizzare gli amministratori degli enti creditizi e delle imprese di investimento in modo da evitare che essi siano tentati dal sottostimare i rischi nella gestione del credito, consapevoli dell’eventuale intervento pubblico in caso di fallimento. Dall’altro azionisti e i creditori sono chiamati ad esercitare un controllo più responsabile sui propri investimenti e, in caso di crisi, a contribuire al finanziamento delle perdite. La pre- condizione della nuova disciplina è un contesto ottimale di mercato, in cui i risparmiatori

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siano talmente educati ed informati sul settore finanziario da poter compiere in modo consapevole i propri investimenti, dando fiducia solo a banche patrimonialmente solide ed affidabili, ma dare per scontato questo è un grave errore.

La discrasia che si va evidenziando fra modello normativo e realtà, insieme alla mancanza di un adeguato arco temporale per consentire agli ordinamenti nazionali di assorbire le nuove regole, ha finito per trovare gli Stati membri ed i loro sistemi bancari impreparati alla novità regolativa; il che ha provocato, in sede di prima applicazione del nuovo regime, conseguenze oltremodo negative soprattutto nei confronti dei risparmiatori, i quali hanno subito incolpevolmente il danno di perdere i propri risparmi e la fiducia nelle istituzioni pubbliche che, per lungo tempo, li avevano salvaguardati e protetti.

A conclusione della mia analisi posso asserire che, fondamento della logica innovativa della direttiva BRRD ed in particolar modo del bail-in, è la più importante considerazione del fatto che la stabilità finanziaria, e ancor di più quella del sistema bancario, è di importanza vitale per l’economia. Ma allo stesso tempo noto un paradosso: sia nel caso della crisi delle quattro banche Italiane, sia nel caso del Monte dei Paschi di Siena, sia nel caso di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, il Governo ha sempre evitato l’applicazione del bail-

in.

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